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Cinema

“Ultimo tango a Parigi” (1976)

Indimenticabile “Ultimo tango a Parigi”, 40 anni fa la condanna al rogo

Il 29 gennaio 1976 il film di Bernarndo Bertolucci veniva condannato dalla Cassazione alla distruzione delle copie. Oggi è al secondo posto tra i film più visti di ogni tempo in Italia. Da Pasolini a Visconti, passando per Lattuada e Monicelli, tutti i casi in cui la censura si è abbattuta sui maestri del cinema

“Signori, magistrati, moralizzatori: vorrei sapere in quale forno crematorio sarà bruciato il negativo di Ultimo tango a Parigi. Con la vostra sentenza avete mandato in un campo di sterminio le idee al posto di alcuni milioni di spettatori adulti, gli stessi che si sono guadagnati il diritto di votare, di scioperare e di divorziare, colpevoli di aver amato, odiato o comunque di avere visto Ultimo tango. Ma non fatevi illusioni: nell’Italia del 1976 siete soltanto una minoranza in via di estinzione storica, naturale, biologica”. Così scriveva Bernardo Bertolucci in una lettera aperta ai giornali poco dopo la famigerata sentenza della Cassazione del 29 gennaio 1976, che ordinava la distruzione di tutte le copie, compresi i negativi, del suo capolavoro.Oggi ricorrono quarant’anni esatti da quando il film veniva mandato al rogo. Di recente la Siae ha calcolato che è al secondo posto tra i film più visti di ogni tempo in Italia, con 15 milioni e mezzo di spettatori (primo in assoluto Guerra e Pace di King Vidor): quasi il doppio dell’ultimo Zalone. Niente male, per una pellicola che ha rischiato di incenerire per sempre.

Era uscito nelle sale nazionali il 15 dicembre del 1972, con la fotografia di Vittorio Storaro e le musiche latin-jazz di Gato Barbieri. Protagonisti Marlon Brando, che risorgeva dopo anni di declino, complice anche Il Padrino; e una giovanissima Maria Schneider. L’incontro fatale tra un americano trapiantato a Parigi e una ventenne figlia di un colonnello. Un appartamento sfitto; un pied-à-terre universale dove illudersi di fugare la Storia. E mentre il New Yorker lo glorificava, scorgendovi connessioni con Jean Renoir, Vigo, Von Sternberg e il coevo Godard, dalle nostre parti la macchina preindustriale della censura si era già messa a scoppiettare: e così, ad appena sei giorni dalla prima, Ultimo Tango era sottoposto a sequestro perché “osceno e privo di contenuto artistico”. Poco dopo però il Tribunale di Bologna ne prescriveva il dissequestro, e nelle sale il successo di pubblico diventò travolgente. Un nuovo processo d’appello rimescolò le carte in tavola: Ultimo Tango era meritevole di condanna perché “è un fumettone spettacolare… in cui prevale la tesi della distruzione dei valori morali, intenzione evidente del creatore del film” (e su Bertolucci si abbatteva la sospensione dei diritti civili per cinque anni). Una sentenza a morte confermata dalla Cassazione in quel maledetto 29 gennaio del 1976. Tutte le copie dovevano essere annientate per l’eternità: solo tre esemplari avrebbero potuto essere conservati nella Cineteca Nazionale di Bologna, a mo’ di “corpo del reato”, esecrabile memento.

da http://www.repubblica.it/spettacoli/cin … =131946682

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