Film sia poliziesco sia politico, che narra con la tecnica del flashback la vicenda di un alto dirigente di polizia, chiamato soltanto “dottore”, che, il giorno stesso in cui viene promosso a capo dell’ufficio politico della Questura, commette un delitto, uccidendo la propria amante, che lo tradiva con un giovane contestatore anarchico…
Convinto di essere un insospettabile e di poter vivere al di sopra della legge, il dottore si diverte addirittura a disseminare la scena del delitto di indizi che porterebbero facilmente a lui…
In effetti, nessuno giunge a sospettare di lui e persino il giovane anarchico, il quale ben potrebbe accusare il dottore essendo l’unico testimone dei fatti, preferisce non farlo e tenere in scacco l’assassino con l’arma del ricatto…
Il dottore, che a un certo punto entra in un meccanismo psicologico piuttosto contraddittorio e “sadomasochistico”, per cui in parte indirizza su di lui le indagini volendo essere punito, in parte le depista perché vuole sfuggire alla giustizia, finisce per autodenunciarsi, scrivendo una confessione di suo pugno e indirizzandola alla polizia, confidando comunque nel fatto che i suoi colleghi non lo arresteranno mai e che lo faranno piuttosto ritrattare la sua confessione…
Il finale è incerto, con la polizia che effettivamente si presenta a casa del dottore; ma non si sa poi che cosa succederà…La citazione finale di Kafka lascia pensare che il dottore non verrà toccato dalla giustizia: “Qualunque impressione faccia su di noi, egli è un servo della legge, quindi appartiene alla legge e sfugge al giudizio umano…”.
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Il film, che suscitò anche un vivace dibattito politico ed ebbe pure problemi di censura, è visto soprattutto come una satira del potere, mettendone in luce gli abusi e l’arroganza di chi lo detiene e lo esercita.