La manifestazione era stata organizzata dal Partito radicale per raccogliere le firme necessarie per alcuni referendum e anche in aperto contrasto con la decisione del ministro dell’Interno, Francesco Cossiga, di vietare tutte le manifestazioni politiche per motivi di ordine pubblico, eccettuato quelle organizzate dai partiti politici. Ai militanti radicali si unirono gruppi della Sinistra extraparlamentare e di Autonomia Operaia. Erano presenti, inoltre, cinquemila agenti delle forze dell’ordine in assetto antisommossa, coadiuvati da agenti in borghese.
Ancora oggi non si sa chi sia stato a sparare il colpo che ha ucciso Giorgiana Masi. Le indagini si chiusero nel 1981, con l’archiviazione per l’impossibilità di individuare i colpevoli. Una successiva riapertura, nel 1998, si concluse con un nulla di fatto.
Sulla morte di Giorgiana si sono sempre contrapposte due versioni: una “istituzionale”, sostenuta dal ministro Cossiga, secondo cui la ragazza fu uccisa dal “fuoco amico”, ovvero da un colpo sparato da uno dei dimostranti probabilmente appartenente al gruppo di Autonomia. L’altra quella dei dimostranti e di tutta l’area della Sinistra, che invece sostengono che a sparare furono le forze dell’ordine.
Il partito radicale, e in particolare Marco Pannella, hanno sempre ritenuto responsabile, moralmente, il ministro Cossiga; il quale, per contro, ha scaricato proprio a Pannella la responsabilità morale della morte di Giorgiana, per aver organizzato la manifestazione nonostante lui gli avesse chiesto espressamente di non farlo.
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Che alla manifestazione avessero partecipato Autonomi armati e che furono lanciate molotov dai dimostranti è un fatto assolutamente certo. Ma è altrettanto vero che la polizia picchiò e caricò, e soprattutto che alcuni agenti si infiltrarono tra i manifestanti, vestendosi come loro.A confondere le acque e ad alimentare il sospetto che la verità sia stata occultata, è stato poi lo stesso atteggiamento dell’ex ministro Cossiga, che dopo aver sostenuto con forza la tesi del “fuoco amico”, negli anni successivi è tornato più volte sull’argomento con frasi sibilline e molto ambigue, del tipo: “Non ho mai riferito all’Autorità giudiziaria i dubbi che un magistrato e un funzionario di polizia mi avevano insinuato sulla morte di Giorgiana Masi…”; oppure: “La verità su Giorgiana Masi la sapevamo solo in quattro: io, il procuratore della Repubblica di Roma, il capo della mobile e un maggiore dei carabinieri. Ora siamo in cinque perché l’ho detta anche a un deputato di Rifondazione comunista. Non la dirò mai in pubblico per non aggiungere dolore al dolore…”.
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Giorgiana Masi era nata a Roma il 6 agosto 1958 e studiava all’ultimo anno del liceo scientifico Luigi Pasteur. Oltre a lei, che purtroppo rimase uccisa, in quella manifestazione del 12 maggio 1977 furono ferite altre otto persone.