Ambrosoli, nel settembre del 1974, era stato nominato dal governatore della Banca d’Italia, Guido Carli, commissario liquidatore della Banca Privata Italiana, guidata dal banchiere Michele Sindona. La B.P.I., infatti, si trovava sull’orlo del dissesto finanziario ed era necessario fare luce sull’operato dei suoi vertici.
Proprio nella veste di commissario liquidatore, il valente avvocato aveva scoperto una fitta e complessa trama messa in piedi dal banchiere Sindona: gravissime irregolarità e illeciti finanziari, fondi occulti, corruzione di pubblici ufficiali e connivenze con la mafia. Tolto il coperchio alla pentola della B.P.I., insomma, ne uscì fuori uno dei più fetidi minestroni “all’italiana”, collegato anche al famigerato crack del Banco Ambrosiano, che ebbe il suo tragico epilogo tre anni dopo…
Nonostante i tentativi di corromperlo e le minacce di morte ricevute, Ambrosoli andò avanti per la sua strada, peraltro senza ricevere mai alcuna protezione da parte dello Stato, e raccolse elementi sufficienti per liquidare la B.P.I. e far incriminare Michele Sindona. Ma proprio quando stava per presentare una dichiarazione ufficiale in tal senso, venne ucciso.
Come in seguito accertò la magistratura, a far eliminare Ambrosoli fu lo stesso Sindona, che commissionò il delitto al killer mafioso italoamericano, William Aricò.
______________
Giorgio Ambrosoli, esempio di onestà, coraggio e senso del dovere, è stato insignito della medaglia d’oro al valore civile alla memoria da parte del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e, inoltre, gli è stata dedicata una piazza dal Comune di Milano.Com’è noto, per contro, sulla sua tristissima vicenda, il senatore a vita Giulio Andreotti se ne uscì invece con una delle sue frasi più squallide e infelici.
Anche il giornalismo e il cinema lo hanno giustamente omaggiato. Il giornalista Corrado Stajano, infatti, ha scritto il libro Un eroe borghese, pubblicato per Einaudi nel 1991, dal quale poi è stato tratto l’omonimo film diretto da Michele Placido.