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Tragedia all'isola di Cavallo

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Tragedia all'isola di Cavallo

Messaggio da Insight »

Nella notte del 18 agosto 1978, all'isola di Cavallo, che si trova tra la Sardegna e la Corsica, l’erede di Casa Savoia in esilio, Vittorio Emanuele, fu protagonista di un grave fatto di sangue la cui dinamica non è mai stata del tutto chiarita.

Immagine
Secondo la ricostruzione processuale, una comitiva di italiani, dopo aver cenato in un ristorante sull’isola, a tarda ora fece ritorno allo yacht che era ormeggiato nel porticciolo. Qualcuno del gruppo utilizzò senza permesso un gommone che apparteneva al figlio di Vittorio Emanuele (che all’epoca aveva sei anni).

Papà Vittorio Emanuele, allora quarantunenne, furente e in preda ai fumi dell’alcool, con il suo gommone si avvicinò di gran carriera allo yacht degli italiani, portando con sé una carabina che solitamente utilizzava per la caccia agli elefanti.

Se la prese col primo che trovò sul ponte dello yacht, il medico romano Niki Pende, già marito dell’attrice Stefania Sandrelli. Il Savoia, dopo aver rovesciato una scarica di insulti contro gli italiani in generale, si scagliò addosso al Pende, ingaggiando una colluttazione.

Dalla carabina di Vittorio Emanuele partirono alcuni colpi che furono schivati dal romano, ma che purtroppo raggiunsero il diciannovenne tedesco Dirk Hamer, che dormiva nella cabina dello yacht vicino, del tutto ignaro di ciò che stava accadendo.

Il povero ragazzo, ferito gravemente ad una gamba, venne trasportato all’ospedale di Porto Vecchio per un primo intervento e successivamente in Germania. Purtroppo morì dopo ben quattro mesi di agonia.
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Vittorio Emanuele fu processato in Francia. I giudici lo assolsero dall’accusa di omicidio volontario e lo condannarono a sei mesi di reclusione, con la sospensione condizionale della pena, soltanto per il porto abusivo dell’arma da fuoco. Secondo la ricostruzione giudiziaria, i colpi della carabina quella notte di quaranta anni fa partirono accidentalmente…
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Re: Tragedia all'isola di Cavallo

Messaggio da Gimli Il Nano »

Sapete come e perché questa vicenda è passata alla storia della Medicina "Alternativa"?!?
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Re: Tragedia all'isola di Cavallo

Messaggio da Insight »

So che il padre di Dirk Hamer era un medico che aveva delle teorie molto particolari sulla cura del cancro...Al punto che fu radiato dall'ordine perché rifiutava di curare i suoi pazienti con le terapie tradizionali.
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lespaul
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Re: Tragedia all'isola di Cavallo

Messaggio da lespaul »

Lessi qualcosa tempo fa: il Dottor Hamer, a seguito della vicenda di cui sopra, ebbe a soffrire di cancro ai testicoli la cui causa egli individuò nella reazione del suo corpo al tragico evento. Se ne curò dunque con metodi del tutto suoi ed eterodossi, che credo coinvolgano la sfera emozionale più che quella fisica. Da qui, avendo, almeno così asserito dal medico tedesco, superato la malattia, ha sviluppato un metodo di cura alternativa al cancro. Ma potrei ricordare male e non essere stato del tutto preciso ed esauriente.
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Re: Tragedia all'isola di Cavallo

Messaggio da Insight »

Sì, dev'essere proprio così.
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Whiteshark
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Re: Tragedia all'isola di Cavallo

Messaggio da Whiteshark »

Dato che si sta parlando della tragedia del figlio, questo non è probabilmente la il topic in cui discertare sull’assenza di fondamento delle leggi di Hamer, che vengono da alcuni definite pseudoscienza e da altri bufale o truffe. Si può però dire, prima di parlare delle nefandezze del principe, che è certo incredibile che pur in paesi non certo noti per credere a "santoni" e maghi vari, l'opera di Hamer, con contenuti scientifici talmente generici da essere privi di sostanza, abbia saputo polarizzare il dibattito scientifico sulla cura delle malattie e in particolare del cancro. Una persona di cui sentiremo parlare ancora a lungo, e per la quale probabilmente l’epitaffio di martire esiliato contribuirà ad accrescere la fama.

Sembrano non pesare, agli occhi di chi afferma di credere al dottor Hamer quasi come si trattasse di una fede religiosa, le stime mondiali che parlano di centinaia di pazienti morti perché hanno preferito sottrarsi alle cure della medicina tradizionale per seguire i trattamenti a base di erbe, preparati omeopatici e sostegno psicologico suggeriti da Hamer.

Magari si dimentica che l’unica validazione formale delle terapie di Hamer è quella giunta dall’università di Trnava, in Slovacchia, dove peraltro è stata approvata anche la base scientifica di Scientology e dove, per curiosa coincidenza, manca un dipartimento di medicina. O forse si considera una conseguenza logica delle leggi di Hamer anche il fatto che l’Hiv non esista, poiché i malati di Aids sarebbero solo persone carenti in autostima (!!!)

Sarebbe inopportuno scindere la teoria di Hamer dalle sue vicende personali e dalle sue idee politiche e imprenditoriali, poiché se ne ricaverebbe una visione parziale. I sostenitori delle cinque leggi spesso considerano Hamer un profeta vittima di ingiuste persecuzioni, poiché ricordano come gli fu revocata già dal 1986 la licenza a praticare l’attività di medico, e come questa gli fu negata anche in Norvegia, dove si era trasferito per sfuggire all’arresto dopo aver trascorso un anno in un carcere tedesco e due in uno francese.

Pur senza alcuna autorizzazione clinica, Hamer aveva creato nella sua abitazione di Sandefjord, 100 chilometri a sud di Oslo, una sorta di università privata, un centro in cui accoglieva i pazienti più fedeli. Oltre al rapporto diretto con i clienti e la promozione online, Hamer ha diretto fino all’ultimo una casa editrice norvegese fondata nel 2008 e ha gestito un proprio marchio registrato in Austria, affidato alla famiglia Pilhar.

Abbracciare le teorie di Hamer, poi, implica accettare anche le tesi di un complotto medico internazionale gestito dagli ebrei, che sarebbe l’unica giustificazione trovata dal medico tedesco per spiegare come mai si continua nel mondo a praticare la chemioterapia nonostante la sua presunta inefficacia. Hamer spiegava infatti che chemioterapia e morfina erano le tecniche utilizzate dai medici ebrei per uccidere gli altri popoli, mentre per i pazienti ebrei si praticavano, in gran segreto, le cure di Hamer. Negazionista della Shoah, Hamer aveva recentemente scritto una lettera anche al presidente Trump per spiegare la sua teoria, che nella versione pubblicata sul web includeva pure l’idea che ai pazienti trattati con la chemioterapia venissero impiantati dei microchip attivabili da satellite.

Un personaggio, a mio modesto parere, "sgradevole". Nel prossimo post parlerò diffusamente (il fatto mi colpì molto all'epoca anche se avevo solo 13 anni e lessi tutto il leggibile) del dramma di Dirk Hamer e di un'altra persona altrettanto "sgradevole".
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Re: Tragedia all'isola di Cavallo

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Condivido il tuo modesto parere ;)
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Whiteshark
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Re: Tragedia all'isola di Cavallo

Messaggio da Whiteshark »

Quella sera di agosto di 40 anni fa, Dirk Hamer (grande atleta, si allenava con Pietro Mennea ed Adriano Panatta a Roma) e la sorella Birgit (ex miss Germania e grande nuotatrice, non passata al professionismo per evitare (così pare) di doparsi) sono ospiti sulla barca di Nicky Pende, che, dopo aver fatto una escursione con gli Hamer sulla splendida Isola Cavallo, vista l'ora inoltrata, decide di non riprendere il mare per la Corsica ma di lasciare la barca attraccata nella baia, dove, sulla terraferma vi è un piccolo ristorante frequentato da VIP. Ed in quel ristorante si dirigono Pende, gli Hamer ed i suoi amici, trovando seduti ad un tavolo il rpincipe Vittorio Emanuele, che sta cenando con ostriche e champagne in compagnia di 3 amici. "Trattali bene questi, sono amici" dice il principe al proprietario del ristorante. Quando la comitiva di Pende si alza, il principe ed i suoi amici stanno ancora mangiando ostriche. E sicuramente ne mangeranno tante, visto che quando si alzano sul loro tavolo ci sono 12 bottiglie di champagne vuote.

Quando il principe arriva alla sua barca, si accorge della scomparsa del canotto, che la "brigata Pende" aveva preso per tornare alle proprie barche (erano tre), ancorate a circa 80 metri dalla spiaggia. In preda ai fumi, sale su un altro gommone portando con se, dopo averlo caricato, il suo fucile Winchester M1 calibro 30 (regalo del dittatore filippino Marcos), ed arriva alle barche per recuperare il suo gommone. Svegliato dal rumore del motore, Pende si alza e si trova davanti il corpulento principe che urla "Avete rubato il mio canotto, FIGLI DI PUTTANA DI ITALIANI DI M., ora vi ammazzo tutti !!". Pende, dimostrando un coraggio non comune, affronta il principe cercando di disarmarlo, ma al primo spintone, come dichiarato da Pende al processo, partono due colpi, il che significa che il principe aveva già il proiettile in canna, la sicura tolta ed il dito sul grilletto, invece di tenerlo dritto fuori dal grilletto. Ed è la migliore dimostrazione che di "accidentale" in quei colpi c'è poco. Chi vuole solo minacciare tiene in mano un fucile, magari lo punta, ma non mette il colpo in canna, togliendo la sicura.

Invece, due colpi partono ad altezza d'uomo e uno di questi colpisce Dirk Hamer. Dei razzi vengono lanciati in aria per illuminare la scena. Dura tutto pochi secondi ma sembra una guerra. Quando la scena si azzittisce, ci si accorge che un proiettile ha colpito Dirk al ventre, che giace rantolando in cabina. "È stato Vittorio Emanuele", dicono. "Era incazzato perché avevano usato le sue barche». «Ma chi è questo Vittorio Emanuele?", grida Birgit. Ma la tragedia è un'altra: nelle vicinanze non c’è un medico. La situazione, si capisce da subito, è spaventosa. Qualcuno prende per buona la voce per cui il principe stesso dovrebbe mandare un elicottero per prelevare Dirk. Ma passano i minuti e l’elicottero non arriva. Finché si decide di togliere gli ormeggi e arrivare alla terraferma in barca.

È l’alba del diciotto agosto quando gli infilano la prima flebo. Dirk morirà il 7 dicembre, centoundici giorni dopo. Dopo aver peregrinato per decine di letti di ospedali, essere stato trasportato in una clinica in Germania, essere stato sottoposto a diciannove operazioni, aver avuto trasfusioni di quattrocento litri di sangue, aver subito l’amputazione della gamba prima al ginocchio e poi all’inguine.

A questo punto la macchina processuale è già in moto, e inizia una vergognosa querelle: si dice che un altro colpo sia stato sparato da altri allo stesso momento. Dunque da qualcuno che sguainava più veloce di John Wayne e che avrebbe dovuto sparare in direzione di Vittorio Emanuele e non in quella opposta. Si fa un nome e si cita una pistola: Vittorio Guglielmi, uno degi componenti della combriccola di Pende, e la sua arma. Scordando che Guglielmi era sulla sua barca, l'ultima delle 3, dove stava anche Hamer. Il che implica che Guglielmi, invece che sparare a Vittorio Emanuele, avrebbe colpito Hamer a bruciapelo, in una barca che era solo un motoscafo di 15 metri quadri utili ed anche meno. Ma subito questa ipotesi viene smontata dalla polizia francese: la pistola di Guglielmi non spara da tempo.

Ma evidentemente l'essere potente aiuta, sopratutto se (è una mia ipotesi) si conoscono segreti scomodi coi quali barattare rinvii, dilazioni, prolungamenti. Resta il fatto che, dopo il clamore iniziale ed aver passato qualche giorno in gattabuia, Vittorio Emanuele di Savoia verrà processato nel 1991, 13 anni dopo: il processo si chiude in soli 3 giorni con la condanna per porto abusivo di arma da fuoco. Vittorio Emanuale è assolto dalle accuse di omicidio.

"Vittorio Emanuele uscì assolto, dopo essere entrato nel tribunale di Parigi in manette. Ma neppure allora seppe trovare le parole giuste: «I giudici francesi hanno stabilito che non ho fatto nulla, anzi, che non è successo nulla»." (Corriere della sera 2006)

Non contento e prendendoci tutti per scemi, Vittorio Emanuele ha poi anche dichiarato:

"[...] Secondo fatto, non meno importante, è che i veri motivi della vicenda non sono ancora noti, perché riguardano fatti di politica internazionale, segreti di Stato al massimo livello, fatti e avvenimenti legati ad altri di grande importanza [...]"

(Io, Vittorio Emanuele, Re in Esilio, p.176, Ed. Albero, 1987).

Il commento migliore a questa triste vicenda è probabilmente quello di Paolo Villaggio, che in Delitto senza Castigo dice:"Naturalmente, se il protagonista di quegli eventi fosse stato un lavoratore algerino gli avremmo dato diciotto anni e a quest'ora sarebbe già morto in carcere."

Qualche mese dopo i fatti, ad una colazione, Vittorio Emanuele chiese all'avvocato difensore, allibendo tutti, se avrebbe potuto riavere il suo fucile.

A quell'avvocato era stato chiesto come mai quasi nessun testimone era stato chiamato e rispose, giustamente, che lui stava alla difesa e non era compito suo chiamarli. Molti anni dopo, sentendo dell'affermazione dell'avvocatessa Paugam della famiglia Hamer sul fatto che non si riesca a trovare la sentenza del 1991 con le sue motivazioni negli archivi della Corte d'Assise di Parigi e che, anzi, non esiste in forma scritta e che non è stata registrata nell'archivio alcuna sigla che ne proverebbe l'esistenza (fonte sempre il libro Delitto senza Castigo), ne fu sorpreso dicendo che era una mancanza molto grave.

Ancora un mese fa un amico di Vittorio Emanuele sosteneva che era stato tutto un incidente senza colpa per nessuno: "Cosa molto spiacevole ma che può succedere a tutti e si deve dunque capire"!

Invece io non capisco. Sopratutto, avendo svolto il servizio militare ed avendo sparato più volte con un fucile (il Garand) molto simile al Winchester M1 ed identico nel funzionamento, non capisco una cosa: quando uno mette il colpo in canna, senza la sicura ed ha il dito sul grilletto significa che ha intenzione di sparare, altrimenti la cartuccia non sarebbe stata in canna. E chi spara può ferire o uccidere, specie al buio. Specie se ubriaco.

Una postilla per chiudere: la querela contro Il Fatto Quotidiano e Beatrice Borromeo, che pari pari ha dato dell'assassino al buon Vittorio, è stata archiviata. Quella contro la sorella di Hamer, che diceva la stessa cosa e di più nel suo libro Delitto senza Castigo, è stata archiviata e così un altro buon numero di denunce di quei querelanti seriali. Tutti i giudici concludevano che l'immagine di Vittorio Emanuele non era stata lesa.

Per me, che sono un Nessuno come tanti, l'immagine del Re in esilio (viva il referendum taroccato !!) si riassume nella stessa parola che ho usato per il padre di Hamer: "sgradevole".
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Re: Tragedia all'isola di Cavallo

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Per me, invece, in questo caso, "sgradevole" è troppo poco... Grazie per la tua ricostruzione.
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Re: Tragedia all'isola di Cavallo

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Visto che non l'hai scritto, aggiungo per completezza che quando, in anni molto più recenti, Vittorio Emanuele era stato "imbustato" per altri fatterelli (bische clandestine, prostituzione, ecc...) si è vantato coi suoi compagni di cella di aver sparato all'isola di Cavallo, spiegando anche come: "Ho sparato così e così...e ho corrotto i giudici...". Di questa allegra conversazione tra galeotti esiste un video in cui si sente bene tutto. Ma il savoia, messo poi di fronte alla prova inconfutabile, ha negato ancora, dicendo che l'hanno incastrato apposta e che quelle frasi sono state estrapolate ad arte dal contesto...

Un bieco personaggio, molto peggio che sgradevole, a parer mio.
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