Davvero notevole questa serie, che, a mio avviso (vista anche la durata dei caroselli), dovrebbe risalire a non prima del 1974 (e mi pare molto strano che il figlio del protagonista, che compare in tutti gli spot, li faccia risalire al 1970).
Rispetto ai supermercati concorrenti, si respira un'aria più "seria" (nel senso migliore del termine) ed appare fin da subito la forte valenza sociale che si vuole dare al messaggio.
In quegli anni, Gregoretti si era da poco iscritto al PCI (in modo anche abbastanza teatrale, almeno a leggere una sua intervista rilasciata qualche anno fa a Repubblica) e non sorprende quindi la scelta, da parte di una catena di distribuzione da sempre legata alla sinistra, di affidargli quelli che penso siano i primi caroselli per la catena stessa. Nell'intervista su citata (data a Repubblica nel 2013), Gregoretti parla dei caroselli soprattutto come "marchette" che gli servirono soprattutto per rimpinguare il bilancio familiare: tuttavia, ho il sospetto che si riferisse a sketch girati in anni di molto precedenti a quelli del nostro decennio.
Per quanto mi riguarda, trovo queste quattro scenette davvero molto belle: al di là della valenza quasi "pedagogica" il messaggio passa molto bene e mi pare anche interessante l'idea del papà che spiega al figlio il senso delle "canzoni del lavoro" che danno il titolo alla serie.
L'unica cosa che mi fa un poco sorridere (non abbiatevene a male, vi prego) è quella voce che ad un certo punto del codino declama: "Coop non guarda al profitto...". Magari all'epoca era davvero così...ma, purtroppo, in questo caso, non riesco a non soggiacere al brutto vizio di giudicare la storia passata con gli occhiali dell'oggi.
