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F1 Stagione 1975

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Whiteshark
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Re: F1 Stagione 1975

Messaggio da Whiteshark »

L'effetto suolo e le relative "minigonne" necessarie a "sigillare" la vettura per amplificarne l'effetto Venturi si videro in Formula 1 per la prima volta nel 1977 con la leggendaria Lotus 78. Furono definitivamente bandite alla fine del 1982 dopo i tragici incidenti di Villeneuve, Paletti e Pironi ed altri diversi "botti" meno cruenti. Fine OT.
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Whiteshark
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Re: F1 Stagione 1975

Messaggio da Whiteshark »

PREFAZIONE ALLA CORSA: L'ultimo sorriso di “CAPITAN NICE” Mark Donohue

Chi conosce da appassionato e non da divanaro la Formula 1 ed ha i capelli che dal grigio iniziano a virare al bianco sa che molte “dittature”, ad eccezione di quelle prima di Juan Manuel Fangio che era talmente superiore a tutti da poter scegliere ogni anno dove andare, e poi di Ayrton Senna che non ha mai legato con nessuno, ottenendo obbedienza e rispetto per le sue immense doti, ma senza amicizia, sono basate su sodalizi in cui un pilota ed un Team manager, o un Patron, o un direttore tecnico, sviluppano un tale senso di fiducia reciproca che alla fine la somma è maggiore dei due valori separati dei singoli. Il primo eclatante caso in Formula 1 è senz'altro quello di Jim Clark e Colin Chapman, indivisibili, e prosegue con Jackie Stewart e Ken Tyrrell, Niki Lauda e Mauro Forghieri, Nelson Piquet e Gordon Murray, Alain Prost e Tim Wright, Michael Schumacher e Ross Brawn..... ma a parte quello tra il fuoriclasse tedesco ed il “mangiabanane” inglese, sono sodalizi che, vuoi per tragedie (Clark), vuoi per ritiri (Stewart) o, come più spesso capita, per le personalità fortissime dei protagonisti, hanno una durata nel tempo che in genere non supera il lustro, poi uno dei due cambia aria. Invece, il sodalizio che unì Mark Donohue a Roger Penske iniziò nel 1966 e, senza il dramma di Zeltweg, probabilmente i due sarebbero ancora oggi sullo stesso muretto.

E dire che i due, fino all'incontro datato come detto 1966, non si erano mai visti. Mark, classe 1937, non era uomo da facili innamoramenti in qualunque campo. Fin da ragazzo, il suo approccio con la vita era improntato alla razionalità ed all'impegno, che lo portò a a ottenere il graduate nel natio New Jersey col massimo dei voti e, successivamente, ad ottenere, a 22 anni, la laurea in ingegneria meccanica alla Brown University nel Rhode Island. All'epoca erano già passati due anni dalla prima gara corsa (e vinta) da Mark, una gara in salita alla quale si era iscritto con la sua Corvette che il ragazzo americano, grazie alle sue conoscenze meccaniche ed alla manualità spiccata, aveva perfettamente messo a punto come assetto. E proprio questo suo per certi versi inedito “tocco magico” sarà il marchio di fabbrica che gli permetterà, nel 1961 (dopo una già ottima stagione 1960 con 4 vittorie e 4 secondi posti in 13 gare nds), di entrare negli annali del motorismo statunitense, con la vittoria nel campionato SCCA (l'equivalente americano delle fare turismo con vetture di serie) in una Elva Courier da lui acquistata l'anno precedente con i guadagni del suo lavoro di ingegnere presso la Pulverizing Machinery, azienda leader nel campo della liquefazione e accorpamento dei prodotti (tra i principali clienti vi era la Palmolive saponi nds). Macchina uguale a tanti, ma come sempre impeccabilmente assettata da Mark, che si impose in ben 10 gare sulle 17 in calendario. E delle indubbie doti di messa a punto del giovanotto si accorse una personaggio sconosciuto ai più, ma che sarebbe stato fondamentale per il futuro agonistico di Donohue: Walt Hansgen, pilota mediocre ma con le giuste conoscenze, e soprattutto amico di Roger Penske, un coetaneo di Mark che, fin da ragazzo, ha avuto una smisurata passione per le macchine, e che oltre ad essere un mediocre pilota sta incontrando un sempre maggiore successo con un servizio di trasporti e vendendo automobili Chevrolet a Philadelphia, in un concessionario nel quale è entrato come assistente alle vendite e che dopo tre anni è già suo. Walt stringe amicizia con Mark, e lo assiste nel suo primo importante cambio di vettura, una TVR Grantura con la quale Donohue affronta la prima importante corsa della sua carriera: la 12 ore di Sebring 1962, dove Mark si piazza 25'. La stagione 1962, però, è decisamente inferiore alle attese, ed a parte una “indigestione” a Lime Rock (dove su 10 gare in programma Mark vince le cinque alle quali può prendere parte) lo score di fine anno registra una sola vittoria a Bridgehampton. Donohue accusa una piccola crisi di rigetto, ed il 1963 lo vede impegnarsi in sole sei gare, con un solo successo, ancora a Lime Rock. Addirittura il 1964 lo vede al via in tre sole occasioni, per un totale di cinque gare, concluse con la non disprezzabile cifra di tre vittorie, un secondo ed un ottavo posto. Ma il 1964 segna una nuova svolta nella vita di Donohue, che viene assunto dal De Lorean degli anni sessanta, Jack Griffith, che per la messa in produzione delle sue Griffith 400 e 600, motorizzate Ford e con carrozzeria italiana (prodotta dalla Intermeccanica di Torino nds), cerca un ingegnere che sia anche collaudatore, e si rivolge ad Hansgen: Walt declina l'invito e raccomanda Mark, che in breve guadagna la stima ed il rispetto del titolare, tanto che ad inizio 1965 non solo Donohue viene promosso a N.2 della Griffith, ma riceve dal suo “padrone” il permesso di correre nei weekend liberi sulla “mitica” Shelby GT350 di proprietà di Griffith. Mark ripaga al meglio la fiducia, e nella gara più importante della stagione SCCA, la 500 miglia di Watkins Glen, in coppia con l'amico Hansgen giunge terzo assoluto e primo di classe, un grande risultato in una stagione piuttosto avara di soddisfazioni agonistiche, con 10 gare, tre podi e nessuna vittoria.

Il 1966 è l'anno della svolta definitiva, per Donohue insieme gioia e dolore: dopo un fantastico inizio anno nel quale, sulla “mitica” Ford GT40 MKII del Team Holman/Moody, in coppia con l'amico Hansgen, ottiene prima un terzo posto assoluto alla 24 ore di Daytona (in occasione della tripletta Ford con Miles/Ruby davanti a Gurney/Grant) e poi un secondo posto alla 12 ore di Sebring (dietro a Miles/Ruby), iniziano i problemi lavorativi: la Griffith entra in crisi finanziaria per i troppo onerosi investimenti richiesti dalla 600 (ne verranno costruite solo 10 nds), e la chiusura è dietro l'angolo: in più, il 3 Aprile, durante i test per la 24 ore di Le Mans, Walt Hansgen, che sta guidando la versione coda lunga della GT40 che in coppia con Donohue è iscritta alla corsa, è vittima di un terrificante incidente sotto una pioggia torrenziale, e muore per le ferite riportate dopo quattro giorni di agonia. Mark, al funerale dell'amico, è distrutto e preoccupato, ed esterna il suo stato ad un amico di Walt che conosceva soltanto di nome: Roger Penske. Tre giorni dopo, Donohue riceve una telefonata da Penske: a Roger gli affari, a differenza che alla Griffith, vanno benissimo, ed ha deciso di investire i suoi guadagni in una scuderia, ma è senza pilota. Vuole il posto ? Mark accetta, convinto che giunto a Philadelphia si troverà davanti la solita vettura turismo. Invece all'apertura del garage si presenta agli occhi dell'esterrefatto pilota una.... Lola T70 motorizzata Chevrolet V8 per disputare la Can-Am. Il tempo di dare le dimissioni dalla Griffith (l'azienda chiuderà i battenti ad ottobre di quell'anno) e per Donohue, pilota professionista a tutti gli effetti, inizia un tour de force per prendere confidenza con la vettura: il debutto a St.Jovite il 29 maggio, poi Mosport il 4 Giugno, Watkins Glen il 26, Kent il 31/7, Mid-Ohio il 28/8. Per l'inizio della stagione, l'11/9 a St.Jovite, Mark è “a punto” e sopratutto ha stabilito un eccellente rapporto con Penske: “Dopo il primo giorno di prove, a sera, eravamo rimasti solo io e Mark in garage, e dovevamo provare anche il giorno dopo, per cui i meccanici avevano lasciato la roba in giro. Quando mi avvicinai con i fogli di tempi, assetti e regolazioni Mark mi disse: “Aspetta un attimo”, e si mise da solo a mettere a posto gli attrezzi ed a ramazzare il pavimento. Una volta finito mi disse: “Ora guardiamo i tempi, quando c'è ordine si capisce meglio tutto”, e capii che sarebbe stato per sempre il mio pilota”. La prima gara è un ritiro, ma già alla seconda Donohue è a punti, quinto, e alla terza gara a Mosport coglie la prima vittoria importante della carriera, portandosi così in testa alla classifica provvisoria, vetta che deve cedere la corsa successiva a Phil Hill ed alla sua magnifica Chaparral con alettone posteriore, che a Laguna Seca fa valere la sua deportanza. Dopo quattro gare ed a due prove dalla fine, comunque, il rookie è pienamente in lizza, avendo 14 punti, gli stessi di Bruce McLaren, contro i 18 di Hill, mentre John Surtees, che guida una Lola T70 come quella di Donohue, è fermo a 9. A Riverside sia Hill che McLaren si ritirano, ma Donohue viene battuto, oltre che dal vincitore Surtees, anche da “Mr.Chaparral” Jim Hall e dall'ospite Graham Hill, e così, essendo i punti dati con gli stessi criteri della Formula 1, si genera una assoluta parità: Surtees e Phil Hill 18 punti, Donohue 17 punti, McLaren 14 punti. Tutto si decide nel nuovissimo Stardust Raceway in Nevada, costruito poco fuori Las Vegas con lo scopo di veicolare le case da gioco anche ad un pubblico di appassionati dell'auto (non avrà successo e chiuderà nel 1971 nds): Phil Hill fa la pole, ma al primo giro di gara viene messo fuori gioco da un incidente con Parnelli Jones e lascia via libera a Surtees: Donohue, dopo disastrose prove che lo hanno relegato al 14' posto, rimonta fino al terzo posto, ma Surtees e McLaren sono troppo lontani, e per l'esordiente in mezzo ai campioni della Formula 1 c'è “solo” il secondo posto nella classifica finale con 21 punti, contro i 27 del vincitore Surtees, che si toglie così dei sassi grossi come pietre dalle scarpe contro la Ferrari che lo ha cacciato, ed i 20 di McLaren, a chiusura di una stagione comunque esaltante in pista, anche se tragica fuori. Il sodalizio Donohue-Penske, ormai indissolubile, si ripresenta nel 1967, con l'aggiunta dello squadrone ufficiale Ford, che accortosi delle qualità del giovanotto, lo ingaggia per le gare di Daytona, Sebring e Le Mans. A Daytona Mark, in coppia con l'altro “bad boy” Peter Revson, è vittima della moria delle trasmissioni che non sopportano l'incrementata potenza delle GT40 (cinque vetture ritirate col cambio rotto), ed assiste dai box alla storica tripletta Ferrari. Dopo la tremenda scoppola presa in casa, la Ford manda solo due vetture a Sebring il 1 Aprile (McLaren/Andretti e Foyt/Ruby, che fanno doppietta nel deserto di avversari nds), e spedisce Donohue, giudicato il miglior collaudatore della squadra, ai test di Le Mans del 9/4 (dove, per inciso, la squadra Ford sarà massacrata dal miglior Bandini di sempre che, all'ultima prova sulla 330 P4, rifilerà 7”1 alla GT40 MKII dell'americano nds), dove viene raggiunto da McLaren per una comparativa tra la MKII coda corta e la MKIV coda lunga. E tra i due sono subito “scintille”: Bruce, infatti, è un “altro Donohue” ma che si è costruito sul campo, e l'approccio più tecnico e meno “a sensazione” del giovane compagno genera pesanti attriti e violente discussioni sul setup generale della vettura, coi due che si mandano spesso e volentieri a quel paese tra gli sguardi esterrefatti di tecnici e meccanici. A rimettere Donohue di buon umore, una volta rientrato in America, ci pensa Roger Penske, che ha messo in piedi per il suo pilota un programma che, paragonato a quello dei piloti di oggi, non sembra possibile pensare fosse quasi la normalità: la bellezza di 21 gare, delle quali 8 nel neonato campionato Trans-Am Series riservato alle case costruttrici di coupè con una Chevrolet Camaro (ovviamente !), 6 nel nuovo campionato USRRC (United States Road Racing Cars), 6 nella Can-Am, ambedue con la Lola T70 dell'anno precedente, più il Gran Premio di Watkins Glen, gara fuori calendario ma dal corposo montepremi. Donohue, cresciuto molto anche a livello di pilota, lascia il segno nella Trans-Am, tenendo alta praticamente da solo la bandiera della Chevrolet ottenendo tre vittorie ed un secondo posto. Nella USRRC invece Mark è un rullo compressore, e nelle quattro gare prima di Le Mans ottiene tre vittorie ed un terzo posto ipotecando la vittoria finale. Poi l'americano vola a Le Mans, dove chiede invano di cambiare coequipier per la 24 ore: niente da fare, le scelte sono già fatte, e la coppia McLaren/Donohue non si cambia. Dopo tre giorni di litigi, la coppia dell'incomunicabilità chiude al quarto posto la classica della Sarthe, e Donohue può tornare negli USA e...ricominciare a vincere, sia le ultime due gare della serie USRRC che la kermesse di Watkins Glen, prima dell'inizio della serie Can-Am. Donohue si difende con le unghie e con i denti, ma il faraonico (per i tempi) montepremi della serie Can-Am ne ha paurosamente innalzato la competitività, e l'americano deve soccombere alle imperanti McLaren M6A di McLaren e Hulme, che si aggiudicano cinque gare su sei lasciando a Surtees l'ultima. Per Mark, due secondi e un terzo posto, ed il quarto posto finale (a pari merito con Surtees che però risulta terzo per i migliori piazzamenti) nella classifica finale con 16 punti. Donohue chiude comunque una stagione eccellente e, con l'abbandono del Team Ford ufficiale, affronta la stagione 1968 da esclusivo pilota del Team Penske. Una stagione densissima (28 gare), divisa fondamentalmente nei tre campionati Trans-Am, USRRC e Can-AM, il primo sulla Chevrolet Camaro, gli altri due sulla McLaren M6A acquistata da un Penske sempre più deciso a mettere il suo pilota nelle condizioni migliori.

Dopo le prime due gare di durata, la 24 ore di Daytona e la 12 ore di Sebring, che Donohue, in coppia con Fisher, disputa sulla Chevrolet Camaro concludendo 12' nella prima e ottimo terzo nella seconda, ottenendo nella sua classe il secondo posto a Daytona e la vittoria a Sebring, inizia il campionato USRRC, o meglio il “campionato Donohue”, visto lo score del pilota, che nelle sette gare della serie ottiene due ritiri e.... cinque vittorie. Le cose non cambiano nella Trans-Am, anzi qui la dittatura del duo Donohue/Penske e della loro M6A è a livelli Schumacher-Ferrari 2002: undici prove, un ritiro, un terzo posto e nove vittorie l'incredibile bottino. Esaltato da queste performance, Penske, forte anche dell'appoggio finanziario della compagnia petrolifera Sunoco, convince Mark a “saggiare” le ruote scoperte del campionato USAC, e Donohue non fa pentire Roger della fiducia: nell'unica gara disputata in stagione, il 15 giugno a Mosport, il rookie ottiene, nelle due gare, un settimo ed un quarto posto, in mezzo a piloti di ben diversa esperienza come Unser, Leonard e McCluskey. Poi Mark scende dalla Eagle/Chevrolet e risale sulla Camaro. Ma Penske, che stupido non è, sa che il “vero” campionato è la Can-Am, dove gli avversari ed i loro mezzi sono di ben diverso spessore, e deciso a vincere contro gli squadroni ufficiali Penske mette a disposizione del pilota la più evoluta M6B, con la quale Mark debutta a Road America con un terzo posto dietro alle missilistiche M8A di Hulme e McLaren. Che però si rompono entrambe a Bridgehampton due settimane dopo, lasciando a Donohue via libera per vittoria e primato in classifica. Che dura però una sola gara, il tempo di arrivare ad Edmonton e arrivare ancora terzo dietro ai due kiwi (sempre con Hulme davanti) con Dennis che riconquista la testa del campionato, con 18 punti contro i 17 di Donohue ed i 12 di McLaren. Si va a Laguna Seca, nel deserto di Monterey, dove..... piove per tutto il giorno della gara, mandando in crisi i top drivers. La gara la vince l'outsider John Cannon che, su una obsoleta McLaren M1, sfrutta il “non avere potenza” montando gomme intermedie, che gli permettono, pur essendo lentissimo sui dritti di girare due secondi più rapido dei battistrada. Hulme, coriaceo come sempre, arriva secondo, McLaren quinto, Mark, dopo diversi testacoda, ottavo. La classifica a due gare dalla fine vede ora Hulme con 24 punti, con Donohue fermo a 17 e McLaren a 14. Penultima gara a Riverside, vittoria di McLaren davanti a Donohue, con Hulme solo quinto, e classifica che vede Hulme a 26 punti, con Donohue e McLaren a 23 punti. Si va a Las Vegas con la certezza che chi vince, indipendentemente dai risultati degli avversari, vincerà la serie. McLaren ottiene a Stardust la pole, davanti a Hulme, Hall e Donohue. Ma al momento di allinearsi la M6B di Mark non parte, bloccata dalla rottura dell'accensione. Una beffa per il pilota e per Roger Penske, che possono solo assistere al trionfo, in gara e in campionato, di Dennis Hulme, amara chiusura di un comunque ottimo 1968, che ha comunque fatto capire a Penske che in una serie come la Can-Am non si riesce a vincere senza il supporto di un costruttore, e quindi per il 1969 si volta pagina: si continua nella Trans-Am, dove la Chevrolet Camaro “light” (grazie al sapiente uso di acidi, del quale Donohue aveva conoscenza grazie al lavoro presso la Griffith, la vettura pesava 150 kg. In meno delle altre nds) è ormai un incubo per gli avversari, si abbandonano USRRC e Can-Am, si dà l'assalto ad Indianapolis ed al suo mito, e si decide di riesumare la Lola T70 per provare a vincere Daytona e Sebring. Alla 24 ore tutto sembra congiurare contro il Team privato che ha avuto l'ardire di sfidare lo squadrone Porsche, presente con ben cinque 908 ufficiali, ad iniziare dal... compagno di squadra di Donohue, Ronnie Bucknum, che mentre si sta recando in moto al circuito è vittima di un incidente nel quale si rompe tre dita della mano sinistra: per lui la gara neppure inizia. Penske si mette freneticamente alla ricerca di un copilota, mentre Donohue, per “invogliare” qualche pilota a correre, spinge al massimo e si piazza secondo in prova. Alla fine si trova il veterano (45 anni) Chuck Parsons, che fa appena in tempo a percorrere nove giri prima della fine delle prove. In gara, poi, dopo un'ora di corsa, un difetto di pescaggio della pompa della benzina fa si che la vettura numero 6 sia costretta a fermarsi quando nel serbatoio vi è ancora più di un terzo del carburante, aumentando così le soste e favorendo al termine della seconda ora un pokerissimo di 908L nelle prime cinque posizioni. Ma in una 24 ore succedono molte cose, ed a partire dalla quarta ora le “tedescone” si fermano ai box con gli scarichi rotti, impiegando tra i 15 ed i 20 minuti per le riparazioni. Ma non appena risalito al secondo posto, tocca a Donohue rompere uno scarico, e dato che il Team non ne ha di ricambio bisogna riparare l'unico che c'è, perdendo 40 giri. Sembra davvero finita, ma dalla decima ora in avanti le Porsche tornano a soffrire, e stavolta ai semiassi: alla fine della tredicesima ora non vi è più una sola 908 ufficiale in pista, tutte ferme ai box o lungo il tracciato coi semiassi rotti. Passano così in testa le due GT40 private di Hailwood ed Ickx, con Donohue terzo ad oltre 40 giri, ma alla 15' ora Hailwood si ferma ai box con un pistone bucato, e meno di sessanta minuti dopo Ickx, forse per un calo di concentrazione, finisce a muro al termine della sopraelevata. Donohue/Parsons sono in testa, ma impiegano 90 minuti per arrivare a superare nei giri compiuti la ritirata Ford di Ickx. Sempre attentissimi all'indicatore del carburante, Donohue e Parsons stanno lontani dai guai e, pur stabilendo con 2 ore e 11 minuti il record di permanenza ai box di una vettura vittoriosa a Daytona tagliano il traguardo, tra la sorpresa generale, in prima posizione, con Donohue che, con grande sportività, cede la vettura a Parsons per permettergli di esultare sotto la bandiera a scacchi, mentre lui, col sorriso che sempre lo accompagna e che gli varrà il celebre soprannome “Capitan Nice”, esulta con Roger Penske ai box. Meno bene le cose vanno a Sebring, dove oltre alle Porsche 908 ed alle GT40 c'è anche la Ferrari 312P di Amon ed Andretti. Mark si ripete in prova, secondo dietro al poleman Amon, ma in gara dopo tre ore si rompe un braccio dello sterzo e la Lola T70 è costretta al ritiro.

Nella serie Trans-Am, la Camaro di Donohue, all'ultimo anno di competizioni, non trova subito il ritmo giusto: la squadra ha lavorato esclusivamente sulla monoposto USAC e manca sviluppo, mentre la Ford, grande rivale della Chevrolet, ha concentrato tutti i suoi sforzi sulla serie con piloti del calibro di Parnelli Jones sulla nuova Mustang, e così nelle prime 4 gare Mark ottiene due secondi posti, un settimo ed un ritiro. Ma da metà stagione in poi, quando il Team inizia a lavorare sulla Camaro, la musica cambia, e nelle ultime sette gare Mark ottiene un ritiro a Kent e....sei vittorie, che danno nuovamente il successo alla Chevrolet ed una fine gloriosa alla Camaro-Sunoco numero 6.

Dicevamo della nuova sfida nella serie USAC, che il neonato Team USAC-Penske affronta su una Lola motorizzata Offenhauser. Per Donohue il battesimo è ad Indianapolis, ed il ragazzo dimostra subito di che pasta è fatto qualificandosi in quarta posizione (al debutto !! nds) e partendo così in seconda fila. In gara Mark paga scotto alla sua inesperienza ed è costretto a rallentare per un surriscaldamento del propulsore avendo cercato troppo le scie, concludendo comunque settimo, risultato niente affatto disprezzabile anche se lo scettro di “rookie of the year” va a Revson che si piazza quinto. A causa della concomitanza con la serie Trans-Am, Mark partecipa solo ad altre quattro gare del campionato USAC, ottenendo un quarto ed un settimo posto nel doppio appuntamento sulla pista “da pelo” di Brainerd.

Si entra così nei seventies, ed il duo Donohue Penske la affronta con un clamoroso “divorzio”: ritenendosi poco considerato alla Chevrolet, alla quale tanto ha dato, Roger Penske sbatte la porta e trasloca alla allora fiorente AMC (American Motors Corporations, chiusa nel 1987 nds), dove convince i vertici dell'azienda a credere nella possibilità di rendere vincente la sportiva del loro catalogo, ossia la Javelin, che finora è stata la Cenerentola della serie grazie all'inconsistenza di piloti e squadre. L'inizio è difficile, col ritiro alla 24 ore di Daytona dopo sei ore, la vettura è affidabile, ma poco veloce, e le prime prove della Trans-Am vedono il Team Penske-Sunoco, come sempre fino a fine maggio concentrato solo su Indianapolis, in chiaro affanno di fronte allo squadrone Ford. Donohue ottiene il massimo, e nelle prime quattro prove ottiene tre podi (un secondo e due terzi) ed un ritiro. Man mano che il Team sviluppa la vettura, la Javelin diventa sempre più veloce, e a fine Giugno arriva la prima vittoria a Bridgehampton. Ma l'incremento delle prestazioni va a detrimento dell'affidabilità, e così nelle successive quattro prove Donohue, pilota noto per il suo grande rispetto per la meccanica, alterna due vittorie a due decisivi ritiri. La stagione, nelle ultime tre prove, vede Mark ottenere due secondi ed un terzo posto, che porta la AMC, nella classifica finale, al secondo posto con 59 punti (l'anno precedente la stessa vettura ne aveva ottenuti 14 nds), dietro alla dominante Ford Mustang (72 punti).

Sul fronte USAC, invece, Donohue si presenta al volante di una Lola col nuovo motore Ford, e dopo un deludente debutto a Sonoma (25') si presenta nel catino più famoso del mondo deciso a ben figurare: in prova è 5', ed in gara, a dimostrazione di aver imparato bene la lezione dell'anno precedente, sta innanzitutto fuori dai guai, anche perchè contro la velocissima Colt di Al Unser non c'è molto da fare, se non andare al massimo e sperare in un guasto tipo quelli che nel 1967 e nel 1968 capovolsero risultati che sembravano definitivi. Ma ciò non accade, e per Mark c'è “solo” il secondo posto, a 32” dal vincitore, e con la soddisfazione di avere vinto una durissima battaglia con il re di Indy A.J. Foyt per la piazza d'onore. Un altro secondo posto alla Lucas Oil 200 completa il bottino a ruote scoperte di un Donohue che archivia una stagione non esaltante, ma certo soddisfacente. E sicuramente soddisfatto è Roger Penske, che ai già noti programmi USAC e Trans-Am decide di ritornare a competere per la vittoria nelle gare Sport, schierando per Mark, in coppia con David Hobbs, una Ferrari 512M (modificata dal Team Penske che ha modificato tutto il sistema di iniezione ed ha alleggerito la vettura nds) per le gare di Daytona, Sebring, Le Mans e Watkins Glen.

Si parte a fine gennaio, dopo la tragica 1000 km. di Buenos Aires dove ha perso la vita Giunti: Mark è motivatissimo e fa la pole rifilando 1”5 alla Porsche 917 di Rodriguez. In gara i due si danno grande battaglia per sei ore, sempre nello stesso giro ed alternandosi le posizioni a seconda dei rifornimenti, poi sulla 512M numero 6 si rompe l'alternatore e Donohue perde 8 giri, ripartendo terzo dietro alle due 917 di Rodriguez ed Elford. Il distacco non è certo incolmabile, ma a mezzanotte (nona ora di gara) succede il patatrac: Elford è vittima dell'esplosione di una gomma sulla sopraelevata e sbatte rovinosamente. Mark, che seguiva da vicino Elford, riesce a evitarlo mandando la 512M in testacoda, ma dietro di lui una Porsche 911 non riesce a rallentare e “passeggia” sopra l'anteriore della Ferrari distruggendolo, miracolosamente senza rompere radiatori. Donohue arriva a passo d'uomo ai box, dove i meccanici del Team Penske compiono una sorta di miracolo riuscendo, dopo 90 minuti di lavoro continuo, a rispedire in pista la macchina, completamente ricoperta sull'anteriore da nastro americano e pezzi di lamiera rivettata. A sei ore dalla fine Donohue è risalito al terzo posto, staccato di 57 giri da Rodriguez e di 14 dalla Ferrari di Bucknum, sul quale guadagna mediamente tre giri e mezzo all'ora. Sembra che la fortuna torni a guardare dalla parte di Donohue un'ora dopo, quando la Porsche di testa si ferma ai box col cambio bloccato in quarta (le Porsche 917 montavano il cambio a 4 rapporti nds), e quando Rodriguez riparte due ore dopo la classifica vede in testa Bucknum, con tre giri su Rodriguez e cinque su Mark, che è la vettura più veloce in pista. Si annuncia un finale thrilling, a due ore dalla fine Bucknum ha un giro su Rodriguez e tre su Donohue, ma proprio mentre il messicano si sdoppia Mark rallenta: si è rotta nuovamente la cinghia dell'alternatore, che, per colmo di sfortuna, si rompe nuovamente, forse perchè fissata troppo in fretta, nel giro di uscita dai box, costringendo Donohue ad una nuova sosta, che lo relega definitivamente al terzo posto nella classifica finale, 14 giri dietro il vincitore Rodriguez e 13 dietro Bucknum, al termine di una prova comunque maiuscola sia del pilota che del Team, il tutto sotto gli occhi dei ds Porsche.....

La musica non cambia meno di due mesi dopo a Sebring: Mark segna la pole e va al comando, ma dopo quattro ore, mentre è in seconda posizione subito dopo aver rifornito, viene urtato dalla Porsche di Rodriguez che ha appena doppiato, col risultato di dover arrivare ai box con una gomma a terra ed una sospensione danneggiata, perdendo oltre 21 giri per le riparazioni. Da quel momento in poi la gara di Donohue ed Hobbs, è solo per arrivare in fondo, ed il duo, tra le imprecazioni del Team, taglia il traguardo in sesta posizione a 17 giri dai vincitori Elford/Larrousse, e per una volta Donohue perde il suo aplomb: “Non fatemi parlare per piacere, sono troppo arrabbiato”, è tutto quello che “Capitan Nice” riesce a dire. “Ci rifaremo a Le Mans o al Glen” dice Penske, ma purtroppo per lui, sia nella classica francese che sul circuito americano la bellissima 512M blu e gialla (colori Sunoco nds) non vede il traguardo: a Le Mans Donohue (4' tempo in prova, nettamente il migliore delle Ferrari in gara nds), dopo 4 ore di corsa è in seconda posizione dietro “all'odiato” Rodriguez ed ancora a pieni giri, quando sul rettifilo delle Hunaudieres rompe fragorosamente il motore e deve parcheggiare la sua Ferrari prima di Mulsanne; al Glen, invece, Mark fa ancora la pole position ma dopo un'ora di corsa, mentre è al comando, è vittima della rottura dello sterzo e per lui è la fine dei sogni. Quattro gare che potevano essere addirittura quattro vittorie si chiudono così con tanto amaro in bocca, e segnano anche la fine dell'impegno di Roger Penske nelle gare di durata sport prototipi.

Se nelle endurance il duo Donohue-Penske ha messo in mostra molta velocità ma poca affidabilità, nella Trans-Am la AMC Javelin, sviluppata a pennello dal duo, si mette subito a “volare”, e fin dal primo appuntamento di Lime Rock Donohue e la sua coupè blu si fanno di nebbia per gli avversari. Il ritiro di Bryar ed il secondo posto a Mid-Ohio, a cui corrispondono altrettante vittorie della Mustang di Follmer, illudono la Ford, ma è l'ultimo fuoco: Edmonton, Donnybrooke, Road America, St.Jovite, Watkins Glen e Michigan, ossia le ultime sei gare della stagione, vedono sei successi di Donohue, che porta così la AMC Javelin del Team Penske al trionfo, con i vertici della Chevrolet che si mangiano le mani per essersi fatti “scappare” il duo. Duo che comunque ha nella testa Indianapolis, che al terzo tentativo, il primo sulla velocissima McLaren M16 motorizzata Offenhauser, si rivela molto più agra che dolce: ottimo secondo in prova, Mark parte in testa e vi resta per ben 52 dei primi 66 giri, poi il cambio si rompe e per Donohue è il ritiro. Dopo la corsa, Penske e Donohue decidono che per la stagione successiva l'obbligo sarà vincere a Indianapolis, e per farlo occorre prepararsi al meglio, a partire da questa stagione. Ed infatti Donohue partecipa ad altre cinque gare in stagione, per entrare sempre più in confidenza con la vettura e le corse sugli ovali. Con ottimi risultati, perchè arrivano due successi, nella 200 miglia di Michigan e sopratutto nella 500 miglia di Pocono, prima gara sul velocissimo e pericolosissimo ovale della Pennsylvania, a far capire a tutti che Donohue è, nel pieno della maturità (35 anni) un pilota completo, veloce, collaudatore, capace di esprimersi su qualunque tipo di vettura.

A settembre 1971, a chiudere una comunque ottima annata, arriva un'ulteriore impresa: la Formula 1 arriva nel nordamerica per le “solite” ultime due corsa in Canada e Stati Uniti. Il campionato è già morto da tempo, “ucciso” dalla superiorità “stile Donohue Trans-Am” di Jackie Stewart e della Tyrrell. Gli organizzatori delle due gare premono per l'ingaggio di un pilota locale per portare qualche spettatore in più a vedere la corsa, e qualcuno bussa alla porta di Penske. Roger accetta e così, accanto al nemico di Can-Am Dennis Hulme, le gare di Mosport e del Glen vedono anche l'inconfondibile livrea Sunoco sulla seconda M19, affidata ovviamente a Donohue. E Mark dimostra una volta di più la sua incredibile versatilità: in prova è ottavo, un decimo più veloce di Hulme, ed in gara, corsa in condizioni impossibili sotto un diluvio prima ed una nebbia fittissima poi sfrutta alla grandissima la sua conoscenza della pista ed il vantaggio delle gomme Goodyear in queste condizioni arrivando terzo e salendo così a podio alla prima gara in carriera. Una prestazione eccezionale, e che forse, a posteriori, sarà decisiva in certe scelte. La gara successiva, al Glen, Mark non la disputa: il sabato dovrebbe disputare a Trenton una gara del campionato USAC a Trenton, che però viene rinviata alla domenica causa pioggia. Il Team Penske è vincolato da un contratto con la Sunoco che privilegia le gare americane e quindi per Donohue, che già aveva saltato le prove del sabato ed era solo diciannovesimo in griglia, è la fine, per il momento, della sua esperienza in Formula 1.

A fine 1971 Roger Penske riceve una telefonata dall'europa e probabilmente, sulle prime, pensa ad uno scherzo di cattivo gusto: la Porsche, scottata dalle modifiche ai regolamenti delle vetture sport prototipi che, abbassando a 3000 cc. ed eliminando la sovralimentazione, hanno di fatto tagliato fuori la 917, vuole competere nella serie Can-Am, partendo dalla base della 917 sport, ma, totalmente digiuna di esperienza in quella categoria, chiede a Penske di diventare il “braccio armato” della casa di Stoccarda. Roger, che ha sempre apprezzato le partnership con i colossi dell'auto, accetta ma a tre condizioni: uno, il capo è lui e i suoi ordini non si discutono, due, lo sviluppo lo deve seguire Mark Donohue, dall'inizio alla fine, tre, il programma Indianapolis, quest'anno portato a due vetture con l'aggiunta di Gary Bettenhausen, non si tocca, anche se ovviamente è impossibile portare avanti anche la serie Trans-Am. I tedeschi accettano, e così per Donohue inizia un lavoro estenuante fatto di test sulla McLaren Offenhauser per Indianapolis e riunioni con Penske ed i vertici Porsche prima e prove in pista poi per lavorare sulla 917, ribattezzata 917/10. Donohue, che conosce benissimo le piste sulle quali corrono le vetture Can-Am, chiede da subito che il fondamento della vettura sia semplice: corta, agile e con quanti più cavalli possibile. Alla Porsche intervengono radicalmente sulla 917, accorciando il passo, modificando il frontale (divenuto “a cucchiaio”) e dotando la vettura di un gigantesco alettone posteriore. Cuore del progetto, il boxer 12 cilindri da 5 litri, dotato di doppio turbocompressore, in grado di sviluppare 850 HP in assetto da gara, e 1.200 HP in assetto da qualifica, con la mostruosa coppia di 931Nm a 4.600 giri/min e col cambio a 4 rapporti per poter avere ingranaggi più grossi e resistenti.

Mentre alla Porsche lavorano sulla Can-Am, Donohue e Penske lavorano e fanno test sia sulla 917/10 in Germania che sulla McLaren M16E in vista della 500 miglia di Indianapolis, specie perchè i nuovi regolamenti consentono l'impiego di alettoni, cosa che richiede un completo rinnovo del setup della vettura, ma ad inizio stagione i risultati non arrivano, con due ritiri a Phoenix ed a Trenton, nella gara che vede il primo successo del Team Penske con il compagno di Mark Gary Bettenhausen, che “sfrutta” mirabilmente il lavoro di messa a punto del caposquadra. Così, quando il 30 Aprile 1972 iniziano le prove libere, certo non sono in moltissimi a credere al successo di “Capitan Nice”. Ma nelle lunghe giornate di prova Donohue lavora pazientemente sul setup e sugli alettoni, la cui presenza non più integrata nel corpo vettura ma separata (le cosiddette “bolt on wings”) incrementa in modo incredibile le velocità di percorrenza delle curve. Il record di Revson dell'anno precedente viene polverizzato da Bobby Unser, che lo porta da 287 ad oltre 315 Km/h di media, affiancato in prima fila da Revson e Donohue. Si prospetta quindi una gara velocissima, e lo è fin dal via, con Unser, sulla Eagle del Team di Dan Gurney, in testa seguito da Bettenhausen (compagno di squadra di Donohue), Donohue e Grant (sulla seconda Eagle). I quattro, con Revson quasi subito fuori per la rottura del cambio, fanno immediatamente il vuoto, dimostrando di avere assettato al meglio le loro vetture. La “banda dei quattro” diventa “dei tre” dopo 31 giri, quando il leader Unser è costretto al ritiro per la rottura dell'accensione. In testa passa così Bettenhausen davanti a Grant e Donohue. Al primo pit stop Grant e Donohue escono appaiati dalle piazzole di rifornimento, e percorrono fianco a fianco la corsia box, poi, arrivati al pilone segnaposizioni, Mark deve alzare il piede per non centrarlo, e Grant resta in seconda posizione dietro a Bettenhausen. I tre, giunti a metà corsa, hanno già un giro di vantaggio sugli altri, ed è chiaro che il vincitore sarà uno di loro. Dopo 150 giri Bettenhausen guida con sempre Grant e Donohue alle costole. L'ultimo pit stop, in considerazione delle bandiere gialle, è programmato dopo il 160' giro. Si ferma per primo Bettenhausen al giro 162, poi Donohue al giro 164, poi Grant al giro 166, ed al termine del valzer dei rifornimenti Bettenhausen è sempre primo davanti a Grant e Donohue, col resto del gruppo a due giri. Al 173' giro la bandiera gialla compatta il gruppo, e due giri dopo si riparte. Ma alla ripartenza la vettura di Bettenhausen si “spegne” per un cortocircuito, e per il pilota americano, dopo 138 giri in testa, è la fine di un sogno. Sono rimasti così Grant e Donohue a contendersi la vittoria, ma Grant, evidentemente meno abituato di Donohue a gestire la pressione, inizia a percorrere le curve non in traiettoria ottimale, ma sempre più alto o più basso (il pilota lamenterà poi problemi di assetto della sua vettura nds), fino a che, con Donohue che ormai gli è addosso (come da immagini TV), prende un detrito a 12 giri dalla fine che gli genera una foratura lenta e lo obbliga a fermarsi ai box (tra l'altro Grant sarà poi squalificato per aver rifornito nella piazzola del compagno Unser nds). Mark, che era comunque pronto al sorpasso (“Per compensare la mancanza di velocità in curva, aveva probabilmente dato pressione massima al turbo, perchè sui rettilinei non riuscivo quasi a tenere la scia, per cui ero tranquillo che per finire avrebbe dovuto o ridurre la pressione o fermarsi per un rifornimento volante” dirà poi Mark in Victory Lane nds), resta così l'unico sopravvissuto del quartetto che ha dominato la gara, e non deve fare altro che limitarsi a...portare la macchina al traguardo, stabilendo con 262,26 Km/h il nuovo record di media oraria che resisterà fino al 1984. E' la prima delle tante vittorie che il Team Penske otterrà ad Indianapolis, e sicuramente la più gradita perchè ottenuta con il “suo” pilota. Il team Penske, anche nelle gare USAC, è ormai una certezza, e lo dimostra la settimana successiva, il 4 Giugno, nella Rex Mays Milwaukee 200, dove Donohue ottiene il secondo posto alle spalle della Eagle di Bobby Unser.

Siamo a metà stagione, Donohue è pienamente in lizza per il campionato USAC alla prima stagione completa, e raggiunto l'obiettivo Indy può anche concentrarsi sulla messa a punto della Porsche 917/10 Can-Am, il cui inizio di stagione è previsto per l'11 Giugno a Mosport (di questo evento è disponibile uno speciale a colori sulle tubature nds). Tutti in grande attesa per lo scontro fra titani Porsche 917/10 contro McLaren M20. Donohue, sulla sua splendida 917/10 griffata L&M che è lo sponsor della Porsche (elegantissima nel suo colore bianco con banda rossa, anche se ai box gli uomini del Team Penske continuano a “vestire” il blu Sunoco nds) fa la pole position, a conferma del grande potenziale della vettura, ma avvisa subito il Team e la Porsche sulla necessità di fare molte prove: “La vettura è intrattabile, ma questo è il minore problema, il guaio grosso sono i freni, che tendono a perdere efficacia”. Comunque, alla partenza, Donohue scatta in testa e fa rapidamente il vuoto alle sue spalle, ma dopo 18 degli 80 giri si deve fermare per il bloccaggio della valvola del turbo. La riparazione richiede tre giri, e quando riparte Donohue non può fare altro che...lo slalom tra le vetture più lente, chiudendo, anche grazie alla malasorte di Revson (ritirato a due giri dalla fine quando era in testa nds), in seconda posizione a 55” dal vincitore Hulme. La Porsche Can-Am ha dimostrato un potenziale devastante, ma ci sono ancora dei problemi, ad iniziare dai freni. Mark chiede dischi maggiorati, ed in Porsche lo accontentano. La prima prova della 917/10 coi freni maggiorati è la seconda gara della Can-Am, il 9 luglio, sul tracciato di Road Atlanta. La “bestia”, assistita dai suoi superfreni, inizia a girare sul velocissimo circuito della Georgia, issandosi subito in testa alle prove. Ma i tecnici Porsche, montando dischi più grossi sia all'anteriore che al posteriore, non si sono accorti che ora questi sono a diretto contatto con le sedi delle viti che fissano i pannelli della carrozzeria, incluso il cofano posteriore. Il calore prodotto dai dischi “fonde” sedi e viti, e così, all'uscita della curva 7, mentre Donohue accelera a fondo per percorrere il lungo rettilineo, il cofano posteriore si stacca dalla vettura, in una riedizione di quanto accaduto con Stommelen nel Gp.Spagna due mesi prima: la Porsche, priva di deportanza, si solleva da terra, ed inzia una serie di piroette disintegrandosi completamente, con Donohue spettatore non pagante. Ai commissari che accorrono si presenta una scena tremenda: Donohue, privo di conoscenza, è ancora bloccato dalle cinture di sicurezza nel suo abitacolo, o meglio in ciò che ne resta, visto che le gambe sono completamente a vista in quanto l'anteriore non esiste più. Si teme il peggio, ma “Capitan Nice” in questo caso è “Capitan Lucky”, e se la cava con la rottura del menisco e del legamento crociato. Certo, la stagione è compromessa, col bollettino dei medici che parla chiaro “Rientro ad inizo settembre se tutto va bene”, ma visto l'incidente Mark può dirsi fortunato. Sulla sua vettura, o meglio il muletto, viene chiamato seduta stante George Follmer, che... ringrazia, si qualifica in prima fila e vince dando un giro al secondo classificato Gregg, dopo che, per tenere il suo ritmo, le due McLaren di Hulme e Revson sono uscite di scena (uscita di strada per il neozelandese, motore rotto per l'americano). Donohue, in quel momento, è sotto i ferri per la ricostruzione del ginocchio destro, e quando gli comunicano la notizia e gli chiedono un parere se la cava con una battuta: “Vedere qualcuno che vince sulla tua macchina, quella che tu hai messo a punto, è come vedere uno sconosciuto a letto con tua moglie”. E Mark questo pensiero lo ha spesso in quella stagione, pur essendo divorziato da tempo dalla moglie Sue (che ne ha ottenuto la custodia dei figli a causa della “professione” di Donohue, che lo porta a non essere mai casa nds), in quanto Follmer, sulla “sua” 917/10, vince anche a Mid-Ohio ed Elkhart Lake, prendendo il largo in classifica. Con grande forza di volontà, e pur con una leggera zoppìa permanente, Mark riesce a rientrare il 2 Settembre, nella 500 miglia di Ontario del campionato USAC, giungendo secondo alle spalle di Bobby Unser e facendo chiaramente capire che il campione Joe Leonard ha avuto un bel regalo dalla sorte nel non averlo tra i piedi. Il 17 Settembre a Donnybrooke Donohue ritorna sulla “sua” Porsche 917/10, e dimostra subito, con la pole position, che non ha disimparato a guidare. In gara fuga solitaria, poi dopo 44 dei 70 giri una gomma esplode ed il sogno di rientrare con una vittoria finisce qui. Per materializzarsi due settimane dopo ad Edmonton, dove Donohue, ormai in perfetta forma, parte in prima fila a fianco del compagno Follmer, scatta in testa e ritorna alla vittoria con 46” su Hulme. Per chiudere la stagione mancano ancora le ultime due gare Can-Am di Laguna Seca e Riverside. A Monterey Donohue fa la pole e parte in testa, frapponendo una ventina di secondi fra se e Follmer, poi, a tre giri dalla fine, inizia a rallentare vistosamente: con il ritiro di Hulme, infatti, una vittoria di Follmer darebbe al pilota ed al Team Penske la certezza matematica del titolo, e Mark accetta di buon grado di fare lo scudiero, anche se Follmer ha già firmato per un'altra squadra. All'ultimo giro si fa superare dal compagno, e taglia il traguardo in seconda posizione brindando sul podio con tutto il Team Penske. A Riverside, invece, Mark rispolvera la tattica stile Indianapolis: scatta dalla seconda posizione e si limita a seguire Follmer, cercando di risparmiare carburante, e quando il compagno è costretto a ridurre la pressione del turbo per arrivare in fondo ha buon gioco a chiudere il distacco e passare al comando al 45' dei 60 giri. Sembra fatta, ma ancora una volta un pneumatico tradisce il pilota, che, forse a causa di un detrito, rientra ai box a dieci giri dalla fine con una gomma posteriore a terra, ripartendo a pancia bassa e concludendo terzo. Si chiude così con un podio una stagione che pur eccezionale, con la vittoria nella Indy 500, avrebbe potuto essere irripetibile con la conquista anche del campionato USAC e del titolo Can-Am, comunque non sfuggito al team Penske.

Nel corso dell'inverno la Porsche, che sta lavorando ad una versione migliorata della 917/10 ribattezzata 917/30, propone al Team Penske la collaborazione per lo sviluppo della nuova 911 Carrera RSR, un mezzo nato per le gare di durata ma che è stato scelto anche per la IROC (International Race of Champions), uno show tipicamente americano che raduna il meglio dei piloti delle varie discipline (Formula 1, Can-Am, Usac e Nascar) e li fa correre tutti con la stessa vettura. Quattro gare sullo stesso circuito (Riverside) in due giorni, ed al vincitore...una montagna di soldi. Can-Am, USAC, IROC, due vetture da sviluppare...insomma, il lavoro a Mark ed a Penske non manca di certo. Ma mentre nella Can-Am i collaudi della 917/30, con passo più lungo, bodywork rivisto con alettoni più grandi e motore potenziato a 1100 HP (1450 in qualifica nds) procedono a gonfie vele, e la Porsche Carrera RSR, malgrado il poco tempo a disposizione, nelle “magiche” mani di Penske e Donohue è già un riferimento per gli avversari, come ben dimostra la 24 ore di Daytona, che vede Mark ed il compagno Follmer (ripreso per questa gara) al comando della gara fino alla rottura del motore alla 15' ora di corsa, nella USAC (dove per informazione Penske è passato dalla McLaren, che lo ha “bannato” per lo sgarbo sulla Can-Am, alla Eagle costruita da Dan Gurney nds) accade qualcosa di importante: la 500 miglia “maledetta” del 1973, la gara che, attesa da tutti come quella che avrebbe finalmente abbattuto la fatidica barriera delle 200 miglia orarie sul giro. Invece, dopo gli entusiasmi dei primi giorni di prova, il 12 maggio, giorno della assegnazione della pole position, davanti a 250.000 spettatori venuti ad assistere alla “caduta dell'ultima barriera”, Art Pollard, durante l'ultimo turno di prove libere prima della qualifica, va a muro alla curva 1, la sua vettura distrutta percorre diverse decine di metri ribaltata prima di ricadere su ciò che resta del fondo, prendendo fuoco. Pollard, estratto dalla vettura ormai cadavere, viene dichiarato ufficialmente morto alle 10.40, venti minuti prima dell'inizio della qualifica. Che Mark affronta con la consueta determinazione, segnando il terzo tempo e garantendosi la prima fila a fianco del poleman Rutherford e di Unser, ma non con l'animo sereno. Come dirà poi Andretti “C'era qualcosa nell'aria che ci disturbava tutti, la sensazione che le vetture non fossero più controllabili. Nessuno di noi lo diceva per non apparire codardo, ma girando in assetto da qualifica con il motore a piena potenza (1100 HP), nei due brevi rettilinei tra le curve 1 e 2 e le curve 3 e 4 la macchina “scappava” per la troppa accelerazione, e sapevo che se era successo a me era successo a tutti”. Il tempo, spesso piovoso e cupo, accresce il malumore generale, e certo la gara, Lunedì 28 maggio, non rasserena gli animi, prima con quattro ore di ritardo a causa della pioggia, poi, al via, con un terrificante incidente, che vede coinvolte dieci vetture e causa gravi ferite a Salt Walther, oltre a coinvolgere una decina di spettatori. Gara sospesa e partenza rinviata al giorno successivo, con una serata di accesissime polemiche tra piloti ed organizzatori in merito alle misure di sicurezza ed alla velocità della pace car, giudicata troppo bassa.

Martedì 29 maggio, la pioggia accoglie i “soli” 175.000 spettatori (rispetto ai 300.000 del giorno precedente), e dopo un tentativo di partenza alle 10.15, che dura due giri in parata, un altro acquazzone fa esporre nuovamente la bandiera rossa ed il rinvio al giorno seguente, con piloti e squadre esausti e preoccupati, e con una pista che, completamente priva di gommatura, avrà riferimenti completamente differenti rispetto alle prove.

Finalmente il 30 maggio, dopo l'ennesima pioggia mattutina, esce un bel sole caldo, ed alle 14 la “72 ore di Indianapolis”, come l'hanno ribattezzata i giornalisti, scatta con Bobby Unser in testa, seguito da Donohue, mentre le mutate condizioni atmosferiche fanno subito molte vittime, sopratutto per rotture di motori dovute alla carburazione non idonea. Mark, al ventesimo giro, è vittima di uno dei pochi errori tattici di Penske, che lo richiama ai box per un pit stop durante una bandiera gialla che però dura pochi secondi, facendogli perdere diverse posizioni. Risale in progressione e, sfruttando le soste ai box degli avversari, al 55' giro è nuovamente terzo a 13” dal leader Swede Savage, che è tallonato da Al Unser. Il giro dopo però resta senza benzina, raggiunge i box a passo d'uomo e riparte 16' e staccato di diversi giri, su una pista che, con le varie avarie ai motori, è sempre più scivolosa. Tre giri dopo, il terribile incidente (si trova facilmente sulle tubature) di Swede Savage nel quale viene ucciso anche il meccanico Armando Teran, travolto da un mezzo antincendio che sta percorrendo al contrario la pit lane. Altra bandiera rossa, altra ripartenza e, quasi come una liberazione, il ritiro al 92' giro con l'ennesimo motore rotto della giornata. Quella gara, che sarà conclusa al 133' giro ancora per la pioggia, ha per Mark un impatto notevolissimo: per la prima volta nella carriera ha probabilmente avuto paura, ed infatti con le corse ovali della USAC il rapporto finisce in pratica quel giorno. Donohue, però prima di lasciare, vuole mettere le mani su quel titolo Can-Am che nel 1972 la sfortuna gli ha tolto, e quindi, senza l'assillo del campionato USAC (Mark parteciperà per obblighi di contratto solo alle altre due 500 miglia di Ontario e Pocono, ritirandosi in entrambe nds), mette meticolosamente a punto la micidiale 917/30. Che per la verità, al debutto, non entusiasma: solo settimo a Mosport (ma a causa di un doppiato che taglia la strada a Mark quando è al comando, rompendo il musetto e danneggiando la convergenza della vettura nds) e secondo a Road Atlanta dietro a Follmer (a causa di un problema al turbocompressore che lo obbliga a rallentare dopo che aveva doppiato anche il secondo, appunto Follmer nds), ma sono solo eventi sfortunati. Dalla terza gara al Glen la 917/30 non lascia più spazio a nessuno, e nei sei appuntamenti rimasti Mark ottiene sei Hat Tricks, ossia sei vittorie, sei pole positions, sei giri veloci, uno schiacciasassi che fa, dal punto di vista prestazionale, toccare alla Can-Am il punto più alto prima del rovinoso crollo che la crisi petrolifera e quindi del settore auto avranno a partire proprio dal 1973 e che porterà la Can-Am ad essere sospesa dopo cinque gare della stagione 1974 per mancanza di sponsor e di pubblico. Per lui il trionfo nella serie Can-Am arriva facendo il doppio dei punti del secondo classificato Follmer, e proprio nel weekend dell'ultima gara Can-Am, a Riverside il 27 e 28 ottobre, Mark, oltre all'ennesimo hat-trick con la 917/30, si toglie la soddisfazione di vincere due delle tre gare IROC sulla 911 RSR, battendo piloti del calibro di Hulme, Petty, Follmer, Fittipaldi, Allison, Pearson, Foyt, Johncock e Revson, aggiudicandosi così il ricchissimo montepremi.

Si è alla fine del 1973, e Mark, senza problemi economici, decide di appendere il casco al chiodo, anche perchè nella sua vita è entrata la splendida modella Eden White: i due si sono conosciuti mentre Donohue era in ospedale dopo il botto di Road Atlanta, e Donohue, a quasi 37 anni, decide che è ora di risposarsi, mettere la testa a posto e fare solo l'ingegnere. Il lavoro non manca certo (ovviamente alle dipendenze di Roger Penske), dovendo seguire tutta la parte in officina delle vetture da corsa, e per tutta la prima parte del 1974 Donohue non sale più su una vettura da corsa, ad eccezione della gara IROC a Daytona dove, tanto per cambiare, vince. Ma nell'animo di Donohue è rimasto probabilmente quel podio ottenuto alla prima gara in Formula 1, e forse la sottovalutazione di quanto, negli ultimi anni, la stessa sia vertiginosamente cresciuta a livello di prestazioni. Fatto sta che quando Roger Penske, forte dell'appoggio finanziario della First National Bank, gli comunica l'intenzione di costruire una vettura di Formula 1 per vincere anche nell'unico ambito in cui non ha vinto, Mark non riesce a dire di no, e neppure Eden, che pure non nasconde la sua angoscia alle amiche.

Il resto lo abbiamo visto nelle ultime due gare della stagione 1974 e in questa stagione 1975: la Formula 1 è diventata un osso molto duro da rodere, anche per due vincenti come Penske e Donohue. La PC1, disegnata da Geoff Ferris, una vettura meno che mediocre, tanto che Roger preferisce virare su una March. Prima del GP. Germania Donohue, che non è uno stupido ed ha capito di non essere, in questa categoria, ne un vincente ne un piazzato, ma solo un debuttante frustrato e invecchiato, che in 12 gare non ha fatto meglio della quinta posizione, comunica a Penske che, a fine stagione, smetterà e stavolta definitivamente, concedendosi al massimo qualche test, e gli consiglia, tra i piloti che ha visto nel circus, John Watson, mortificato dalla sua Surtees ma che a Mark sembra il sostituto ideale per l'approccio alle corse.

Siamo arrivati a domenica mattina 17 agosto 1975, si sta svolgendo il warm up, e Donohue taglia il traguardo dopo aver compiuto quattro giri iniziando il quinto. La March 751 aggredisce la salita che porta alla velocissima curva Hella, che ha già visto nelle prove gli incidenti di Pace e Peterson, Donohue, il “Capitan Nice” sempre col sorriso, imposta la curva a circa 250 km/h........

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Re: F1 Stagione 1975

Messaggio da KentoStraker »

RIP Mark Donohue
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Re: F1 Stagione 1975

Messaggio da Whiteshark »

GP.AUSTRIA: GARA (29 Giri – 171,449 KM)


1’ – 10’ GIRO: …… ma nel momento in cui la gomma anteriore sinistra subisce la massima sollecitazione esplode senza alcun preavviso. La March dello statunitense abbatte due file di reti e poi colpisce il rail seminando detriti ovunque: la barriera, incoscientemente troppo bassa, fa da trampolino e la vettura grigio rossa decolla colpendo un pilone di sostegno di una postazione per commissari e terminando, totalmente disintegrata, la sua folle corsa nella scarpata sottostante la curva. Donohue giace svenuto nei rottami della sua macchina quando un medico ed Emerson Fittipaldi, il primo ad arrivare essendo il primo che seguiva Donohue in pista, lo raggiungono. In breve tempo però l’americano si riprende, e probabilmente pensa che un’altra volta, come con la Porsche 917/10 a Road Atlanta, è andato all’inferno ed è ritornato. Il medico che lo esamina nota però subito un particolare “pericoloso”: il casco del pilota statunitense è crepato, indice di un pesantissimo colpo ricevuto, e malgrado Donohue affermi di sentirsi bene ne dispone l’immediato ricovero in ospedale. Il tempo di vedere l’ambulanza che porta Mark verso l’ospedale di Graz e si scopre che l’incidente ha già iniziato a riscuotere la sua tragica tassa: tutti concentrati sulla vettura e sul pilota, al momento nessuno si accorge che i pezzi della March hanno colpito, come uno shrapnel sportivo, due commissari che stazionavano sulla postazione contro la quale Donohue ha sbattuto. Ma se per Richard Huttner i pezzi di sospensione, i dischi freni, i frammenti di vetroresina e quant’altro hanno provocato “solo” la frattura di un braccio e di una gamba, Manfred Schaller, che era davanti al collega, viene investito da un uragano di ferro e, colpito alla testa, muore praticamente all’istante. Il tempo di piangerne la sorte e si apprende che Donohue sta malissimo: il medico aveva visto giusto, ma purtroppo l’emorragia cerebrale era già in corso al momento del trasporto in ospedale. Donohue, entrato in coma, viene operato d’urgenza per rimuovere un grumo di sangue ed un ematoma cerebrale, ma malgrado tutti gli sforzi dei sanitari austriaci morirà martedì mattina senza più riprendere conoscenza, epitaffio di un weekend in cui qualcosa di indecifrabile si è fermato all’OsterreichRing e non se ne è andato senza prima aver ritirato ciò che voleva. Intanto sul tracciato ci si interroga sulle cause dell’incidente. La gomma è esplosa per affaticamento, e non per aver preso un detrito, e si fa notare che oggi si sta girando con dieci gradi in più nell’atmosfera ed oltre venti sull’asfalto rispetto a venerdì. La Goodyear decide, per sicurezza, di ritirare tutte le gomme della mescola incriminata (la 37) e obbliga i piloti a partire con la 42 più dura. A questo punto, non avendo mai provato con questa gommatura, i piloti (Fittipaldi in testa) ottengono la ripetizione della mezz’ora di prove libere per verificare il comportamento delle vetture. La direzione corsa acconsente, ma intanto c’è tutta la zona della Hella Licht da riparare dopo l’incidente. Si decide quindi una nuova schedulazione: i lavori alla Hella dovrebbero terminare verso le 14.00, dalle 14.30 alle 15.00 prove libere per testare le gomme, ed alle 15.30 partenza della gara. Tale è il caldo che nessuno pensa possibile che quanto dichiarato ieri (pioggia verso le 16) sia vero, e in effetti anche all’inizio della sessione supplementare, nella quale Pace accusa una avaria (l'ennesima) al motore del muletto, che aveva scelto come vettura per la corsa, e si trova quindi obbligato a ritornare sulla sua vettura titolare, tutto sembra orientato verso l’asciutto. Ma già alle 15, quando le vetture rientrano ai box (in pratica solo per rifornire, cambiare gomme e posizionarsi in griglia), il sole è sparito ed un’aria gelida spazza le colline della Stiria. Dopo quanto accaduto a Silverstone e sopratutto dopo quanto successo a Donohue gli organizzatori ci vanno coi piedi di piombo nel far partire una gara sull’asciutto ma con rischio pioggia su una pista da 220 si media, e si decide di… aspettare la pioggia. Che arriva alle 15.45, e subito aumenta violentemente di consistenza. Tutte le prove quindi non sono servite a nulla, si parte con vetture con gomme adatte ma con assetti (barre e molle) per l’asciutto, al buio totale, e solo qualche Team (la March) aumenta l'altezza da terra (fondamentale per evitare aquaplaning nds). Nel mentre, diverse altre “problematiche” tengono alquanto indaffarati molti meccanici: inizia Reutemann (un weekend davvero “nero” per il Team Brabham), che si trova il fondoschiena bagnato per una perdita di carburante riparata “al volo”. Lo stesso problema si manifesta anche sulla Shadow-Matra di Jarier, ma essendo il gigantesco (213 litri nds) serbatoio diviso in tre celle separate si opta per la sostituzione completa. Problemi anche per Andretti, che in questo fine settimana da incubo, ai tre motori rotti rischia di aggiungerne un quarto (e sarebbe l'ultimo nds) a causa del surriscaldamento generato dalle superfici radianti della vettura 003, più piccole rispetto alla “vecchia” 001. Anche se il tempo è ormai virato al brutto, Val Miletich non vuole correre rischi e così i radiatori della 001 vengono smontati e montati sulla 003. Sembra tutto finito ma c'è ancora spazio per la....non accensione del V12 BRM sulla 005 di Evans, che constatata l'impossibilità di partire con la vettura titolare è costretto a virare sul muletto 002.

Alle 16 le vetture, compresa quella dello svizzero Vonlanthen che prende il posto del povero Mark Donohue, hanno completato il giro di formazione, e cinque minuti dopo i 26 piloti raggiungono le loro piazzole sullo schieramento e scatta la corsa: Lauda e Hunt percorrono appaiati i primi trecento metri del rettilineo, poi alla Hella Licht Niki fa valere la migliore traiettoria e passa al comando. Secondo è Hunt, mentre terzo è Depailler autore di una prodigiosa (anzi, scandalosa come da immagini TV, che vedono il francese partire con almeno mezzo secondo di anticipo nds) partenza. Quarto alla prima curva, nella nube d'acqua polverizzata con visibilità zero, è Fittipaldi, seguito da Stuck, Regazzoni, Brambilla, Pace, Scheckter, Reutemann, Peterson che, conscio che questa è probabilmente l'ultima occasione per ottenere un buon risultato, si prende incredibili rischi superando gli avversari come il connazionale Stenmark, Andretti, Mass, Laffite, Pryce, Watson, Brise, Evans, Ertl, Lunger, Jarier, Amon, Stommelen, Lella Lombardi, Vonlanthen w Wunderink (come da immagini TV nds). Prima della fine del giro cambiano diverse posizioni, ad iniziare da Stuck che supera Fittipaldi in evidente difficoltà di adattamento al tracciato, poi Brambilla, a dimostrazione che evidentemente le March in queste condizioni hanno meno problemi degli altri, supera in tromba Regazzoni ed entra in zona punti, mentre nell'ordine Scheckter, Reutemann, Peterson ed Andretti scavalcano Pace il cui motore, fin dal via, funziona a 6 cilindri. Più dietro Tom Pryce, sempre velocissimo sotto l'acqua, scavalca Laffite, mentre Ertl, impacciatissimo sul bagnato, viene scavalcato da Lunger, Jarier ed Amon (probabilmente un lungo nds), mentre il resto del plotone cerca più che altro di stare in strada. Proprio alla penultima curva Scheckter supera Regazzoni, con l’elvetico che “impazzisce” con la quarta marcia che non vuole saperne di entrare e che lo obbliga a fare terza-quinta perdendo quindi un abisso in accelerazione.

Lauda chiude così il primo giro in (cronometraggio personale fatto su immagini TV nds) 2'04”85, con 1”66 su Hunt, 3”44 su Depailler, 4”93 su Stuck. Alle spalle del tedesco Fittipaldi, Brambilla, Scheckter, Regazzoni, Reutemann, Peterson, Andretti, il claudicante Pace, Mass, Pryce, Laffite, Watson, Brise, Evans, Lunger, Jarier, Amon, Ertl, Stommelen, Lombardi, Vonlanthen e Wunderink.

Durante il secondo giro si verificano i primi abbandoni: Mario Andretti, che stava andando come un siluro ed a metà giro è già addosso a Reutemann nel frattempo scavalcato da Peterson, nel tentativo di superare l'argentino alla Texaco-Schikane e prendergli il decimo posto allunga la frenata, esce di strada e distrugge l'anteriore. Riesce a ripartire ma con la vettura talmente danneggiata che può solo arrivare ai box e ritirarsi, preceduto di qualche secondo dal povero Evans, il cui motore, fedele alle tradizioni di famiglia, si rompe dopo un giro e mezzo. In pista, intanto, oltre al già citato Peterson che ha superato oltre a Reutemann anche Regazzoni salendo in ottava posizione, bisogna registrare le rimonte degli altri specialisti dell'acqua, con Brambilla che, alla Texaco, scavalca Fittipaldi, Mass e Pryce che, in coppia, passano il povero Pace, e Brise, che si sbarazza di Watson e Laffite, mentre il compagno Stommelen scavalca Ertl e Wunderink, nella sfida tra poveri, scavalca Vonlanthen il cui motore suona come quello di Pace se non peggio. Attualmente lontano da tutti questi movimenti, Lauda chiude il secondo giro in 1'57”14, con 2”33 di vantaggio su Hunt, 5”08 su Depailler, 5”93 su Stuck che appare molto più rapido del francese ma non trova il pertugio, 8”54 su Brambilla, 9”11 su Fittipaldi, 10”84 su Scheckter, 12”97 su Peterson che sta dando autentico spettacolo, 14”45 su Regazzoni, 16”04 su Reutemann, 18”98 su Mass, 19”82 su Pryce, 20”32 su Pace, 21”73 su Brise, 22”29 su Laffite, 23”60 su Watson, 27”48 su Lunger, 30”30 su Jarier e 30”94 su Amon, seguito da Stommelen, Ertl, Lombardi, Wunderink e Vonlanthen.

Terzo giro senza scossoni, a parte Brise che supera un Pace in totale crisi di motore e guadagna la tredicesima piazza. Lauda sembra comandare senza grossi problemi, e chiude il giro con 2”59 su Hunt, 6”24 su Depailler, 7”30 su Stuck, seguito da Brambilla che sta visibilmente guadagnando terreno sui due che lo precedono, a differenza di Fittipaldi che è ormai attaccato da Scheckter che sembra decisamente più veloce del brasiliano. Ma evidentemente anche Jody è troppo sopra le righe, perchè nel corso del quarto giro il sudafricano, per evitare di essere accecato dagli spruzzi d'acqua sollevati da Fittipaldi, si mette troppo all'interno e mette due ruote sull'erba, prendendo un detrito che genera una foratura lenta. Per Scheckter sosta ai box, cambio gomme e ripartenza dalla ventesima posizione, con gara ormai compromessa. Lauda è sempre al comando e chiude il giro con 2”44 su Hunt, 7”32 su Depailler, 7”98 su Stuck e 8”93 su un Brambilla che ormai ha raggiunto il duo che lo precedeva e si appresta ad attaccare il compagno di squadra. Dietro al monzese, ma già ampiamente distanziato, transita Fittipaldi su cui sta rinvenendo Peterson, seguito da Regazzoni che continua ad avere problemi al cambio ed è tallonato dal trio degli anfibi formato da Mass, Pryce e Brise, che in questo giro (forse a causa di un errore nds) hanno saltato in blocco Reutemann, dietro al quale passa Watson che in un giro ha superato sia Laffite che Pace, ora rispettivamente quindicesimo e quattordicesimo. Dietro al francese della Williams la Shadow di Jarier, decisamente più in crisi rispetto al compagno Pryce, ma che in questo giro, assieme ad Amon, ha scavalcato Lunger, seguito da Stommelen, Scheckter che sta ripartendo dai box, Ertl, Lella Lombardi, Wunderink e Vonlanthen.

Quinto passaggio, ed ai box si inizia a pensare che Lauda e Hunt, sempre in testa, “rischiano” di dover fare i conti, tra qualche giro, con Brambilla. Il monzese, infatti, dopo essersi accodato al compagno Stuck all'uscita della Sebring, lo fa “secco” alla Bosch (manovra purtroppo persa dalle immagini TV nds) guadagnando la quarta posizione e mettendo subito nel mirino la Tyrrell di Depailler. Nello stesso giro Mass supera Regazzoni, Jarier scavalca Pace e Laffite, ed Amon si mette alle spalle il fantino francese, mentre Vonlanthen, pur col motore che suona come un tosaerba, supera Wunderink issandosi così in penultima posizione. In testa Lauda continua a dirigere le operazioni con 2”05 su Hunt, 10”15 su un Depailler che sembra molto meno fluido ora che la pista si sta allagando, 10”78 su Brambilla e 11”96 su Stuck.

Sesto giro, e Brambilla completa la prima parte della sua rimonta superando, anzi ridicolizzando, Depailler, che alla Sebring pur avendo un motore che ha sicuramente più birra del Cosworth di Vittorio si vede “passare sopra” la March N.9 che ha frenato almeno trenta metri dopo il transalpino. Il monzese passa così terzo, ed anche se Lauda e Hunt sono lontanissimi non si perde d'animo e, a pista libera, si scatena, così come scatenato è Peterson che, nella stessa curva, supera Fittipaldi ed entra in zona punti. Chi invece è tutto fuorchè scatenato è Regazzoni che, sempre col cambio in gramaglie, deve cedere in questo giro anche a Pryce, trovandosi subito sotto attacco da parte di Brise. Ancora più in crisi è Pace che, al termine del giro, si ferma ai box cercando di risolvere i problemi di accensione che tormentano il suo Cosworth. I meccanici cambiano le candele, ed in quel momento si accorgono che Pace monta al posteriore una gomma di diverso diametro e che in realtà andava montata a Reutemann, il che significa che l'argentino ha lo stesso problema, emblema di un weekend più nero del cielo odierno per il Team MRD-Brabham. A differenza del Team di Ecclestone e dei suoi piloti, al momento Lauda sembra non accusare il minimo problema, e taglia il traguardo del sesto giro con quello che a mio parere sarà il suo giro veloce personale in 1'55”52, con 2”89 su Hunt e 10”50 su Brambilla.

Settimo giro, e mentre Regazzoni cede la posizione anche all'ultimo rappresentante del “trio degli scafisti”, ossia Brise, retrocedendo così in undicesima posizione, Lauda, che forse si era reso conto di essere al limite, alza di oltre un secondo (1'56”87) il suo tempo sul giro, pur non avendo incontrato particolari difficoltà nel doppiaggio di Wunderink e Vonlanthen, che in questo passaggio si scambiano nuovamente le posizioni. Hunt, che invece non rallenta, si porta a 1”06 dal battistrada, realizzando la sua migliore prestazione personale con 1'55”03. Brambilla, terzo, passa a 9”5 da Niki a cui ha recuperato un intero secondo. Depailler e Stuck sono ormai distanziati, ed anzi il tedesco vede negli specchietti l'impetuoso incedere di un grandissimo Peterson, così come Fittipaldi perde visibilmente terreno dai tre sottomarini in formazione Mass, Pryce e Brise. Dietro all'inglese situazione invariata, con Regazzoni, Reutemann, Watson, Jarier, Amon, Laffite, Lunger, Stommelen, Scheckter, Ertl, Lombardi, ed a chiudere i doppiati Wunderink, Vonlanthen e Pace, ripartito dai box pluridoppiato ma con la vettura che suona sempre malissimo.

Ottava tornata, ed inizia ad apparire evidente che tanto più la pioggia aumenta tanto meno Lauda è a suo agio: L'austriaco, pur non venendo certo danneggiato dalla Lombardi in fase di doppiaggio, chiude la tornata di 1'57”17, con Hunt a 1”01 e Brambilla, il più veloce in pista, a 8”8. Dietro al monzese, Depailler, Stuck e Peterson sono ormai muso contro coda, con lo svedese che pare visibilmente il più rapido ed il francese il più in difficoltà. Così come in difficoltà è Fittipaldi, ormai messo nel mirino da Mass, Pryce e Brise, col resto del gruppo a posizioni invariate ad eccezione del sorpasso di Stommelen a Lunger per la 17' piazza.

Nono giro, e quadro che non muta, con Lauda in testa tallonato da Hunt a 1”19, con Brambilla che si è portato a 7”7 dal battistrada. Probabilmente James non vede i cartelli che gli segnalano l'avvicinamento “a valanga” del monzese, oppure sottovaluta l'italiano, perchè pur sembrando visibilmente più in palla di Lauda si limita a seguirlo senza tentare mai neppure un attacco. Attacco che invece, in rapida successione e con esiti positivi, prima Stuck e poi Peterson portano ad un Depailler in totale crisi, passando così quarto (il tedesco) e quinto (lo svedese), mentre nelle retrovie continua il recupero di Stommelen, che supera prima Laffite e poi Jarier quando il francese si ferma ai box col motore che starnutisce a causa di problemi all'iniezione, passando così quindicesimo. Il francese, dopo una sosta di sei giri, proverà a ripartire ma dopo un giro si ritirerà definitivamente per la rottura dell'iniezione. Per il motore Matra quindi debutto agrodolce, con discrete prestazioni in prova ma mancanza di affidabilità in gara.

Decimo passaggio, illuminante per capire che Brambilla fa veramente sul serio: Lauda passa al comando con un buon giro in 1'55”70, Hunt, autore del suo giro veloce e best lap provvisorio in 1'54”95, si avvicina a 0”44, ma Vittorio, con quello che sarà il giro veloce della corsa in 1'53”90, si porta a 6”00 dalla Ferrari capolista. Spettacolare e redditizia la guida del pilota italiano, così come quella di un enorme Peterson, che scavalca anche Stuck e si porta in quarta posizione a oltre 15” dal leader. Dietro a Superswede, Stuck cerca di tenere il ritmo, ma appare sempre più appeso ad un filo, con l'anteriore che va da tutte le parti tranne che diritto specie nelle frenate. Sesto, ma in evidente difficoltà, passa Depailler, davanti ai tre velocissimi scafisti Mass, Pryce e Brise, con Regazzoni e Reutemann che sembrano pensare solo ad arrivare e non certo ad attaccare, con l'argentino che addirittura è stato messo nel mirino dalla non certo irresistibile Surtees di Watson, dietro al quale si è ora portato Amon, seguito da Stommelen, Laffite, Lunger, Scheckter ultimo a pieni giri, seguito da Ertl, Lombardi, Wunderink, Vonlathen ed il povero Pace, che prosegue tenacemente malgrado l'ultimissima posizione, forse considerando la grande quantità di imprevisti che possono succedere in questo tipo di gara, su cui sembra volersi accanire Giove Pluvio, che a partire dal decimo giro oltre alla pioggia torrenziale inizia a far cadere sull'Osterreichring anche una quantità industriale di tuoni e fulmini, in una ambientazione da inferno dantesco che certo mette ancora più in risalto le doti ed il coraggio dei piloti in pista.

DOPO 10 GIRI:

1’ Niki Lauda
2’Hunt a 0”44
3’ Brambilla a 6”00
4’ Peterson a 15”40
5’ Stuck a 16”50
6’ Depailler a 17”22
7’ Fittipaldi a 21” (report del Corriere della Sera nds)
8’ Mass
9’ Pryce
10’ Brise
11’ Regazzoni
12’ Reutemann a 58” (report del Corriere della Sera nds)
13’ Watson
14’ Amon
15’ Stommelen
16’ Laffite
17’ Lunger
18’ Scheckter
19’ Ertl a 1 giro
20’ Lombardi a 1 giro
21’ Wunderink a 1 giro
22’ Vonlanthen a 1 giro
23’ Pace a 4 giri

11’– 20’ GIRO: All’undicesimo giro, nel tentativo di tenere il gran ritmo di Peterson, Stuck supera il limite, esce di strada alla Bosch e va a rails: botta stratosferica, macchina distrutta (non sarà più recuperabile, così come la 751/5 del povero Donohue nds), pilota stordito dall'impatto (sarà portato via in ambulanza nds) ma incolume (per fortuna). Depailler torna così in quinta posizione e Fittipaldi ritrova la zona punti, ma per poco: Mass, velocissimo, gli è ormai nell’alettone posteriore, ed il sorpasso sembra una pura formalità. Emerson, invece, resiste per tutto il giro, ma sulla salita che porta alla tragica Hella Licht deve capitolare. Lauda è già passato da oltre venti secondi, con Hunt vicinissimo (0”4) e Brambilla stavolta solo leggermente più veloce a 5”81. Quarto è sempre Peterson davanti a un Depailler sempre più in crisi. Dietro al francese, Mass e Fittipaldi, Pryce, Brise e Regazzoni tornato nei dieci.

Giro 12, che a parte il già citato sorpasso di Mass al compagno Fittipaldi (che a fine corsa accuserà il tedesco di essersi preso un rischio eccessivo nella manovra di superamento nds) non vede mutamenti di posizione, ma con una Mariella Rheininghaus sempre più preoccupata in zona cronometri e con Lauda che inizia a venire “puntato” da Hunt, che passa sempre incollato a 0”41, con Brambilla, sempre più vicino, a 4”70 da Niki. Dietro al monzese Peterson, che ha ormai ampiamente distanziato Depailler che entra subito nelle grinfie del velocissimo Mass, poi Fittipaldi che ormai ha Pryce attaccato, Brise, Regazzoni, Reutemann, Watson, Amon, Stommelen, Laffite, Lunger, Scheckter che ha agganciato la Hesketh dell’americano, poi doppiati Ertl, la Lombardi, Wunderink, Vonlanthen e Pace.

Al giro successivo Hunt, che inizia a vedere negli specchietti la March di Brambilla che sta ingrandendosi a vista d'occhio, inizia ad attaccare a fondo Lauda: l'austriaco, pur abbastanza veloce in questa tornata (1'56”02 nds), appare in grandissime ambasce nel tratto che fa dalla curva Bosch all'uscita della Texaco-Schikane, mentre sembra difendersi bene nel primo e nell'ultimo tratto di pista. Hunt è a 0”69, Brambilla, sempre il più veloce in pista, a 3”53. Dietro a Peterson, quarto in solitaria, Mass, scatenato, supera anche Depailler: il transalpino, ormai in chiara difficoltà all'aumentare della pioggia, non ha neppure il tempo di respirare perchè alle sue spalle preme il terzetto formato da Fittipaldi, Pryce che cerca in tutti i modi di passarlo, e Brise pronto ad approfittare di eventuali contatti tra chi lo precede. Scheckter, nelle retrovie, supera Lunger e passa 16’, mentre Wunderink si gira e ricede la sua 20’ posizione a Vonlanthen, doppiato in questa tornata per la seconda volta dai leader. Per lo svizzero la gioia è di breve durata, perché il giro successivo un cortocircuito ammutolisce la sua Williams e pone fine a quella che resterà l’unica presenza in gare mondiali del pilota rossocrociato.

Al quattordicesimo giro, mentre Lauda appare visibilmente in difficoltà man mano che la pioggia aumenta di intensità, e Hunt inizia a puntarlo da tutte le parti con Brambilla attaccato, Pryce rompe gli indugi e con due grandi sorpassi scavalca prima Fittipaldi e poi Depailler, passando in sesta posizione e allontana dosi subito dai più lenti compagni di comitiva. Ancora più lento è il derelitto Reutemann, che in questo giro deve cedere anche alla Surtees di Watson che passa così undicesimo. Chi invece non segue le orme dei compagni di avventura Mass e Pryce è Brise, stavolta decisamente sfortunato: sulla sua Hill si stacca un peso di equilibratura da una ruota, e la vettura diventa immediatamente ingovernabile. Per il britannico obbligatoria la sosta ai box a cambiare pneumatico, operazione che fa precipitare la bianca vettura numero 23 in diciassettesima posizione e compromette una gara che sembrava destinare il pupillo di “Baffo” Hill alle zone nobili della classifica. Ma tutto l’interesse degli intirizziti spettatori è per la lotta al vertice, con Hunt che ormai sembra nettamente più veloce di Lauda e “spinge” in tutti i modi, anche perchè Brambilla è ormai solo 1”5 dietro la Hesketh N.24. Ed al quindicesimo passaggio, il giro seguente, con una fantastica manovra alla Texaco-Schikane, James supera Niki all’esterno (!!!) al momento dello scollinamento in discesa, costringendo l’austriaco all’interno ad alzare il piede dal gas. Niki, come “scaricato” dallo schiaffo ricevuto, cede cinquanta metri dopo a Brambilla, che nella parte finale della lunghissima curva sinistrorsa passa la Ferrari ad una velocità che pare doppia, e mettendosi quindi sulle orme di Hunt senza perdere terreno. Hunt taglia quindi il traguardo del quindicesimo giro al comando della corsa, con 0”92 su Brambilla e già 2”16 su un Lauda letteralmente crollato nella performance. Dietro al terzetto di testa tre piloti in questo momento velocissimi, ossia Peterson, Mass e Pryce, poi tre piloti in evidente difficoltà, ossia Depailler, Fittipaldi e Regazzoni, che ha guadagnato una posizione grazie alla sosta della Hill di Brise. Dietro all'elvetico il positivo Watson, poi Reutemann, Amon, Stommelen, Laffite, Scheckter che ha ormai agganciato la Williams del francese, Lunger ultimo a pieni giri, poi il ripartito Brise, Ertl, Lombardi, Pace e Wunderink, col brasiliano che in questo giro fa l'unico sorpasso della sua corsa disgraziata scavalcando la Ensign dell'olandese, ma solo grazie ad una sosta ai box di quest'ultimo per problemi di accensioni irregolari.

A partire dal sedicesimo passaggio la pioggia, già fortissima, aumenta ancora di intensità, ed ormai a “pagare” è solo la guida in controsterzo ed il rischio al 100%. Logico che la guida pulitissima di Lauda ed il suo avere tutto da perdere siano ingredienti fondamentali per alzare il piede dal gas, ed a partire da questo giro Niki inizia a “pagare” 2-3 secondi a giro ai due battistrada, intenti a dare una incredibile dimostrazione di guida oltre che di coraggio sovrumano. Emblematico il giro 16, che si chiude con Hunt ancora velocissimo in 1'54”48, Brambilla secondo a 0”91, e Lauda terzo a 5”12, il che significa aver girato in 1'57”44. Dietro all’austriaco inizia così ad avvicinarsi Peterson, che vede però anche ridursi progressivamente il suo vantaggio sotto l’azione dei due piloti più veloci in pista dopo Hunt e Brambilla, ossia Mass e Pryce, che liberatisi di Depailler e Fittipaldi (che seguono) danno spettacolo. Dietro ad Emerson, Regazzoni “ritrova” di colpo la quarta marcia, ed i tempi sul giro ne traggono grande beneficio. Sempre decimo Watson, che ha ormai distanziato Reutemann messo nel mirino anche dalla non certo irresistibile Ensign di Amon. Qualche secondo dietro Stommelen deve difendersi dalla Tyrrell di Scheckter che ha appena superato la Williams di Laffite, a sua volta seguito da Lunger, Brise ripartito col coltello tra i denti, Ertl, la Lombardi, Pace e Wunderink.

Giro diciassette con l’incredibile Brambilla che inizia a puntare Hunt (!), passando sul traguardo a soli 0”27 dalla Hesketh che lo ricopre d'acqua: i due, sulla pista ormai ridotta ad un torrente (e lo dimostra il 1'58”07 di James nds) ormai hanno fatto il vuoto alle loro spalle, con Lauda che in due giri ha preso 8” (7”81 al mio cronometro, il che significa aver girato in 2'00”76 nds) ed appare sempre più impacciato. Della crisi del pilota austriaco si rende conto anche Montezemolo (in mattinata “assalito” da una fans che indossava una maglietta con scritto “I LOVE LUCA MONTEZEMOLO” e che non lo aveva lasciato prima di aver ricevuto la firma sulla maglietta ed una foto ricordo col suo “idolo”), che sale in direzione corsa a protestare chiedendo la sospensione della gara, sospensione che vedrebbe Lauda conquistare due punti col terzo posto (i punti sarebbero dimezzati) e quindi il titolo mondiale. Tutto quel che ottiene il ds è la garanzia, vista anche l’ora avanzata, che la gara sarà chiusa al momento del raggiungimento del 75% della distanza, minimo per assegnare il punteggio pieno. Quindi, gara ridotta a 40 giri (ma questo ancora nessuno lo sa), e Lauda che deve pensare a difendersi da Peterson, che pur ancora staccato si sta avvicinando. Ma anche lo svedese ha poco da stare tranquillo (se tranquilli si può essere in queste condizioni), dato l’entusiasmante recupero di Mass e Pryce dietro di lui. In questa tornata Amon supera un Reutemann che punta solo a non farsi male, mentre Scheckter supera Stommelen e si mette in caccia della Brabham N.7 che lo precede di diversi secondi. Dietro a Jody ed al tedesco situazione immutata con i piloti più lenti impegnati esclusivamente a... sopravvivere in condizioni che non è esagerato definire spaventose.

Nel corso del diciottesimo passaggio si accende il duello tra Hunt e Brambilla, coi due piloti che, ormai quasi invisibili al pubblico a causa dell'acqua sollevata dai pneumatici, danno spettacolo incredibile: Vittorio tenta una prima volta alla Hella-Licht, ma è troppo lontano dall'inglese, poi sfrutta la migliore trazione in uscita dalla curva Bosch ed affianca all'interno la Hesketh N.25: sembra fatta, ma James è osso durissimo e, con una staccata al limite, riesce all'esterno a chiudere la porta in faccia al monzese, che tenta ancora alla Rindt ma viene ancora ricacciato da un Hunt determinatissimo ma che sembra fare davvero fatica a tenere dietro Vittorio. Lauda è già a oltre 10”, seguito da Peterson, Mass e Pryce, mentre Fittipaldi ritorna in zona punti grazie alla...sosta ai box di Depailler che, con l'anteriore ormai ingovernabile, si ferma ai box a cambiare le gomme anteriori ripartendo decimo poco avanti alla Ensign di Amon. Regazzoni passa così ottavo ed il positivo Watson nono, mentre dietro ad Amon non cambia nulla, con l’esclusione di Scheckter che sta arrivando addosso a Reutemann.

Diciannovesimo giro, e Brambilla continua il suo martellamento asfissiante ai danni di Hunt: la Hesketh N.24 e la March N.9 passano sul traguardo separate da un foglio di carta, ed in cima alla salita Brambilla tenta l’attacco ma viene “stoppato”.....dall'ambulanza che sta portando Stuck in ospedale per i controlli del caso e che procede sul tracciato (!!). Le due vetture, sempre vicinissime, si avventano, dopo la Hella, nel discesone che porta alla difficilissima Sebring. Il forzato rallentamento di Vittorio consente a Hunt di affrontare la Sebring in tranquillità, doppiando ancora Wunderink, poi, nel rettilineo che porta alla Bosch, davanti a Hunt si para una sagoma familiare: è la “sua” Hesketh pilotata da Brett Lunger. James spera probabilmente che Brett riesca a frapporsi tra lui e Brambilla consentendogli di prendere qualche metro di vantaggio, ma il risveglio è brusco: Lunger, che probabilmente non ha neppure visto Hunt dietro di lui o crede che coloro che ha dietro siano avversari che lo tallonano e non i leader che lo stanno doppiando, “tira” una staccatona ed a metà della Bosch si “pianta”. James ha una indecisione fatale, Vittorio ne approfitta e passa all’interno prendendo il comando della gara. Non contento, Lunger replica la stessa mossa quattrocento metri dopo: alla Texaco-Schikane Hunt si affianca ma, incredibilmente, l’americano “chiude” di brutto la porta al compagno di squadra che è costretto a mettere due ruote sull’erba. Vittorio chiude così il giro diciannove con già 4” su Hunt e 12” su Lauda. Dietro all’austriaco Peterson, Mass, Pryce, Fittipaldi, Regazzoni, l'ottimo Watson, Depailler, Amon, Reutemann che ha alle costole il rimontante Scheckter, Stommelen, Laffite ultimo a pieni giri, e a seguire Lunger, Brise, Ertl. Lella lombardi ed il pluridoppiato Wunderink.

Per tutto il ventesimo giro, giro nel quale Scheckter continua la sua rimonta superando Reutemann e prendendogli il 12’ posto, si assiste ad una mirabile dimostrazione di guida di Hunt, che in pratica fa un giro guidando con una mano sola (e all’epoca non c’erano certo i cambi al volante): con l’altra il britannico continua ad agitare il pugno e, probabilmente, a lanciare maledizioni irripetibili al “compagno” Lunger, che, in lotta con Laffite (che supera alla Rindt in questo giro) continua a chiuderlo in tutte le curve. Brambilla, ringrazia e dilata a dismisura il suo vantaggio su un Hunt che vede addirittura riavvicinarsi Lauda, che comunque più che pensare a riattaccare Hunt si deve guardare dal minacciosissimo Peterson, l'unico a girare negli stessi tempi di Brambilla assieme al funambolico Mass che lo segue a circa 7”, seguito a breve distanza dall'altrettanto spettacolare Pryce. Dietro alla Shadow N.16, dalla quale è già stato ampiamente distanziato, Fittipaldi deve far fronte all’attacco di un Regazzoni in continuo recupero, dietro al quale c’è Watson e poi Depailler a chiudere i dieci. Nelle retrovie invece, un Ertl che inizia prima a rallentare e poi a fermarsi ai box a causa di problemi elettrici viene superato dalla Lombardi, che passa così in diciottesima posizione.


DOPO 20 GIRI:

1’ Vittorio Brambilla
2’ Hunt a 9”18
3’ Lauda a 13”73
4’ Peterson a 15”98
5’ Mass a 22”86
6’ Pryce a 25”33
7’ Fittipaldi
8’ Regazzoni
9’ Watson
10’ Depailler
11’ Amon
12’ Scheckter
13’ Reutemann
14’ Stommelen
15’ Lunger a 1 giro
16’ Laffite a 1 giro
17’ Brise a 1 giro
18’ Lombardi a 2 giri
19’ Ertl a 3 giri
20’ Wunderink a 3 giri


21’ – 29’ GIRO: Solo nel del 21’ giro Hunt riesce ad avere ragione del “compagno” Lunger (che a fine gara verrà apostrofato dal caposquadra con “Stupido idiota americano, ma chi ti ha dato la licenza ?” nds) ed a doppiare il “suo” muletto, ma ormai Vittorio Brambilla, che ha appena doppiato il comunque positivo Stommelen, ha 12 secondi di vantaggio alla fine del giro e nulla sembra poterlo impensierire se non lo stato ormai di tregenda della pista: in diversi punti, infatti, si sono create delle pozzanghere gigantesche, favorite dalla conformazione del tracciato pieno di saliscendi e quindi di “conche” naturali. Lauda è terzo a 16”, ma ormai Peterson gli è addosso, ed anche i velocissimi Mass e Pryce si stanno avvicinando paurosamente. Dietro questi piloti il vuoto, con Fittipaldi e Regazzoni attaccati, Watson in solitario, poi Depailler e il positivo Amon in lotta, dietro ai quali sta arrivando di gran carriera Scheckter. Nelle retrovie, con tutti i piloti ampiamente doppiati, Brise supera Laffite che, intimorito dal comportamento della sua vettura, procede lentissimo, ed infatti al giro successivo si fermerà definitivamente ai box: “Continuare in queste condizioni è da suicidio, la squadra non ha neppure alzato da terra la vettura, vado in aquaplaning in ogni marcia” dice il francese, che a fine gara dovrà subire una reprimenda da Williams, che sperava nei ritiri per ottenere un piazzamento decente. Alle spalle del fantino francese Lella Lombardi, Ertl ripartito, Wunderink e Pace.

Al 22’ passaggio Peterson è negli scarichi di Lauda, ormai in totale crisi di aderenza (“La vettura pattinava quando mettevo la quinta” dirà a fine gara l’austriaco). Lo svedese però, che essendo partito dal fondo ha preso carrettate di acqua e terra, non riesce più a tenere la visiera pulita (il plexiglass è danneggiato) e così, a fine tornata, decide di rientrare a cambiarla, cedendo però tre posizioni a favore dei funambolici Mass e Pryce che lo seguivano da vicino e a Regazzoni, che proprio in questo giro ha scavalcato, con la vettura che funziona sempre meglio man mano che la corsa prosegue, un Fittipaldi in totale disarmo (“Quando la pioggia è aumentata la vettura è diventata letteralmente impossibile da guidare” durà a fine gara “El rato”). Alla fine del giro quindi Brambilla, che pur girando in 2'01”07 sembra guidare una vettura a quattro ruote motrici tale è il vantaggio nei tempi sul giro rispetto a tutti, ha 13”10 su Hunt, Lauda ormai è a 19”74 e non ha il tempo di rallegrarsi per l’uscita di Peterson che subito si trova negli specchietti la McLaren di Mass (a 24”69 da Brambilla), l’unico, assieme a Pryce (staccato di 26”64), che sta girando in tempi simili a quelli del leader della corsa. Dietro ai due “pescecani”, staccatissimo Regazzoni, seguito da Peterson ripartito come una furia, Fittipaldi, Watson, Depailler ormai nel mirino del compagno Scheckter che ha appena superato Amon passando undicesimo, poi Reutemann in procinto di essere dopiato, Lunger che ha superato Stommelen, e a chiudere Brise inutilmente velocissimo, Lella Lombardi e Wunderink, mentre ai box si assiste ad un curioso “arrivo al rallentatore” di Ertl e Pace, l'austriaco per le continue accensioni irregolari, Pace per ritirarsi causa la rottura del motore, mesta chiusura di una gara che era comunque segnata visti i 5 giri di ritardo. Se non altro “El Mojo” dimostra di avere il senso dell'umorismo, e quando i giornalisti gli chiedono “cosa non funzionava ?” risponde serafico “Faccio prima a dirvi cosa funzionava oggi.....”

Nel corso del 23’ passaggio, mentre Brambilla continua a martellare tempi che gli altri si sognano, Mass azzera i 5” di ritardo da Lauda, lo supera di slancio alla Rindt ed inizia ad allungare subito sull’austriaco, sulla cui Ferrari (convinzione personale nds) qualcosa non funziona più come ad inizio gara, mentre Montezemolo va di nuovo a protestare vigorosamente in direzione gara chiedendo la sospensione della corsa per troppa acqua in pista. Dietro a Pryce, alla chiusura del giro precedente Regazzoni era passato sesto con Peterson poco lontano che ricomincia a dare spettacolo guidando tutto di traverso ed iniziando un nuovo recupero. Dietro allo svedese, Fittipaldi, Watson e Scheckter, che in questo giro scavalca Depailler e, mangiandosi probabilmente le mani per la sosta ai box di inizio gara, si getta all’inseguimento di Watson qualche secondo avanti a lui.

All'inizio del ventiquattresimo giro, mentre Brambilla continua a dominare ed ha portato a 18” il suo vantaggio su Hunt, Lauda, che all'ultima curva del giro precedente aveva perso la terza piazza a favore di Mass, perde anche la quarta quando, alla Hella-Licht la nera Shadow dell’anfibio Pryce supera la 312T percorrendo la curva almeno 20 Km/h più veloce (come da immagini TV nds). L'austriaco, a questo punto, psicologicamente “scarico”, cerca solo di restare in pista, e la migliore dimostrazione la da il “non doppiaggio” di Stommelen, che, “saltato” da Mass e Pryce con irrisoria facilità, resta davanti all'austriaco per quasi due giri, facendo perdere al ferrarista una vita in termini cronometrici. D’altronde l’analisi del cronometro è spietata: negli ultimi 7 giri Niki, che al 22’ giro (come da immagini televisive nds) era staccato da Brambilla di circa 20”, ne prenderà dal monzese ben 75”, alla media di sette al giro !! Per il momento però Niki è ancora quinto alla chiusura del giro 24, con Regazzoni e Peterson in battaglia dietro di lui e Scheckter che ha raggiunto Watson, mentre Ertl si ferma definitivamente per un cortocircuito che “spegne” la sua Hesketh.

Venticinquesimo giro con Brambilla che continua a condurre e doppia Amon (prendendosi poi un gigantesco spavento quando, all'uscita della Sebring, riesce a schivare per un pelo il “fermo” Wunderink, che infatti concluderà staccato di 4 giri e non sarà classificato nds), e Hunt che più che pensare a raggiungere il Vittorio volante deve cominciare a preoccuparsi guardando i retrovisori: al limite ed oltre in tutte le curve, Jochen Mass, viaggiando sul filo del rasoio, si sta avvicinando alla Hesketh guadagnando più di un secondo al giro, e James rischia la seconda posizione. Dietro al tedesco il sempre velocissimo Pryce, Lauda lentissimo, Regazzoni e Peterson in battaglia, Fittipaldi, Scheckter che ha superato Watson diventando nono, e dietro al nordirlandese situazione immutata, a parte Stommelen che cede la posizione a Brise.

Alla ventiseiesima tornata Brambilla, che pur girando in 2'04” (a conferma delle condizioni veramente impossibili della pista nds) è sempre il più veloce in pista, doppia Depailler alla Texaco-Shikane ed allunga ancora, ed a questo punto è evidente che solo un errore o un’avaria alla vettura possono impedire a Vittorio di entrare nella storia della Formula 1 dalla porta principale. Mass, sempre “a vita persa”, continua a recuperare su Hunt, così come Pryce, Lauda invece continua a perdere manciate di secondi nei confronti sia di chi lo precede che di chi lo segue, ossia Regazzoni e Peterson, con lo svedese che ha agganciato il ferrarista e si appresta a passarlo. Dietro a Ronnie, Fittipaldi vede ridursi drasticamente il suo vantaggio nei confronti di Scheckter, dietro al quale Watson è l'ultimo a pieni giri (!!).

Al 27’ passaggio Peterson supera Regazzoni, allungando subito prepotentemente sul ferrarista, che rimane quindi solitario in settima posizione visto che Fittipaldi, ormai votato solo ad arrivare in fondo, è ad oltre 20“ e viene messo sotto attacco da parte di Scheckter, dietro al quale arriva Brambilla che ha, in questo giro, doppiato anche Watson, mentre nelle retrovie Lunger supera Reutemann e passa 13’.

Nel corso del giro numero 28 Mass “vede” ormai Hunt, ma l’andare sempre sul filo del rasoio presenta il conto: Jochen esce alla seconda curva che compone la Texaco-Shikane (“Per evitare un pilota che andava pianissimo” dirà poi il tedesco nds), sembra non riuscire a ripartire perché la vettura si è “impantanata” nella terra ormai zuppa d’acqua, ma poi con una abilissima manovra in retromarcia riesce a trovare grip, tornare sul tracciato e ripartire. Il testacoda gli è però costato oltre 40”, e così l’ottimo Pryce, che seguiva da presso il tedesco ma evidentemente era meno al limite di Jochen, si trova a podio a metà gara (teorica) dopo essere partito quindicesimo. Lauda, ormai alla deriva, viene messo nel mirino da Peterson, e nel vedere i tempi Montezemolo va nuovamente a protestare in direzione gara. Stavolta, però è accompagnato da Dennis Hulme, rappresentante dei piloti, che chiede anch’egli la sospensione per via dei torrenti d’acqua che attraversano la pista. I commissari decidono la sospensione della corsa, e la sua eventuale ripartenza quando le condizioni miglioreranno. Brambilla così, senza saperlo, passa per la penultima volta sul traguardo, seguito da Hunt che improvvisamente diventa verde per la tremarella: il suo Cosworth, probabilmente per qualche candela bagnata, si è messo a funzionare a 7 cilindri (e se lo sapesse Mass si mangerebbe le mani nds), Pryce, Mass, Lauda attaccato da Peterson, Regazzoni, Scheckter e Fittipaldi ora ultimo a pieni giri dopo essere stato superato dal sudafricano nel corso del giro. L'ultimo giro che riserva ancora un sorpasso: Lauda, ormai in disarmo, viene raggiunto, superato e distanziato da Peterson, che si permette in un giro di rifilare ben 7” al futuro campione del mondo.

La fantastica progressione dello svedese finisce qui, ed in modo abbastanza caotico, anche se perdonabile viste le condizioni veramente impossibili: il direttore di corsa non sventola la bandiera a scacchi a Brambilla, ma a diversi piloti che lo precedono, ossia Stommelen, e poi Scheckter e Fittipaldi, che infatti a fine corsa risulteranno, sia il sudafricano che il brasiliano (da oggi matematicamente fuori dai giochi iridati nds) essere staccati di un giro anche se in realtà erano a giri pieni (così come Stommelen che sarà classificato a 2 giri anziché 1 nds). Dopo Emerson, finalmente, tocca al meraviglioso Vittorio, e quando il monzese si presenta sul rettilineo dei box e vede il direttore di corsa con la bandiera a scacchi decide che è ora di fare almeno un errore: stacca le mani dal volante per esultare, la March 751 entra in una profonda pozzanghera, le ruote, non tenute ferme dal volante, girano a destra e la vettura arancione parte per un incredibile testacoda, arrestandosi contro i rails e rovinando pesantemente il musetto (che poi rimarrà sempre all’ingresso dell’officina in Via della Birona a Monza, ricordo di quella giornata memorabile). Il brianzolo riparte, tra la disperazione di Mario Poltronieri che vedendo la macchina danneggiata e non avendo visto la bandiera a scacchi crede che Vittorio si debba fermare ai box. Poi la vista di Brambilla che saluta il pubblico e l’apparizione sui monitor della classifica lo sciolgono, e mi sembra ancora di risentire nelle orecchie, come quel giorno davanti alla TV, il suo “Si…è finita, la corsa è finita !! Ha vinto! HA VINTO VITTORIO BRAMBILLA !!! ECCEZIONALE !!!” Ed eccezionale è il minimo col quale si può definire la prestazione del monzese, tre spanne sopra a tutti, che raccoglie in una giornata da uomini senza paura un successo splendido e meritatissimo, ottenuto con dei sorpassi strabilianti e senza mai sbagliare (almeno fino all’arrivo….). Hunt, secondo, si lamenta molto del comportamento di Lunger, ma James per primo sa che anche senza l’indubbio ostacolo del compagno di squadra contro il Brambilla di oggi c’era poco da fare, senza contare che la sua vettura iniziava ad accusare seri problemi di accensione. Pryce, grandissimo anfibio, centra un meritatissimo podio dopo una gara in cui ha effettuato sei sorpassi senza mai sbagliare nulla, a differenza di Jochen Mass, che per aver cercato di arrivare secondo si dispera per essersi giocato anche il terzo gradino del podio. Anche Peterson, quinto, recrimina per il tempo perso ai box che gli ha tolto un podio sicuro ed un secondo posto probabile, mentre Lauda non può recriminare contro nessuno se non contro se stesso e… il punteggio dimezzato. Visto il buio che sta calando rapidamente, infatti, la direzione corsa, saggiamente, decide di ritenere chiusa la gara al 29’ dei 54 giri. Punteggio quindi come detto dimezzato, e l’aver ottenuto mezzo punto impedisce a Niki di festeggiare il titolo mondiale a casa sua, in quanto Reutemann, staccato di 17,5 punti a due gare dalla fine, ha ancora una teorica possibilità di conquistare la corona iridata. Tutto rimandato quindi nella grande festa a Monza, in una giornata che ci si augura con un tempo migliore di quella austriaca.

Fin qui la cronaca, ed ora, per una volta, spazio all’emozione, anzi alla commozione. Perché non è facile non versare almeno una lacrima nel chiudere questa corsa e vedere, su un vecchio libro di Piero Casucci, il podio di questa gara: sotto una pioggia finalmente calata di intensità e circondati da tifosi esultanti, i tre cavalieri delle acque si concedono all’applauso. Vittorio Brambilla, brutto, sporco, cattivo e raggiante, aggiunge alla pioggia una doccia di champagne, alla sua destra il bellissimo James Hunt, smaltita la rabbia contro Lunger, sorride felice del podio, ed alla sua sinistra, in un sorriso schivo che dimostra la sua naturale timidezza, Tom Pryce si trova per la prima volta con “quelli che sono andati forte, molto forte”. Nessuno di loro, già da molto tempo, può più vedere questa foto e commentarla ai nipoti, o a qualche amico, o qualche rompiscatole di giornalista: la corsa di Vittorio è finita il 26 maggio del 2001, cercando di avviare la falciatrice nella sua casa di Lesmo, quella di James si è chiusa in fondo all’ultimo bicchiere di whisky il 15 Giugno del 1993, quella di Tom si è arrestata il 5 Marzo 1977 a Kyalami contro un estintore che un povero ragazzo, pieno di buona volontà ma mandato allo sbaraglio da degli organizzatori delinquenti, portava con se attraversando la pista dopo un dosso, ossia nell’unico punto in cui non era visibile.

Grazie Vittorio, grazie James, grazie Tom. E’ stato un onore parlare delle vostre gesta, così come di quelle di Mark Donohue.

Un saluto sugli attenti.


CLASSIFICA FINALE GP AUSTRIA:

1’ Vittorio Brambilla (March 751-Cosworth) 29 giri in 57’56”69 media 177,49 km/h
2’ James Hunt (Hesketh 308-Cosworth) a 27”03
3’ Tom Pryce (Shadow DN5-Cosworth) a 34”85
4’ Jochen Mass (McLaren M23-Cosworth) a 1’12”66
5’ Ronnie Peterson (Lotus 72E-Cosworth) a 1’23”33
6’ Niki Lauda (Ferrari 312T) a 1’30”28
7’ Clay Regazzoni (Ferrari 312T) a 1’39”07
8’ Jody Scheckter (Tyrrell 007-Cosworth a 1 giro
9’ Emerson Fittipaldi (McLaren M23-Cosworth) a 1 giro
10’ John Watson (Surtees TS16-Cosworth) a 1 giro
11’ Patrick Depailler (Tyrrell 007-Cosworth) a 1 giro
12’ Chris Amon (Ensign N175-Cosworth) a 1 giro
13’ Brett Lunger (Hesketh 308-Cosworth) a 1 giro
14’ Carlos Reutemann (Brabham BT44B-Cosworth) a 1 giro
15’ Tony Brise (Hill GH1-Cosworth) a 1 giro
16’ Rolf Stommelen (Hill GH1-Cosworth) a 2 giri
17’ Lella Lombardi (March 751-Cosworth) a 3 giri

GIRO VELOCE: Vittorio Bambilla (March 751-Cosworth) in 1’53”9 media 186,82 km/h.

CLASSIFICA MONDIALE: Lauda 51,5 punti, Reutemann 34, Fittipaldi 33, Hunt 28.

CLASSIFICA COSTRUTTORI: Ferrari 54,5 punti, Brabham 51, McLaren 41, Hesketh 28.
Ultima modifica di Whiteshark il dom 10 mag 2020, 15:54, modificato 1 volta in totale.
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Re: F1 Stagione 1975

Messaggio da Guszti »

Già, è impossibile non provare un sentimento di profonda tristezza, anche considerando che dei diciassette arrivati al traguardo ne rimangono in vita solo sei.

Continuando con questi toni "allegri", alcuni siti continuano a riportare la morte, oltre che di Schaffer, anche di Huttner; in particolare, la versione italiana di Wikipedia, mentre sia quella inglese che quella tedesca lo danno per sopravvissuto. Spero che sia ancora a casa sua a fare qualche gestaccio…
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Re: F1 Stagione 1975

Messaggio da KentoStraker »

grande Vittorio gara indimenticabile :yee: , peccato per Niki.
Incredibile il comportamento di Montezemolo 8-)

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Re: F1 Stagione 1975

Messaggio da Whiteshark »

GP. SVIZZERA (23-24 Agosto 1975): PROVE

Dopo aver ospitato il mondiale di Formula 1 dal 1950 al 1954 (ma vi si correva già dal 1934 nds) sul bellissimo, veloce e pericolosissimo circuito del Parco di Bremgarten (gara allora di grande prestigio perchè dal ricchissimo montepremi, secondo solo ad Indianapolis nds), la Svizzera, dopo la terrificante mattanza di Le Mans 1955 aveva chiuso con le corse automobilistiche, proibendo qualunque tipo di competizioni. L'Automobile Club svizzero, comunque, era ovviamente operativo, e già da qualche anno circolava l'idea di organizzare un Gran Premio “in esilio”. Il problema era trovare un circuito non troppo lontano e disposto e questa kermesse. L'occasione si presenta nel 1975, quando il circuito di Digione, alla disperata ricerca di fondi per l'allungamento del tracciato, modifica richiesta per il mantenimento del Gran Premio di Formula 1, garantisce l'organizzazione della corsa, anche se ovviamente fuori calendario mondiale. Ai quattrini dell'AC svizzero si sommano quelli della munifica Marlboro, che in pratica paga due terzi della quota abitualmente richiesta dalla FOCA di Ecclestone per disputare un Gran Premio. Bernie, infatti, a causa della schedulazione della corsa, posta una sola settimana dopo il GP.Austria (terza gara consecutiva, dopo Silverstone e la Nordschleife, in cui vetture e, purtroppo, piloti, hanno pagato un tributo pesantissimo agli incidenti nds), garantisce una vettura per Team, a parte la McLaren che, visto lo sponsor, si presenta con due vetture. Vediamo nel dettaglio i piloti iscritti.

La McLaren, come detto su “consiglio” dello sponsor Marlboro, arriva a Digione con due piloti e tre vetture, la M23/8-2 (completamente ricostruita dopo il botto di da Mass al Nurburgring) per Emerson Fittipaldi, la M23/6 per Jochen Mass e la M23/9 come muletto (meglio non rischiare le vetture recenti nds...)

Un pilota e due vetture per la Tyrrell, che correndo in Francia decide ovviamente di far correre Patrick Depailler, sempre fedele al telaio 007/4, mentre la 007/5 è il muletto. Muletto che continua a mancare alla Lotus, che ha ultimato il primo esemplare della bruttissima 77, e non avendo tempo per ricostruire il telaio 8 distrutto da Henton a Zeltweg si presenta con la sola 72/R9, per Ronnie Peterson.

Una sola vettura anche alla Brabham, dopo i disastri di Zeltweg: è la BT44B/1 per Carlos Pace, così come alla March, che pur cambiando la livrea Beta sostituendola con un musetto “Lavazza” allo scopo di “accontentare” entrambi gli sponsor, presenta il recente vincitore di Zeltweg Vittorio Brambilla sulla “sua” 751/3. Iscritta, ma ovviamente non presente, anche la 751/5 del Team Penske per il povero Mark Donohue.

Con Lauda prossimo al mondiale e con un Gran Premio ufficialmente “svizzero”, la Ferrari manda ovviamente a correre Clay Regazzoni, sulla 312T telaio 021.

Altro Team con due vetture è la Shadow, ma non, come era da tutti pronosticato, con la DN7 motorizzata Matra. Tutti i propulsori francesi, infatti, sono in fabbrica per le modifiche all'impianto di iniezione dopo i problemi evidenziatisi a Zeltweg, e quindi per Tom Pryce e per l'idolo locale Jean Pierre Jarier (allora amatissimo in madrepatria nds) due vetture motorizzate Cosworth, telai DN5/2A per il britannico, reduce dal primo podio in carriera, e DN5/4A per il francese.

Come d'abitudine, una sola Surtees, ed è sempre TS16/05-4 per John Watson, mentre si presenta con due vetture il Team Williams, che al “reprobo” (visto il suo abbandono volontario a Zeltweg nds) Jacques Laffite affianca, naturalmente, lo svizzero Jo Vonlanthen. Le vetture sono ovviamente sempre le stesse, la FW/03-2 per l'elvetico e la FW04 per il transalpino.

Al Team Hill una sola vettura, la GH1-3, per Rolf Stommelen, allo scopo di far riprendere confidenza con la vettura al pilota tedesco. Per lo stesso motivo, alla Ensign, la sola N175/MN04 presente è affidata a Chris Amon, nuovo “idolo” di Morris Nunn (“E' un ragazzo straordinario, ha fatto progredire più la macchina lui in due sessioni di prove che tutti gli altri piloti in due anni”).
Chiudono il lotto dei partecipanti il Team Hesketh, che profitta della “non validità” della corsa per portare solo la nuova 308C e “obbligare” così Hunt a svilupparla in vista della stagione 1976, ed il Team Maki che, conscio della certa qualificazione, presenta la solita pericolosissima (vista l'abitudine a perdere pezzi nds) F101/02 pilotata da Tony Trimmer.

Due sole sessioni di prove, una al sabato mattina ed una al sabato pomeriggio, per questa “gara” che sembra già dall'inizio una “garina”. Tutto, infatti, contribuisce a rendere l'ambiente una pallida controfigura di quello che abitualmente di vede ad un Gran premio “vero”: sarà il clima, sarà la non titolarità della corsa, sarà che piloti e squadre vengono da un trittico che è stato molto esigente con piloti e Teams, ma a molti “addetti ai lavori” sembra di essere in vacanza. Non è abituale infatti vedere meccanici “svaccati” a prendere il sole, o piloti che girano sorridenti nel paddock firmando autografi e facendosi fotografare con i loro tifosi. A rendere il clima ancora più rilassato ci si mette anche la Goodyear, che profitta dell'occasione per smaltire tutti gli avanzi di gomme delle precedenti corse, col risultato che è molto difficile trovare due treni uguali tra loro.

In questo clima da sagra paesana, sabato alle 10, iniziano le prove, che al termine dei 90 minuti previsti vedono, come abitudine stagionale, la Ferrari in testa. Regazzoni, senza neppure sforzarsi troppo, mette rapidamente a punto la vettura e, con un treno di gomme “sospette” (ma nessuno protesta visto che tanto la gara non conta nulla nds) ottiene il tempo di 59”76, pole provvisoria ma ad quasi un secondo dal tempo registrato l'anno precedente da Lauda con la 312 B3, chiara dimostrazione che lo svizzero non ha certo dato il 100%. Dietro a Clay, che si farà notare a fine giornata per autografare ….. un seno di una fan (non vi sono notizie se ci sia stato solo l'autografo o altro nds....), la McLaren di Fittipaldi (59”81), ormai competitiva in tutte le condizioni, e la Shadow di Jarier (59”99), ultimo a scendere sotto il minuto. Non sono disponibili in rete altri tempi della prima sessione, per cui conserviamo tutte le i formazioni per la seconda sessione, che inizia alle 14 e che durerà 60 minuti. Ci si attende una nuova dittatura in rosso, ma per la delusione dei suoi tifosi le prove di Regazzoni durano sei giri, il tempo che serve alla trasmissione della 312T per rompersi: “Le marce entrano, ma non c'è spinta, credo si sia rotto il pignone o la corona” dichiara il ticinese. Prove finite per Clay, che a fine sessione si ritroverà terzo, scavalcato prima dal sempre competitivo Fittipaldi (59”27) e, proprio negli ultimi minuti, da Jarier, che fa felici organizzatori e pubblico francese ottenendo la pole con 59”25. “Ho avuto meno problemi del solito” la dichiarazione del transalpino, mentre Emerson continua a recriminare sulla stagione “Purtroppo abbiamo perso l'adattamento alle gomme con le gare europee, ed abbiamo nuovamente raggiunto l'equilibrio della vettura dal GP.Francia. In Belgio, Svezia ed Olanda potevamo soltanto difenderci, ma è mancata l'affidabilità. E quelle tre gare in cui abbiamo fatto zero punti sono state determinanti”.

A confermare le parole di Fittipaldi, quarto tempo assoluto per la seconda M23 di Jochen Mass, che pur tormentato da un motore che non funziona perfettamente a causa delle bizze del distributore di accensione ottiene 59”92. Quinto, ed ultimo pilota sotto il muro del minuto netto, Depailler con la Tyrrell, che ottiene 59”99 in un clima di generale svogliatezza del Team, ormai completamente concentrato sulla P34. Chi invece è motivatissimo è John Watson, ma i motivi sono logici: l'irlandese, orfano di sponsor personali ed a conoscenza dei problemi finanziari di John Surtees, è attualmente senza garanzie per la stagione 1976, e quindi fa il possibile e l'impossibile per mettersi in mostra, ottenendo alla fine il sesto tempo con 60”04.

Dietro al motivatissimo Watson il...demotivatissimo Pace, apparso ancora scioccato dallo spavento di Zeltweg. Il Brasiliano, settimo con 60”13., conclude le prove anzitempo per un netto calo di prestazioni, che obbliga i meccanici Brabham a cambiare il propulsore al termine della giornata, operazione svolta in un clima funereo visto che tutti speravano nella serata libera. Dietro a Pace la seconda Shadow di Pryce, che si “becca” oltre un secondo dal compagno di squadra fermandosi a 60”28. “La macchina non riesce a far lavorare le gomme” dichiara il pilota “Le ho provate tutte ma senza alcun risultato”.

Dietro a Pryce il sempre bravo Amon, che forse in Francia sente ancora i ricordi della sua spettacolare e sfortunatissima gara del 1972. La corta Digione non è certo la Charade, ma comunque il neozelandese riesce ad ottenere un buon bilanciamento, ed a chiudere nono con 60”32. Al suo fianco un demotivatissimo Peterson, che con la “vecchia” 72 non fa meglio di 60”41. Lo svedese, chiamato a sviluppare da zero una vettura (la 77 nds) sta dimostrando palesemente il suo vero unico limite, ossia l'incapacità di trasmettere ai tecnici informazioni utili (d'altronde ad un pilota che non sa la differenza stra sottosterzo e sovrasterzo.... nds). Fino a che Superswede era sulla sua “fida” 72 messa a punto da Rindt prima e da Fittipaldi dopo non c'erano problemi, che ora invece si manifestano generando tensioni all'interno del Team Lotus, già sotto pressione dallo sponsor JPS dopo questa annata fallimentare.

In sesta fila le due più grandi delusioni delle prove, ossia il secondo classificato ed il vincitore del GP.Austria della setteimana precedente: se per Hunt si può accampare la scusante del dover sviluppare la 308C (che si rivela subito velocissima in rettilineo grazie alle carreggiate strette già in versione 1976 ma tragicamente lenta nelle curve), per Brambilla conta sicuramente molto la settimana “da leone” passata tra interviste, TV e quant'altro. Alla resa dei conti il britannico, che si prende anche un gigantesco spavento nella prima sessione quando si trova senza freni in fondo al rettilineo dei box ed è costretto a mandare la vettura in testacoda, ottiene 60”47, mentre Vittorio 60”63. Il monzese passa entrambe le sessioni a cambiare rigidità di molle e barre, senza venire a capo di nulla e, probabilmente, senza sforzarsi più di tanto, deciso ad arrivare nella “sua” Monza al 101%.

Le ultime quattro posizioni vengono assegnate secondo logica: un Laffite che dopo il ritiro austriaco viene trattato da “separato in casa” (il fantino non si preoccupa più di tanto, avendo firmato, grazie al patronato della Elf che lo sponsorizza in Formula 2, un precontratto con la Tyrrell per sostituire Depailler nds), ottiene uno svogliatissimo 61”07, davanti a Stommlen, che gira quanto più possibile per far riprendere forza e tono muscolare alle gambe martoriate ma ovviamente senza prendere il minimo rischio ottiene 62”00. In ultima fila la seconda Williams di Vonlanthen, che alle sue non certo eccelse doti di guida somma un motore che è stato tarato con il limitatore di giri a 10.000 per evitare il minimo rischio di rottura e si ferma a 62”81, ed un contentissimo Tony Trimmer, che, pur ultimo ad oltre 5” dal primo su una pista in cui si gira in meno di un minuto appare sorridente come non mai. Quando gli viene chiesto il perchè la risposta è illuminante: “Sono contento per due ragioni: la prima è che domani riuscirò a prendere il via, la seconda è che sono riuscito a fare due ore e mezzo di prove senza perdere rompere pezzi della vettura”. Mai come in questo caso vale il detto che chi si contenta gode....

Prove finite e, a parte i meccanici Brabham, scatta il “tana libera tutti”: piloti, meccanici, Team manager si mescolano agli spettatori, o gironzolano su moto Yamaha messe a disposizione dagli sponsors. Insomma, questa gara non sembra interessare proprio a nessuno. Se non altro gli organizzatori si consolano: in pole c'è un francese, secondo e quarto i due piloti dello sponsor principale, terzo un pilota svizzero su una Ferrari. Pubblico ed incasso sono pressochè assicurati, ed in fondo questa è l'unica cosa che conta in questo “Gran Premio”.


GRIGLIA DI PARTENZA:

FILA 1:
Jean Pierre Jarier (Shadow DN5-Cosworth) 59”25
Emerson Fittipaldi (McLaren M23-Cosworth) 59”27

FILA 2:
Clay Regazzoni (Ferrari 312T) 59”76
Jochen Mass (McLaren M23-Cosworth) 59”92

FILA 3:
Patrick Depailler (Tyrrell 007-Cosworth) 59”99
John Watson (Surtees TS16-Cosworth) 1’00”04

FILA 4:
Carlos Pace (Brabham BT44B-Cosworth) 1’00”13
Tom Pryce(Shadow DN5-Cosworth) 1’00”28

FILA 5:
Chris Amon (Ensign N175-Cosworth) 1’00”32
Ronnie Peterson (Lotus 72E-Cosworth) 1’00”41

FILA 6:
James Hunt (Hesketh 308C-Cosworth) 1’00”47
Vittorio Brambilla (March 751-Cosworth) 1’00”63

FILA 7:
Jacques Laffite (Williams FW04-Cosworth) 1'01”07
Rolf Stommelen (Hill GH1-Cosworth) 1’02”00

FILA 8:
Jo Vonlanthen (Williams FW03-Cosworth) 1'02”81
Tony Trimmer (Maki F101C-Cosworth) 1’04”29
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Re: F1 Stagione 1975

Messaggio da Whiteshark »

GP SVIZZERA: GARA (60 giri = 197,34 km)

1'-20' GIRO: La mattinata della domenica si presenta quantomai invitante per chi... sia in vacanza, con una magnifica giornata soleggiata ed arieggiata. Per fortuna degli organizzatori, l'avere un francese in pole ed uno svizzero terzo su una Ferrari si rivela un eccellente richiamo, e così, quando alle 14 in punto lo schieramento delle 16 vetture si allinea per la partenza (preceduto da una serie di giri in parata del grande Juan Manuel Fangio sulla splendida Maserati 250F da lui guidata nel 1957 nds), sono oltre 70.000 gli spettatori presenti sull'assolato pianoro di Digione.

I pronostici degli addetti ai lavori danno come favorito Fittipaldi, con Regazzoni alle spalle e Jaroier terzo incomodo. Ma nessuno ha fatto i conti con.... la frizione della McLaren N.1, che al via, forse troppo sollecitata dal brasiliano, si brucia passando probabilmente dalla prima alla seconda (infatti dalle immagini in rete si vede Fittipaldi scattare in seconda posizione, a testimonianza che nei primi metri l'organo meccanico funzionava regolarmente nds), col risultato che “El Rato” già al termine del rettilineo di partenza è nelle ultime posizioni. Il campione del mondo uscente percorrerà qualche giro in ultima posizione, poi dopo cinque giri proverà ad aumentare il ritmo, ottenendo subito un ottimo 61”47, in quel momento tra i più veloci in pista. Ma al giro seguente, verificato che la frizione è comunque “cotta”, Emerson si fermerà ai box per ritirarsi in via definitiva da una corsa che, a parere dello scrivente, avrebbe vinto con facilità.

Senza Fittipaldi a pressarlo, Jarier fa valere la partenza al palo ed azzecca uno stacco pressochè perfetto, tanto che dopo due curve il transalpino ha già quasi 2” sul gruppo capitanato da Regazzoni, seguito da Depailler, Mass, Watson, Hunt, Pace, Peterson, Pryce, Amon, Brambilla, Laffite, Stommelen, Trimmer, Fittipaldi ed il povero Vonlanthen, che a causa di misfire ha il motore che arriva a 8.000 giri.

Al termine del primo giro (l'unico del quale esistono immagini TV) Jarier è nettamente in testa con 2”12 su Regazzoni, seguito da Depailler, Mass, Watson, Hunt, Pace, Peterson e tutto il resto a seguire.

Mentre le posizioni di testa rimangono sostanzialmente cristallizzate, la lotta si sposta nelle posizioni centrali, con grande protagonista Carlos Pace. Il brasiliano inizia subito a pressare Hunt, che con una vettura già pronta per le regole 1976 “paga” almeno mezzo secondo al giro. L'inglese resiste finchè può, poi all'ottavo giro capitola davanti all'ennesimo attacco di “El Mojo”, che mette subito la prua verso la Surtees del determinatissimo Watson. Due giri prima, come detto, si era registrato l'abbandono di Fittipaldi, ed il giro seguente Vonlanthen si ferma ai box disperato col motore. I meccanici cambiano le candele e lo svizzero riparte staccato di tre giri, ma senza alcun miglioramento apprezzabile.

Dopo dieci giri, Jarier, scatenato (al 7' passaggio il francese ha segnato con 60”44 il giro veloce che non sarà più battuto nds), ha portato a 3”89 (immagini TV) il vantaggio su un Regazzoni stranamente remissivo (“La macchina sovrasterzava in modo incredibile” dirà a fine gara lo svizzero nds). Depailler è a 5”70, davanti a Mass, Watson, Pace, Hunt che è posto sotto attacco da Peterson e Pryce. Dietro al britannico Amon, Brambilla, Laffite, Stommelen, Trimmer che sta per essere doppiato e a tre giri Vonlanthen.

Nei giri successivi si accendono due duelli all'arma bianca, il primo tra Watson e Pace, il secondo tra Hunt, Peterson e Pryce. Ma mentre l'inglese, in crisi con la vettura (“Dopo dieci giri ho avvertito una fortissima vibrazione ad un pneumatico posteriore, francamente ero convinto di aver forato, non era così ma per tutta la corsa ho avuto questo problema” dirà poi l'inglese), deve capitolare prima allo svedese (al dodicesimo giro) e poi al connazionale (al sedicesimo), Pace, pur con una vettura sicuramente superiore (ma come sempre penalizzata dai “motoracci” di Ecclestone) alla Surtees, non riesce ad avere ragione dell'irlandese, che si difende sul rettilineo e “stoppa” in curva la BT44B del sudamericano. Pace cerca di supplire alla cronica mancanza di velocità massima allungando la frenata in fondo al rettilineo principale, ma al diciassettesimo giro arriva “lungo” alla staccata e pur riuscendo ad evitare l'impatto coi rails percorre diverse decine di metri fuori pista, rientrando sul tracciato in decima posizione alle spalle di Amon. Proprio alla chiusura del primo terzo di gara Regazzoni, che aveva stabilizzato il suo ritardo da Jarier a circa 4”, si trova il lentissimo Vonlanthen nella zona mista del tracciato e deve alzare il piede perdendo parecchio terreno rispetto al capofila Jarier e trovandosi contemporaneamente Depailler e Mass molto vicini. Le quattro vetture di testa hanno già fatto il vuoto alle loro spalle, distanziando ampiamente il tenacissimo Watson, che tiene a debita distanza Peterson, Pryce ed il resto del gruppo sgranato, in fondo al quale Trimmer è costretto ad una veloce sosta ai box per fissare uno spinotto di una candela fissato male (ah, questa Maki.... nds)


DOPO 20 GIRI:

1’ Jean Pierre Jarier
2’ Regazzoni a 5”22
3’ Depailler a 6”74
4’ Mass a 7”73
5’ Watson
6’ Peterson
7’ Pryce
8’ Hunt
9’ Amon
10’ Pace
11’ Brambilla
12’ Laffite
13’ Stommelen
14’ Trimmer a 2 giri
15’ Vonlanthen a 5 giri


20'-40' GIRO: Tra il 22' ed il 24' giro, un Hunt sempre più in crisi deve cedere prima ad Amon e poi al rimontante Pace, scendendo in decima posizione. Contemporaneamente Regazzoni, dopo essersi assuefatto al comportamento anomalo della vettura, inizia ad erodere il gap che lo separa da Jarier. Il distacco scende sotto i 5” al venticinquesimo giro, salvo ritornare sopra i 6” al ventisettesimo, quando Regazzoni si trova ancora un doppiato nel tratto “sbagliato” (Stommelen nds) e, contemporaneamente, Jarier replica al centesimo il giro veloce della corsa in 60”44. Al 28' giro l'irriducibile Pace scavalca Amon e guadagna l'ottava piazza, e così l'ordine al 30' giro vede sempre Jarier in testa con 6” su Regazzoni e oltre 10” su Depailler e Mass. Dietro al tedesco Watson, Peterson, Pryce che sta perdendo contatto dallo svedese (“Mi sono venuti a mancare i freni da metà gara in poi” dirà l'albionico a fine gara nds), Pace, Amon, Hunt, un irriconoscibile Brambilla (“Il motore che avevo era eccellente, per cui non ho tirato assolutamente più di 10.000 giri per evitare rischi. Lo spremerò a fondo a Monza” la dichiarazione a fine gara del monzese), Laffite che è incollato alla March di Vittorio, ed a chiudere i doppiati Stommelen, Trimmer e Vonlanthen.

Al 32' giro Laffite supera Brambilla che non oppone la minima resistenza, preludio al principale colpo di scena della gara che avviene al giro seguente: Jarier, che aveva visto ridursi a 5” il vantaggio su Regazzoni, si arresta sul rettilineo principale col cambio rotto. Una vera disdetta per il francese, che sembrava destinato ad accendere con Regazzoni un gran duello nelle fasi finali della gara. Decisamente arrabbiato, il transalpino si lascerà andare a pesanti dichiarazioni nel dopo gara nei confronti della squadra (“Il Team non sarebbe in grado di preparare decentemente neppure una bicicletta, figuriamoci una macchina da corsa !!”), e la cosa gli costerà cara nel 1976, quando sarà in pratica un separato in casa. Regazzoni ringrazia e, tra l'entusiasmo dei molti svizzeri presenti, passa a condurre la corsa con circa 5” su Depailler, che sta lentamente distanziando un Mass anch'egli in crisi di gomme (“Dopo metà gara la vettura è diventata impossibile da guidare per il troppo sottosterzo”). Ma il pilota più in crisi di gomme è Watson, che per resistere ad inizio gara a Pace ha probabilmente strapazzato oltremisura i pneumatici e vede la sagoma della Lotus di Peterson sempre più grande nei retrovisori.


DOPO 40 GIRI:

1’ Clay Regazzoni
2’ Depailler a 5”99
4’ Mass a 8”33
4’ Watson
5’ Peterson
6’ Pryce
7’ Pace
8’ Amon
9’ Hunt
10’ Laffite a 1 giro
11’ Brambilla a 1 giro
12’ Stommelen a 1 giro
13’ Trimmer a 4 giri
14’ Vonlanthen a 7 giri


41'-60' GIRO: Con Depailler e Mass ampiamente distanziati, Regazzoni deve solo preoccuparsi di non commettere errori e non incappare in qualche problema meccanico (eventualità che sulla vettura di Lauda non si è mai verificata, mentre su quella di Clay diverse volte nds). Coi primi tre posti di fatto inamovibili senza “agenti esterni”, come dimostra il passaggio al 50' giro che vede Regazzoni precedere di 5”32 Depailler e di 9”53 Mass, l'interesse si sposta nelle posizioni di rincalzo, dove avvengono, nell'ultimo terzo di corsa, vari sorpassi: inizia Hunt che al 44' giro risupera Amon per il nono posto, prosegue con Peterson che al 49' giro scavalca un Watson con le gomme posteriori ormai sulle tele prendendogli la quarta posizione e termina al 51' passaggio con Pace che toglie a Pryce il sesto posto. “El Mojo”, veramente irriducibile, rimette la prua sulla Surtees di Watson che lo precede di quattro secondi, e a colpi di oltre mezzo secondo al giro lo aggancia a tre giri della fine. L'irlandese ed il brasiliano entusiasmano il pubblico nei giri finali, con Pace a cercare ovunque il pertugio per passare e Watson che si “attacca” alla maggiore velocità di punta della sua TS16 per tenere dietro la Brabham N.8. Malgrado due o tre tentativi temerari, Pace non riuscirà a trovare lo spiraglio e dovrà rassegnarsi a terminare la corsa dietro al tenacissimo irlandese. I due taglieranno il traguardo a oltre 45” dal vincitore Regazzoni, che attentissimo a non sbagliare nulla regola la sua velocità su quella dell'immediato inseguitore Depailler (alla fine anche i giri veloci dei due saranno praticamente identici, con 60”79 per il francese e 60”80 per Clay nds) e, senza difficoltà, taglia il traguardo, doppiando proprio sulla riga di arrivo per la sesta volta la Maki del povero Trimmer, regalandosi, dopo poco più di un'ora di corsa, il primo successo stagionale (anche se non valido per la classifica), nonché il sesto (di cui 2 non validi per il mondiale) su dodici gare per la splendida ed invincibile 312T.

Se Regazzoni regala una gioia agli sportivi svizzeri, Depailler e Mass, secondo e terzo, fanno felici sia il pubblico francese che....lo sponsor principale della corsa. Peterson, quarto con una Lotus a fine carriera, ottiene il massimo possibile in un Team distratto dalla nuova vettura e attraversato da grandi tensioni interne. Watson, alla disperata ricerca di una vettura per il 1976, chiude quinto una gara tutta grinta e cuore, riuscendo, con una vettura ormai alla frutta e senza sviluppo da mesi, a mettersi alle spalle una Brabham (Pace, eroe della gara per la sua grande rimonta) ed una Shadow (Pryce), vetture di prestazioni ben diverse rispetto alla TS16.

Alle spalle di Pryce, e primo dei doppiati, un Hunt la cui prestazione, visti gli evidenti limiti della sua vettura già in configurazione 1976, va letta positivamente, così come quella di Amon, che continua ad arrivare in fondo alle corse con una vettura che prima del suo arrivo era sempre nelle ultimissime posizioni. Laffite, un irriconoscibile Brambilla, uno Stommelen che ha pensato solo (così come il monzese nds) a non farsi male, Trimmer e Vonlanthen (non classificato nds) chiudono il lotto dei concorrenti che tagliano il traguardo di questa gara, forse molto più simile ad una sagra paesana che ad una corsa vera e propria, e che deve ringraziare.... il sostanziosissimo montepremi se ha visto comunque 16 vetture al via.

“Il mio sogno ? Vincere a Monza, una pista che amo molto, nella giornata che regalerà a Lauda il titolo mondiale” la dichiarazione di Regazzoni a fine corsa. L'elvetico, caricatissimo dal successo “casalingo”, scende così sul GP.Italia ben deciso a dare battaglia.


CLASSIFICA FINALE GP.SVIZZERA:

1’ Clay Regazzoni (Ferrari 312T) 60 giri in 61’25”34 media 194,09 km/h
2’ Patrick Depailler(Tyrrell 007-Cosworth) a 8”65
3’ Jochen Mass (McLaren M23-Cosworth) a 15”44
4’ Ronnie Peterson (Lotus 72E-Cosworth) a 40”14
5’ John Watson (Surtees TS16-Cosworth) a 45”55
6’ Carlos Pace (Brabham BT44B-Cosworth) a 45”90
7’ Tom Pryce (Shadow DN5-Cosworth a 46”66
8’ James Hunt (Hesketh 308C-Cosworth) a 1 giro
9' Chris Amon (Ensign N175-Cosworth) a 1 giro
10’ Jacques Laffite (Williams FW04-Cosworth) a 1 giro
11’ Vittorio Brambilla (March 751B-Cosworth) a 2 giri
12’ Rolf Stommelen (Hill GH1-Cosworth) a 2 giri
13’ Tony Trimmer n (Maki F101C-Cosworth) a 6 giri
nc Jo Vonlanthen (Williams FW03-Cosworth) a 9 giri

GIRO PIU' VELOCE: Il 7' ed 27' di Jean Pierre Jarier (Shadow DN5-Cosworth) in 60”44 media 195,90 km/h.
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Re: F1 Stagione 1975

Messaggio da sundance76 »

Vabbè, una vittoria è sempre una vittoria. E ora Clay "l'italiano" è agguerrito per Monza :yee:
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Re: F1 Stagione 1975

Messaggio da Whiteshark »

GP ITALIA (5-7 Settembre 1975): PROVE

Seppure la situazione di classifica sia tale da avere in pratica già il titolo in tasca (due vittorie di Reutemann e in contemporanea due ritiri di Lauda hanno la stessa possibilità di avverarsi che un “7” al SuperEnalotto), in Ferrari non si vuole vincere, ma stravincere, sopratutto per mettere al sicuro il titolo costruttori che vede incredibilmente la Brabham staccata di soli tre punti e mezzo, incredibile se si pensa alla disarmante superiorità spesso messa in mostra dalla splendida 312T. Così, il 27 ed il 28 Agosto, Lauda prima e Regazzoni poi testano una nuova specifica (la terza stagionale) dei boxer 12 cilindri, caratterizzata da un rapporto di compressione più elevato e dall’avere una curva di coppia più “appuntita” verso l’alto. Motoroni speciali, dunque, ma a differenza dell’anno scorso, quando i “fenomeni” Montezemolo e Forghieri li testarono in gara (e sappiamo come finì nds), quest’anno si fanno le cose come vanno fatte, ossia si fanno i long run nei test. Ed infatti, sia il 27 (con Lauda) che il 28 (con Regazzoni), due motori cedono di schianto, ma senza pregiudicare nulla (la causa sarà poi individuata nelle bielle). Miglior tempo di Lauda in 1’34”23, parecchio lontano dal record della pista che già appartiene all’austriaco con 1’33”16, e che trova ampie giustificazioni sia nelle gomme (la Goodyear, dopo il “caso Donohue” e su una pista velocissima e “ammazza gomme”, porta delle mescole di marmo, ovviamente a scapito della velocità) sia nel pietoso stato della pista, che dopo le vacanze estive (in cui nessuno, a parte i ragazzini che con la bici ci giravano senza passare dal rettilineo di partenza, a cominciare dal sottoscritto nds) si presenta logicamente piena di foglie e polvere, con le 312T che quando rientrano ai box più che vetture da corsa sembrano camion dei netturbini. Dopo il secondo motore rotto, la squadra torna a Maranello per investigare sui guasti (e, probabilmente per assistere ad un’altra “rissa” tra Forghieri da una parte e Rocchi e il povero Bussi dall’altra, risse che, come scrive Borsari nel suo libro, erano un “must” ogni volta che un motore cedeva).

Ma la Ferrari non è la sola squadra a provare nelle tre settimane che intercorrono tra il bagnatissimo gran premio austriaco e quello brianzolo. Negli stessi giorni dei test Ferrari, a Goodwood, sulla seconda Williams, sale Renzo Zorzi, vincitore del GP. Di Montecarlo Formula 3 (è bello ricordarlo che lo fece con un motore Lancia), collaudatore della Pirelli, e che proprio grazie alla casa di pneumatici (più altri 4 sponsor personali) riesce a reperire i 10 milioni necessari per l’affitto della vettura per la kermesse nazionale. Zorzi (che in futuro verrà definito da Jacky Oliver “il peggior pilota che abbia mai avuto, nullo come prestazioni ed incapace di collaudare anche un volante”) ha una particolarità: la stessa età di Fittipaldi, essendo nato anch’egli il 12/12/1946. Nel test comunque Renzo si comporta bene, senza fare danni e girando a poco più di 1” dai crono di Brise, che sta testando modifiche aerodinamiche sulla sua Hill.

La settimana successiva le indiscrezioni della stampa sul sostituto del fratturato Wilson Fittipaldi sulla Copersucar si dimostrano esatte, e Arturo Merzario vola a Silverstone per prendere contatto con la FD03. Nel frattempo altri rumours agitano i giornali e i giornalisti. Dato che Alistair Caldwell (scafatissimo) si è fatto “scappare” che Fittipaldi ha praticamente firmato (sic!), così come Lauda e Regazzoni, si cerca di capire dove possa finire Hunt, unico “uomo mercato” dato che Peterson è vincolato da un contratto con la Lotus apparentemente inattaccabile. C’è chi dice la Lotus, c’è chi dice la Shadow, chi ancora dice che resterà alla Hesketh. Hesketh sulla quale posa gli occhi Alessandro Pesenti-Rossi, fresco vincitore il 31 Agosto del GP.Lotteria di F3 proprio a Monza. “Armato” di una decina di milioni (i premi della gara di Monza più alcuni sponsors personali), Pesenti Rossi chiede a Hesketh la vettura titolare di Hunt, in quanto la squadra, a partire dal GP. Di Svizzera, fa girare l’inglese con la vettura 1976 per svilupparla al meglio, lasciando quindi libera la 308 con la quale James ha corso (molto bene nds) fino al GP. Austriaco. Lord Hesketh, in perenne crisi di liquidità, sarebbe anche disposto, ma James, che vuole avere la tranquillità psicologica del “muletto”, punta i piedi minacciando di non correre, costringendo la squadra a capitolare. Pesenti-Rossi allora, deciso a debuttare, chiede in affitto la vettura che, grazie alla sponsorizzazione della Warsteiner, deve guidare Harald Ertl, offrendo 11 milioni al posto dei 10 che la Warsteiner abitualmente offre: con una buona dose di cinismo, Ertl darà vita per tutta la settimana ad un “gioco al rialzo” che si concluderà addirittura solo venerdì mattina, quando Pesenti Rossi, convinto che la sua ultima offerta (14 milioni) sia stata accettata, si presenta in casco e tuta al paddock, solo per aspettare tutto il giorno e, a pomeriggio inoltrato, vedere arrivare la bisarca Warsteiner e, vederne la macchina scaricata con il nome del pilota “ERTL”, assieme alla battuta finale del pilota-giornalista teutonico “La Warsteiner me ne ha dati 15, di milioni, quindi guido io”. Certo non un bel modo di comportarsi, una sorta di “magliaro” alla rovescia per uno dei futuri eroi del Nurburgring 1976.

Ad “agitare” ulteriormente il Team Ferrari, oltre ai motori rotti, c’è anche e soprattutto una intervista di Regazzoni che appare Giovedì 4 Settembre sul Corriere della Sera. Pronti a partire per Monza, certo meccanici e tecnici della squadra corse sobbalzano quando, assieme alla “logiche” affermazioni “A Monza vinco io” e “Sono contentissimo di aver firmato anche per il 1976”, il ticinese si lascia “scappare” anche le seguenti “perle”:

“Lauda campione ? Certo, vincerà lui e già da Monza. E’ bravo, ma anche fortunato, è arrivato alla Ferrari quando è tornata competitiva” (forse anche grazie a Niki nds….).

“Quattro vittorie in stagione ? Notevole, ma se corri senza avversari validi è tutto molto più facile. Il suo unico avversario avrei potuto essere io, ma in Olanda e in Svezia avevo dei pessimi propulsori, mentre in Francia e in Germania erano ottimi ma si sono rotti, “purtroppo” solo a me !!”

“Niki arriva sempre perché si prende pochi rischi, e soprattutto non è mai stato sotto pressione. Magari se avesse trovato qualcuno che lo pressava qualche gara sarebbe finita diversamente” (evidentemente Clay dimentica i GP. di Monaco e soprattutto di Francia nds).

“Il pilota più forte attualmente in Formula 1 ? Senz’altro Emerson Fittipaldi, è il più completo ma ha avuto molta sfortuna. Dietro di lui metterei Peterson, poi Niki. La grande delusione di questo mondiale ? Scheckter, Reutemann e Pace, troppo discontinui. La rivelazione ? Hunt”.

Dopo questa raffica di “bombe” disseminate da Clay l’aria che si respira in Brianza è piuttosto “elettrica”, e tutti temono una riedizione dell’anno 1974, coi due Ferraristi a randellarsi fino a rompere i motori e regalare il titolo piloti e quello costruttori. Anche perché Niki replica a Regazzoni col solito tono pacato ma fermo. “A Monza voglio vincere, perché il mondiale ormai è al sicuro”. Vediamo ora, oltre alla Ferrari, gli altri Teams presenti per la kermesse monzese. Teams nei quali non è presente la Surtees, che “libera” John Watson ed annuncia che ripartirà dal 1976.... quando troverà i soldi per correre (per la cronaca rivedremo in gara il Team di “Big John” dal GP.Sudafrica nds).

Il Team McLaren, che ancora una tenue possibilità di aggiudicarsi il titolo costruttori ed appare in questo momento la sola squadra in grado di tenere testa alla Ferrari, si presenta con le stesse tre vetture viste a Digione, ossia con la M23/8-2 (in realtà decimo telaio della serie M23 nds) per Emerson Fittipaldi, la M23/6 per Jochen Mass e la M23/9 come muletto.

Tutto uguale al Team Tyrrell, con la 007/6-3 per Jody Scheckter, la 007/4 per Patrick Depailler e la 007/5 come muletto.

Dopo le distruzioni di Zeltweg, due sole vetture al Team Lotus: la 72F/R9 per Ronnie Peterson e la 72E/R5 per Jim Crawford, preferito a Henton forse per la minore tendenza a fare disastri.

Unico Team che può ancora contrastare la Ferrari su ambedue i fronti, il Team Brabham si presenta con l'abituale trio di BT44B, telaio 1 per Carlos Reutemann, telaio 4 per Carlos Pace e telaio 3 come muletto. Divertente il siparietto della settimana precedente al GP, quando Ecclestone, deciso a giocarsi tutte le tue carte, telefona alla Cosworth chiedendo motori “buoni” (tanto non li paga lui ma la Martini, decisa a far bella figura nel GP. Casalingo). La risposta di Duckworth è più o meno questa: “E' da un anno che non fai le revisioni da noi ma dai tuoi amici carpentieri perchè costano poco, l'anno prossimo correrai con i motori Alfa Romeo, e ora ci vieni a chiedere motori perchè a Monza i cavalli servono ed il tuo sponsor è italiano ? Ma vai a quel Paese.....”. Ecclestone deve incassare e comunicare ai furibondi Carlos che le loro chance sono pari a zero.

Chi invece è attesissimo a Monza dai tifosi locali è il Team March, reduce dalla vittoria di Zeltweg: la squadra di Herd e Mosley conferma la 751-3 per il “re di Monza” Vittorio Brambilla, la nuovissima 751-6 per Hans J.Stuck (ricostruzione della 751-2 distrutta dal tedesco a Zeltweg nds) e la 751-1 per Lella Lombardi. Vittorio si presenta caricatissimo e di ottimo umore, anche perchè è reduce da una vittoria in Formula Atlantic nel GP. Canadese di Trois-Rivieres, ricchissima gara ad inviti alla quale il monzese ha partecipato (ovviamente) su una March ufficiale assieme ai “colleghi di Formula” Jarier e Depailler. Solo nono in prova, il monzese si è ampiamente rifatto in gara, inducendo il capofila Jarier ad un errore proprio all'ultimo giro e tagliando il traguardo davanti al pilota Shadow ed all'altro francese Jassaud, che si vede regalato il podio per la rottura negli ultimi metri di un giovane e sconosciuto canadese che pur con una vettura privata ha dato spettacolo, che all'anagrafe fa Gilles Villeneuve.

Impressionante lo sforzo del Team Ferrari per chiudere a Monza i conti dei campionati: accanto all'abituale trittico di 312T, telai 021 come muletto, 024 per Clay Regazzoni (che festeggia venerdì i 36 anni nds) e 023 per Niki Lauda, ci sono ben nove motori di scorta, più il telaio 022 in sede a Fiorano e pronto per essere utilizzato in caso di emergenza. Uno schieramento di forze impressionante che rende ancora più triste e patetica la presenza della BRM, presente a Monza col solo telaio P201/05 e con un solo motore per il povero Bob Evans.

Come a Zeltweg, anche a Monza il Team Shadow si presenta con quattro vetture, tre motorizzate Ford (DN5-2A e 3A per Tom Pryce, DN5-4A per Jean Pierre Jarier) più la DN7/1A per il transalpino. La vettura, dopo l'esordio austriaco, si presenta con diverse modifiche all'aspirazione ed al sistema di alimentazione, nonché con scarichi completamente rinnovati, che, se possibile, rendono la vettura anglo-america-francese ancora più rumorosa, col lancinante timbro Matra e rimbombare per tutto l'autodromo.

Due vetture come detto al Team Williams, con la vecchia FW03 per l'esordiente Renzo Zorzi a far compagnia a Jacques Laffite, come sempre sulla FW04/1.

Tre vetture al Team Hill, che alle GH1/3 per Rolf Stommelen e GH1/4 per Tony Brise affianca la “vecchia” T370HU/3 come muletto. D'altronde siamo a fine stagione e gli sforzi del Team sono tutti per la nuova GH2, che assorbe tutti i fondi della Embassy. Fondi da tempo esauriti al Team Hesketh, che si presenta con la 308C-1 per James Hunt, la 308/2 come muletto e la 308/3 per Brett Lunger, “perdonato” dal Team dopo le polemiche di Zeltweg (d'altronde l'americano porta quattrini pesanti nds). Sulla 308/1, come detto sopra, confermato Harald Ertl nei colori Warsteiner.

Il plumbeo (e non solo per il tempo purtroppo nds) weekend di Zeltweg ha lasciato profonde cicatrici nel Team Parnelli, che è stato costretto a spedire negli USA la VPJ4/003 in quanto la botta di Andretti in gara (dopo i tre motori rotti delle prove nds) ha lesionato il telaio nella parte anteriore. Solo la VPJ4/001 per Mario, quindi, sulla quale viene montato il gruppo radiante della vettura più giovane assieme ai dischi anteriori.

Come detto all'inizio, si rivede nel circus Arturo Merzario, che prende il posto del convalescente Wilson Fittipaldi sulla Copersucar FD03. Il problema principale per il comasco è... non ballare nell'abitacolo, vista la consistente differenza di altezza che passa tra l'italiano ed il carioca.

Tutto invariato al Team Ensign, con l'ormai assoldata prima guida Chris Amon sulla N175/MN04 ed il “ragazzo con la valigia Roelof Wunderink sulla N174/MN-02.

Chiude l'elenco iscritti il povero Tony Trimmer sulla imbarazzante Maki F101C, sulla quale, annuncia il Team nipponico, è stato completato un imponente lavoro di alleggerimento che ha portato la vettura a “soli” 680 Kg. Rispetto ai 725 dell'esordio. Ci sarebbe da complimentarsi, se non fosse che il peso minimo per una Formula 1 è 575 Kg....... Trimmer quindi, a meno di miracoli, candidato principale ad essere uno dei due non qualificati al termine delle prove ufficiali. Prove che, orfane della Hesketh di Ertl per i problemi sopracitati, iniziano sotto un bellissimo sole settembrino, e nella schedulazione classica dei Grand Prix, che prevede, come sempre, quattro turni di prove ufficiali, due venerdì 5 dalle 10 alle 11.30 e dalle 13 alle 14, sabato 6 dalle 10 alle 11.30 e dalle 13 alle 14, prove libere domenica dalle 10 alle 10.30 e gara alle 15.30. Alle 10 in punto si accendono i motori e..... si accende Lauda: l’austriaco, deciso a rispondere in pista alle punzecchiature del compagno, si scatena subito, e davanti a circa 40.000 spettatori (per la cronaca venerdì e sabato il biglietto costava 3000 lire, mentre alla domenica il prato era 3000 lire, la gradinata 5000, le tribune a Lesmo, in parabolica e centrale 10.450 lire, tutte le altre tribune 6000) si mette subito in testa. Le prove della scorsa settimana hanno evidentemente permesso alla squadra di trovare l'assetto ideale, e Niki mena subito una danza infernale, seguito da Regazzoni. Il solo che sulla carta si potrebbe opporre allo strapotere in rosso è Emerson Fittipaldi, che monta per la prima volta un super-Cosworth accreditato di 495 HP. Il brasiliano vuole onorare il titolo, e nei primi giri da lui effettuati col pieno di benzina è l’unico, tra coloro che girano in assetto gara, a scendere sotto 1’37” con regolarità. “El rato” però commette un gravissimo errore di valutazione dopo circa mezz’ora di prove. Cercando più velocità di punta, toglie carico all’ala posteriore, ma non allunga il rapporto finale. Risultato: al primo giro lanciato, forse per una scia di troppo, il supermotore si disintegra e per Emerson ciò significa dover affrontare tutto il weekend con Cosworth “normali”, su una pista in cui la cavalleria è sempre fondamentale. Emerson è “nero”, quasi quanto Teddy Mayer ed Alistair Caldwell, e sale sulla vettura di scorta continuando le sue prove che, forse per il contraccolpo psicologico, si riveleranno decisamente deludenti. Fittipaldi nella polvere e, come detto, Ferrari sull'altare, con Lauda che chiude la prima sessione essendosi già fatto di nebbia per tutti: 1'32”94 il fantascientifico crono del pilota austriaco, unico sotto 1'33” e che sbriciola il record della pista di 1'33”16 che già gli apparteneva dalle prove di Monza 1974. Alle sue spalle Regazzoni, che con 1'33”12 è non solo secondo assoluto, ma anche.... l'unico pilota a scendere sotto 1'34”! L'impressionante dimostrazione di forza delle 312T emerge in tutta la sua veemenza osservando i tempi dietro i ferraristi: Reutemann, che non avendo cavalli deve girare praticamente senza alettone, pur “ballando” come un esperto di tango nelle chicanes alla fine dei 90 minuti di prove si “becca” quasi 2” da Lauda, avendo girato in 1'34”65, seguito da vicino dal compagno Pace che ottiene 1'34”72. Eloquente e disarmante la dichiarazione di “Lole” ai giornalisti: “Niki e Clay corrono in Formula 1, noi in Formula Ford, hanno un motore devastante, fuori dalla prima chicane ti servono i binocoli per vederli!”.

Proseguendo nella classifica, quinto tempo provvisorio per Patrick Depailler, che dispone di eccellenti Cosworth ma una 007 ormai “dimenticata” dal Team. 1'34”75 il crono del transalpino, ultimo sia a scendere sotto 1'35” che a contenere il ritardo dal missilistico Lauda entro i 2”. Sesto tempo per James Hunt, che ha una Hesketh velocissima sul dritto grazie alla minore sezione frontale ma soffre terribilmente nei curvoni. 1'35”01 il crono del britannico, davanti al sempre veloce (ma troppo incline all'errore) Brise (1'35”18) ed al commovente Peterson, che su una pista per lui sempre magica (viene da due vittorie ed un secondo posto per un centesimo negli ultimi 4 anni nds) supplisce alle croniche carenze della obsoleta 72 arrivando a 1'35”19.

La top ten della prima sessione è chiusa dall'attesissimo Brambilla (1'35”43) poco avanti a Pryce (1'35”45). Ma se per il britannico la prestazione si può considerare buona, molto deluso è il monzese, che di fronte al suo pubblico tiene molto a fare bella figura. “E' incredibile, lo stesso motore che a Digione era una bomba qui arriva a 10.300 giri e poi si ferma. Abbiamo lavorato sull'iniezione, sulle candele, ma senza alcun risultato apprezzabile. Speriamo di risolvere il problema nel pomeriggio” dichiara uno sconsolato Vittorio.

Undicesima piazza per Andretti (1'35”66), davanti ad un irriconoscibile Scheckter (1'35”96) e a Fittipaldi (1'36”05), che a fine sessione riesce a trovare la forza di sorridere “Dalla seconda sessione in poi possiamo solo migliorare, perchè il fondo lo abbiamo già toccato”. In effetti il brasiliano parla con cognizione di causa: dopo aver rotto il motore della sua vettura come detto in precedenza, il brasiliano, che ha dovuto parcheggiare la sua M23 dopo la seconda di Lesmo, arriva ai box e sale sul muletto quando mancano ancora una ventina di minuti al termine delle prove. Il tempo di fare un primo giro abbastanza veloce (rapportato alle altre vetture motorizzate Ford nds) in 1'36”05 e poi, alla chicane dopo i box, secondo grave errore di Emerson, che, presa la scia della Shadow-Matra di Jarier, arriva leggermente lungo e, tentando comunque di fare la curva, colpisce violentemente con l'anteriore sinistra il cordolo rialzato e piega un braccio della sospensione che, a sua volta, danneggia la monoscocca. Per il campione del mondo uscente le prove del mattino finiscono qui, ed un autentico superlavoro attende la squadra McLaren, che si trova tre vetture inutilizzabili, due (Fittipaldi e Mass, del quale parleremo più avanti nds) col motore rotto ed il muletto con la monoscocca danneggiata.

Dietro a Fittipaldi, un ottimo Laffite (1'36”39), davanti a Jarier, che gira solo con la vettura motorizzata Matra V12 ottenendo 1'36”45, ed alla BRM di Evans, tragicamente fermo sui dritti ma come sempre tra i più veloci nelle chicane, assistito dalla grande facilità di messa a punto della P201. Per lui sedicesimo posto con 1'36”92, davanti ad un deludente Stuck (1'36”95) ed alla seconda Hesketh di Lunger (1'37”65).

Diciannovesimo posto per il sempre convalescente Stommelen (1'37”69), e, a chiudere la top 20, la Ensign di Amon (1'37”73). Dietro al neozelandese Lella Lombardi (1'38”38), l'imbarazzante Crawford (1'38”95), e Merzario, che passa più tempo ai box per cercare di arrivare ad una posizione di guida decente che in pista. Una volta sistemato decentemente il problema della pedaliera con l'impiego di “zeppe” di legno sui pedali per accorciare la distanza tra posto guida e pedaliera, il Cosworth della Copersucar del comasco si mette ad andare a scatti causa accensioni irregolari, da qui il mediocre crono di 1'39”03. Se Merzario non fa molti giri, Mass ne fa addirittura solo tre, il migliore dei quali in 1'39”20, prima di rompere fragorosamente il motore (e sono due alla McLaren nds) alla variante Ascari. Il tedesco torna ai box in tempo per..... sentirsi dire che anche il caposquadra Fittipaldi ha rotto il suo propulsore, e quindi per lui la sessione finisce qui.

Venticinquesimo tempo per il debuttante Zorzi (1'40”50), che ha il problema opposto a quello di Merzario: la macchina è troppo piccola, tanto che con la testa tocca l'airscope, e la posizione di guida gli causa intorpidimento delle anche dopo qualche giro. Ultimo pilota classificato Tony Trimmer con la Maki, che dopo quattro tornate, la migliore delle quali in 1'41”85, si ferma lungo la pista con la vettura senza corrente: la batteria, evidentemente mal fissata, si sgancia per le vibrazioni, fortunatamente senza essere colpita da altre vetture, e per il pilota inglese le prove finiscono qui, durando comunque... il quadruplo di quelle di Wunderink, che dopo un solo giro in 2'20”18 rompe il motore e chiude anzitempo la giornata, in quanto il Team, concentrato su Amon, non provvederà alla sostituzione se non in serata.

Pausa di superlavoro per il Team McLaren, che pianifica così le attività: prima si sistema il muletto per Fittipaldi, poi si cambia il motore sulla vettura di Mass, infine si cambierà il motore sulla vettura titolare di “El rato”. Ed in effetti, quando inizia la seconda sessione, il brasiliano scende subito in pista, mentre il tedesco si dovrà accontentare di poco meno di mezz'ora di test. Test che sanciscono la devastante superiorità delle 312T, e di Niki Lauda in particolare: già perfettamente a punto come assetto, l'austriaco sfrutta la maggiore gommatura della pista e dopo trenta minuti di prove stampa lo stratosferico tempo di 1’32”82, nuovo record della pista, e che candida l'austriaco come pretendente quasi unico alla pole, che sarebbe per lui la terza consecutiva e ottava stagionale. Regazzoni fa del suo meglio, gira al limite, ma si ferma a 1’33”11. La supremazia delle Ferrari quindi, specie in questa prima giornata in cui gli assetti sono ancora da perfezionare mentre i Ferraristi, avendo testato due volte, hanno già i riferimenti pronti, è abissale e umiliante per gli avversari. Lauda, come abitudine, fa il pompiere: “Tutto normale e tutto logico.Le macchine erano già a punto, per cui credo che domani qualcuno si avvicinerà a noi mano a mano che migliora l'assetto, ma penso di avere margini di riserva sufficienti per mantenere il primato. Domenica mi piacerebbe vincere, ma dipenderà da dove sarà Reutemann: se sarà molto indietro o ritirato punterò alla vittoria, altrimenti mi preoccuperò sopratutto del titolo, che è la cosa più importante”. Vittoria alla quale tiene moltissimo Regazzoni: “A Niki importa solo che non vinca Reutemann, per cui vincerò io e lui arriverà secondo !”.

Dietro i missili rossi, Reutemann conferma il terzo posto assoluto, ma pur rischiando molto si ferma a 1’33”99, beccandosi 1”17 dalla Ferrari di Lauda. Ottimo tempo comunque quello dell’avversario (si fa per dire) di Niki, specie considerando la pochezza dei propulsori Brabham, che costringe i due piloti di Ecclestone a girare con vetture totalmente scariche aerodinamicamente e a fare “numeri” da circo in curva (e arrivare a Lesmo senza carico deve essere senz’altro “emozionante” nds). Quarto tempo invece per chi un gran motore ce l’ha, ossia Jody Scheckter, che spinto dai (si dice) 500 HP del suo Cosworth ottiene il tempo di 1’34”34, seguito a due soli centesimi dal compagno Depailler (1’34”36). Sia il sudafricano che il francese non sono contenti della vettura, ma ormai tutti gli sforzi, come detto prima, sono volti alla rivoluzionaria creatura che sta nascendo nella factory dell’ex boscaiolo. A chiudere il sestetto delle tre migliori squadre la seconda Brabham di Pace, che dopo un gigantesco spavento in parabolica con un doppio testacoda perde feeling e si ferma a 1’34”46, cosa strana per un pilota che a livello di tempi in prova è in vantaggio 9-3 sul compagno di squadra. “El Mojo” comunque pretende di cambiare il motore, a suo dire inaccettabile a livello di potenza. “Mi hanno passato Mass e Pryce come fossi fermo” tuona il brasiliano.

Solo settimo Fittipaldi, che al momento di fare il tempo pensa bene di rompere il terzo motore della giornata per il Team McLaren, un Cosworth comunque “stanco” in quanto aveva sul groppone il weekend austriaco. “Evidentemente siamo troppo corti di rapporti” dice Emerson, fermo a 1'34”49, davanti alla Hill di un Tony Brise che sulla pista monzese, oltre a non sbagliare nulla, ritrova velocità ed incisività, chiudendo la sessione ottavo in 1’34”69, ultimo pilota ad abbattere il muro di 1'35”.

Nona piazza per un delusissimo Brambilla, fermo a 1'35”01. Il monzese le prova tutte ma il motore non rende, e Vittorio ha un diavolo per capello, tanto da scappare via a prove appena finite, subito dopo aver dichiarato “Appena fuori dalla seconda di Lesmo Lauda mi ha superato con una tale spinta che mi è venuta la tentazione di scendere dalla vettura per vedere se ero ancora fermo. Secondo me i motori che hanno portato qui hanno almeno 530 HP”. Brambilla va a casa, i meccanici invece cambiano il motore.

A chiudere la top 10 la Parnelli di Andretti (1'35”17), davanti a Jochen Mass, che pur con poco tempo a disposizione riesce ad ottenere 1'35”20. Anche il tedesco dice la sua sullo strapotere Ferrari: “Dopo la chicane dei box Lauda mi ha affiancato all'interno, mi ha sverniciato prima del curvone ed è sparito all'orizzonte. Credevo che la mia vettura andasse a 7 o 6 cilindri!”. La McLaren N.2 precede la Shadow di Pryce, non velocissimo ma molto costante (1'35”30), e la 308C di James Hunt, che non migliora il tempo della mattinata fermandosi a 1'35”33. Dietro all'inglese, ed altro pilota a non migliorare, Peterson (1'35”39), protagonista nell'intervallo tra le due sessioni di un furibondo diverbio con Chapman. Il patron Lotus avvisa lo svedese che è sua intenzione correre al Glen con la nuova Lotus 77, per iniziare subito a testarla in corsa. Ronnie risponde che fino a che qualcun altro non testerà la solidità del blocco anteriore che comprende freni e sospensioni (e che permette alla vettura di variare il passo a seconda delle piste nds), che lo svedese considera troppo fragile essendo semplicemente imbullonato, lui su quella macchina non intende salirci. Chapman “sbrocca” ed i due non si parleranno per il resto del weekend.

Dietro allo svedese un ottimo Laffite, che però, per ottenere 1'35”86, rompe il motore al termine delle prove per la disperazione di Frank Williams. Alle sue spalle una delle sorprese di sessione, ossia Bob Evans, che riesce ad cavare sangue dalle rape visto che chiude la sessione in 1'36”16, tempo ottimo considerando il ferrovecchio (e con un solo motore) che ha a disposizione. L'inglese si permette di precedere il ben più performante Matra V12 di Jarier, nervosissimo per la beffa rimediata come detto sopra la domenica precedente a Trois Rivieres, e nella quale ha lasciato al nostro Brambilla vittoria e soprattutto il ricchissimo premio per il vincitore (pari a 18.000 dollari, probabilmente Vittorio avrà guadagnato più in questa gara che in un anno alla March nds). La Shadow N.17 si fa notare per l'incredibile accelerazione, che consente a Jarier di essere l'unica vettura che non si fa seminare fuori dalle chicanes dalle Ferrari, ma in quarta e quinta il motore si “pianta”, e malgrado gli sforzi dei tecnici Matra non si riesce a venire a capo del problema. Quindi, solo 1’36”20 per il transalpino, che precede la Hesketh di Lunger (1’36”56), la Ensign di Amon (1’37”57) e la March di Stuck, che con 1'37”59 “paga” oltre 2”5 al compagno Brambilla, dimostrando probabilmente di non aver ancora smaltito, perlomeno a livello psicologico, la tremenda botta presa in Austria. Lo stesso problema (ovviamente riferito al GP.Spagna nds) che sembra affliggere Stommelen, solo ventunesimo con 1'37”73, ad oltre 3” dal caposquadra Brise.

Ventiduesima ed infuriata Lella Lombardi (1’38”24), che dopo mezz'ora rompe un semiasse, conclude le prove in quanto i meccanici non hanno il tempo di cambiarlo visto che stanno già lavorando sulle vetture di Brambilla e Stuck, lamenta la totale mancanza di assistenza e annuncia che la prossima gara a Watkins Glen la correrà con la Williams (e Zorzi non gradisce). Dietro all'alessandrina, un Merzario pieno di problemi con la Copersucar (1’38”26), la Lotus del “fantasma in tuta” Crawford (1’38”34), il già citato Zorzi che bada a non far danni e gira in 1’39”31 e a chiudere Tony Trimmer che non fa meglio di 1’43”33, terminando le prove dopo dieci minuti per l'ennesima rottura, stavolta ad un disco freno posteriore. Ma in ogni caso quello di oggi è, per la Maki, una giornata da ricordare: con Wunderink ed Ertl senza tempi, infatti, al termine della prima giornata di prove ufficiali, per la prima ed unica volta nella sua storia, la Maki sarebbe qualificata per la gara. Una gara che sembra finita prima ancora di iniziare, uccisa dalla avvilente superiorità di Lauda, Regazzoni e delle loro imprendibili 312T.


CLASSIFICA PROVVISORIA (tra parentesi la sessione dove è stato realizzato il miglior tempo):

1' Niki Lauda (Ferrari 312T) 1'32”82 (II)
2' Clay Regazzoni (Ferrari 312T) 1'33”11 (II)
3' Carlos Reutemann (Brabham BT44B-Cosworth) 1'33”99 (II)
4' Jody Scheckter (Tyrrell 007-Cosworth) 1'34”34 (II)
5' Patrick Depailler (Tyrrell 007-Cosworth) 1'34”36 (II)
6' Carlos Pace (Brabham BT44B-Cosworth) 1'34”46 (II)
7' Emerson Fittipaldi (McLaren M23-Cosworth) 1'34”49 (II)
8' Tony Brise (Hill GH1-Cosworth) 1'34”69 (II)
9' Vittorio Brambilla (March 751-Cosworth) 1'35”01 (II)
10' James Hunt (Hesketh 308C-Cosworth) 1'35”01 (I)
11' Mario Andretti (Parnelli VPJ4-Cosworth) 1'35”17 (II)
12' Ronnie Peterson (Lotus 72F-Cosworth) 1'35”19 (I)
13' Jochen Mass (McLaren M23-Cosworth) 1'35”20 (II)
14' Tom Pryce (Shadow DN5-Cosworth) 1'35”30 (II)
15' Jacques Laffite (Williams FW04-Cosworth) 1'35”86 (II)
16' Bob Evans (BRM P201) 1'36”16 (II)
17' Jean Pierre Jarier (Shadow DN7-Matra) 1'36”20 (II)
18' Brett Lunger (Hesketh 308-Cosworth) 1'36”56 (II)
19' Hans J.Stuck (March 751-Cosworth) 1'36”95 (I)
20' Chris Amon (Ensign N175-Cosworth) 1'37”57 (II)
21' Rolf Stommelen (Hill GH1-Cosworth) 1'37”69 (I)
22' Lella Lombardi (March 751-Cosworth) 1'38”24 (II)
23' Arturo Merzario (Copersucar FD03-Cosworth) 1'38”26 (II)
24' Jim Crawford (Lotus 72E-Cosworth) 1'38”34 (II)
25' Renzo Zorzi (Williams FW03-Cosworth) 1'39”31 (II)
26' Tony Trimmer (Maki F101C-Cosworth) 1'41”85 (I)


Il sabato mattina si apre, oltre che con un cielo uniformemente grigio con nuvole basse ma senza pioggia, e con la presenza tra le vetture della Hesketh Warsteiner di Ertl, con…. grossi problemi in Ferrari: non di ordine tecnico, ma di ordine “logistico”, a causa dell’innumerevole quantità di “curiosi”, tifosi ed intrusi vari che circondano i box, e che si aggiungono ai 50.000 sparsi lungo tutto il tracciato. Montezemolo, già nervosissimo per un litigio con un addetto alla sicurezza dell'autodromo che lo invita a non parcheggiare la sua vettura in una zona vietata ricevendo in cambio irripetibili insulti conditi con la tipica frase italiana (o italiota nds) “Lei non sa chi sono io!”, si agita e si sbraccia invitando la gente a spostarsi, ma ottiene un risultato rovinoso: Nel muoversi per uscire dalla zona box, uno spettatore “passeggia” sul musetto di Lauda, frantumandolo, tra le imprecazioni dei meccanici che si alzano al cielo. Imprecazioni dei meccanici cui fanno seguito quelle di Regazzoni, che dopo 35' di prove, subito dopo essere passato in pole provvisoria con 1'32”79, rompe il motore (probabilmente Clay ha chiesto troppo al boxer, che comunque aveva ben 110 giri sul groppone tra test e prove del venerdì nds) ed arriva ai box per salire sul muletto (col quale non migliorerà dovendo prima riassettarlo e trovandosi “lungo” di rapporti nds) furente ed imbufalito contro propulsore e gomme, a suo dire non all’altezza di quelli del compagno. Impermeabile ai musetti rotti ed alle incazzature del compagno di squadra, Lauda continua a affinare l’assetto della sua 312T, e nell’ultima mezz’ora compie una performance che si può paragonare a quella del Nurburgring: giro di lancio e poi cinque giri consecutivi sotto 1’33”, col miglior tempo al quarto passaggio in un mostruoso 1’32”24, media 225,59 Km/h. Al sesto giro Lauda rientra perché è quasi senza benzina, ma dice subito che non scenderà più in pista “La macchina è assolutamente perfetta, farò qualche giro nel pomeriggio solo per rodare le gomme per la gara” la lapidaria dichiarazione di Niki, che ottiene quindi la 17’ pole su 28 gare disputate in rosso, una media che dovrà attendere Ayrton Senna per essere battuta.

Dietro alle imprendibili 312T, torna nelle posizioni che gli competono un ottimo Fittipaldi, che, tornato sulla sua vettura alla quale è stato cambiato il motore (ovviamente “standard”), trova rapidamente il giusto assetto e con 1'33”08 accorcia, e di molto, le distanze dai comunque lontani battistrada. Che le McLaren siano ormai le uniche ad opporsi alle Ferrari lo dimostra la prestazione di Mass, ottimo quarto con 1'33”46. Anche il tedesco, ovviamente, monta un Cosworth “normale”, anche se di quelli “buoni”, mentre invece, pur negando di averlo sulla sua 007, lo ha Jody Scheckter, che impressiona per lo spunto velocistico e chiude quinto di sessione con 1'33”62. Stanco di sentire Jody e Ken Tyrrell affermare di non avere assolutamente motori speciali, il “buon” Alistair Caldwell, sempre pronto in queste cose, si “apposta” nei pressi del box Tyrrell, e quando Jody rientra ai box si “tuffa” nella vettura per guardare il contagiri, scoprendo così che l’ago del limitatore non è a 10.800 come tutti i Cosworth ma a 11.500, e polemizzando aspramente con l'ex boscaiolo.

Ottimo sesto tempo per Brambilla, che col nuovo motore dimostra il suo grande stato di forma ed abbatte il muro di 1'34” con 1'33”90. Ma il monzese è tutto fuorchè contento: “Ora il motore spinge bene”, dice, “Ma il retrotreno continua a “scapparmi”, anche se ho indurito al massimo le barre”. Dietro a Vittorio, le “plafonate conferme” dei due Carlos della Brabham, con Reutemann, che con 1'33”94 toglie soli cinque centesimi al tempo di ieri, davanti a Pace, che continua a sparare a zero sui motori a disposizione e non fa meglio di 1'34”19. A chiudere la top 10 di questo sabato mattina Brise (1'34”20) e Peterson (1'34”51), che pur in “silenzio stampa” con Chapman continua a rifilare 3” a giro al compagno di squadra.

Undicesimo e dodicesimo i due alfieri Shadow Jarier (1'34”61) e Pryce (1'34”71), col francese che continua a soffrire in velocità di punta mentre è irresistibile in accelerazione. Dietro a Pryce di un solo centesimo la Parnelli del nervosissimo Andretti, che addirittura manda a quel paese chi gli chiede un autografo, cosa per lui inconsueta. Altrettanto furente è Hunt, ma per colpa sua: l'inglese, sceso a 1'34”77 rapidamente, arriva “lungo” alla chicane dopo i box e cercando di fare comunque la curva sale con violenza sul cordolo e danneggia il fondo della vettura, dovendo così perdere il resto della sessione con la 308C e concedendosi qualche giro con la vecchia 308 (tempi non rilevati nds). L'inglese è così solo 14', davanti a Laffite (1'35”48) e al sempre sorprendente Evans (1'35”73), che continua a stare ben lontano dalle ultimissime posizioni in cui tutti gli addetti ai lavori si immaginavano di trovarlo. Ma evidentemente l'eccellenza in frenata della P201 permette al britannico di girare praticamente senza alettone, con grande giovamento dei tempi. Tempi che continuano ad essere mediocri per Stuck (1'36”10), sempre lontanissimo da Brambilla, mentre da considerarsi eccezionale è il 1'36”19 spiccato da Ertl, che come detto ieri non ha neppure girato, e che si toglie la soddisfazione di mettersi alle spalle Lunger (1'36”21), Stommelen (1'36”44) ed Amon (1'36”69), ultimo pilota sotto 1'37”.

Ventiduesimo posto per Lella Lombardi, che con 1'37”22 si garantisce la qualificazione, davanti all'imbarazzante Crawford (1'37”23) e a un Merzario in crisi nera (1'37”57). Dietro ad Arturo, bellissima la battaglia per l'ultimo posto sullo schieramento tra Zorzi e Wunderink: l'italiano scende a 1'37”81 e sembra tranquillo, ma l'olandese con un giro “della morte” in 1'37”64 è per il momento 26'. Chiudono la sessione Trimmer (1'39”65) ed il povero Depailler, che con due vetture riesce a fare tre giri: dopo il primo giro lanciato in 1'39”67 alla sua 007 cede di schianto il motore, e dopo una lunga camminata per raggiungere i box e salire sul muletto il transalpino riesce a fare tre quarti di giro prima che alla Variante Ascari il cambio si rompa in terza marcia costringendo il francese a rientrare nuovamente ai box senza più uscirne.

All'inizio dell'ultima sessione ci si domanda se Lauda manterrà la “promessa” di non girare o se deciderà di accontentare il pubblico: l'austriaco decide di dare un colpo al cerchio ed uno alla botte, e compie diverse tornate, ma sempre con gomme da gara ed in diverse configurazioni, col pieno di benzina, con metà serbatoio e con pochissimo carburante, girando continuativamente attorno a 1'34” e facendo proprio all'ultimo giro l'ottimo tempo di 1'33”03, secondo di sessione e che lo porrebbe comunque in prima fila, a dimostrazione dello strapotere delle 312T. Strapotere confermato da Regazzoni, che pur girando col muletto riesce a migliorare, anche se di pochissimo, il suo tempo, ottenendo alla fine la migliore prestazione della sessione con 1'32”75. “Domani riavrò la mia vettura ala quale i meccanici stanno cambiando il motore, e darò battaglia” la bellicosa dichiarazione del ticinese.

Dietro alle due imprendibili signore in rosso, le McLaren M23 si confermano seconda forza del campionato, acuendo i rimpianti del Team per la parte centrale di stagione buttata. Sempre velocissimo e costante, Fittipaldi (1'33”13) non riesce a migliorare il tempo della mattinata (“Ma non volevo rischiare di rompere un altro motore, tanto potevo forse scendere a 1'32” alto ma le Ferrari sono intoccabili” dice Emerson) ma sembra l'unico capace di opporsi con qualche speranza di successo ai razzi di Maranello. Dal canto suo, Jochen Mass sfrutta nel migliore dei modi il lavoro di messa a punto del compagno e con 1'33”29 non riesce, per soli due centesimi, a mettere la sua M23 davanti alla missilistica Tyrrell di Scheckter, ferma nei curvoni ma irresistibile sul dritto. Jody stampa così l'ottimo crono di 1'33”27, e si garantisce un posto in seconda fila, mentre Jochen, dal canto suo, precede di soli 5 centesimi la più bella sorpresa di queste prove, o meglio il più bel ritorno, quello di Tony Brise, che dopo una innumerevole serie di disastri nelle gare precedenti corona quattro sessioni senza errori con il “tempone”, proprio all'ultimo giro, di 1’33”34 che gli garantisce la terza fila, migliore qualifica in carriera fino a questo momento (e purtroppo tale resterà).

“Solo” la quarta fila per Reutemann, che pur impegnandosi al massimo e prendendosi molti rischi (un testacoda alla parabolica all’ultimo giro buono per le qualifica) toglie “solo” mezzo secondo al tempo di venerdì. “Ho dato tutto, di più non potevo fare” dice il rabbuiato argentino. Al suo fianco un pilota che invece riesce a “limare” ben 1”04, ossia James Hunt, che ottiene, anch'egli all'ultimo giro, una prestazione (1’33”73) che ha del miracoloso visto che è stata ottenuta con una vettura con specifiche che la rendono più lenta di circa due decimi al chilometro. “Domani punto alla zona punti, le Ferrari sono imbattibili e Fittipaldi in assetto corsa è messo molto meglio di noi. Con gli altri però ce la giochiamo” la dichiarazione del biondo inglese prima di “concedersi” al pubblico femminile presso il quale ha già un grandissimo seguito.

Chi invece è furibondo è Carlos Pace, che pur rischiando moltissimo e girando sempre sul filo del testacoda non riesce ad abbattere il muro di 1'34” ed alla fine è solamente nono di sessione (e decimo sullo schieramento) con 1'34”17. E pensare che solo dodici mesi fa le BT44 erano seconda, terza e quarta sullo schieramento.. ma allora i motori erano revisionati dalla Cosworth. Dietro al brasiliano un altro grande deluso, Ronnie Peterson, undicesimo in 1’34”22, senza problemi se non quelli di una macchina a fine corsa, che riesce comunque a mettersi dietro il pilota probabilmente più deluso di tutto il gruppo, ossia l'attesissimo Brambilla. Vittorio non riesce a cavare un ragno dal buco anzi va nel pallone con le sospensioni, col risultato di essere, con 1'34”39, uno dei pochi piloti a non migliorare la prestazione nell'ultima sessione. “Speriamo domattina di riuscire a capire il perchè il retrotreno saltella come un grillo” dice il furibondo indigeno.

Tredicesimo e quattordicesimo tempo di sessione, e tredicesima e quattordicesima posizione in griglia per le due Shadow, a conferma di una grandissima equivalenza di prestazioni, almeno in qualifica, tra la vettura motorizzata Ford e quella spinta dal V12 Matra. Anche in questa sessione Jarier (1’34”99) riesce a precedere di un soffio Pryce (1’35”06). Davanti alle due vetture di Don Nichols in questa sessione (ma è alle loro spalle sullo schieramento nds) si classifica la Parnelli di Andretti, che con 1'34”86 non migliora la prestazione della mattinata. A fianco dell’americano la seconda March di Hans Stuck, che si “becca” 1”4 da Brambilla (1'35”29 il tempo del tedesco) al termine di una prova scialba ma nella quale perlomeno non va sbattere come spesso gli capita, anche se un pauroso testacoda alla Variante Ascari porta la March N.10 molto vicina ai rails.

In sedicesima posizione di sessione e alla fine nona fila sullo schieramento la più grossa sorpresa di queste prove, ossia Harald Ertl, che pur essendo salito in macchina solo il sabato mattina riesce, grazie anche all’aiuto di un paio di scie, a staccare una grande prestazione in 1’35”43, cinque centesimi meglio di Laffite che replica al centesimo il tempo della mattinata. Chi invece riesce a togliere più di un secondo malgrado una vettura non certo entusiasmante è Chris Amon, che con 1'35”56 dimostra che su una pista che lo ha visto protagonista di una delle sue più celebri scalogne (nel 1971, a vittoria ormai quasi certa, fu vittima della rottura della visiera del casco che lo fece retrocedere dal primo al quinto posto nds) può ancora dire la sua a livello di “manico”. Alle sue spalle il bravissimo Evans, che come al venerdì riesce, a Lesmo e in Parabolica, grazie all’ottimo telaio BRM, a sopperire alla cronica mancanza di potenza del V12 albionico, che nel punto più veloce cronometrato (ossia la staccata prima delle curve di Lesmo) “paga” oltre 15 km/h alla vettura più veloce (279 orari contro i 297 di Regazzoni, capolista in questa classifica davanti a Depailler, Lauda e Scheckter), e chiude con 1’35”61, mezzo secondo esatto più veloce della seconda Hesketh di Lunger. Dietro all'americano un’altra sorpresa, ancor più gradita perché italiana, ossia Renzo Zorzi, che pur chiudendo anzitempo le prove per la rottura del cambio fa valere la sua grande conoscenza del circuito qualificandosi tranquillamente con il tempo di 1’36”19, a soli otto centesimi da Lunger. Dietro di lui Lella Lombardi, che sperava di scendere sotto 1'37” ma non vi riesce per sei centesimi, riuscendo comunque a stare davanti all'imbarazzante Crawford, fermo ad 1'37”14 che la dice tutta.

A completare l'elenco dei qualificati Merzario (1'37”33), che era probabilmente (sopratutto dagli inviati di Autosprint) atteso ad una prestazione migliore. Ma il comasco non sembra certo molto motivato, e le sue prestazioni sono in linea con quelle di Wilson Fittipaldi. Venticinquesimo di sessione, ma ventitreesimo in griglia grazie al tempo della mattinata Stommelen (1'37”92), che precede i due “predestinati” alla non qualificazione, ossia Wunderink (1'38”24) e Trimmer (1'39”44). L'inglese, che si è migliorato in tutte le sessioni, ha poco da rimproverarsi, mentre l'olandese della Ensign si ferma a ben sei decimi dal tempo della mattinata ed alla fine è fuori per 31 centesimi. Non riesce invece neppure a fare un giro lanciato Depailler, i cui meccanici riescono nell'impresa di non riuscire né a cambiare il motore ne a riparare la trasmissione. Per sua fortuna, il transalpino era ampiamente qualificato, anche se il non ottenere tempi lo fa precipitare dal quinto posto di venerdì sera al dodicesimo del sabato sera.

Cala la sera, con le prove della Coppa Renault 5, ed il numerosissimo pubblico “non pagante” (“ci sono più buchi che biglietti” la frase ricorrente) si appresta alla famosa “notte brava” di Monza. Tra loro anche un giovane austriaco, Herbert Fuchs di 25 anni, giunto da Graz per vedere il “suo” Niki Lauda laurearsi campione del mondo. E’ giunto a Monza in treno, armato solo del suo sacco a pelo e di alcune provviste. Ignaro di ciò che lo aspetta, si sistema all’esterno del circuito, vicino alla variante del rettifilo. Intanto i meccanici Ferrari sostituiscono entrambi i motori sulle macchine da gara di Lauda e Regazzoni. Domani ci si aspetta la doppietta e il titolo mondiale, non si deve lasciare nulla al caso. E di sicuro nulla al caso ha lasciato Lauda, come sempre mostruosamente veloce in assetto qualifica. Ma il secondo posto di Regazzoni suona come pesante minaccia per l’austriaco, che sia in partenza che in assetto corsa ha spesso nelle ultime gare alzato bandiera bianca nei confronti dell’elvetico, in uno stato di forma che è probabilmente il più alto mai avuto in carriera. Gli altri sembrano rassegnati a far da comprimari, con Fittipaldi, unico a poter ambire a qualcosa di più che “primo dei non ferraristi” e Reutemann che si giocano il titolo di vicecampione del mondo.


GRIGLIA DI PARTENZA:

FILA 1:
Niki Lauda (Ferrari 312T) 1’32”24
Clay Regazzoni (Ferrari 312T) 1’32”75

FILA 2:
Emerson Fittipaldi (McLaren M23-Cosworth) 1’33”08
Jody Scheckter (Tyrrell 007-Cosworth) 1’33”27

FILA 3:
Jochen Mass (McLaren M23-Coswoth) 1’33”29
Tony Brise (Hill GH1-Cosworth) 1’33”34

FILA 4:
Carlos Reutemann (Brabham BT44B-Cosworth) 1’33”44
James Hunt (Hesketh 308C-Cosworth) 1’33”73

FILA 5:
Vittorio Brambilla (March 751-Cosworth) 1’33”90
Carlos Pace (Brabham BT44B-Cosworth) 1’34”17

FILA 6:
Ronnie Peterson (Lotus 72F-Cosworth) 1’34”22
Patrick Depailler (Tyrrell 007-Cosworth) 1’34”36

FILA 7:
Jean Pierre Jarier(Shadow DN5-Matra) 1’34”61
Tom Pryce (Shadow DN-5 Cosworth) 1’34”71

FILA 8:
Mario Andretti (Parnelli VPJ4-Cosworth) 1’34”72
Hans Stuck (March 751-Cosworth) 1’35”29

FILA 9:
Harald Ertl (Hesketh 308C-Cosworth) 1’35”43
Jacques Laffite (Williams FW04-Cosworth) 1’35”48

FILA 10:
Chris Amon (Ensign N175-Cosworth) 1’35”56
Bob Evans (BRM P201) 1’35”61

FILA 11:
Brett Lunger (Hesketh 308C-Cosworth) 1’36”11
Renzo Zorzi (Williams FW03-Cosworth) 1’36”19

FILA 12:
Rolf Stommelen (Hill GH1-Cosworth) 1’36”44
Lella Lombardi (March 751-Cosworth) 1’37”06

FILA 13:
Jim Crawford (Lotus 72E-Cosworth) 1’37”14
Arturo Merzario (Copersucar FD03-Cosworth) 1’37”33
Remember:

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