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Il problema della guerra e le vie della pace

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Il problema della guerra e le vie della pace

Messaggio da Insight »

Ci sarà mai un mondo senza guerre? Difficile. Difficilissimo. Ma non impossibile: parola di Norberto Bobbio, il grande filosofo torinese che nel 1979 pubblicò per la prima volta in formato libro, per le edizioni “il Mulino”, un importante saggio su tale problematica.
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Già apparso nel 1966 su una rivista letteraria, alla fine degli anni Settanta questo saggio di Norberto Bobbio entra nelle librerie e conquista il grande pubblico grazie al suo linguaggio semplice e divulgativo, al punto da divenire un classico, ristampato per ben quattro volte (l’ultima nel 1997).
L’argomento è drammaticamente interessante: nell’era atomica, per la prima volta nella sua storia, l’uomo, attraverso una o più guerre, potrebbe estinguere la sua stessa specie e compromettere l’abitabilità del pianeta o addirittura distruggerlo. Se paragoniamo il movimento della Storia a un immenso labirinto, allora, oggi più che mai, la minaccia di una guerra nucleare fa apparire la guerra stessa come una “via bloccata”: una strada che non possiamo percorrere per uscire da quel labirinto e far progredire la nostra specie.

E’ vero che Bobbio scrive questo saggio quando l’equilibrio politico mondiale si fonda sul “terrore”, sulla paura che una delle due Superpotenze prema i pulsanti delle rampe di lancio dei missili a testata nucleare; ma non si pensi che oggi, dopo la caduta della cortina di ferro e la fine della guerra fredda, il rischio di una guerra nucleare sia diminuito: autorevoli esperti affermano esattamente il contrario. I rapporti tra gli Stati Uniti, la Russia e la Cina sono notevolmente deteriorati e c’è inoltre il problema delle testate nucleari possedute da diversi Paesi dell’area mediorientale e orientale. Sicché, se anche ciò potrà sorprendere e non se ne parli abbastanza come se ne discuteva in passato, il rischio che negli anni che stiamo vivendo scoppi una guerra con uso di armi atomiche è addirittura più alto di quello esistente durante la crisi di Cuba del 1962.

Uscire dalla “via bloccata” è possibile. Bobbio, dopo aver esposto e preso le distanze dalle tradizionali correnti di pensiero “belliciste”, che giustificano la guerra o che addirittura la ritengono necessaria o giusta, effettua un lungo excursus delle diverse dottrine che, al contrario, affermano la necessità della pace per il progresso umano e sociale; e individua, in particolare, tre diverse forme di pacifismo: quello strumentale, quello istituzionale e quello finalistico.


Il pacifismo strumentale agisce sui mezzi e si attua a sua volta in due diverse forme: quella del disarmo e quella della nonviolenza.
Il disarmo è una politica che mira ad eliminare o quanto meno a ridurre gli strumenti con i quali la guerra si realizza, ossia le armi. La nonviolenza costituisce uno stadio successivo a quello del disarmo, poiché si propone di sostituire gli strumenti della guerra con altri mezzi idonei a risolvere i conflitti, che escludono l’uso della violenza: resistenza passiva, disobbedienza civile, obiezione di coscienza, dimostrazioni di massa, scioperi, boicottaggio economico, isolamento diplomatico, etc.

Il pacifismo istituzionale agisce sugli Stati e tende (tenderebbe) a realizzarsi anch’esso in due forme, questa volta pienamente alternative tra loro: la creazione di un super Stato o Stato mondiale, ossia una comunità universale in cui tutte le nazioni sono federate e ogni controversia viene appianata e risolta entro un unico sovraordinamento; oppure la creazione di società senza Stato, attraverso l’attuazione del socialismo: ciò sul presupposto che le cause scatenanti di tutte le guerre siano proprio l’esistenza degli Stati-nazione e il sistema capitalistico.

Il pacifismo finalistico agisce sull’uomo e mira a riformarlo. Anche questo tipo di pacifismo ha due manifestazioni diverse a seconda che si ritenga la guerra una deficienza morale oppure un’ inclinazione della natura umana. C’è dunque un pacifismo etico, che mira a migliorare l’uomo sul piano della sua morale, rieducandolo; e c’è un pacifismo biologico, che si propone di curare la natura umana su un piano scientifico: psicologico e sociologico. Il primo tipo di pacifismo finalistico vuole rieducare moralmente l’uomo, insegnargli che la guerra è sbagliata e che tutto ciò a cui essa mira può essere raggiunto con altri sistemi, pacifici. Il secondo tipo vuole addirittura curare l’uomo, correggere i suoi istinti che inclinano verso il male.
_____________
Quali tra questi rimedi inventati dall’uomo è il più efficace a sradicare la guerra dal mondo?
La concreta attuabilità di queste forme di pacifismo è inversamente proporzionale alla loro efficacia: più una di esse è attuabile e tanto minore è la sua efficacia, e viceversa.

Le forme più attuabili di pacifismo sono sicuramente quelle strumentali, in particolare quella del disarmo. Non è poi così difficile (ed è successo) che gli Stati, attraverso degli accordi bilaterali, raggiungano delle intese che prevedano la graduale dismissione degli armamenti. Senonché, quella del disarmo, secondo Bobbio, oltre ad essere la più attuabile, è anche la via meno efficace rispetto al fine dell’eliminazione della guerra: perché gli accordi sono transitori, spesso esistono soltanto sulla carta e anche quando sono vigenti si aggirano facilmente o, addirittura, segretamente non si rispettano. Gli accordi di disarmo oggi possono essere conclusi e siglati; e il giorno dopo violati.

La nonviolenza presenta un grado di attuabilità minore rispetto a quello del disarmo, ma un più elevato grado di efficacia. E’ sicuramente una strada che merita di essere percorsa e perfezionata, studiando altri sistemi di risoluzione delle controversie internazionali alternativi alla guerra. In particolare, Bobbio ritiene fondamentale che
si formi e si consolidi sempre di più in futuro una coscienza atomica, ossia il rendersi conto, da parte del maggior numero di persone possibile, che la pace non è un processo ineluttabile ma una conquista: e, come tutte le conquiste, essa può anche essere, una volta conquistata, riperduta.
Tuttavia, il grande limite della nonviolenza, per Bobbio, è che finora essa ha dimostrato di funzionare bene solo in certi contesti: per fare un esempio storico, essa ha rappresentato un efficace sistema di lotta nella liberazione dell’India, ma è certo che nessun effetto essa avrebbe sortito contro Hitler e la furia distruttrice del nazismo.

Il pacifismo istituzionale è molto meno realizzabile in concreto, però sarebbe senza dubbio più efficace sia del disarmo sia della nonviolenza.
La creazione di uno Stato mondiale molto probabilmente allontanerebbe i rischi di guerre: basti pensare a come oggi sia praticamente impensabile lo scoppio di una guerra tra le nazioni della Comunità Europea; le quali invece, in passato, hanno dato vita a due guerre mondiali disastrose. Lo stesso dicasi per la creazione di società senza Stato nell’attuazione della vera dottrina socialista.
Ma sono strade in concreto difficilmente realizzabili; oltre a ciò esse non sarebbero comunque idonee a garantire pienamente l’esistenza di una pace mondiale.

Il pacifismo finalistico è senza dubbio quello che risulterebbe efficace al massimo grado possibile: andando alla radice del problema, infatti, è evidente che la guerra è un fenomeno antropologico: se l’uomo cambiasse la propria natura e il proprio codice morale, migliorandoli, molto probabilmente il problema della guerra verrebbe risolto. Senonché, per Bobbio, è questa anche la forma di pacifismo meno realizzabile di tutte: egli non crede nel cambiamento e nel progresso morale dell’uomo. Pur restando nel campo delle astratte probabilità, è addirittura più facile che in futuro si abbia uno Stato universale o il socialismo in tutto il mondo, piuttosto che l’uomo progredisca moralmente o migliori le proprie inclinazioni naturali fino al punto da eliminare la guerra dal mondo.

***
Queste, dunque, secondo il filosofo Norberto Bobbio, sono le vie della pace e il loro rispettivo grado di realizzabilità e di efficacia. L’obiettivo, cioè quello di sradicare la guerra dal pianeta, è difficilmente raggiungibile e, almeno finché vivremo noi e forse anche i nostri figli e nipoti, non lo vedremo realizzato. Ma questo non significa che vi dobbiamo rinunciare e che non valga la pena di percorrere e di perfezionare una delle possibili strade, per garantire alle future generazioni un mondo pacifico.

Avere un mondo senza guerre non è impossibile da un punto di vista scientifico: eliminare la guerra dal pianeta, per quanto sia difficile, non è fantascienza né utopia. Basti pensare, per citare ancora una famosa frase di Norberto Bobbio, che se per assurdo tutti gli abitanti della Terra si mettessero a fare la danza della pioggia per risolvere il problema della siccità, certamente non si otterrebbe da ciò nessun cambiamento delle condizioni climatiche; ma se invece – sempre per assurdo – tutti gli abitanti della Terra manifestassero in maniera sincera e convinta contro la guerra, allora al mondo non ci sarebbero più guerre.
Ultima modifica di Insight il gio 28 apr 2016, 11:06, modificato 1 volta in totale.
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Re: Il problema della guerra e le vie della pace

Messaggio da Whiteshark »

"Personalmente ho parlato di luci e ombre del pacifismo di Bobbio. Ho sempre condiviso la sua critica della dottrina teologica della "guerra giusta" mentre non ho mai condiviso il suo "pacifismo giuridico" che alla fine lo ha portato, incoerentemente, alla valutazione positiva della Guerra del Golfo. La riflessione di Bobbio sul tema della guerra e della pace muove dal tentativo di definire la nozione stessa di guerra. Bobbio si sforza in particolare di cogliere le novità che il fenomeno della guerra presenta in epoca nucleare, nel contesto della "guerra fredda" e dell'equilibrio del terrore. Si può dire, anzi, che a sollecitare la sua riflessione - e a renderla drammatica - è il tema della valutazione etica e giuridica della guerra moderna di fronte alla permanente minaccia dell'esplosione di un conflitto nucleare. Quanto alla Guerra del Golfo, Bobbio dà il massimo rilievo al fatto che la risposta militare alla violazione del diritto internazionale era stata "autorizzata" dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, e cioè da un'autorità superiore ai singoli Stati e conforme al diritto internazionale. Anche se la guerra del Golfo non corrispondeva "al modello ideale del pacifismo istituzionale", l'autorizzazione data dal Consiglio di Sicurezza all'uso della forza poteva essere considerata come una "tappa della tappa" verso la costituzione di uno Stato mondiale al di sopra degli Stati nazionali e quindi in grado, a suo parere, di garantire la pace. Si è trattato di una giustificazione etica e giuridica di una missione militare fra le più imponenti della storia - oltre 500mila soldati statunitensi - che ha fatto strage di migliaia di vittime innocenti. Ciò che inoltre è sfuggito a Bobbio è che la spedizione militare era stata decisa dal presidente degli Stati Uniti George Bush Senior molto prima che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite esprimesse un parere favorevole, e inoltre che la guerra era stata appaltata agli Stati Uniti in violazione degli articoli 45, 46 e 47 della Carta delle Nazioni Unite. È tuttavia doveroso riconoscere che Bobbio non ha mai sottaciuto le sue perplessità sull'efficacia della guerra. Di fronte ai lutti, alle distruzioni e ai rischi di escalation che il perdurare del conflitto andava sempre più comportando, egli alla fine ha espresso gravi dubbi anche sulla sua opportunità e inevitabilità."

(da un'intervista di Giulia Beninati al filosofo e giurista Danilo Zolo)
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Re: Il problema della guerra e le vie della pace

Messaggio da Insight »

Anch'io ero molto perplesso quando leggevo gli articoli di Bobbio su La Stampa, che definivano "giusta" la Guerra del Golfo... Personalmente ero contrario ai bombardamenti, però va riconosciuto (e giustamente l'articolo postato da Whiteshark lo dice) che la novità di quell'intervento militare era una sorta di "legalità" che stava a monte dell'intervento stesso, ossia l'autorizzazione da parte dell'ONU. Una novità da considerare positivamente, come aveva detto Bobbio. Purtroppo poi non è stata più seguita. La seconda Guerra del Golfo, quella di Bush Junior, è stata oltre che ingiusta anche illecita.
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Re: Il problema della guerra e le vie della pace

Messaggio da RebekahMikaelson »

Insight ha scritto:
ma se invece – sempre per assurdo – tutti gli abitanti della Terra manifestassero in maniera sincera e convinta contro la guerra, allora al mondo non ci sarebbero più guerre.
Leggere questa frase mi fa ricordare di quando, ancora piuttosto piccola, avevo pensato che se nessuno avesse più voluto fare di lavoro il militare, se non in corpi tipo Carabinieri, Guardia forestale etc, non avrebbero più potuto esserci guerre: bastava essere tutti d'accordo a fare così, ora mi rendo conto che è decisamente improbabile, che però non vuol dire proprio impossibile; chissà, magari un giorno...io lo spero ancora, anche se ormai piccola non lo sono più :)
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Re: Il problema della guerra e le vie della pace

Messaggio da Insight »

Sì, sì, anch'io da piccolo avevo pensieri del genere... Oppure mi chiedevo perché non risolvessero tutto con una bella partita di calcio, visto che il calcio piaceva tanto a tutti :)
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Re: Il problema della guerra e le vie della pace

Messaggio da Whiteshark »

L'uomo, come tutti gli animali con gli occhi frontali, nasce predatore. La sola differenza tra lui e gli altri predatori è che gli altri lo sono per necessità, non per gusto o convenienza. Fino a che esisterà la razza umana ci saranno sempre conflitti, inutile illudersi.
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Re: Il problema della guerra e le vie della pace

Messaggio da Insight »

Illudersi è certamente inutile, ma arrendersi forse è ancora peggio. E' vero, la natura umana non cambierà mai, come ha riconosciuto anche Bobbio, ma non per questo dobbiamo smettere di cercare le vie della pace.
E in questo senso, non ci devono pensare soltanto i governanti e i potenti della Terra, ma anche tutti noi, se è vero, come ha detto una volta Papa Francesco, che la pace comincia proprio da noi "piccoli", dai rapporti che abbiamo con i nostri "vicini di casa" (in senso lato).

La natura umana non può essere modificata, ma può essere "addomesticata": se pensi, la società, almeno in Occidente, è già progredita molto rispetto all'antichità. In un passo di Cicerone leggiamo che il Tevere, ai suoi tempi, certi giorni aveva il "colore del sangue": perché gli uomini si ammazzavano per strada e poi gettavano nelle acque del fiume i cadaveri... A quei tempi era normale, non c'era nessun rispetto (o pochissimo rispetto) per la vita umana.

Oggi non è che non ci siano più gli omicidi, ma è infinitamente maggiore la disapprovazione sociale nei loro confronti e, conseguentemente, il numero di omicidi è diminuito. Allora, voglio dire, così come adesso, dopo più di duemila anni (dai tempi di Cicerone), siamo riusciti a creare una società tra persone che disapprova l'omicidio, perché non è possibile creare un domani una società tra Stati che disapprova la guerra e che, conseguentemente, vi ricorra sempre meno?
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Re: Il problema della guerra e le vie della pace

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Libro drammaticamente attuale in questi giorni, per colpa di un nuovo dottor Stranamore. Speriamo di poterlo leggere ancora e tutti, e non solo qualche sopravvissuto nelle caverne :mrgreen:
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Re: Il problema della guerra e le vie della pace

Messaggio da Whiteshark »

Io invece lo trovo assolutamente datato. Mai conflitto più di quello che sta incendiando l'europa dell'est è scoppiato per motivi puramente economici, a differenza ad esempio di quello che dilaniò la Jugoslavia. Solo quella in Kuwait è equiparabile quanto a sconcezze finanziarie fatte passare per liberazioni di popoli. E se si fanno le guerre per i soldi, si faranno sempre più guerre, alcune alla ribalta, altre dimenticate.
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Re: Il problema della guerra e le vie della pace

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Libro attuale nel senso che il pericolo dello scoppio di un conflitto mondiale, con le conseguenze che possiamo soltanto immaginare per averle viste in qualche film catastrofico, e' tornato ad essere assai concreto, molto piu' che durante la guerra fredda. Quindi occorrono delle soluzioni, che magari non saranno quelle del libro, ma l'urgenza delle quali questo libro pone in modo drammaticamente chiaro.
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