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Amore e psiche

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Amore e psiche

Messaggio da Insight »

Romanzo di Raffaele La Capria (nt. nel 1922) uscito nel 1973 e finalista al Premio Campiello in quello stesso anno. Lettura difficilissima, che mette al centro la tematica del rapporto fra l’uomo e la realtà: una realtà che però è incomprensibile, perché tutto ciò che accade non ha veramente un senso e quella che noi chiamiamo “normalità”, cioè la nostra vita di tutti i giorni, è, a ben vedere, “un continuo stato di emergenza” …
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A che cosa pensa un prigioniero di guerra che sta per essere fucilato? Il più delle volte non urla, non piange, non si dispera, ma se ne sta lì ad aspettare i proiettili che fra pochi istanti lo uccideranno con una placida rassegnazione, una serenità d’animo che gli consente, magari, di contemplare tranquillamente nel cielo, per un’ultima volta, una nuvola che passa. Egli trascorre quegli ultimi istanti come se ormai la vita non lo riguardasse più, è dissociato dalla propria realtà. Quello che sta per essere fucilato non è più lui ma soltanto una parte di lui. La sua vera essenza è distratta dalla dimensione del reale. Tutto questo è “normale”: si tratta di una reazione psichica difensiva, la più adatta in quelle circostanze. La vittima consegna al suo carnefice solo una parte di se stessa e con l’altra si proiettata in un “altrove”, al riparo dalla sofferenza. In questo modo il carnefice diventa per la vittima un “trascurabile orrore”.

Ebbene, se anche noi lo sappiamo solo “oscuramente” e facciamo finta di non rendercene conto, siamo molto simili a quel prigioniero che sta per essere fucilato. Le nostre scelte, le decisioni, il tessuto dei nostri rapporti umani (in poche parole tutta la nostra vita) costituiscono una “situazione d’emergenza” analoga a quella degli ultimi istanti di vita del prigioniero. La reazione più adatta, allora, sarebbe una sorta di dissociazione psichica che ci ponesse al riparo dalla vita…

Come uscire, insomma, dallo “stato di emergenza”? Come trasformare quella che chiamiamo “normalità” in un “trascurabile orrore”?

Se niente di ciò che accade al mondo ha veramente un senso (o meglio ha un senso solo apparente), allora la risposta più adatta è il compimento di un’azione “assurda”, che abbia deliberatamente origine nel “non senso”. E questa azione assurda (volontariamente assurda) potrebbe essere, ad esempio, far scoppiare una bomba in un luogo pubblico: un attentato…

Queste sono le complesse tematiche del libro, che poi si sviluppa in una storia che di seguito cerco di ricostruire, anche se non è facile.
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Il protagonista principale, di cui rimane ignoto il nome, è uno scrittore e critico letterario che lavora nel “settore cultura” di un ente pubblico a Roma (verosimilmente la Rai). E’ sposato, ma il suo matrimonio è in crisi. Sospetta, anche se non è sicuro, che la moglie lo tradisca: infatti una mattina, dopo essersi svegliato da uno strano sogno, scopre sul foglio bianco di un block notes i solchi di una penna biro tra i quali è possibile leggere in controluce la parola iniziale: “Amore”, scritta con la grafia di sua moglie. In pratica, la moglie, dopo aver scritto un biglietto d’amore sul block notes, ha strappato via il foglio e non si è accorta che sotto è rimasta leggibile quella parola solcata sulla pagina bianca. E quell’ “Amore” con cui iniziava il biglietto, certo non poteva essere lui, suo marito, perché è ormai da almeno un anno che tra i due coniugi quella parola purtroppo non si usa più… Significa allora che c’è un altro uomo di mezzo…

I due hanno anche una figlia, una bambina che frequenta le elementari e ha qualche problema di dislessia (dice “cìmena” invece di “cìnema”, “cìavo” invece di “io avevo”), è sempre disattenta e non conosce neppure i nomi dei giorni della settimana… E’ necessario che vada al doposcuola pomeridiano per recuperare. Eppure, il protagonista, segretamente, vorrebbe che la figlia non imparasse mai i giorni della settimana, che continuasse per tutta la vita a dire “cìmena”… In altri termini, che non diventasse mai “normale”, perché la “normalità” accettata da tutti è il mondo senza senso dal quale bisogna in qualche maniera fuggire, mettersi al riparo, distrarsi…
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La vicenda si sviluppa tutta nell’arco di una giornata (salvo le riflessioni della mattina dopo). Siamo a Roma, in un imprecisato giorno di autunno, in uno dei primi anni Settanta. Il protagonista, dopo essersi svegliato da uno strano sogno e aver almanaccato sui tradimenti della moglie, si rade davanti allo specchio, prova una sensazione di “irrealtà”, fa i consueti esercizi di Yoga insieme alla moglie (ai quali, esercizi, preferirebbe il Kamasutra) e poi esce di casa, accompagna a scuola in macchina la figlia e si reca al lavoro.

Al lavoro lo attende la sua scrivania piena di manoscritti di sceneggiature da leggere e recensire. Ma egli stesso sta scrivendo un romanzo nel quale ha intenzione di esprimere il seguente concetto: che la vita ordinaria, che noi chiamiamo “normale”, è in realtà senza senso, al punto che noi non sappiamo più nemmeno chi siamo veramente e se quello che facciamo e ciò che ci succede sia effettivamente vero…

Per scrivere il romanzo, il protagonista utilizza ampi stralci di un quaderno scritto da un suo amico, trascrivendoli nel manoscritto: ed è proprio qui, quando egli inizia a utilizzare le parti di questo quaderno che, come vedremo, scatta un “inghippo”, ossia una sorta di sovrapposizione di identità fra il protagonista e l’autore del quaderno…

L’amico del protagonista si chiama Gianni ed è un intellettuale ma anche un malato di mente che entra ed esce continuamente dal manicomio. Adesso sono appena due giorni che è uscito ed è uscito proprio perché lui, il protagonista, ha firmato la dichiarazione richiesta dai medici per poter dimettere l’amico dall’ospedale psichiatrico…

Gianni è un anarchico, ma forse (anche se la verità non si conosce) è pure in contatto con un gruppo rivoluzionario di estrema Sinistra che intende usarlo per un’azione terroristica (non dimentichiamo che siamo nei primi anni Settanta).

Che cosa c’è scritto nel quaderno di Gianni, che il protagonista utilizza per il suo romanzo? Si tratta di un lungo dialogo fatto al manicomio tra Gianni stesso e un misterioso visitatore (che forse nemmeno esiste ed è stato inventato da Gianni), in cui questo personaggio dall’esistenza incerta (un estremista di Sinistra) cerca di convincere il “matto” a farsi dimettere dall’ospedale e a lanciare una bomba durante una manifestazione antifascista: perché il compimento di un’azione assurda è l’unica risposta veramente adatta in un mondo dove niente ha senso…

La bomba dovrà essere scagliata in mezzo alla folla durante la manifestazione e avrà la forma di uno dei tanti cubetti di porfido che sicuramente saranno lanciati contro la polizia dai dimostranti…
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La giornata prosegue col protagonista che rincasa nel pomeriggio, trova la moglie e la domestica che hanno pesantemente litigato. La moglie si è chiusa in camera e gli chiede di lasciarla sola, rifiuta il dialogo con lui.
Essendogli, allora, venuta voglia di “ripassare il Kamasutra”, l’uomo telefona di nascosto a una prostituta di sua vecchia conoscenza, della quale ha conservato il numero ma non ricorda il nome e si fa fissare con molta insistenza (anche se la prostituta non vorrebbe perché ha mal di denti) un appuntamento alle ore sei.

Il protagonista, dunque, esce di casa con l’auto per andare dalla prostituta e mentre guida gli viene in mente che alle sei dovrebbe anche andare alla scuola a prendere la bambina, come le aveva promesso…

Senonché, strada facendo, si imbatte nella manifestazione antifascista (quella che era scritta nel quaderno di Gianni), il traffico è bloccato ed è costretto a parcheggiare l’auto e a proseguire a piedi.

Mentre si sta recando a casa della prostituta, l’uomo rimane intrappolato nella folla dei manifestanti. Qui vede e riconosce Gianni, ma allo stesso tempo, entrando in una sorta di dimensione onirica, metafisica, irreale, mentre i disordini sono già abbondantemente scoppiati, senza nemmeno sapere il perché raccoglie un cubetto di porfido staccato dalla pavimentazione della strada e lo scaglia in mezzo alla folla. Nello stesso punto e allo stesso tempo in cui il cubetto conclude la sua parabola scoppia un’esplosione…

Dopo la deflagrazione, il protagonista, sconvolto, scappa e trova rifugio dalla prostituta, la quale lo fa entrare pensando, tuttavia, che lui sia Gianni. A questo punto, infatti, si manifesta quella sovrapposizione di identità fra le due persone che il protagonista sospetta essere iniziata fin da quando aveva cominciato a ricopiare alcuni stralci del quaderno del suo amico…
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La bomba scoppiata durante la manifestazione antifascista ha causato un morto e questo morto è proprio Gianni, un anarchico già noto alla polizia e uscito due giorni prima dal manicomio. Gli investigatori, allora, pensano che sia stato Gianni stesso a preparare la bomba, che gli è scoppiata tra le mani per un incidente (qui il riferimento a Feltrinelli è persino imbarazzante). Vittima e assassino, allora, sarebbero, secondo questa prima ricostruzione, la stessa persona: tanto più che nelle tasche del cadavere sono state trovate delle pagine strappate da un quaderno in cui si parla proprio di questo attentato…

Tuttavia, c’è qualcosa che non torna: se la bomba fosse scoppiata vicino alla vittima che la stava preparando, allora il suo corpo sarebbe rimasto dilaniato dall’esplosione. Invece, Gianni è morto perché è stato raggiunto da alcune schegge arrivate da lontano. Significa, allora, che la bomba è esplosa lontano da lui…

Infatti, c’è anche un’altra pista: la bomba potrebbe essere stata lanciata da un’altra persona. A questo proposito alcuni testimoni hanno riferito di aver visto un uomo scagliare un oggetto in mezzo alla folla e questo oggetto sarebbe caduto proprio nel punto della deflagrazione. Di quest’uomo, che dopo l’esplosione si è dileguato, gli investigatori hanno tracciato un identikit sulla base delle testimonianze. Anche qui, però, c’è un particolare che non torna: gli esperti dicono che l’oggetto esploso era una bomba a orologeria e non un ordigno da lanciare…

La mattina dopo, il protagonista vede sulla prima pagina dei giornali la fotografia della vittima che riconosce subito nell’amico Gianni e, accanto alla foto, l’identikit del ricercato in cui riconosce se stesso, ma allo stesso tempo nota pure una somiglianza (anche se latente) con lo stesso Gianni…

Insomma, alla fine siamo nell’irrealtà totale, e il lettore, disorientato, non sa più fino a che punto Gianni e il protagonista siano realmente due persone diverse, anche se Gianni è morto e quindi si deve per forza trattare di due soggetti distinti…

La storia si conclude col protagonista che da un lato sa di essere innocente, cioè di aver scagliato soltanto un cubetto di porfido e non una bomba, ma che allo stesso tempo è anche ben consapevole del fatto che la polizia è sulle sue tracce e verrà ad arrestarlo. E sarà difficilissimo provare la sua innocenza, perché ci sono almeno due indizi gravi che lo inchiodano: il suo legame con Gianni (infatti è lui che ha firmato per farlo uscire dal manicomio) e il manoscritto del suo romanzo in cui mancano proprio le parti che corrispondono alle pagine trovate in tasca alla vittima, le quali parlano proprio dell’attentato e vanno a incastrarsi perfettamente nel manoscritto…

Per gli investigatori, dunque, sarà facile provare che l’autore di quel manoscritto quanto meno sapeva dell’attentato. E lui, il protagonista, cioè l’uomo dell’identikit che assomiglia allo stesso Gianni, riuscirà a dimostrare che quel manoscritto, comprese le pagine mancanti trovate in tasca alla vittima, era soltanto la bozza di un romanzo?
***
Lettura che non esito a definire “oscura” e che mi ha lasciato con un grosso punto interrogativo. Ho cercato di ricondurla, per darle un maggior senso, a Lo straniero di Albert Camus, un romanzo che mi piace molto e che credo di aver capito abbastanza bene, dove abbiamo un protagonista che uccide senza motivo, perché la realtà è assurda…
Ma solo fino a un certo punto ho trovato delle analogie. Qui tutto mi appare più complicato: la realtà come “emergenza”, la distrazione da se stessi, lo sdoppiamento di identità… Onestamente non sono riuscito a mettere bene insieme i pezzi…
Il tutto, poi, è aggravato dai dialoghi piuttosto criptici, ma anche da una complicata struttura narrativa in cui si sovrappongo piani diversi: riflessioni, immaginazioni e ricordi del protagonista, stralci del quaderno di Gianni e di altri manoscritti di sceneggiature… Insomma, un bel guazzabuglio difficile da districare.

Pasolini, che certo non era uno che la mandava a dire, pur essendo amico di La Capria e apprezzandolo come narratore, in una recensione stroncò pesantemente Amore e psiche, accusando l’Autore di aver ceduto alla “moda culturale delle avanguardie”. Accusa respinta da La Capria, il quale, però, tempo dopo, ammise che questo è l’unico libro che nella sua vita si è pentito di aver scritto….
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Re: Amore e psiche

Messaggio da Whiteshark »

Lo sviluppo in una giornata fa inevitabilmente tornare alla mente l'Ulisse di Joyce....
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Re: Amore e psiche

Messaggio da Insight »

Solo per quello però, per il resto l'Ulisse è completamente diverso.
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Re: Amore e psiche

Messaggio da Whiteshark »

Non resta allora che leggerlo per capirne le differenze.....
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Re: Amore e psiche

Messaggio da Insight »

Non c'è proprio nessun punto di contatto... Nell'Ulisse non c'è alcuno sdoppiamento di identità, non c'è il concetto di "assurdo", non c'è una realtà incomprensibile dalla quale bisogna "distrarsi psichicamente". Molto diversa anche la tecnica narrativa, dominata dallo stream of consciousness...
Che poi il capolavoro joyciano sia un mattone ancora peggiore di questo (soprattutto perché è grosso il triplo) non ci sono dubbi... Infatti, io l'abbandonai circa a metà quando tentai di leggerlo... :)
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