In caso di errore durante il login ("Il form inviato non è valido"), dovete cancellare tutti i dati del forum dalle impostazioni del vostro browser (cookies, dati, cache). Provate anche prima il "cancella cookie" che trovate in basso in tutte le pagine del forum (icona cestino se siete in visualizzazione mobile) e poi a cancellare dalle opzioni del browser. Chiudete le schede e riavviate. Se ancora non riuscite, non avete cancellato tutto (fate una prova da altro browser o dispositivo, vedrete che funziona).

Pontificale in San Marco

Opere ed autori
Rispondi
Avatar utente
Insight
Settantiano VIP
Settantiano VIP
Messaggi: 7629
Iscritto il: lun 4 nov 2013, 17:20

Pontificale in San Marco

Messaggio da Insight »

Oggi, 25 aprile, oltre ad essere l’anniversario della Liberazione dai fascisti e dai loro alleati nazisti, è anche il giorno che la Chiesa cattolica dedica a San Marco evangelista.
_______

Pontificale in San Marco è un romanzo dello scrittore e filologo friulano Elio Bartolini (1922- 2006), pubblicato nel 1978 e dedicato a una figura storica poco conosciuta, che a scuola certamente non si studia, ossia al patriarca Dolfino (Daniele Dolfin), l’ultimo patriarca della Chiesa di Aquileia, cittadina che si trova in Friuli, attualmente nella provincia di Udine.

Immagine
Fondata, secondo la tradizione, dall’ evangelista Marco, che nel I secolo evangelizzò le terre del Veneto e del Friuli, la Chiesa di Aquileia divenne nel corso dei secoli successivi una Chiesa “autocefala” e “apostolica” al pari di quella romana, con una propria giurisdizione e un proprio rito celebrativo, detto appunto “patriarchino aquileiese”.

A partire dal VI secolo, Aquileia divenne una delle più importanti ed estese diocesi di tutto l’Occidente medievale, arrivando a comprendere nella sua giurisdizione parte dell’Austria fino al Danubio a nord, la penisola istriana a sud, il Friuli, la Venezia Giulia, il Veneto (esclusa Venezia), Como e l’attuale Canton Ticino a ovest. Verso la fine dell’XI secolo, i patriarchi di Aquileia furono investiti di poteri feudali e cominciarono a governare, quindi, anche nelle questioni “temporali” oltre che in quelle ecclesiastiche.

Nel Quattrocento iniziò il declino. Aquileia fu sempre più schiacciata dalle due grandi potenze: l’Austria e Venezia, fino a essere ridotta a un misero villaggio. I patriarchi conservarono l’autorità temporale soltanto sulla cittadina di Aquileia, ma ancora un’ampia giurisdizione ecclesiastica.

Infine, nel 1751, il glorioso patriarcato di Aquileia venne soppresso per ordine di Papa Benedetto XIV, che intervenendo a dirimere una controversia tra la Serenissima e l’Impero asburgico, sancì la fine della Chiesa apostolica di Aquileia e ne divise la giurisdizione in due arcidiocesi, assegnandone una a Venezia e l’altra a Vienna, tanto per non scontentare nessuno dei potenti.
__________________
Il romanzo di Bartolini, muovendosi dentro una cornice storica reale, inventa una storia molto intensa e suggestiva, incentrata sugli ultimi giorni di vita di Dolfino, ultimo patriarca di Aquileia.

6 aprile 1751: Dolfino arriva via nave (ritorna dopo tanti anni, in realtà, perché è nato e cresciuto là) a Venezia, da Aquileia. Non è una semplice visita diplomatica o di cortesia, ma probabilmente “l’ultimo viaggio” del patriarca, che ha il mesto sapore dell’esilio. Infatti, anche se la situazione non è ancora molto chiara, si pensa che Dolfino rinuncerà al patriarcato come vuole il Papa e non tornerà mai più ad Aquileia. Significativo è anche il fatto, dicono i cronachisti dell’epoca, che egli abbia scelto, simbolicamente, per venire a Venezia, di percorrere all’incontrario la stessa rotta (e di fare le medesime tappe) che aveva percorso Marco l’evangelista quando era partito da Venezia per Aquileia, dove aveva fondato la gloriosa Chiesa millesettecento anni prima.

Eppure i giochi non sono ancora fatti. Qualcuno insinua che Dolfino voglia combinare qualche brutto tiro ai potenti, togliersi almeno qualche “sassolino dalla scarpa” prima di abdicare. Altrimenti non si spiegherebbe come mai egli abbia clamorosamente rifiutato la berretta cardinalizia offertagli da Papa Benedetto: una soluzione che gli avrebbe permesso di andare a Roma e di uscire con eleganza da quell’annosa questione e avrebbe sollevato il pontefice dall’imbarazzo di doverlo destituire d’autorità dal trono di Aquileia. Ma che cosa avrà mai in mente questo “Dolfìn patriarca”?, mormorano i veneziani.

Il suo arrivo in piazza San Marco è pure immortalato in un quadro di un pittore “vedutista” veneziano: quel 6 aprile 1751 una folla di prelati e dignitari, alla quale si mescola il popolo festante, lo attende per celebrare il suo arrivo in un tripudio di gonfaloni, stendardi, drappi e tappeti rossi.
Al centro della piazza c’è un inginocchiatoio, anch’esso rosso e con i cuscini damascati d’oro per appoggiare le ginocchia e i gomiti. Qui l’Eminentissimo (chiamato anche col titolo di “Celsitudo”) si inginocchierà per ringraziare Dio e bacerà simbolicamente il pavimento consacrato al fondatore della Chiesa di Aquileia.

Ma all’abile pittore, che certamente conosceva i travagliati antefatti della vicenda e il triste significato di quell’arrivo in piazza San Marco, non è sfuggito il turbamento interiore dell’Eminentissimo, avendone ritratto un volto non raggiante, ma, al contrario, piuttosto triste e adombrato di perplessità, che contrasta in maniera stridente con l’atmosfera di festa traboccante dal resto del quadro…
Ormai anziano e molto amareggiato per la fine ingloriosa di una Chiesa millenaria come quella di Aquileia, Dolfino, nel romanzo di Bartolini, è un uomo che pare completamente avulso dai giochi di potere che si svolgono intorno a lui e del tutto disinteressato ai vantaggi personali che potrebbero derivargli dalla rinuncia al patriarcato o, al contrario, da un suo rifiuto all’abdicazione. Infatti, nonostante le pressioni di Roma (sollecitata da Venezia e dall’Austria), che lo vorrebbe rinunciatario nelle mani del Papa, Sua Celsitudo ben potrebbe rifiutare l’abdicazione, trovando in questo atto di rivolta un valido sostenitore in un’altra grande potenza di quei tempi: la Francia. Essendo i francesi tradizionalmente nemici degli Asburgo, essi hanno infatti interesse a che il patriarcato di Aquileia continui ad esistere e a svolgere un compito di “spina nel fianco” di Vienna, rendendo gli austriaci diplomaticamente più deboli.

Invitato a pranzo nel sontuoso palazzo del Doge (che peraltro è suo cugino), il vecchio patriarca mal sopporta i discorsi politici degli illustri invitati, che rappresentano molte delle grandi potenze della metà del Settecento (Austria, Prussia, Venezia, Stato Pontificio, Francia) e continua a rimanere nel vago quando gli si chiedono le sue intenzioni sul patriarcato (rinuncerà o non rinuncerà?), dimostrandosi scettico anche alle allettanti offerte dell’ambasciatore francese, che lo invita a rimanere saldo sul suo trono patriarcale…
____________________
Dolfino, nell’invenzione di Bartolini, è un uomo tormentato interiormente anche da altre questioni, molto più personali e profonde. Sul patriarcato ha già deciso, a malincuore, che rinuncerà, anche se pubblicamente ancora non lo dice. Ma è piuttosto l’intera sua vita, ora che sente avvicinarsi la fine, a pesargli dentro: la sua stessa scelta di dedicarsi al sacerdozio, avvenuta molti anni prima, pare non sia stata il frutto di una vera e propria vocazione religiosa; e inoltre un grave peccato che egli ha commesso da ragazzino, ben prima di diventare prete, ora, tornando ad alloggiare nella sua casa di famiglia, riemerge come un antico fantasma nella sua coscienza…

Rivedendo le ampie stanze, le camere, i bagni, la biblioteca, il giardino della sua vecchia casa in Ca’ Dolfin di Moisé, il patriarca in esilio torna con la memoria alla sua infanzia e giovinezza e rivede, rivive come se fosse oggi, la scena in cui ha avuto inizio il peccato che lo tormenta e che durante il suo lungo sacerdozio ha cercato di rimuovere sviluppando una devozione assoluta per la Vergine Maria, la “Mater amabilis”…

Un giorno, quando aveva soltanto dodici anni, gli era capitato, un po’ per caso e un po’ per sua malizia, di vedere attraverso la porta del bagno rimasta aperta, anche se solo per pochi istanti, sua madre completamente svestita che usciva dalla vasca, e da ciò era scaturito il suo terribile e innominabile peccato…
Immagine
Inoltre, là, nella casa materna, egli riceveva e scriveva i biglietti d’amore per la bella Angela Cornaro, l’unica donna che egli abbia provato ad amare, anche se per pochissimo tempo, e con la quale aveva degli incontri, piuttosto goffi, nel parco. Ma a sedici anni era partito da Venezia per prendere i voti e intraprendere la lunga carriera ecclesiastica che lo avrebbe portato sul trono di Aquileia. Aveva così troncato il suo rapporto con Angela, che ancora oggi vive a Venezia e, nonostante il divieto delle autorità, gestisce un “casino per Nobilomini”…


Mentre il popolo mormora, insinua e spettegola, e i politici tessono le loro trame, per il vecchio patriarca di Aquileia è l’ora dei rimorsi e dei rimpianti, il momento di ripensare a tutta la sua vita e al suo significato: si dice infatti che è proprio e soltanto con la morte che tutta la nostra vita trascorsa acquista un senso…
__________________
In quei giorni di aprile del 1751, la Serenissima, al massimo del suo splendore, festeggia il patriarca con balli, feste, banchetti e spettacoli teatrali, e anche il popolo si diverte, facendo festa in piazza. Nelle taverne, gli sguaiati cantori sciorinano rime e canzonette satiriche sul patriarca e molti, maliziosamente, essendone venuti a conoscenza, rispolverano la sua antica liaison con Angela Cornaro…
Immagine
Ma la politica non si ferma e lo stanco patriarca riceve il nunzio pontificio che gli fa un’ultima offerta per indurlo all’abdicazione spontanea: rinunciare al patriarcato in cambio di un sicuro impegno da parte di Papa Benedetto a proclamare finalmente il dogma dell’Immacolata Concezione, che trova così tanti avversari dentro la Chiesa romana…

Conoscendo l’altissima devozione dell’Eminentissimo per la “Mater amabilis” e sapendolo sincero sostenitore del dogma secondo cui Maria sarebbe nata immune dal peccato originale, ossia concepita senza peccato, Benedetto gioca quest’ultima carta per forzare Dolfino, promettendogli di risolvere la secolare controversia sul concepimento della madre di Gesù (in realtà il dogma dell’Immacolata Concezione sarà proclamato appena nel 1854 da Papa Pio IX).

Dolfino finalmente accetta, ma chiede ugualmente qualcosa in più in cambio della rinuncia al patriarcato: officiare un ultimo pontificale in piazza San Marco, naturalmente con rito patriarchino di Aquileia, alla presenza del popolo e di tutti i dignitari e i prelati della Serenissima.
____________________
Venezia, dunque, si prepara all’ultimo pontificale del patriarca: pare che il Papa sia disposto a ingoiare anche questo ennesimo “rospo” dopo l’irriverente rifiuto della berretta cardinalizia, pur di togliersi dai piedi quell’ingombrante patriarca. Ma c’è molta preoccupazione nel clero romano per l’omelia che egli pronuncerà durante il solenne pontificale: da indiscrezioni pare che Sua Celsitudo intenda trarre spunto da un passo dell’Apocalisse in cui Giovanni descrive una città “divenuta patria dei demoni”… A quale città sarà riferita l’omelia del patriarca?

Intanto, nella mente di Dolfino già scorrono le immagini dell’austero pontificale celebrato secondo il rigorosissimo e complicato cerimoniale del rito patriarchino…

“… Lui giungerà alle porte di San Marco in berretta e cappa magna, preceduto dalla croce di Lorena, l’immagine del Cristo rivolta verso di lui (perché così gli concede una bolla di Innocenzo II): al suo apparire, il decano dei canonici gli si farà incontro porgendogli l’aspersorio con il pomo del quale, toltasi la berretta, lui si toccherà la fronte prima d’aspergere clero e popolo; entrerà salutato dal canto dell’Ecce Sacerdos Magnus (come spetta anche ai patriarchi latini d’Antiochia e di Gerusalemme); giunto alla cappella del Santissimo e consegnata la berretta al primo cerimoniere, deporrà lo zucchetto sul vassoio presentatogli dal secondo cerimoniere; inginocchiatosi al faldistorio, pregherà (e gli altri s’inginocchieranno a pregare); s’alzerà (e gli altri s’alzeranno); ripreso lo zucchetto, ma non la berretta, e accompagnato hic inde dai due diaconi assistenti, muoverà verso il secretarium…”.
Ma gli ultimi giorni prima del pontificale, che coincidono anche con gli ultimi giorni della sua vita terrena, il patriarca li passa in solitudine, mescolandosi, non riconosciuto, alla folla dei veneziani. Gira in gondola, va a trovare per un saluto, dopo tanti anni, Angela Cornaro…

Assiste incuriosito agli spettacoli dei saltimbanchi, compra cartoccetti di “bagigi” e va a vedere un grosso rinoceronte chiuso in un recinto ed esposto alla folla sotto la Torre dell’Orologio…

Infine, a ora tarda dell’ultimo giorno, entra in una chiesa e chiede di essere confessato.
Al pievano (il sacerdote rettore della chiesa), che non lo riconosce, inginocchiato davanti alla grata del confessionale, rivela per la prima volta nella sua vita l’innominabile peccato commesso quando non aveva ancora compiuto tredici anni…

Non solo aveva visto completamente nuda sua madre, ma poco dopo, una notte, la madre era entrata nella sua camera da letto e lui, giovinetto, proprio con la donna che lo aveva messo al mondo aveva “giaciuto come giacciono uomo e donna”, si era congiunto carnalmente…

Profondamente turbato da quell’avvenimento, in seguito non riuscì mai a sentirsi a suo agio di fronte a una donna, nemmeno con Angela Cornaro (e forse per questo fu indotto a prendere i voti). Crescendo, sostituì nel suo subconscio la madre naturale con la “Mater amabilis” e passò la vita a venerarla, bramando che fosse sancita la sua natura divina a mezzo del dogma che la vuole immune dal peccato originale…

Il confessore, ascoltato il suo terribile peccato, non lo può assolvere. L’incesto è la colpa più grave che esista. Peggiore della sodomia e peggio della bestialità di chi si accoppia con animali. E’ il peccato che non si può nemmeno nominare: il “nec nominetur in vobis” dell’Apostolo…

Non solo Dolfino confessa il suo peccato, ma aggiunge infine, dal momento che il confessore gli domanda se è sposato, di essere un prete…
Il pievano, molto turbato, invita il suo “fratello peccatore” a pregare e a chiedere l’aiuto di Dio. Gli consiglia anche di rivolgersi al Papa: forse l’unico che possiede l’autorità per un’eventuale assoluzione. Oppure, pensandoci bene, se non vuole andare a Roma, potrebbe anche rivolgersi al patriarca di Aquileia, che proprio in quei giorni si trova a Venezia e celebrerà presto il suo ultimo pontificale. Solo il Papa o un patriarca, se c’è un sincero e profondo pentimento, possono eventualmente assolvere dal peccato “nec nominetur in vobis”…
_______
Il peccatore, alzatosi infine dal confessionale, con passo da sonnambulo si avvicina all’altare della “Mater amabilis”. Gli sembra che Lei e soltanto Lei, in quell’ora estrema di profonda costernazione, arrivi a comprenderlo e gli sorrida. Si prosterna sui gradini dell’altare e rimane là, fermo e immobile per molto tempo.
Un’altra persona presente nella chiesa, colpita da quella prolungata immobilità, si avvicina e scopre che quell’uomo anziano adagiato sui gradini dell’altare dell’Assunta è passato all’altro mondo. E con immane sgomento lo riconosce: quell’uomo ormai morto è Dolfino, il patriarca di Aquileia.
"Lo stolto continua a parlare mentre gli strumenti dicono molto più di questo, stai tranquillo e ascolta quello che non puoi esprimere" (andromeda57)
_____
Anni 80? No, grazie
Rispondi