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Il grembiule rosso

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Il grembiule rosso

Messaggio da Insight »

Romanzo dello scrittore milanese Alberto Vigevani (1918-1999), pubblicato nel 1975.
Narrato in prima persona dal proprietario di una libreria antiquaria nel centro di Milano, il romanzo ruota intorno alla figura molto particolare di un certo Giulio, ultimo figlio di una ricca famiglia di industriali, che possiede un numero imprecisato di palazzi, ville e scuderie di cavalli; nonché svariate industrie, tra le quali le più importanti e conosciute sono una casa dolciaria che produce dei famosissimi cioccolatini e una grande fabbrica di macchine da cucire che fanno concorrenza sul mercato internazionale alle tedesche Singer.

Il libraio all’inizio della storia, che parte nei primi anni Sessanta, è allo stesso tempo infastidito, ma anche affascinato, attratto, dallo strano personaggio che inizia a frequentare la sua libreria e che egli conosce soltanto di fama, considerando che in città, fin da prima della guerra, vi sono manifesti che reclamizzano i cioccolatini prodotti dalla sua grande azienda di famiglia e che utilizzano per la pubblicità un famoso logo con un elefantino rosa.

L’uomo, di nome Giulio – un ometto di piccola statura, poco più che trentenne, vestito molto elegantemente e sempre con un libro sotto braccio – ha una voce querula e fastidiosa e cerca sempre di intrattenere e coinvolgere il libraio in discorsi piuttosto balzani, astrusi, soprattutto sulla letteratura e sulla pittura. Per fare soltanto alcuni esempi, è convinto che Vincenzo Cardarelli sia il più grande poeta italiano dopo Leopardi; che a scrivere la Divina Commedia non sia stato Dante Alighieri; che a scrivere le più famose e belle commedie di Shakespeare non sia stato Shakespeare e che la gran parte delle “macchine di Leonardo” non siano state inventate da Leonardo Da Vinci. Quanto alla pittura, Leonardo ci metteva solo qualche pennellata, mentre il “grosso” veniva fatto dai suoi allievi rimasti sconosciuti…

Pare, insomma, che questo Giulio provi molto gusto a fare delle “sparate” irriverenti, “dissacranti”, su ogni argomento che viene toccato, non esclusa la politica, la filosofia e la psicanalisi…
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Il libraio, che invece è sui quarantacinque anni, è stato a scuola alle elementari, negli anni Venti, col fratello maggiore di Giulio, che in seguito è diventato un alto ufficiale dell’esercito (mentre il padre, durante il ventennio fascista, oltre ad essere già un ricco e famoso industriale figlio di industriali, era anche senatore del Regno).
Il narratore si ricorda benissimo di Ernesto – fratello di Giulio che a quei tempi non era ancora nato – che veniva accompagnato a scuola in automobile, guidata dall’autista in livrea che gli apriva la portiera per farlo scendere, in un’epoca in cui a Milano le automobili che giravano per strada si contavano sulle dita di una mano…

Forse anche per questo, per quel cognome così famoso che gli ricorda una parte della sua infanzia, il libraio, pur trovando molto bizzarri e talvolta fastidiosi i discorsi di Giulio, si sente anche attratto da lui, che del resto, oltre ad essere un buon cliente (che compra spesso dei libri), è anche molto gentile e lo omaggia sovente con delle scatole di cioccolatini e scrivendogli dei biglietti.

Così, a poco a poco, nasce tra i due un’amicizia che diventerà sempre più salda nel corso degli anni. A un certo punto, il libraio inizia a frequentare la casa dove abita Giulio, cioè un enorme palazzo di inizio secolo nel centro di Milano, con parco circostante, saloni e scale di marmo. E scopre così tante cose di lui, che non avrebbe mai immaginato di scoprire…

Giulio è in realtà una persona molto infelice. Sposato con una donna affascinante, che però non lo considera, lo tratta in maniera sprezzante e lo tradisce regolarmente, ha un figlio di pochi mesi allevato gelosamente da una bambinaia che in pratica non gli consente, quasi, neppure di vederlo.
Considerato un incapace dal resto della famiglia, egli non ha neanche un lavoro e trascorre le giornate a passeggiare da solo e a visitare quasi ogni pomeriggio le pinacoteche milanesi. Altre persone frequentano la casa: un professore di Storia dell’arte, amici della moglie e lo stesso Ernesto, il fratello maggiore. Ma tutti, chi più chi meno – persino il pettegolo portiere del palazzo – considerano Giulio, nella migliore delle ipotesi, una persona molto fragile, troppo sensibile…

In effetti, Giulio è molto sensibile e pare sempre alla ricerca di una “verità che sta dietro a tutte le cose”: per esempio, è convinto che i quadri, che colleziona dentro il suo palazzo e che tiene esposti in delle apposite sale come in un museo, nascondano sempre qualcosa d’altro, una parte di paesaggio che non si vede…
Oppure, quando sono dei ritratti, crede che siano le persone del quadro a guardare verso di noi, invertendo, in un certo senso, il rapporto: la realtà è quella del quadro e siamo noi a essere guardati… In particolare, è convinto che la sua collezione di ritratti di bambine sia viva: le bambine dei quadri lo guardano sempre, spiano i suoi movimenti, persino quando è girato di spalle: è questa una sensazione che egli riesce a trasmettere e a far provare, incredibilmente, anche al suo amico libraio.
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Gli anni passano e se anche i due protagonisti ogni tanto, anche per dei periodi abbastanza lunghi, si perdono di vista, finisce che si ritrovano sempre e diventano molto amici. Anche Giulio, che dissimula la sua profonda tristezza, si appoggia all’amicizia e all’affetto che gli dimostra il libraio, fino ad arrivare a confessargli, in una specie di delirio, il suo terribile rimorso, che lo tormenta fin da quando era bambino.

Quando aveva solo undici anni, Giulio era segretamente innamorato di una bambina della sua età, figlia della cameriera della grande villa familiare che si trova in Brianza. Un giorno, mentre giocavano insieme a rincorrersi per i saloni, la bimba era caduta sui gradini del grande scalone di marmo e aveva battuto la testa rimanendo morta sul colpo. Come se non bastasse, la madre della bambina era morta poco dopo di crepacuore. Giulio si ritiene responsabile di quella disgrazia (anche perché glielo hanno fatto credere) e per tutta la vita ha continuato a pensare e a cercare, anche nella donna che ha sposato, la bambina di cui era innamorato in età ancora infantile e che il giorno in cui cadde per le scale indossava un grembiule rosso…

Col passare del tempo, Giulio sprofonda sempre più nella nevrosi, fino ad essere ricoverato per un lungo periodo in clinica. La moglie lo abbandona e il figlio, ancora piccolo, viene mandato in un collegio in Svizzera. Anche il libraio, pur mantenendo nei primi tempi un contatto epistolare con Giulio, finisce per interrompere il rapporto.

I due si incontrano per caso, a passeggio in un parco milanese, dopo parecchio tempo. Siamo nei primi anni Settanta, ormai, sono passati circa dieci anni dal loro primo incontro in libreria. Giulio spinge una donna in carrozzina: è sua moglie, che dopo averlo abbandonato ed essere stata con diversi uomini, ha avuto un grave incidente mentre era a cavallo ed è rimasta paralizzata. Dopodiché, Giulio, uscito dalla clinica, se l’è ripresa e l’ha sposata nuovamente.

Giulio, adesso, sebbene non si possa dire che sia completamente guarito, ha per lo meno trovato un equilibrio, anche se nella moglie, che ama incondizionatamente e ora anche accudisce come un amorevole infermiere, continua a vedere l’ “uccellino rosso” che pensa di essere riuscito finalmente a catturare… (cioè la bambina col grembiule rosso).
***
Storia scritta molto elegantemente, in un linguaggio colto, che però ho trovato piuttosto noiosa, inconsistente e patetica, dai toni troppo melodrammatici. E con la quale, mi è sembrato di capire, l’Autore traccia un ritratto assai decadente dell’alta borghesia, dove i sentimenti sono falsi, si vive di sola apparenza e chi è più debole e sensibile viene schiacciato. Condivisibile (purtroppo e almeno a grandi linee) il messaggio, ma un po’ scarsa la storia creata e utilizzata per renderlo, a mio parere.
Ultima modifica di Insight il gio 3 mag 2018, 8:19, modificato 1 volta in totale.
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Re: Il grembiule rosso

Messaggio da Whiteshark »

Un "Fogazzaro dei poveri" si direbbe....
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Re: Il grembiule rosso

Messaggio da Insight »

Sì, ci può stare :)
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Re: Il grembiule rosso

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Tra l'altro anche la scelta della copertina mi ha lasciato abbastanza perplesso...Ma non potevano trovare il ritratto di una bambina, appunto, col grembiule rosso? :)
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Re: Il grembiule rosso

Messaggio da hal9000 »

l'avevo letto, ma rimosso, non ricordavo nemmeno il titolo, ricordo solo che lo trovai anch'io infintamente noioso.
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Re: Il grembiule rosso

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:lol:
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