A ricordare come e perché questo avvenne, è un corposo libro, di ben 622 pagine, scritto dal giornalista Massimo Nicora (classe 1972) e pubblicato l’anno scorso per la società editrice LA TORRE, dal titolo: C’era una volta Goldrake. La vera storia del robot giapponese che ha rivoluzionato la tv italiana.
Corredato da numerose fotografie, fotogrammi e articoli di giornali e riviste, il “monumentale” libro è un lungo viaggio (che parte da molto lontano) alla scoperta dell’amato robot spaziale: dalle sue più remote origini alla realizzazione, nel Paese del Sol Levante, e al suo arrivo in Europa, prima in Francia e poi in Italia. Si ricostruiscono e analizzano nel libro le complicate trattative che hanno accompagnato l’acquisto della serie, prima da parte della televisione francese e poi da quella italiana; i motivi del suo enorme successo, ma anche le polemiche che hanno fatto da contorno alla sua trasmissione. Nonché le conseguenze, il grande impatto che Goldrake ebbe sui bambini e sui ragazzini, ma anche sulla tv dedicata ai giovanissimi, aprendo la strada all’invasione degli anime giapponesi e soprattutto a tanti altri robot spaziali, che dominarono il piccolo schermo almeno fino alla metà del decennio successivo…
Tenterò qui, seppur per sommi capi, di riassumere il contenuto dell’opera, raggruppandolo in alcuni paragrafi i cui titoli non corrispondono a quelli del libro, ma sono di mia invenzione.
Gli antenati di Goldrake
Goldrake, come ben si sa, è nato in Giappone. Ciò non deve sorprendere: non solo perché tutti i robottoni spaziali hanno indubbiamente qualcosa degli antichi samurai giapponesi, ma anche e soprattutto perché la fantascienza cinematografica, e in particolare quella legata agli Ufo, fin dagli anni Cinquanta in Giappone aveva un largo seguito di appassionati. Il più risalente antenato di Goldrake può essere considerato, pur con tutte le notevoli differenze, un certo Godzilla. L’omonimo film, realizzato e uscito in Giappone nel 1954, riscosse un grande successo di pubblico. Godzilla è una creatura dall’aspetto simile a un enorme dinosauro che, mutata a causa delle radiazioni nucleari, scatena morte e distruzione nelle città della Terra…
Sempre negli anni Cinquanta, in Giappone, due film di fantascienza importati dagli Stati Uniti mandarono il pubblico in visibilio: Ultimatum alla Terra e La Terra contro i dischi volanti. Sotto la grande influenza soprattutto del primo di questi due film, nel 1956 uscì, per la regia di Koji Shima, il film tutto giapponese dal titolo Gli uomini spaziali atterrano a Tokyo. In questa pellicola, girata a colori e con la tecnica innovativa del “widescreen anamorfico” (non chiedetemi che cosa sia), il regista mescola sapientemente il tema dell’invasione degli spaziali, di chiara matrice americana, a quello molto giapponese (e purtroppo non potrebbe essere diversamente) del terrore della bomba atomica…
Gli uomini spaziali atterrano a Tokyo inaugurò nel Paese del Sol Levante un vero e proprio filone cinematografico, chiamato dagli esperti “Space Opera giapponese”, le cui pietre miliari sono sicuramente Forza di difesa della Terra, uscito nel 1957 e meglio conosciuto in Italia e nel resto del mondo col titolo de I misteriani (The Mysterians negli Stati Uniti), e La grande guerra spaziale, uscito nel 1959 (noto in Italia come Inferno nella stratosfera).
Nei film della “Space Opera giapponese” sono già presenti non solo molti dei temi che ritroveremo nell’anime Goldrake, ma anche alcune situazioni e personaggi che caratterizzeranno quella serie televisiva, come ad esempio l’osservatorio spaziale sulla Terra che aspetta l’invasione degli alieni, alcuni personaggi femminili che ispireranno quelli di Goldrake, nonché la fuga degli extraterrestri dal loro pianeta distrutto in seguito a una guerra spaziale…
Non ci sono dubbi, insomma: il nostro Goldrake viene da là, dalla “Space Opera giapponese”.
I padri
Se gli antenati più lontani del nostro robottone sono Godzilla e i film di fantascienza giapponesi degli anni Cinquanta e Sessanta, i suoi “padri” più immediati e diretti sono essenzialmente due: Mazinger Z e il Grande Mazinger, due robot spaziali che hanno preceduto di pochi anni Goldrake.
Nati dalla stessa mente creatrice, ossia da quella assai talentuosa e prolifica del fumettista Gō Nagai, che lavorava per uno studio di animazione a Tokyo, i due papà di Goldrake videro la luce rispettivamente nel 1972 e nel 1974.
Il primo, dunque, fu Mazinger Z, che arrivò in Italia appena nel gennaio del 1980, quasi due anni dopo Goldrake, con il nome di Mazinga Z.
Come racconta lo stesso suo creatore, il primo robottone televisivo nacque per puro caso: un giorno, mentre Nagai stava aspettando il verde a un semaforo per poter attraversare a piedi una strada molto trafficata (non è davvero difficile da immaginare una strada molto trafficata a Tokyo ), gli balenò nella mente, guardando gli automobilisti incolonnati davanti al semaforo rosso, quanto bello per loro sarebbe stato se, all’improvviso, alle loro auto sarebbero spuntate delle braccia e delle gambe meccaniche per poter uscire rapidamente da quell’imbottigliamento…
Detto-fatto: da quell’idea, concepita per “aiutare” gli automobilisti bloccati nel traffico di Tokyo, nacque quella del robot gigante che poteva essere guidato da un pilota chiuso nel suo interno, proprio come un automobilista nella sua vettura…
Eravamo nell’aprile del 1972. Nagai parlò subito di questa idea ai suoi fratelli, che erano manager di una società di nome “Dynamic Production”, che si occupava di immettere sul mercato i prodotti da lui stesso creati, e coinvolse nel progetto la società di animazione per cui lavorava…
La gestazione del progetto Mazinger Z si protrasse tuttavia per diversi mesi. La serie televisiva, composta da ben 92 episodi, esordì in Giappone il giorno 3 dicembre 1972 e durò fino al 1 settembre 1974, con una media di trasmissione di un episodio a settimana.
La serie ebbe grande successo in Giappone e in essa troviamo già un personaggio che ritroveremo in Goldrake: l’eroe umano che guida il robot chiamato Mazinger Z è un ragazzo di nome Koji Kabuto, che sarà niente meno che il primo aiutante terrestre di Goldrake e uno dei personaggi più importanti della serie. Ma tutti in Italia lo conosceranno col nome di Alcor…
Dopo il grande successo di Mazinger Z, Nagai non si ferma e crea un altro robot spaziale: il Grande Mazinger, un robot gigantesco e valoroso guerriero, già molto simile a Goldrake…
A guidarlo, dentro la sua testa, è l’eroe umano Tetsuja Tsurugi…
La serie fu trasmessa in Giappone dall’ 8 settembre 1974 al 28 settembre 1975, per il totale di 56 episodi. In Italia arrivò, nel circuito allora ancora ristretto delle tv private, nei primi mesi del 1979.
Finalmente lui: Ufo Robot Grendizer
Preceduto da un cortometraggio dal titolo La grande battaglia dei dischi volanti, uscito nelle sale cinematografiche giapponesi nell’estate del 1975, dove per la prima volta troviamo il personaggio di Duke Fleed, finalmente, il 5 ottobre di quello stesso anno, debutta in Giappone la serie televisiva che da noi sarà quella di Goldrake. Ancora una volta creata da Gō Nagai e dai suoi collaboratori, la serie, intitolata Ufo Robot Grendizer (mentre nel cortometraggio il robot si chiamava Gattiger), è composta da 74 episodi, che andranno in onda, in ragione di uno a settimana, fino al 22 febbraio 1977.
Com’è noto, la serie si apre con il ritorno in Giappone di Koji Kabuto (Alcor, in Italia), l’ex pilota di Mazinger Z, che dopo essere stato negli Stati Uniti per sviluppare un progetto di ricerca al Centro Spaziale di Houston, si dirige verso il Centro di Ricerche Spaziali del professor Umon (da noi Procton) a bordo del disco volante da lui stesso progettato…
Koji atterra nella fattoria della famiglia Shirakaba (Betulla Bianca) e viene accolto da simpatici personaggi: il bizzarro Danbei (Rigel), che ha adibito la fattoria a un osservatorio spaziale per vedere l’arrivo degli extraterrestri e accoglierli in pace, i suoi due figli – la bella Hikaru (Venusia) e il piccolo Goro (Mizar) – nonché il taciturno Daisuke (Actarus), ospite della fattoria e presentato come il figlio del professor Umon (Procton)…
Nel prosieguo degli episodi, si scoprirà tutto: Daisuke è Duke Fleed, fuggito sulla Terra dopo la distruzione del suo pianeta da parte delle truppe del malvagio Re Vega. E’ stato accolto dal generoso professor Umon, che lo considera come un figlio, e ora, con il suo aiuto, il ragazzo, giunto sulla Terra con il fenomenale robot Grendizer, lotta ancora contro le forze di Vega, che vogliono invadere e distruggere il nostro pianeta…
In Francia si chiama Goldorak
La televisione francese acquistò la serie di Ufo Robot Grendizer prima di quella italiana, grazie all’impegno profuso dal produttore Jaques Canestrier, il quale, però, oltre a dover far fronte a una complessa trattativa con i giapponesi, dovette lavorare a lungo sull’adattamento francese dell’anime e soprattutto vincere le molte resistenze interne alla trasmissione di questa serie, giudicata dai dirigenti delle emittenti televisive “non in linea” con le trasmissioni della tv dei ragazzi.
Ci furono talmente tante difficoltà, che la serie, pur essendo stata comprata prima, andò in onda dopo rispetto all’Italia. Il primo episodio di Goldorak, infatti, fu trasmesso il 3 luglio 1978, quando da noi Goldrake era già famoso.
Per quanto riguarda il nome, Goldorak, se si deve credere al racconto (che sa un po’ di artefatto) del produttore Canestrier, esso è merito della sua figlioletta, che a quei tempi aveva solo otto anni. Fu lei a scegliere quel nome (che poi fu adottato, con una leggera modifica, anche in Italia), dopo che il papà aveva pensato, per il nome francese del robot, a una fusione tra Goldfinger (un celebre nemico di James Bond) e Mandrake (il suo personaggio dei fumetti preferito durante l’infanzia), inventando così il nome di Goldanrak. All’ultimo momento però (e aggiungerei per fortuna), intervenne la piccola Stephanie, che suggerì al padre il nome di Goldorak. Nome che piacque a tutti e rimase quello definitivo.
E’ inutile dire che, durante l’estate del 1978, anche i bambini e i ragazzini d’oltralpe “impazzirono” per Goldorak e in Francia si ebbe un fenomeno di “Goldorakite infantile” del tutto analogo a quello che era iniziato tre mesi prima in Italia, polemiche incluse.
4 aprile 1978: una data che tutti i bambini “settantiani” d’Italia ricorderanno per sempre
In Italia, Goldrake fece la sua prima apparizione verso le ore 19.00 di martedì 4 aprile 1978, all’interno del “contenitore” della tv dei ragazzi dal titolo Buonasera con…Superman e Atlas Ufo Robot, sulla Rete Due. Ad annunciare il primo episodio (quello del ritorno di Koji-Alcor in Giappone) fu Maria Giovanna Elmi (la già famosa Azzurrina), dopo che la trasmissione, iniziata alle 18.45, aveva già mandato in onda tre brevi cartoni animati di Superman, così, tanto per rompere il ghiaccio…
L’arrivo nel Bel Paese di Robot Grendizer, alias Goldorak, alias Goldrake, si deve soprattutto alla funzionaria Nicoletta Artom (recentemente scomparsa), che lavorava alla Rai nel settore della tv dei ragazzi e, specificatamente, dei cartoni animati, e che si adoperò per l’acquisto della serie dalla televisione francese.
Goldorak fu acquistato dalla Rai in tre tronconi. Il primo blocco di episodi, dal numero 1 al numero 25 (l’episodio n. 15, però, non fu mai trasmesso), andò in onda dal 4 aprile al 6 maggio 1978. Il secondo blocco, comprendente gli episodi dal n. 26 al n. 49, trasmesso all’interno del contenitore Buonasera con… il Quartetto Cetra, andò in onda dal 12 dicembre 1978 all’11 gennaio 1979. Il terzo blocco, programmato dentro la trasmissione Buonasera con… Peppino De Filippo, andò in onda dall’11 dicembre 1979 al 6 gennaio 1980 (episodi dal n. 52 al n. 74).
La direzione del doppiaggio fu affidata ad Annibale Roccasecca, una figura di provata esperienza. La voce di Actarus, amata da tutti i giovanissimi telespettatori, fu quella di Romano Malaspina. A doppiare Alcor fu invece Giorgio Locuratolo. Venusia fu doppiata da Rosalinda Galli e il buffo Rigel da Armando Bandini.
Le sigle, che molta parte ebbero nel successo della serie, com’è noto furono musicate da Vince Tempera (anche con la collaborazione di Amos Tavolazzi) e dal paroliere Luigi Albertelli. La sigla iniziale, denominata semplicemente Ufo Robot, a luglio del 1978 raggiunse la quarta posizione nella Hit Parade e il singolo, nel febbraio del 1979, raggiunse il Disco d’Oro, avendo venduto oltre un milione di copie.
Quanto al nome “Atlas”, utilizzato nell’adattamento italiano (che diede luogo a molti fraintendimenti, pensandosi, ad esempio, che “Atlas” fosse il nome dell’astronave che ospitava il robot Goldrake), esso non trova alcuna corrispondenza nell’anime giapponese e la sua origine pare si debba (o almeno così si è creduto a lungo) ad un errore da parte di alcuni funzionari della Rai, che si trovarono tra le mani un opuscoletto in lingua francese intitolato appunto “Atlas Ufo Robot”, dove quell’ “Atlas” è un termine che in francese significa “Guida” o “Atlante”…
Questa ricostruzione, tuttavia, è stata recentemente smentita da una ex funzionaria della Rai, che invece ha riferito che il termine “Atlas”, nel titolo della serie, fu il frutto di una scelta consapevole, voluta dai doppiatori italiani.
L’enorme successo e la “Goldrakemania”
Il successo di Atlas Ufo Robot fu immediato e travolgente. Fin dalle primissime puntate, la trasmissione Buonasera con…, già molto seguita, subì un’impennata vertiginosa di sintonizzazioni, senza precedenti nella storia della tv dei ragazzi. E’ impossibile conoscere il numero esatto di telespettatori minori di diciotto anni: i dati, ad ogni modo, parlano di circa 5 milioni di televisori sintonizzati ad ogni puntata di Goldrake nell’aprile del 1978, che divennero 8 milioni durante il mese di dicembre, in occasione della seconda serie di episodi.
Già nel mese di aprile, la sede della Rai, a Roma, e la redazione del Radiocorriere Tv, furono invase ogni giorno da centinaia e centinaia di lettere di giovanissimi che esprimevano il loro entusiasmo e l’ammirazione per il robot, e davano anche consigli agli autori per il miglioramento della serie.
La televisione e i giornali di settore (Radiocorriere Tv, Tv Sorrisi e Canzoni, ecc.) sfruttarono abilmente l’enorme successo della serie televisiva, bandendo concorsi a premi ispirati a Goldrake, cui parteciparono centinaia di migliaia di bambini e ragazzi. Si cercò, inoltre, in quel periodo, di agganciare il nome di Goldrake ad altri prodotti televisivi destinati ai più giovani, talvolta anche in maniera piuttosto forzata o persino ridicola. Per fare solo un esempio, un documentario sul Giappone, trasmesso alla tv dei ragazzi nell’estate del 1978, fu presentato come un “documentario sul Paese di Actarus”.
Si scatenò in poco tempo la “Goldrakemania” e ad esserne colpiti furono in special modo i bambini/ragazzi di età compresa fra i 6 e i 15 anni, anche se al Radiocorriere arrivavano pure lettere di diciasettenni e diciottenni. Inoltre, furono colpiti in maniera pressoché uguale sia i maschi che le femmine.
Alle scuole elementari, i disegni preferiti dai bambini e dalle bambine divennero improvvisamente i personaggi di Atlas Ufo Robot. I negozi di giocattoli, soprattutto a Natale del ‘78, furono sommersi dai modellini di Goldrake e della sua astronave, da pupazzi di tutte le dimensioni che riproducevano i vari personaggi della serie, e da giochi ispirati al nuovo eroe televisivo. Uscirono libri, album di figurine e giornalini vari. Al cinema, sulla scia del successo televisivo, furono proiettati ben due film di Goldrake. Alla ripresa dell’anno scolastico, in autunno del 1978, spopolarono gli zaini, le cartelle, i diari e i quaderni, i pennarelli, le matite e le gomme da cancellare con protagonista Goldrake. Anche l’abbigliamento delle fasce più giovani subì l’influenza del robottone: soprattutto maglie, magliette, borse, asciugamani e costumi da spiaggia. E, naturalmente, costumi da carnevale.
Le polemiche
I bambini e i ragazzi amavano tanto Goldrake per motivi che non sono difficili da individuare e che emergono chiaramente dalle numerosissime lettere che giungevano alla Rai e nelle redazioni dei giornali. A colpire l’immaginario dei giovani telespettatori furono le novità introdotte dall’animazione giapponese: gli effetti speciali, i colori molto accesi (per quelli che già possedevano un televisore a colori), le formidabili armi del robot, il suo essere una creatura invincibile e dalla parte del bene. La tematica dell’eroe invincibile non era certo nuova, ma era tuttavia inserita in un contesto estremamente spettacolare, nel cui ambito giocavano un ruolo determinante il fascino della fantascienza robotica, degli Ufo, ma anche l’eterna lotta fra il bene e il male, che veniva ben rappresentata e incarnata da personaggi perfettamente caratterizzati, che “bucavano” il piccolo schermo ed entravano con un’empatia immediata nella sfera conoscitiva del giovane o giovanissimo telespettatore.
Ma tutto questo non piaceva a molti genitori, che, nel corso della trasmissione della seconda serie di episodi di Atlas Ufo Robot, nel dicembre del 1978, cominciarono a manifestare la loro “preoccupazione”, scrivendo anch’essi ai giornali, raccontando di come erano cambiati i loro figli, diventati “Goldrake-dipendenti”, ed evidenziando come, dal loro punto di vista, questi cartoni animati erano troppo violenti e quindi diseducativi.
La polemica si accese poi anche sui giornali. Una delle prime prestigiose firme ad attaccare Goldrake fu lo scrittore Alberto Bevilacqua, che dalle colonne del Corriere della Sera, il 24 dicembre 1978, criticò aspramente la serie televisiva del robottone giapponese, accusandola di affrontare temi fortemente drammatici, come la guerra e la distruzione di massa, e di proporli con troppa leggerezza a dei bambini, come se essi avessero già la stessa capacità di discernimento e la maturità degli adulti.
Poche settimane dopo, nel gennaio del 1979, fu la volta del deputato di Democrazia Proletaria, onorevole Silverio Corvisieri, membro della Commissione di Vigilanza della Rai, che in un lungo articolo apparso su la Repubblica polemizzò su Goldrake, dichiarandosi preoccupato non solo come politico, ma anche come genitore di due bambini che, come tantissimi altri, si erano presi la “Goldrakite”…
Per Corvisieri, l’anime giapponese non solo era troppo violento, ma trasmetteva ai giovani anche un pericoloso messaggio: che l’alieno, il diverso, era sempre e comunque un nemico da annientare e che ogni difficoltà poteva essere vinta e superata solo con l’uso di armi distruttive.
Il deputato demo-proletario concludeva l’articolo invocando l’istituzione di un Ministero che si occupasse del controllo sui programmi televisivi, essendo ormai divenuta insufficiente la Commissione parlamentare di cui faceva parte. Inoltre, a quell’articolo fece seguire, pochi giorni dopo, un’interrogazione parlamentare che sostanzialmente riprendeva le stesse argomentazioni già esposte su la Repubblica. Detta interrogazione, tuttavia, non ebbe mai una risposta, anche perché, poco dopo, la legislatura entrò in crisi e a maggio si andò alle elezioni anticipate.
L’intervento di Corvisieri scatenò un appassionato dibattito sui giornali, cui parteciparono altri politici, giornalisti, scrittori e fumettisti, ma anche sociologi, psicologi e pedagogisti.
A sostenere le stesse posizioni di Corvisieri, fu soprattutto lo psicologo Antonio Miotto, mentre il sociologo Sabino Acquaviva invitò a “non drammatizzare”, ricordando che dopo tutto si trattava di un cartone animato che, come tutti i cartoni, colpiva la fantasia dei bambini soprattutto per le immagini, il movimento e i colori; e poco o pochissimo per i contenuti.
Veri e propri “strenui” difensori di Goldrake furono invece lo scrittore Luca Goldoni – secondo il quale tutti, e non solo i bambini, avevano bisogno di avere nel loro immaginario un supereroe come Actarus, che li salvasse dal male e dalle brutture del mondo – nonché Gianni Rodari e Bruno Bozzetto, che, avendo molta esperienza con il mondo dei bambini e dei ragazzi, invitarono a non sottovalutare la loro capacità critica e di discernimento: i bambini sanno distinguere benissimo tra la fantasia e la realtà, e non si lasciano devastare la psiche da un cartone animato. Quella di Goldrake, che piacesse o meno agli adulti, secondo Rodari e Bozzetto non era altro che una nuova favola, una favola dei tempi moderni…
Fu proprio nella primavera del 1980, allora, che un gruppo di genitori di bambini che frequentavano una scuola elementare di Imola, si rese protagonista di una clamorosa “protesta” contro i robottoni giapponesi, scrivendo una lettera sia alla Rai che a numerose redazioni di giornali, chiedendo a gran voce che si cessasse la trasmissione di quei cartoni animati troppo violenti e altamente diseducativi.
Si inaugurò allora una vera e propria “crociata” contro i robottoni, che vide nuovamente affrontarsi, questa volta con una ancora maggiore tensione dialettica, i detrattori e i difensori dei nuovi supereroi spaziali. L’acceso dibattito, che ormai coinvolgeva largamente anche il pubblico, approdò persino alla trasmissione di Enzo Tortora, L’altra campana, e vide la partecipazione anche di Dario Fo, che pur evidenziando il carattere “fascista” e “superomista” dei robot galattici, si dichiarò contrario alla loro censura e sostenne che l’unica arma per “combatterli” fosse quella della satira: bisognava “demolire” i robottoni alla televisione, prendendoli in giro davanti agli occhi dei bambini, mostrando in maniera divertente ai piccoli telespettatori che i loro amati eroi non erano poi così perfetti e invincibili…
Essendo stato anch’io un bambino felicemente ammalato di “Goldrakite” (anche se mi passò abbastanza presto), non posso che apprezzare questo ponderoso libro dal profondo del mio cuore e consigliarlo a tutti gli ex bambini o ragazzi “settantiani” (anche bambine e ragazze, si intende )