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Quell'antico amore

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Insight
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Quell'antico amore

Messaggio da Insight »

Pubblicato nel 1972, Quell’antico amore è un romanzo che potremmo definire “storico-sentimentale”, scritto da Carlo Laurenzi (1920-2003). In esso rivive l’amore fra Carlo III di Borbone, duca di Parma, e la marchesina Argia Vernaldi: un amore puro e autentico, ma reso impossibile dagli intrighi di palazzo e dagli ostacoli frapposti dalla ragion di Stato…
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Il romanzo diventa anche l’occasione per l’Autore di ripercorrere la storia della sua famiglia. Carlo Laurenzi, infatti, è pronipote dell’omonimo cardinale contemporaneo di Carlo III, che fu suo confessore e depositario della sua impossibile storia d’amore. Il cardinale (prozio dell’Autore) conservò le lettere che il duca riceveva dalla marchesina e diversi anni dopo la sua morte le consegnò ad un proprio segretario, il quale a sua volta trasformò quella corrispondenza amorosa in un feuilleton di scarsa levatura, pubblicato nel 1874 con un titolo che invero non rende giustizia alla passione autentica e intensa che infiammò i cuori dei due innamorati: La favorita del duca di Parma

Anche per restituire a quell’antica storia d’amore la sua giusta dignità, cento anni dopo il pronipote del cardinale Carlo Laurenzi la fa rivivere in questo bel romanzo.
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Viareggio, estate del 1850. E’ qui, alle “bagnature”, che si incontrano per la prima volta Carlo III di Borbone, duca di Parma, e la marchesina Argia Vernaldi (il cui nome è in realtà uno pseudonimo inventato dallo stesso duca per mantenere segreta la vera identità della sua innamorata).

Egli è un bel giovanotto, brunissimo e magro, di ventisette anni. Lei una splendida diciottenne, dallo sguardo languido e innocente, appena uscita dal collegio dove è stata educata come si conviene ad una nobildonna.

Non sappiamo tutti i particolari dell’incontro, ma è certo che esso avviene una sera di luglio, quando il sole già tramonta all’orizzonte e sulla spiaggia le signore stanno chiudendo gli ombrellini e riponendo i ventagli…
E’ allora che il duca (che si trova là in incognito con il nome di “conte di Mulazzo”), alzatosi a sedere sul suo letticciuolo, nel vedere poco distante da lui quella ragazza così bella, esclama: “Per gli Dèi! Quale raggio di luna!”.

Il “conte di Mulazzo”, nei giorni successivi, dopo avere con un abile stratagemma allontanato da Viareggio la marchesa madre, si introduce nella dimora estiva dei Vernaldi, dove la bella Argia è rimasta da sola. E qui le fa una corte spietata, andando a trovarla ogni sera. Qui sboccia la passione fra i due innamorati…

Ma il “conte” non svela ad Argia la sua vera identità, né le dice che è già ammogliato e padre di due figli. Le giura, anzi, di sposarla…
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Solo alla fine dell’estate, quando Argia torna a Firenze nella sua casa di famiglia, viene a conoscenza dell’inganno. Scopre chi è veramente il “conte di Mulazzo” e capisce che quell’amore è impossibile.

Ma a quel punto la bella Argia è, come diremmo oggi, “cotta”. Del resto anche l’amore dichiarato dal duca è sincero e autentico. L’inganno, data la sua posizione di regnante del ducato di Parma, nonché uomo sposato e padre, è stato l’unico modo possibile per avvicinare la ragazza che al tramonto sulla spiaggia di Viareggio gli era apparsa splendida come un raggio di luna…

Finite le vacanze a Viareggio, i due innamorati tornano alle loro vite di sempre: il duca ai suoi doveri di regnante a Parma, Argia nella sua residenza fiorentina, dove vive con una madre petulante e con un padre molto autoritario che in pratica la ignora, non le dà affetto ed è unicamente preoccupato del buon nome che deve mantenere la sua famiglia.

Da quel momento, la relazione fra il duca e la marchesina si trasforma in una passione clandestina e tormentata, offuscata dalla consapevolezza, in entrambi gli amanti, dell’impossibilità che la loro storia abbia una conclusione felice…
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Molte lettere d’amore (una ventina quelle scritte da Argia e conservate dal cardinale Laurenzi) e fugaci incontri a Firenze, a Parma (dove il duca fa venire Argia in incognito e la riceve persino nel palazzo), ma soprattutto in Versilia, nei luoghi più cari a Carlo, dove appena può egli fugge per sottrarsi al logorio della vita di corte e ai suoi uffici di governante, che invero non lo soddisfano, non gli riempiono la vita: egli li accetta solo per senso di responsabilità e perché la Storia ha voluto che si trovi in quel ruolo, del quale, se potesse, farebbe volentieri a meno...

La relazione fra Argia e Carlo, pur clandestinamente, si protrae per più di tre anni, fin verso la fine del 1853, quando i due innamorati si incontrano per l’ultima volta a Viareggio. Dopodiché non si vedono più: la loro storia viene interrotta bruscamente ancor prima della prematura morte di Carlo, assassinato dai mazziniani a Parma, il 26 marzo 1854.

A porre fine a quell’amore “antico e impossibile”, prima ancora della morte di Carlo, è la mano spregiudicata di un contabile e consigliere di corte, il britannico Tomaso Ward, già tesoriere e consigliere di fiducia del padre del duca di Parma, ossia di Carlo II di Borbone, che era stato prima duca di Lucca e poi di Parma e che aveva abdicato a favore del figlio, nel 1849.

L’astuto Tomaso Ward coglie l’occasione per risolvere un vecchio “pasticcio di corte” iniziato sotto la reggenza di Carlo II e al tempo stesso anche per far finalmente cessare la relazione fra il duca e la marchesina Argia, che, per quanto clandestina, cominciava ad essere motivo di scandalo, anche perché Argia, sul finire del 1853, era rimasta incinta…
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Nel 1841, per “favori di corte”, Carlo II aveva accettato di diventare tutore di un certo Andrea de Andreis, allora bambino di otto anni, frutto di una relazione clandestina fra una sorella del re di Napoli, Ferdinando II, e un colonnello svizzero al soldo di re Ferdinando stesso.

La fanciulla era stata sedotta dal colonnello a soli dodici anni (benché pare che ne dimostrasse molti di più) e aveva messo al mondo una creatura che bisognava assolutamente nascondere per salvare il buon nome della casa regnante di Napoli.

Così il bambino era stato mandato, sotto falsa identità, in un collegio dei gesuiti a Genova. Il suo tutore, Carlo II duca di Lucca, aveva dovuto garantire la sua educazione, pagare la costosa retta del collegio e custodire per il fanciullo un’ingente somma di denaro che avrebbe dovuto consegnare al giovane Andrea al compimento dei ventuno anni, una volta uscito dal collegio.

Il denaro, intanto, come destinazione transitoria, era entrato nelle casse del ducato, di cui depositario era il tesoriere Tomaso Ward…

Tornando agli inizi di quel 1854, un giorno si presenta a Parma, ricevuto da Tomaso Ward in persona, il padre di Andrea de Andreis (ossia il colonnello che aveva sedotto la fanciulla più di vent’anni prima), il quale intende riscattare la somma a favore del figlio, avendo questi ormai raggiunto la maggiore età ed essendo uscito dal collegio dei gesuiti.

L’astuto Ward si appella allora ad una postilla (probabilmente aggiunta da lui stesso al vecchio accordo) secondo la quale, ulteriore condizione per la restituzione del denaro è il matrimonio del giovane Andrea con una donna che sia di gradimento del duca di Lucca ovvero del suo erede, l’attuale duca di Parma, Carlo III di Borbone.

Dopodiché, all’insaputa di Carlo III, che si trova in Inghilterra, il tesoriere Ward va a trovare la marchesina Argia e la costringe ad accettare le nozze con tale Andrea de Andreis, che lei non ha nemmeno mai visto. E’ un vero e proprio ricatto: infatti, in caso di suo rifiuto, Ward non esiterà a rivelare la relazione scandalosa di Argia col duca di Parma al padre di lei, uno dei pochi che ne è ancora all’oscuro e per il quale la marchesina nutre un fortissimo timore reverenziale…
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Non sappiamo se Argia abbia ceduto al ricatto per paura del suo genitore oppure per approdare finalmente ad un “porto sicuro” e dare ufficialmente un padre alla creatura che portava in grembo…

Fatto sta che la marchesina, seppur col cuore straziato, accetta la “proposta” di Tomaso Ward e convola in frettolose nozze con il giovane Andrea de Andreis. Il “gradimento”, in assenza del duca di Parma, viene espresso dalla sua consorte, la duchessa Maria Luigia, che certamente non è all’oscuro di questa trama: anzi, è probabile che Ward abbia agito proprio su mandato della duchessa…

Quando finalmente Carlo III ritorna dall’Inghilterra e scopre il “complotto” ordito per portargli via la sua amata Argia, i due novelli sposi sono già fuggiti a Madrid…

Nel mentre il duca si prepara per partire alla volta della Spagna e riprendersi la sua amata Argia, la sera del 26 marzo, quando passeggia in una delle vie più centrali di Parma (l’attuale via Cavour), viene accoltellato da un fervente mazziniano, che lo ammazza nel nome della repubblica: anche se Carlo III di Borbone, come unanimemente oggi riconoscono gli storici, fu il “meno tirannico di tutti i sovrani del Risorgimento” …

E’ così, soltanto con la morte (avvenuta ad appena trentuno anni), che si spegne la passione di Carlo per Argia, il “raggio di luna” che lo aveva incantato sulla spiaggia di Viareggio.
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E di Argia, cosa sappiamo poi? Che mise al mondo una bambina e che Andrea de Andreis si comportò da vero galantuomo: non solo accettò di “recitare la parte” di padre naturale e legittimo della creatura, ma tenne anche fede al patto di “non toccare mai” la bella Argia. Pare che egli si invaghì della marchesina, ma che le sia rimasto accanto solo come un fedele marito-amico per tutto il resto della sua vita…

Quel matrimonio, poi, fu un vero “capolavoro” del machiavellico Tomaso Ward, il quale non solo facendo sposare Argia con Andrea “tolse di mezzo” la marchesina dalla corte di Parma, ma riuscì anche a non restituire la somma dovuta ad Andrea de Andreis. Il denaro, infatti, venne poi versato dalla duchessa Maria Luigia direttamente ad Argia, la quale, a sua volta, con il consenso del marito, la vincolò alla figlia fino a quando la piccola sarebbe convolata a nozze…
"Lo stolto continua a parlare mentre gli strumenti dicono molto più di questo, stai tranquillo e ascolta quello che non puoi esprimere" (andromeda57)
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Anni 80? No, grazie
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