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Cuor di padrone

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Insight
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Cuor di padrone

Messaggio da Insight »

Carlo Della Corte (1930-2000), scrittore, poeta, saggista, cinefilo ed esperto di fantascienza e fumetti (scrisse negli anni Sessanta un importante saggio sul Fumetto italiano e la prefazione al primo numero del giornalino Alan Ford), pubblicò nel 1977 il romanzo Cuor di padrone.
Una storia fantastica e dal sapore grottesco, narrata in prima persona da un cane dotato di una fervida intelligenza e che acquista una sempre maggiore consapevolezza della propria condizione di “schiavo” degli uomini, fino a che scatta dentro di lui l’impulso della rivolta ed egli si sostituisce al suo padrone, scalzandolo dal suo corpo e prendendone il posto…
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Il cane, chiamato spesso con disprezzo “bastardo” dai protagonisti umani, maltrattato e dileggiato da quasi tutti, è un meticcio di media taglia, che da cucciolo era un “botolo”, per questo il nome che era stato scelto per lui e che poi gli è rimasto è “Box” (scatola).

Box vive insieme al suo padrone, un famoso architetto avanguardista di nome Giulio Arcangelo, in una lussuosa villa nelle vicinanze di un lago, e con Gilda, la sua convivente separata dal marito, un’avvenente signora rossa di capelli. Oltre alla coppia, c’è il personale di servizio: una cuoca, una cameriera e un anziano giardiniere che si chiama Remigio.

Nessuno degli umani sospetta minimamente della grande intelligenza di Box, che capisce tutti i loro discorsi e spia le loro vite, scoprendo così le grandi e piccole meschinità dei vari personaggi. Anzi, i protagonisti "a due zampe" di questa storia sono per lo più convinti che Box sia un cane piuttosto stupido oltre che brutto, fastidioso e “inutile”. I più generosi (Gilda e la cameriera) lo trattano più con compassione che con affetto. Chi invece lo maltratta, sfogando su di lui le proprie frustrazioni di uomo mediocre, è il giardiniere Remigio, che non perde occasione per insultarlo e prenderlo a calci…

Box subisce ogni sorta di angherie, ascolta e osserva tutto, soffre in silenzio ma inizia anche a covare forti risentimenti contro tutti gli uomini, avvertendo dentro di sé una crescente consapevolezza della propria condizione e di quella di tutti gli animali. Un giorno, per autodifesa, essendo convinto che Remigio voglia ucciderlo, architetta un piano per farlo fuori a sua volta…

Sapendo che il giardiniere non sa nuotare e che trascorre le sue ore libere pescando sulla riva del lago, seduto su un grosso sasso piatto, Box gli prepara una trappola: nella notte scava il terreno intorno alla pietra per renderla instabile e crea un canale scivoloso che scende per qualche metro fino all’acqua del lago. Ricopre infine il canale con del fogliame. Alla mattina seguente, quando Remigio è seduto sulla pietra con la canna da pesca, il cane salta in acqua e nuota vicino a lui abbaiando. Il vecchio giardiniere sussulta per lo spavento, si sbilancia sulla pietra ballerina e cade dentro il canale, scivolando in acqua. Remigio annaspa verso Box implorando il suo aiuto con l’occhio terrorizzato. Ma il cane, ormai sempre più simile agli uomini anche per malvagità, lo guarda crudelmente affogare.

Il corpo del giardiniere viene ritrovato dieci giorni dopo. La maggior parte pensa che sia stata una disgrazia (polizia compresa). Alcuni ipotizzano il suicidio. Nessuno ovviamente sospetta che dietro a quella morte per affogamento ci sia quell’insignificante cane “bastardo”…
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Box, intrufolandosi nelle varie stanze della villa (camere da letto comprese), scopre diversi “altarini” degli squallidi esseri umani che dominano la sua vita. Anzitutto, l’architetto Giulio Arcangelo, oltre ad essere in un momento di profonda crisi creativa, è sessualmente impotente e non riesce a fare l’amore con Gilda, la quale, a sua volta, all’insaputa di Giulio, ha una relazione con un giornalista che frequenta spesso la villa.

Il giornalista, tale Luigi Morandoni, viene spesso invitato da Giulio allo scopo di farsi intervistare. L’architetto lo tratta con rispetto e deferenza, gli offre cene e pranzi e organizza feste in suo onore, ma solo perché è interessato: spera, infatti, che il giornalista scriva degli articoli a lui favorevoli, per non farlo cadere del tutto nel dimenticatoio, visto che ormai sono anni che non realizza un’opera e non si sente più parlare di lui.

Morandoni ha capito benissimo che la benevolenza dell’architetto nei suoi confronti è falsa, ma intanto se ne approfitta e non appena può va a letto con Gilda. Quest’ultima, a sua volta, è pazzamente innamorata del giornalista, ma per convenienza economica non lascia Giulio Arcangelo, che è ancora molto ricco. Il giornalista, inoltre, chiede continuamente dei soldi a Gilda e questa, per timore che lui la abbandoni, a sua volta spilla il denaro al proprio convivente, ignaro della tresca che si consuma alle sue spalle e poco attento ai soldi che escono dal suo portafogli…

Box vede e sa tutte queste cose e prova un gran disgusto per il genere umano. Specialmente, gli fa ribrezzo il giornalista, mentre prova un po’ di compassione per Giulio, che è pur sempre il suo padrone (anche se lo tratta male) e una certa simpatia per Gilda, che qualche volta ha delle attenzioni per lui e nei confronti della quale, peraltro, inizia anche a sentire un’attrazione erotica vedendola nuda nella camera da letto…
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L’architetto Giulio Arcangelo è tutt’altro che una persona moralmente retta e mentalmente equilibrata. È sempre più depresso e dedito all’alcool; inoltre, all’insaputa di Gilda, si è messo in una scellerata società con un certo Arsinoe, un losco contadino della zona. Insieme hanno realizzato, nelle campagne vicine alla villa, una “casa di piacere” per uomini poveri e attempati, nella quale fanno prostituire signore già mature, disposte a vendersi per pochi soldi o addirittura facendosi pagare in natura dai contadini: con pollame, frutta, verdura, ecc.

Una casa di piacere per “miserabili”, come dicono gli stessi suoi creatori, gestita da una vecchia megera che si fa chiamare Geronima.
Il contadino Arsinoe intasca una parte dei “proventi” dell’attività di prostituzione, mentre l’architetto trae godimento nel guardare gli accoppiamenti dentro le camere, compensando in questo strano modo la sua insoddisfazione sessuale con Gilda…

Un giorno, a causa di una rissa che scoppia dentro la casa, intervengono i carabinieri, che fanno così una retata e sono costretti ad indagare per scoprire chi è che ha organizzato quel giro di “squillo attempate”: in realtà i carabinieri (e anche il parroco del paese vicino) sapevano dell’esistenza di quella casa, ma la tolleravano finché non è successa la grana della rissa e qualcuno li ha chiamati…

Geronima viene messa alle strette dai militi dell’Arma, ma proprio mentre essa sta per rivelare i nomi degli sfruttatori, uno sparo la raggiunge dall’esterno della casa e la uccide. I carabinieri improvvisano una caccia all’uomo nelle campagne, ma non trovano l’assassino…
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Essendoci di mezzo un omicidio, le indagini si fanno sempre più approfondite e pressanti. Siccome tra le prostitute della casa viene trovata anche una donna di servizio assunta da Giulio Arcangelo nella sua villa pochi mesi prima, i carabinieri arrivano a lui e lo sospettano addirittura dell’omicidio di Geronima.

Anche se il nome dell’omicida non viene svelato, è quasi certo che si tratta di Arsinoe, il socio di Giulio, che ha sparato a Geronima per timore che facesse il suo nome e poi si è dato alla macchia.

Nel frattempo, però, è Gilda che scopre tutto e d’accordo con Morandoni decide di ricattare Giulio: chiedono all’architetto trecento milioni, altrimenti lo denunceranno ai carabinieri come sfruttatore di prostitute. Giulio, disgustato, va su tutte le furie e non cede al tentativo di estorsione. Consegna ai due ricattatori soltanto le chiavi di una delle sue macchine e i soldi per la benzina come gesto di spregio, e intima loro di lasciare la sua casa.
I due se ne vanno e rimane il dubbio se andranno a denunciare l’architetto: probabilmente no, anche perché Morandoni, che non ama affatto Gilda, ha intenzione di mollarla subito…

Giulio rimane da solo nella villa con Box ed ha l’obbligo di rimanere a disposizione della Benemerita, che sta indagando su di lui. Quella stessa sera, in preda ai fumi dell’alcool, decide di sfogarsi sul suo cane. Stacca dalla parete un nerbo di bue e si dirige verso il povero Box per frustarlo…

Ma nel frattempo Box ha completato la sua “trasformazione”, avendo acquistato anche l’uso della parola. Così, mentre Giulio sta per colpirlo, l’animale si erge su due zampe e a sua volta aggredisce l’architetto. Veramente, più che aggredirlo, entra nel suo corpo…
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Dopo la strana “aggressione”, sia il corpo di Box che quello dell’architetto Giulio Arcangelo giacciono sul pavimento privi di vita e seduto sulla scrivania davanti alla macchina da scrivere c’è un essere con le sembianze a metà tra un cane e un essere umano: si tratta di Box che è entrato nel corpo di Giulio e ha acquistato anche la sua coscienza, la sua intelligenza e la cultura…

L’essere mezzo cane e mezzo uomo decide di scrivere tutta la storia battendola a macchina, con una certa difficoltà perché le mani sono rimaste abbastanza simili alle zampe che aveva prima, anche se il pollice e l’indice sono diventati opponibili.

Nel finale, tuttavia, dopo aver scritto tutto il racconto fino alla sua “metamorfosi”, egli sente che sta di nuovo regredendo, poco a poco, allo stato canino e si chiede se tutta questa strana vicenda non sia stata in realtà soltanto un sogno, il sogno disperato di un cane oppresso dagli esseri umani…
"Lo stolto continua a parlare mentre gli strumenti dicono molto più di questo, stai tranquillo e ascolta quello che non puoi esprimere" (andromeda57)
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Anni 80? No, grazie
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