In caso di errore durante il login ("Il form inviato non è valido"), dovete cancellare tutti i dati del forum dalle impostazioni del vostro browser (cookies, dati, cache). Provate anche prima il "cancella cookie" che trovate in basso in tutte le pagine del forum (icona cestino se siete in visualizzazione mobile) e poi a cancellare dalle opzioni del browser. Chiudete le schede e riavviate. Se ancora non riuscite, non avete cancellato tutto (fate una prova da altro browser o dispositivo, vedrete che funziona).

Al fuoco della controversia (Premio Viareggio Poesia 1978)

Opere ed autori
Rispondi
Avatar utente
Insight
Settantiano VIP
Settantiano VIP
Messaggi: 7605
Iscritto il: lun 4 nov 2013, 17:20

Al fuoco della controversia (Premio Viareggio Poesia 1978)

Messaggio da Insight »

Nel 1978, il prestigioso Premio Viareggio per la Poesia fu vinto da Mario Luzi (1914-2005), con la sua raccolta di poemetti brevi intitolata Al fuoco della controversia.


Fiorentino, esponente dell’ermetismo negli anni giovanili, Luzi in seguito modificò il suo stile e approfondì il proprio cammino di ricerca poetica. La sua poesia rimase comunque fondamentalmente “interiore”, anche se costantemente impegnata a raffrontarsi con la realtà esterna. Una realtà per lo più inafferrabile, della quale è possibile cogliere solo dei barlumi, immagini, frammenti di un universo più vasto, trascendente, e il cui senso più profondo non può essere compreso…

La Poesia può soltanto esprimere questo senso di incompiutezza e smarrimento dell’uomo di fronte al mistero della vita… Per questo fa ampio uso di metafore, di dialoghi estemporanei, di proposizioni interrogative…

In questa raccolta, il Poeta si interroga su alcune vicende umane, sforzandosi di focalizzarle, ma sapendo già a priori che non gli sarà possibile comprenderle nella loro interezza. La dichiarazione di rinuncia è enunciata già nei primi versi della raccolta:

“Non più lunghi poemi, suppongo.
L’anima brucia rapidamente la sua scorza,
la mente divora la metafora,
il significato è fulmineo” – argomenta
maturo, forse al suo apice
perciò, credo, in disarmo
mentre lei catturata nel bosco
non risponde, non gli volge uno sguardo
dall’antica complicità, sorride già ad altro
tra le torri di luce e i molti pozzi d’oscurità, nel folto. Nel folto.

_______________
Ecco una rapida selezione dei versi che mi hanno colpito di più.


Qui, Luzi si interroga di fronte alla tragica vicenda di tre poeti che sono stati assassinati e al tempo stesso li ricorda, tutti insieme, nel primo verso: Garcia Lorca, Mandel‘stam (morto in un gulag siberiano) e Pasolini.

Poscritto

A Granata, nel gulag siberiano, a Ostia –
una riprova superflua, una preordinata testimonianza
oppure sulla lunga controversia
un irrefutabile sigillo? – si chiede
lei depositaria inferma
di misura e di arte
mentre escono il poeta e l’assassino
l’uno e l’altro dalla metafora
e s’avviano al sanguinoso appuntamento
ciascuno certo di sé, ciascuno nella sua parte.


________________

Ecco alcuni barlumi di vita indecifrabile…


Oh, sì, il tempo. La certezza discontinua
del passato. E poi lo sperdimento
tra reale e irreale del senso, l’equivoco
sortilegio delle sue testimonianze.
E insieme la sua parte non in luce
mai granita in eventi
non catturata da forme
non segnata da immagini
neppure inframentali o da ombre, tempo
senza storia ma non senza potenza.
La penso in vecchiaia e in solitudine
dopo anni di apogeo che fissa quel gorgo
e nei suoi non pensieri mi confondo
qui tra l’accecamento dei marmi
sotto il volo, più che il volo la frana nell’aria celeste dei colombi
tra cupola e cupola del luogo che parve umbilicale del mondo.

***
Il bambino nel grembo. Il bambino che si prepara a nascere
e spreme la vita di letizia
e di dolore diffuse in tutto il brulichio stellare
di passato, presente, possibile – quel siero
bruciante, quell’unico indivisibile alimento…E palpita
la sua solarità ancora in ombra
non ancora salutata
dai tre battiti dell’ala della fenice eppure imminente,
eppure certa, mi dico, e lo antivedo
che un angolo di notte ben gemmata
gli scivola via dagli occhi umidi girati verso l’alba.



***
Fuori un mattino stranamente limpido,
le linee certe,
la realtà spaccata
nel suo candore di gheriglio
mentre lei addossata alla porta
non mi lascia partire, non mi trattiene,
solo ascolta filtrare dall’interno
la canzone maliarda suonata da suo figlio –
chiara, senza lusinga o sortilegio
negli occhi, intenta come me
a quei tocchi rari di chitarra,
al sole, all’ombra, al loro mutuo
imprendibile avvertimento.


***
Qui, in queste acque
il principe degli apostoli Paolo
colò a picco e riemerse – dice uno da una zattera
quando siamo a poche miglia dall’isola,
uno con una voce non sua,
un’eco – penso –
sfatta, mucida, che potremmo raggiungere
discendendo in apnea
nell’entrotempo cristiano. O mai.


***

Alla fine di un desiderio o all’esodo? – Sfavilla
questa domanda o questo enigma.
Non danno altri indizi le stelle di luglio.

Né osa più a fondo la mente interrogarsi.
Vacilla nella sua dubbia fiamma, lei.
O non è la vita, non è il suo ritmo?



***
L’incognita è sul binario di corsa
o è nell’uomo che sulla banchina deserta
aspetta perdutamente il convoglio? –
non sa come e perché questo dubbio la tormenta.
Pensare ad altro? Improvvisamente non c’è altro.
Annullarsi, seguire per esempio il mare
che esplode e ritorna mare poco più in basso? Non serve,
constata nella sua vana onniscienza
la non più tanto insonnolita star
addossata al suo bagaglio nella sala d’aspetto:
e fissa l’uno e l’altro, il binario e l’uomo
cercando di conoscerlo, l’evento,
dico, che lei sente maturo
se non già oscuramente accaduto, cos’è mai, quale n’è il senso.
E io che pesco non so dove nella sua vita questo momento.

________________

Non poteva mancare un omaggio a Firenze…

Ha un bel dire con tutti i suoi platani Firenze.
Non è uguale la musica, non può esserlo.
Ma uguale a che, la stessa di quando –
discetta profondamente il senso
non trovando fondale a quel risucchio
di mancamento o rimorso.
Né so cosa m’intenerisce di lei,
se davvero la spina che le è infissa della mia vita
o quell’aria di congedo in lei da me, in me da lei. O il niente di questo.



Questi, invece, sono i mie versi preferiti, dedicati alla stella Marilyn.

Che vuoi dirmi ancora, che altro vuoi farmi conoscere
e espiare – implora
sapesse almeno chi,
lo ignora del tutto, lo ignora disperatamente.
Piange anche di questo nella tortura del risveglio
la molto chiara e concupita vamp
usata, geme, in tutte le sue pieghe,
secca di tutte le sue linfe – E può
da un momento all’altro
squillare il telefono, essere in linea il Presidente,
chiamarla ancora al lussurioso gioco
o a una frivola vacanza, lei
millenaria maschera terrosa
umiliata dalla primavera del mare,
dal mare lasciata in secco, che non è altro.
Tutto ghiacciato in una foto, tutto bruciato in un lampo.


_____________

Concludo con questo mesto requiem dedicato alla nostra cara vecchia repubblica. Credo che sia abbastanza facile, considerando l’anno di pubblicazione, cogliere dei riferimenti al terrorismo, ma non solo…


Muore ignominiosamente la repubblica.
Ignominiosamente la spiano
i suoi molti bastardi nei suoi ultimi tormenti.
Arrotano ignominiosamente il becco i corvi nella stanza accanto.
Ignominiosamente si azzuffano i suoi orfani,
si sbranano ignominiosamente tra di loro i suoi sciacalli.
Tutto accade ignominiosamente, tutto
meno la morte medesima – cerco di farmi intendere
dinanzi a non so che tribunale
di che sognata equità. E l’udienza è tolta.
"Lo stolto continua a parlare mentre gli strumenti dicono molto più di questo, stai tranquillo e ascolta quello che non puoi esprimere" (andromeda57)
_____
Anni 80? No, grazie
Rispondi