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Dopo il Presidente (Premio Viareggio Narrativa 1978)

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Dopo il Presidente (Premio Viareggio Narrativa 1978)

Messaggio da Insight »

Per la sezione Narrativa, il Premio Viareggio nel 1978 fu assegnato al giornalista e scrittore calabrese Antonio Altomonte (1934-1987), per il suo romanzo intitolato: Dopo il Presidente.
Una metafora del Potere, inscenata in un immaginario Stato dittatoriale (che ricorda molto un Paese dell’America Latina oppure la Spagna), dove si intessono le fitte e oscure trame per succedere all’ormai anziano Presidente che si trova in fin di vita.

Protagonista principale, che narra la vicenda in prima persona, è un maggiore generale dell’esercito, recentemente passato a incarichi civili, che nella lotta per la successione al potere si trova (o meglio si trovava fino a pochi mesi prima dell’inizio del racconto) al secondo posto tra i papabili, soprattutto per la sua amicizia di lunga data col Presidente e perché era l’unico degli aspiranti che poteva vantare una conoscenza intima col dittatore. Egli, però, quando inizia la storia, è confinato agli arresti domiciliari nella sua villa, costretto in una situazione di angosciosa incertezza che ormai riguarda la sua stessa vita: qualcuno dei suoi rivali, infatti, tramando nell’ombra, lo ha messo fuori gioco…
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La questione della successione al potere si era aperta circa un anno prima, quando il Presidente, giunto all’età di settantacinque anni, si era recato insieme al suo corteo di notabili in visita all’enorme mausoleo che si era fatto costruire nel cuore della capitale. Davanti a quel lugubre monumento a forma di prisma, egli aveva tenuto l’ultimo discorso in pubblico; e a chi gli stava intorno aveva fatto malinconicamente capire che sentiva avvicinarsi la sua fine: i forti dolori alla prostata ormai non gli davano tregua…

A contendersi l’ambita carica, oltre al maggiore generale, c’erano altri due uomini di potere: il favorito numero uno era il segretario dell’esecutivo, il più giovane dei contendenti, avendo solo quarantasette anni. Carismatico, molto popolare, amato soprattutto dalle donne per il suo affascinante aspetto e soprannominato “Cherry”. Subito dopo il maggiore generale, al terzo posto nella graduatoria dei papabili, vi era il consigliere anziano alla presidenza chiamato “R.”, che godeva delle simpatie della nipote del Presidente, a sua volta conosciuta semplicemente come “la Nipote”.

Ma altre figure tramavano dietro le quinte: il capo della polizia segreta (un losco figuro che si chiama Lobo), un alto funzionario della stampa denominato “il sovrintendente”, e la Nipote stessa, una donna di quarantasei anni ancora molto affascinante e amata dallo zio Presidente, che non si è mai sposato e non ha avuto figli, e che l’ha accolta nella sua casa e cresciuta fin da quando era rimasta orfana a undici anni. La nipote è stata l’unica donna che il Presidente ha tenuto presso di sé durante tutta la sua vita; a lungo si è vociferato di un rapporto incestuoso fra i due…

Il sottile equilibrio fra i contendenti si era rotto subito dopo il discorso del Presidente al mausoleo. Pochi giorni dopo, il sovrintendente era stato trovato morto nel suo ufficio, col capo reclino sulla scrivania. Una morte che in sé non aveva nulla di sospetto, poiché a tutti era sembrato piuttosto evidente che si era trattato di un infarto…

Invece, su quella morte era stato costruito ad arte un “giallo”. A dire il vero, non mancava la materia prima per teorizzare complotti. Tanto per cominciare, a scoprire per primo il cadavere del sovrintendente era stato R., il consigliere anziano, cioè il candidato numero tre alla successione (nonché favorito della Nipote). Inoltre, il sovrintendente, proprio quando era morto, stava riassumendo nella sua rassegna stampa da mandare in onda alla radio un articolo apparso su un giornale che attaccava duramente il maggiore generale, ossia il candidato numero due (nonché narratore della storia). Il sovrintendente alla stampa voleva dare ampio risalto all’articolo che denigrava il maggiore generale: ecco, dunque, che il maggiore generale stesso entrava nella cerchia dei sospettati…

Ma le voci più insistenti, che subito si erano sparse, erano quelle che gettavano fango sul consigliere anziano R., dal momento che egli era stato il primo a rinvenire il corpo e a dare frettolosamente l’annuncio della morte per infarto del sovrintendente.

Una volta montato il “caso”, era entrato in scena Lobo, il capo della polizia segreta, incaricato dalla Nipote di manipolare la vicenda a proprio vantaggio…
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Il referto dell’autopsia del sovrintendente era misteriosamente scomparso, contribuendo così ad alimentare il “giallo”. Tuttavia, i sospetti, dopo essersi concentrati sul consigliere anziano R., si erano spostati addirittura su “Cherry”, il candidato numero uno. A pilotare l’opinione pubblica, gettando discredito sul più probabile successore del Presidente, era stato Lobo, che agiva su mandato della Nipote…
Nel frattempo, le condizioni di salute del Presidente erano andate peggiorando di giorno in giorno, finché egli non si era più trovato in grado di apparire in pubblico né di ricevere visite in privato. Negli ultimi mesi, due sole persone potevano accedere al suo letto (oltre naturalmente ai medici): la Nipote e il maggiore generale.

Il lungo silenzio del Presidente aveva prodotto una situazione di incertezza e di instabilità in tutto il Paese. Ne avevano approfittato i ribelli secessionisti e i movimenti popolari di rivolta, con attentati terroristici e scioperi nelle fabbriche e nelle università. Erano scoppiati disordini e tumulti ai quali erano conseguite molte ondate di arresti da parte della polizia.

Il Paese era precipitato in pochi mesi in una situazione piuttosto caotica e di emergenza. Il Presidente, inoltre, “non si decideva a morire”: e ciò creava una pericolosa situazione di stallo istituzionale.

Con “Cherry” e il consigliere anziano R. fortemente screditati dalle voci che li volevano coinvolti nel presunto omicidio del sovrintendente, il maggiore generale pareva avere la strada spianata verso il potere assoluto. Invece, il piano di Lobo e della Nipote, in segreto, prevedeva anche la sua eliminazione…

Con l’accusa pretestuosa di aver sobillato certi settori dell’esercito, il maggiore generale era infine stato messo agli arresti domiciliari nella sua lussuosa dimora. Si era trattato di una specie di “quarantena”: un provvedimento transitorio destinato a rimanere in piedi finché non si fosse “fatta chiarezza sulla sua posizione”. Nel frattempo, sempre in via provvisoria, la Nipote aveva assunto la carica di capo dello Stato…
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Il maggiore generale, dunque, da un paio di settimane si trova agli arresti domiciliari nella sua villa. La moglie e i figli sono espatriati, messi al sicuro all’estero. Lui, invece, non sa che cosa gli succederà e teme per la propria vita. Nel grande giardino della villa, ci sono notte e giorno due uomini della polizia segreta che lo piantonano. Egli può ricevere, tuttavia, le visite della sua amante, che si chiama Odessa e che ha pericolosi contatti con i secessionisti, ma anche delle entrature nel Palazzo presidenziale grazie alle quali essa tiene costantemente aggiornato il maggiore generale sulla situazione politica.

Il protagonista passa il tempo a curare la serra nel giardino della villa e a ripercorrere con la memoria sia il passato più lontano, quando era solo un bambino e aveva conosciuto il giovane che poi sarebbe diventato il Presidente, sia quello più recente, quando era diventato un uomo molto potente e influente, essendo nelle grazie dell’amico dittatore. Sia, infine, gli ultimi drammatici avvenimenti, che lo hanno visto precipitare in poco tempo da numero due dei papabili alla successione a sospetto sobillatore. Il maggiore generale ripensa macchinosamente a tutti i passaggi, alle ultime visite fatte al Presidente moribondo, ai colloqui con Lobo e la Nipote, agli errori che ha commesso, alle mosse sbagliate, ai “giochi” e ai delicati equilibri che non ha saputo comprendere…
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Una sera egli trova la povera Odessa massacrata di botte nel giardino, ridotta in fin di vita. La trasporta dentro la villa e la adagia su un letto. Le presta i primi soccorsi, chiama l’ambulanza e la polizia, non può fare altro.
I poliziotti arrivano e gli fanno subito alcune domande che non lasciano presagire nulla di buono: gli chiedono se egli era a conoscenza del fatto che Odessa aveva dei contatti con i secessionisti ed era, in pratica, una terrorista… Lui ovviamente nega.

In effetti, il maggiore generale, pur conoscendo le pericolose frequentazioni di Odessa, la teneva solo come amante e informatrice personale, e non aveva a sua volta alcun contatto con organizzazioni eversive. Ma ciò, ovviamente, non può essere spiegato ai poliziotti…

Odessa viene trasportata all’ospedale in gravi condizioni. Il protagonista rimane da solo col suo assillo, che, a dire il vero, dura assai poco. Qualche ora dopo, infatti, mentre si trova nella serra perché non riesce a prendere sonno, scorge due uomini che entrano furtivamente nella villa. Sono senza dubbio armati e venuti per ucciderlo. Probabilmente, conoscendo le vecchie e collaudate tecniche della polizia segreta del regime, insceneranno un suicidio dopo averlo fatto fuori…

Il maggiore generale, allora, esce di nascosto dalla serra e sfugge ai due sicari inerpicandosi sulla collina che sovrasta la sua villa. Là, sulla cima, aspetta tutta la notte. Si distende sull’erba e guarda la luna, immaginando con rassegnazione che ormai è giunta la propria fine.

All’alba scende per il sentiero e ritorna nella villa. Scopre che i due uomini se ne sono andati. Alla paura subentra allora una strana euforia, che lo porta addirittura a ridere per quella assurda situazione, di due agenti segreti che lo stanno cercando per ucciderlo mentre lui se ne sta tranquillo a casa sua. Passa l’intera giornata a inebriarsi ancora di più con l’alcool, a scrivere e ad ascoltare, ridendo, i notiziari alla radio, nei quali si dice che egli è ricercato dalla polizia in tutto il Paese.

Egli sa che prima o dopo torneranno a cercarlo in villa e lo uccideranno. Ma si diverte a pensare alla faccia che faranno i sicari quando lo scopriranno a casa dopo averlo cercato dappertutto; e l’unica cosa che gli dispiace è che in quelle circostanze, cioè trovandolo in casa e con delle bottiglie di super alcolici scollate sul tavolo, il “suicidio” che verrà annunciato alla stampa risulterà più credibile…
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Romanzo dalle atmosfere ovattate e inquietanti, che rende perfettamente l’idea del Potere totalizzante e “strisciante”, che finisce, in assenza di libertà e di regole trasparenti e democratiche, con lo stritolare nelle sue trame chi viene a trovarsi dalla parte sbagliata al momento della “resa dei conti”.
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N.B. Ricordo che il Premio Strega, il maggior premio letterario italiano, nel 1978 fu vinto da Ferdinando Camon con il romanzo Un altare per la madre (vedi in questa sezione).
"Lo stolto continua a parlare mentre gli strumenti dicono molto più di questo, stai tranquillo e ascolta quello che non puoi esprimere" (andromeda57)
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Anni 80? No, grazie
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