Scrittore d’ispirazione cattolica, Doni, in questo libro (non autobiografico, anche se ovviamente c’è in esso qualcosa di lui), documenta il tormento interiore del protagonista, da giovane sempre alla ricerca di risposte, di segni concreti che appagassero il suo bisogno di credere in Dio; da cinquantenne, invece, desideroso di mettere finalmente ordine, soprattutto morale, nella sua vita.
Il romanzo si sviluppa su due piani temporali differenti: uno più lontano, che corrisponde alla giovinezza del protagonista, purtroppo guastata dalla guerra, e che abbraccia gli anni dal 1942 al 1946, l’altro contemporaneo, che corrisponde alla sua raggiunta maturità anagrafica. Sicché il lettore si trova di fronte a una precisa alternanza di capitoli che si sussegue per tutto il libro, uno dedicato agli anni della guerra e quello successivo incentrato sul tempo presente.
Il protagonista si chiama Marco, è sposato da vent’anni con Clara, un’attivista cattolica che ha conosciuto dopo la guerra e dalla quale ha avuto due figli, Mario e Maria, che hanno rispettivamente diciotto e diciassette anni. Dirige una piccola industria di “materiale didattico” in Toscana, che ha ereditato dal suocero e che ha saputo, insieme al suo socio, trasformare nella prima azienda al mondo produttrice di mappamondi, globi lunari, carte geografiche a rilievo e modelli anatomici, soprattutto ad uso delle scuole e università.
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Un giorno, precisamente il 4 gennaio 1973, mentre Marco si trova in vacanza con la sua famiglia e con amici in una località del Trentino-Alto Adige, cade durante una discesa con gli sci e si procura una brutta frattura a una caviglia: proprio nello stesso punto in cui aveva riportato una grave ferita “da schegge” in guerra, trentuno anni prima. Soccorso dai due figli, Mario e Maria, che stavano sciando insieme a lui, e poi anche dalla moglie e dagli amici, Marco viene trasportato a valle con un taboga e sottoposto a un primo medicamento. Ma il giorno dopo è necessario ripartire perché la caviglia dovrà essere operata. L’allegra vacanza finisce, così, mestamente, e la famiglia ritorna in Toscana a bordo della propria Alfa Romeo Giulia. La moglie è alla guida, i ragazzi si stringono sui sedili posteriori, Marco ribalta il sedile accanto a quello della moglie, si distende e tiene per tutto il viaggio il piede ferito fuori dal finestrino…
Giunti a casa, lo ricoverano subito in una clinica, nonostante sia la vigilia dell’Epifania. Il responso dei medici è piuttosto serio: il malleolo è fratturato in ben tre punti e probabilmente sarà necessario introdurre una vite per stabilizzarlo. Ci sarà un lungo periodo di convalescenza durante il quale Marco sarà costretto a una parziale immobilità e non potrà lavorare…
Nello sconforto, mentre si trova nella stanza della clinica in attesa di essere sottoposto all’intervento, Marco corre con la memoria a trentuno anni prima, a quando, durante un’azione di guerra in Africa Orientale, era stato ferito dalle schegge di una granata ed era stato costretto ad un lunghissimo periodo di degenza, col rischio che la caviglia gli andasse in cancrena, prima in un ospedale militare e poi in una clinica al mare, sempre in Toscana…
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La storia, quindi, pur avendo lo stesso protagonista, “si sdoppia”. Il Marco diciannovenne, ricoverato all’ospedale militare, costretto per mesi e mesi a stare disteso a letto, inizia proprio allora il suo travagliato percorso di avvicinamento a Dio. Profondo e impellente è il suo bisogno di credere, ma allo stesso tempo, guardandosi attorno, vedendo tanta sofferenza (morti, feriti, corpi dilaniati dalle bombe, amici che non tornano dal fronte, case rase al suolo, bambini sepolti dalle macerie, ecc.) tutto sembra suggerirgli che nel mondo trionfano il male e le ingiustizie, e che dunque non può esserci spazio per un Dio. Che Dio è, che permette il male? E’ la domanda che di più lo tormenta durante gli anni della guerra. Egli cerca in tutti i modi e dappertutto i segni della presenza divina, legge testi di teologi e filosofi e durante la notte supplica quel Dio, a cui vorrebbe credere, di manifestarsi, di mandargli almeno un segno della sua presenza per toglierlo dal tormento…
Il Marco cinquantenne, invece, da ormai molto tempo ha ricevuto in dono la fede, ma il nuovo periodo di semi-immobilità, di quarantacinque giorni, cui è costretto per la multipla frattura della caviglia, lo porta ad arrovellarsi sul bisogno di cambiare la propria vita, di imprimerle un nuovo ordine morale.
Infatti, nonostante la trovata fede in Dio, Marco si rende conto che la sua vita, dalla fine della guerra in poi, è stata un coacervo di errori, dei quali il più grave è senz’altro quello di avere avuto, dopo che era sposato da poco e padre di due figli di tre e di due anni (Mario e Maria), una relazione con un’altra donna più giovane, Giulia, e di aver generato un altro figlio, Maurizio, che attualmente è ancora un bambino, avendo soltanto undici anni, e che vive solo con la madre…
Marco, anche dopo che la relazione è stata scoperta dalla moglie, non ha mai rinunciato a Giulia e in pratica da ben quindici anni conduce due vite parallele con due famiglie diverse, sebbene la famiglia “privilegiata” sia rimasta la prima.
Clara, sua moglie, è al corrente di tutto, ma è riuscita ad accettare questa situazione, ponendo al marito come unica condizione quella di non “affiliare” l’altro bambino.
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Mentre il Marco giovane, dopo un lungo travaglio interiore riesce finalmente a trovare la fede in Dio (riporto quasi testualmente: “Nonostante nel mondo ci sia un vuoto di bene e quindi un vuoto di Dio e, anzi, proprio grazie a quel vuoto”), il Marco cinquantenne, ormai credente da tempo (ma sempre un po’ tormentato), verso la fine della sua convalescenza giunge addirittura alla drastica decisione di ritirarsi a vita contemplativa, per essere più vicino a Dio e per espiare le sue colpe. Egli quindi propone al figlio diciottenne Mario, che sta vivendo il suo periodo “sinistroide” al primo anno di università, di subentrare al suo posto nella gestione dell’industria…Ma infine è la moglie Clara, per fortuna, a fargli cambiare idea, facendogli capire che ritirarsi dal mondo e fuggire dalle proprie responsabilità non è la maniera giusta di comportarsi. Mentre per quanto riguarda le sue colpe, gli ricorda che ad essere buone o cattive non sono le azioni in sé, ma l’intenzione con la quale le si compie…
In pratica, Marco ha combinato, sì, dei pasticci, ma in fondo le sue intenzioni non erano cattive…
Grazie al sostegno di Clara, Marco ritrova la giusta serenità per prendere finalmente una decisione: egli romperà il suo rapporto con Giulia; ma, come “contropartita”, con il consenso della moglie, gradualmente, provvederà a inserire in famiglia l’altro figlio, Maurizio, e soprattutto dopo aver “preparato” i ragazzi, Mario e Maria, che sono all’oscuro di tutto e non sanno ancora di avere un fratellino consanguineo da ormai undici anni…
Il nuovo patto tra i due coniugi, “consacrato” da un viaggio a Lourdes (come quando si erano appena conosciuti e Marco ancora non credeva in Dio), favorisce anche un loro riavvicinamento che, dopo un lungo periodo di crisi, lascia ben sperare per il futuro.
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Una delle tante cose che non ho capito di questo libro è il titolo, che rimane comunque la sua parte più bella...