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Immagine speculare

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Insight
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Immagine speculare

Messaggio da Insight »

Quando si parla di fantascienza non si può non pensare ai robot. E se parliamo dei robot nella narrativa fantascientifica viene subito in mente il grande Isaac Asimov. Nel 1972 fu pubblicato per la prima volta il suo stupendo racconto Mirror Image, che tocca l’affascinante argomento dell’etica degli androidi.
In Italia lo possiamo leggere col titolo Immagine speculare nelle due antologie “Il meglio di Asimov” (1973) e “Tutti i miei robot” (1982).
Immagine
E’ necessario premettere che i robot seguono un’etica molto semplice, fondata essenzialmente soltanto su tre Leggi fondamentali (sono molto meno complicati di noi).

Legge numero uno: un robot non può arrecare danno a nessun essere umano.

Legge numero due: un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, a meno che essi non contrastino con la Legge numero uno.

Legge numero tre: un robot deve salvaguardare se stesso, a meno che ciò non contrasti con la Legge numero uno e la Legge numero due.
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Ebbene, tenendo conto delle tre Leggi fondamentali dell’etica robotica, è possibile che un robot menta e in quali casi ciò può verificarsi?

E’ quanto deve scoprire (siamo ovviamente nel mondo del futuro) il detective terrestre Baley, al quale un giorno viene sottoposto questo difficile caso: due scienziati affermano di essere entrambi i primi scopritori di un’importante teoria matematica, avendo elaborato per primi nella propria testa un nuovo metodo di analisi dei circuiti neurali…

Nessuno dei due ha scritto degli appunti, per cui non è possibile stabilire la priorità temporale della scoperta attraverso un’analisi documentale…
Ambedue affermano di aver concepito la nuova legge matematica solo nel proprio cervello e di essersi affrettati a comunicarla alla Commissione scientifica della galassia…

L’uno è il dottor Humbold, un matematico di fama interplanetaria; anzi egli è considerato il più grande matematico vivente di tutta la galassia. Ed essendo non un terrestre ma uno Spaziale, ha già raggiunto i 270 anni di età…

L’altro è il dottor Sabbat, considerato “l’astro nascente” della matematica, il nuovo genio. Anch’egli è uno Spaziale, ma è ancora molto giovane, essendo “appena” cinquantenne…

Ora, entrambi questi geni della matematica raccontano specularmente la stessa versione dei fatti per dimostrare che sono stati i primi a concepire la nuova e rivoluzionaria teoria.

Il vecchio dottor Humbold afferma di aver incontrato a bordo di un’astronave il giovane collega Sabbat e di avergli confidato la propria scoperta, chiedendogli che cosa ne pensava. Sabbat, secondo la versione di Humbold, si sarebbe dimostrato entusiasta, rafforzando la convinzione del vecchio matematico circa la validità della scoperta. Al che Humbold si sarebbe affrettato a scrivere una relazione e a inviarla alla Commissione scientifica interplanetaria.

Ma poco tempo dopo, alla Commissione è giunta anche una relazione del giovane matematico Sabbat, sostanzialmente uguale a quella del collega anziano. E Sabbat racconta, a parti invertite, la stessa storia di Humbold: di averlo incontrato sull’astronave, di avergli comunicato la propria scoperta, di aver riscosso l’entusiasmo del vecchio e prestigioso matematico e di essersi dunque affrettato a scrivere una relazione e ad inviarla alla Commissione scientifica.

In pratica, ciascuno dei due scienziati afferma di essere stato il primo e che l’altro gli ha “rubato” la scoperta…

Per sapere chi dei due matematici mente, è inutile interrogarli e anche piuttosto increscioso per il mondo accademico interplanetario. Oltretutto, trattandosi di due essere umani (ancorché non terrestri ma Spaziali), la loro mente possiede mille e più meccanismi di difesa in grado di schermare e alterare la realtà, dando forza alla propria bugia…

Molto meglio per il detective Baley interrogare i due robot-servitori degli scienziati. I robot hanno una mente e un’etica molto più semplici e trasparenti rispetto a quelle degli umani: dovrebbe essere più facile scoprire la verità sentendo cosa dicono gli androidi…
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Ebbene, com’era prevedibile, i due robot-servitori confermano ciascuno la versione del proprio padrone umano: il robot di Humbold afferma che il suo padrone è stato il primo a concepire la legge matematica e ad averne parlato con Sabbat a bordo dell’astronave.

La stessa versione, specularmente inversa, è raccontata dal robot-servitore di Sabbat…

E’ chiaro che uno dei due robot mente. Ma quale?

Tenendo presente le tre Leggi fondamentali, un robot potrebbe mentire anzitutto in ossequio alla terza Legge: per proteggere se stesso. Ma questo non è certamente il caso: nessuno dei due robot-servitori è qui a rischio della propria incolumità. E’ piuttosto chiaro che uno dei due robot in questo caso mente nel rispetto della Legge numero due: perché ha ricevuto l’ordine di mentire dal proprio padrone.

Per scoprire la verità, allora, si gioca tutto sulla prima Legge: nessun robot mentirebbe mai, se dalla sua menzogna derivasse un danno ad un essere umano…
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L’astuto detective Baley interroga dunque separatamente i due robot-servitori, iniziando da quello del “giovane cinquantenne” matematico Sabbat.

L’androide, dopo aver confermato la versione del suo padrone, ossia che egli è stato il primo a scoprire la legge matematica e ad averne parlato al vecchio dottor Humbold a bordo dell’astronave, viene posto dall’abile detective di fronte a questa problematica più o meno nei termini seguenti: “Bada che se si dovesse scoprire che tu e il tuo padrone mentite, non succederebbe un granché di male: la comunità scientifica perdonerebbe una menzogna ad un giovane matematico ancora in formazione, che poi avrebbe davanti a sé ancora tanti anni per dimostrare il proprio valore. Ma se invece si scoprisse che la verità è l’altra, ossia che a mentire è stato il vecchio matematico Humbold, costui verrebbe fortemente danneggiato: nessuno perdonerebbe ad uno scienziato del suo calibro di aver rubato l’idea a un giovane e di avere poi raccontato una menzogna; la sua reputazione ne uscirebbe distrutta ed essendo egli già in età avanzata non avrebbe nemmeno più tempo per rimediare…”.

Il robot-servitore del giovane matematico Sabbat, allora, riconsiderando i fatti alla luce di questo nuovo dato, rivede la sua versione precedente e confessa: “Prima ho mentito…In realtà il primo a fare la scoperta è stato il dottor Humbold ed è lui che per primo ne ha parlato al mio padrone”.

Senonché il detective Baley sa benissimo che la “confessione” del robot-servitore del giovane Sabbat non ha ancora nessun valore: infatti, ben può essere che egli abbia mentito nella sua prima versione dei fatti per aver ricevuto l’ordine di mentire dal suo padrone; tuttavia, potrebbe anche essere che egli menta adesso (e non prima) in ossequio alla Legge numero uno: ossia per proteggere il dottor Humbold da un danno grave…

E’ necessario allora sentire anche l’altro robot, il servitore del dottor Humbold.

Egli naturalmente conferma la versione del proprio padrone, specularmente inversa a quella del giovane Sabbat e del suo robot-servitore: è stato il vecchio scienziato a concepire per primo la teoria e a rivolgersi al giovane Sabbat incontrato per caso sull’astronave, chiedendo un suo parere…

Baley, allora, mette il robot davanti a questo dilemma, specularmente inverso a quello rappresentato all’altro androide: “Bada che se si dovesse scoprire che tu e il tuo padrone mentite, al vecchio matematico Humbold non succederebbe nulla di grave: data la sua fama interplanetaria, la comunità scientifica lo perdonerebbe, sarebbe una macchia piccolissima nella sua lunga carriera costellata di successi. Ma se invece si dovesse scoprire che a mentire è stato il giovane Sabbat, per lui significherebbe la fine della sua carriera: nessuno gli perdonerebbe mai di aver soffiato l’idea ad un prestigioso matematico soltanto per arrivismo…”.

Ecco allora che il robot-servitore del vecchio matematico Humbold, prima ancora di riuscire a riformulare la sua risposta alla luce dei nuovi elementi che gli sono stati rappresentati, entra “in stasi”, i suoi circuiti mentali si bloccano e non è più in grado di parlare…

Per il detective Baley ciò è sufficiente: è la prova che a mentire sono stati lui e il suo vecchio padrone. Il primo a scoprire la legge matematica è stato il giovane Sabbat e l’anziano dottor Humbold ha cercato di soffiargli la scoperta.

Infatti, se il robot si è bloccato ed è andato in stasi, significa che egli ha dovuto sforzare notevolmente i suoi circuiti mentali: e questo sforzo può essere giustificato solo dall’aver dovuto superare un ordine in precedenza ricevuto dal proprio padrone, passando così dalla menzogna che aveva detto prima alla verità che stava cercando di dire adesso.

In pratica, il robot di Humbold inizialmente ha mentito in ossequio alla Legge numero due e successivamente ha detto la verità in ossequio alla Legge numero uno. Il robot di Sabbat, invece, non è andato in stasi perché ha dovuto fare uno sforzo mentale minore: dalla verità detta inizialmente, senza aver ricevuto alcun ordine da un essere umano, è passato a dire una menzogna in ossequio alla Legge numero uno, per proteggere l’anziano matematico…
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Il vecchio matematico Humbold, messo alle strette alla luce del responso comunicato alla Commissione dal detective Baley, finalmente crolla e confessa di aver mentito: avendo appreso dal giovane Sabbat la sua scoperta a bordo dell’astronave, non ha resistito alla vanità di rubargliela e di farsene attribuire la paternità…

L’intuizione di Baley, dunque, era esatta. C’è solo un’ultima obiezione che gli viene mossa e che deve superare: dal momento che il robot di Humbold è andato in stasi prima ancora di riformulare la sua risposta, non poteva essere che il blocco dei circuiti fosse stato determinato dal passaggio dalla verità che aveva detto prima alla menzogna che stava cercando di dire dopo? In fin dei conti, passare dalla menzogna alla verità significa liberarsi da un peso e dunque dovrebbe essere piuttosto semplice; mentre passare dalla verità alla menzogna significa dover affrontare un notevole stress mentale per un robot…

La risposta del detective Baley è molto semplice. Egli in fin dei conti conosce gli esseri umani (compresi gli Spaziali) assai meglio che i robot e dunque sa che un vecchio e famoso matematico come il dottor Humbold non si sarebbe mai abbassato a chiedere conferma di una propria teoria a un giovane inesperto come Sabbat…Mentre invece è perfettamente credibile che il giovane Sabbat, una volta elaborata la teoria, si sia rivolto con deferenza al vecchio maestro Humbold per ottenere conferme…

In definitiva, Baley aveva già intuito, prima ancora di interrogare i due robot, che a mentire era il vecchio Humbold. Così, una volta emersa un’asimmetria tra le due versioni speculari (ossia la “stasi” del robot-servitore di Humbold), egli ha cercato di adattarla all’intuizione che aveva già raggiunto. E i fatti, vista la confessione finale dell’anziano matematico, gli hanno dato ragione ;)
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Anni 80? No, grazie
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hal9000
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Re: Immagine speculare

Messaggio da hal9000 »

geniale Asimov come sempre, non mi stanco mai di leggerlo e rileggerlo,
possiedo persino una copia di "le correnti dello spazio" autografata, che mi è
stata regalata da un amico americano a conoscenza della mia passione
per questo autore, inutile dire che la tengo come una reliquia.
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Re: Immagine speculare

Messaggio da Insight »

Anche a me è sempre piaciuto... I racconti di "Io, robot" li lessi a dieci anni :)
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