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Il paradiso degli animali

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Insight
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Il paradiso degli animali

Messaggio da Insight »

Nel 1979 Carlo Cassola pubblicò Il paradiso degli animali, romanzo appartenente al ciclo “catastrofico” di questo famoso Autore, che in un certo senso, e pur discostandosene, prosegue nel solco tracciato da “Il superstite”, uscito l’anno prima (vedi in questa sezione).

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Come nel precedente romanzo, anche qui siamo in terra toscana, in una bellissima e rigogliosa pineta situata a Marina di ***, e anche in questa storia protagonisti sono gli animali: infatti l’uomo, stupidamente, è riuscito a distruggere tutta la propria razza scatenando una terribile guerra nucleare che ha posto fine alla civiltà umana.

Mentre nel Superstite non erano state risparmiate nemmeno le altre specie animali, e in tutta la faccia della Terra da ultimo l’unico disperato sopravvissuto era rimasto un cane, qui solamente l’uomo è scomparso dal pianeta, mentre gli animali, sia selvatici sia domestici, non sono stati annientati e si ritrovano da soli, liberi dal dominio dell’essere più evoluto e intelligente (che poi tanto intelligente non si è dimostrato, visto che ha finito con l’autodistruggersi).

La scomparsa dell’uomo comporta naturalmente un enorme scompenso anche nel mondo animale: soprattutto i cani e i gatti, che erano entrati in estrema confidenza con gli umani e vivevano insieme ad essi, sono costretti a vivere ora nella macchia e a procurarsi il cibo da soli, entrando in concorrenza con gli animali selvatici…

Un gatto più intelligente degli altri, che abita a Marina di *** e che nella tradizione storica verrà poi ricordato come il “Gran Gatto”, intuisce che l’unica possibilità di salvezza per gli animali, dopo lo squilibrio della catena alimentare causato dalla scomparsa dell’uomo, consiste nel diventare tutti vegetariani, rinunciando a uccidere e a mangiare gli individui delle altre specie. Solo così gli animali potranno sopravvivere a lungo termine e fondare una propria civiltà. Diversamente, se essi continueranno a nutrirsi di carne e a mangiarsi l’uno con l’altro, saranno destinati ad estinguersi in breve tempo…
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Sotto la guida del Gran Gatto, nella pineta di Marina di ***, un certo tempo dopo la catastrofe degli uomini, si tiene una grande assemblea alla quale partecipano quasi tutte le specie animali, durante la quale vengono prese due importantissime decisioni: i carnivori dovranno diventare vegetariani e tutti gli animali saranno tenuti a vivere in società, con l’unica eccezione degli uccelli e dei pesci, che ne sono dispensati per ovvii motivi.

Gli animali di terraferma (tutti, tranne i serpenti) accettano le decisioni del Gran Gatto, perché viene spiegato loro che è in gioco la sopravvivenza di ogni specie animale. Nasce così la prima comunità di animali.

Sull’esempio di Marina di ***, in tutto il mondo sorgono poi comunità di animali che si fondano sul principio della dieta vegetariana e del vivere in società. In pratica gli animali prendono il posto degli uomini e fondano una nuova civiltà.

Quasi dappertutto la razza dominante è quella dei gatti, che sono gli animali più “intellettuali”. I cani, anch’essi molto intelligenti, hanno un’indole servile e quindi assolvono a compiti di carattere più pratico. La tradizione storica riferisce che la civiltà animale si è sviluppata grazie ai gatti, che erano la “mente”, ma anche grazie ai cani, che erano il “braccio”. Infatti, quando anche tra le comunità degli animali si scateneranno le prime guerre, la casta militare sarà subito formata dai cani. I gatti, invece, saranno i pensatori, gli artisti, gli inventori, gli scienziati, i filosofi…
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Il libro segue soltanto lo sviluppo di Marina di ***, che è la prima e più importante comunità di animali e che diventa, in pratica, quella che è stata Roma per la civiltà umana.
Evidenti, infatti, sono le analogie con la civitas romana: per fare solo un esempio (ma molti altri ce ne sono nel libro), la tradizione annovera sette “Gran Gatti” che si succedono al governo nella prima fase storica, anche se probabilmente saranno stati molti di più…

La civiltà degli animali si trova a percorrere le medesime tappe di quella umana e finisce per cadere negli stessi errori. Anzitutto, le guerre. Poi, la creazione di un “nemico comune” che funge da collante per le masse. Anche gli animali, come già gli uomini, per stare insieme hanno bisogno di combattere contro un nemico: e questo viene subito individuato nei serpenti, perché fin dagli albori della civiltà essi sono stati gli unici animali a rifiutare la dieta vegetariana e la vita comunitaria…

Ma anche la necessità di espandersi, di conquistare sempre nuovi spazi, è un’ossessione che gli animali ripetono stupidamente dagli uomini. Marina di ***, infatti, conosce nei secoli un’enorme espansione grazie alle conquiste militari, che la porta a diventare la civiltà animale più potente e sviluppata di tutto il pianeta…
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Già il primo Gran Gatto era preoccupato che gli animali, anche dopo essere diventati vegetariani ed essere andati a vivere in società, facessero gli stessi errori degli umani e finissero con l’autodistruggersi anch’essi…
La parola d’ordine, tramandata fin dalla fondazione della prima comunità di animali, è dunque quella di imitare gli uomini soltanto nelle cose buone che sono riusciti a fare e non in quelle negative…

Per secoli e secoli, dunque, tra gli animali, in tutte le comunità, si è tramandata questa idea: “Dobbiamo stare attenti a non commettere gli stessi errori degli uomini”. Il primo rimedio per non fare la stessa fine degli umani era stato individuato dal Gran Gatto. Ma col passare dei secoli, una volta che gli animali hanno raggiunto lo stesso grado di evoluzione degli uomini, è evidente che esso non basta più per evitare la catastrofe. Infatti, nessun animale dell’era moderna è più carnivoro (ormai da molti secoli) e nessuno nemmeno si sognerebbe di fare una vita da selvaggio. Eppure, si rischia lo stesso l’estinzione…

Ormai, nell’era moderna, gli animali sono come gli uomini. Hanno mutato anche il loro aspetto fisico e si assomigliano tutti fra loro. La maggior parte di essi cammina eretta (i gatti e i cani sono stati i primi) e oggi è difficile distinguere un cane da un gatto e persino da un orso e da un bue.

Gli animali dell’era moderna vivono in confortevoli abitazioni, hanno costruito case, palazzi, città, scuole, ospedali, strade e industrie. E naturalmente anche armi con le quali hanno combattuto sanguinosissime guerre…

La civiltà animale, anche se in un tempo inferiore a quello impiegato dagli esseri umani, ha conosciuto la medesima evoluzione e il medesimo progresso ed è giunta infine anch’essa, nonostante i buoni propositi, a un passo dall’autodistruzione.

Ma nelle ultime pagine del libro si scopre che a un certo punto è accaduto un miracolo: gli animali si sono dimostrati più intelligenti degli uomini ed hanno evitato la catastrofe, adottando un semplice accorgimento che avrebbe salvato anche gli esseri umani se non fossero stati così stupidi e accecati dall’odio e dalla sete di potere: essi hanno abolito gli eserciti e le armi…

Come diversi secoli prima gli animali avevano capito che l’unico modo per sopravvivere dopo la scomparsa degli uomini era quello di diventare vegetariani e di vivere in società, in epoca moderna essi hanno compreso che il solo modo per evitare l’autodistruzione è quello di smilitarizzare tutti insieme i propri territori e di mettere al bando le armi. Così gli animali, a differenza degli uomini, continueranno a vivere: perché hanno commesso tutti gli errori degli esseri umani, tranne l’ultimo.
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Un’interessante (e a dire il vero un po’ strampalata) parabola sulla civiltà umana, che mostra una possibile (anche se estremamente difficile) via di salvezza dall’autodistruzione. Gli animali, a ben vedere, c’entrano poco. Sono soltanto un pretesto, come nelle favole di Esopo.
Tuttavia, la lettura non coinvolge e non incanta come ne “Il superstite”.
"Lo stolto continua a parlare mentre gli strumenti dicono molto più di questo, stai tranquillo e ascolta quello che non puoi esprimere" (andromeda57)
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Anni 80? No, grazie
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