Ambientato nella frazione di Malpaga, un paesino di circa mille abitanti che si trova (almeno stando al libro) sulle rive del Lago di Garda, tra San Felice e Limone, nella provincia di Brescia, in un periodo che va dall’inverno all’estate dell’anno 1970.
Possiamo definirlo un romanzo “corale”, dove protagonista è tutta la comunità con i suoi abitanti, che sono quasi dei “caratteristi”: Ippolito il barbiere, Ettore lo spazzino, Dario il benzinaro, il Nardini detto “Fiasco” (un inguaribile beone), etc., etc.
Svettano, tuttavia, due personaggi principali: Mafalda Merici e il dottor Paolo Staffieri, detto “dutùr”.
Non c’è un’unica storia, ma tanti piccoli episodi spesso conditi in “salsa piccante”. Preme all’Autore mettere in luce i “peccati carnali” della comunità (tradimenti, fughe d’amore, ragazze molto giovani che rimangono incinte, prostituzione, violenze sessuali, etc., etc.). Nonché l’ipocrisia con la quale si cerca di tenerli nascosti e, allo stesso tempo e in maniera contraddittoria, i pettegolezzi con i quali si cerca di amplificare i “peccatucci” e di creare gli scandali…
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Mafalda Merici è una donna di ventotto anni, molto bella, che però nessun giovane di Malpaga prenderebbe mai in moglie, perché undici anni prima ha commesso il “grave peccato” di innamorarsi di uno zingaro delle giostre e di fare un figlio con lui, che poi l’ha abbandonata…Le cose cambiano quando Mafalda eredita una fortuna dal proprietario del camping che si trova all’interno del paese, che morendo le lascia per testamento tutte le sue sostanze (le malelingue dicono che Mafalda era la sua amante). Ecco farsi sotto vari pretendenti, una volta che Mafalda è diventata ricca. Ma lei non ne vuole sapere e l’unico con il quale sarebbe disposta a dividere la sua fortuna (e la vita) è il dottor Paolo Staffieri.
Ma Staffieri, il “dutùr” ormai sessantenne e malato di tubercolosi (nonché dedito all’alcool), l’unico che è rimasto amico di Mafalda anche quando era una “reietta”, declina gentilmente l’offerta, sapendo che gli rimane ormai poco da vivere e che la bella e giovane Mafalda si merita certamente di meglio.
Del resto anche Mafalda, pur essendo una vittima del perbenismo dei suoi compaesani, non ne è affatto esente, perché vorrebbe sposare il “dutùr” soprattutto per “lavare l’onta” dello zingaro, per riscattarsi dall’errore commesso quand’era più giovane e dare finalmente un padre al suo bambino…
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Malpaga è un paesino affacciato sul Lago di Garda (sebbene io non lo trovi sulla cartina geografica), pittoresco e non privo di fascino. Nebbioso e umido d’inverno, grazioso e soleggiato d’estate, quando si riempie di turisti (tedeschi, danesi, svedesi e olandesi) e la comunità allora si anima, si risveglia dal lungo sonno invernale e si immerge in attività lucrative: tutti allora pensano a far soldi in maniera febbrile e sacrificano ogni altra passione e movente di vita al Dio denaro.Gli abitanti sono nettamente divisi tra i “popolani” (i poveri) e gli “abbienti”, come lo stesso dottor Paolo Staffieri, che è un bancario bresciano messo in quiescenza per malattia (e forse, come si vocifera, anche perché si presentava in banca con l’Unità sotto il braccio).
Un’altra suddivisione, che largamente ma non perfettamente coincide con quella fra poveri e abbienti, è quella fra comunisti e democristiani. In alcuni episodi, come quello della “guerra” innescata dai “rossi” per far cessare l’assordante suono delle campane della chiesa all’alba, si respira un’aria “guareschiana” e sembra quasi di leggere una storia di Don Camillo e Peppone.
Tra i personaggi più squallidi c’è il farmacista Bandelli, che oltre a stare dietro il banco dell’unica farmacia del paese si diletta anche a praticare guarigioni “magiche” (facendosi pagare profumatamente) e approfittandosi non poco quando le pazienti sono belle e formose ragazze…
Ma l’episodio più tragico e ingiusto è senz’altro quello del giovane Solideo, un ragazzo di diciassette anni che durante l’estate viene “sorpreso” dentro una roulotte del camping in atteggiamenti intimi con un turista tedesco. Il povero ragazzo diventa lo scandalo vivente del paese, additato da tutti come un pervertito che getta discredito sull’intera comunità. E la condanna è unanime, dai cattolici ai rossi. Gli “amici” di Solideo cercheranno addirittura di “farlo guarire”, introducendolo con l’inganno nel postribolo di una nota prostituta del paese. Per il ragazzo sarà l’ennesima umiliazione, che questa volta non reggerà e che lo porterà ad impiccarsi ad un albero quella notte stessa, dopo essersi dato alla fuga.
L’umanità di Malpaga è squallida, ipocrita e perbenista. Tanto che la frase di Oscar Wilde, posta all’inizio del romanzo, suona ironica: “Chiunque può essere buono in campagna. Lì non c’è tentazione”…
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Una lettura interessante, questo romanzo ormai dimenticato di inizio decennio, che forse, invece, tutti dovremmo riscoprire e tenere a mente per ricordare che la vita nei piccoli paesi di campagna non era sempre così idilliaca come spesso la immaginiamo, solo che si provi a grattare un po' sotto la superficie.