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Dall'ergastolo

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Insight
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Dall'ergastolo

Messaggio da Insight »

Lungo racconto autobiografico di Luigi Podda – pastore sardo ingiustamente accusato e condannato all’ergastolo negli anni Cinquanta, per un fatto di sangue al quale era del tutto estraneo – pubblicato nel 1976.

Luigi Podda nacque ad Orgosolo, in provincia di Nuoro, nel 1924. Abbandonata presto la scuola, in età ancora infantile, come la maggior parte degli abitanti maschi di Orgosolo, si dedicò alla pastorizia e all’agricoltura.

Ai primi di luglio del 1943, fu arruolato in aeronautica insieme ad altri sardi e destinato in una caserma a Perugia, dove rimase fino al “ribaltone” dell’8 settembre. In fuga insieme ad altri commilitoni sbandati, Podda, per non finire nelle mani dei tedeschi, si arruolò in un battaglione della Repubblica Sociale e a dicembre venne inviato in una caserma a Opicina, un piccolo paese vicino a Trieste.

A Opicina, Podda entrò in contatto con alcuni membri della Resistenza e nei primi mesi del 1944 fuggì insieme ad altri soldati dalla caserma e passò nelle file dei partigiani. Lui e altri commilitoni sardi vennero inquadrati in un battaglione della “Brigata Garibaldi Triestina”, che agiva nei dintorni di Trieste, sul carso isontino e in territorio sloveno, combattendo a fianco dei partigiani iugoslavi.

Dopo aver partecipato a numerose azioni e imboscate nella guerra di liberazione contro i nazifascisti, il gruppo di partigiani cui apparteneva Luigi Podda, il cui nome di battaglia era “Il corvo”, fu fatto prigioniero dagli slavi filofascisti e consegnato al comando tedesco, nel marzo del 1945.

I prigionieri furono rinchiusi nel carcere di Gorizia e destinati alla fucilazione. Ma il 27 aprile, i tedeschi ormai in fuga aprirono inaspettatamente i cancelli della prigione. Podda e i suoi, convinti ormai di venire fucilati, scapparono, questa volta finalmente liberi.
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Tornato a Orgosolo alla fine della guerra, Podda riprese la sua vita misera di pastore. Purtroppo un giorno, per aiutare un amico, si prestò ad accompagnare per i campi, nottetempo, un branco di maiali rubati e venne arrestato per furto di animali. Finì così una prima volta in carcere e vi rimase per circa un anno.

Ma i fatti tragici che costituiscono il cuore di questo libro risalgono a qualche anno dopo. Il 9 settembre 1950 vi fu infatti la famigerata “strage di Sa Ferula” (un paesino vicino a Nuoro), nella quale persero la vita ben tre carabinieri che scortavano un furgone portavalori, attaccato da un gruppo di banditi che aprì il fuoco.

Luigi Podda venne arrestato il 30 settembre di quell’anno, accusato di aver fatto parte della banda di malviventi, mentre in realtà il 9 settembre si trovava a lavorare nei campi.

Vittima di una falsa testimonianza, in particolare di quella del confidente dei carabinieri Sebastiano Mereu, Podda fu nuovamente rinchiuso in carcere, prima a Nuoro, poi a Sassari e infine a Cagliari, dove venne celebrato il processo in un clima molto teso.

Nonostante Podda avesse numerosi testimoni a suo favore, essi non furono creduti perché erano tutti pastori di Orgosolo come lui e ritenuti quindi non attendibili.
Il 2 luglio 1953, la Corte di Assise di Cagliari condannò all’ergastolo Luigi Podda e altri dodici detenuti, ritenuti colpevoli della strage di Sa Ferula. Dei tredici condannati all’ergastolo, undici erano pastori di Orgosolo.

La Corte di Assise di Appello, nel 1955, confermò la condanna, e per Luigi Podda, in carcere già da cinque anni, iniziò (anzi, continuò) un lunghissimo periodo di ingiusta e durissima detenzione, che si concluse soltanto nel 1976, con un provvedimento di grazia del presidente Leone.
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Vittima del pregiudizio secondo il quale da Orgosolo venivano soltanto banditi e tutti i banditi sardi dovevano per forza venire da Orgosolo, Podda scontò altresì la sua misera condizione sociale di pastore semi-analfabeta; e così, nonostante l’interessamento di personalità politiche, quali ad esempio il senatore Emilio Lussu, trascorse gran parte della sua vita – ventisei anni per l’esattezza – in carcere da innocente.

Da ex partigiano, tuttavia, non perdette mai la sua fiducia nello Stato e nella Giustizia. In carcere, anzi, nell’ultimo periodo trascorso a Porto Azzurro, si alfabetizzò, imparò a scrivere bene e scrisse questo libro, che testimonia il suo valoroso impegno, prima di combattente per la libertà e poi di carcerato ergastolano ingiustamente detenuto.

Come ultimo spregio, nel 1976, pur dopo essere stato graziato (e quindi ritenuto ancora colpevole), gli fu impedito per ben otto anni di rientrare in Sardegna e dovette rimanere in “esilio” a Porto Azzurro fino al 1984.

E’ morto libero, a Orgosolo, nel 2009.
"Lo stolto continua a parlare mentre gli strumenti dicono molto più di questo, stai tranquillo e ascolta quello che non puoi esprimere" (andromeda57)
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Anni 80? No, grazie
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