Nato a Kislovodsk nel 1918 in una famiglia di origine cosacco-ucraina, Solženicyn perse il padre ancora prima di venire al mondo e visse in povertà con la madre, che lavorava come macchinista nella periferia di Rostov e che riuscì a mantenerlo negli studi, sia letterari sia scientifici (il giovane Solženicyn si laureò in matematica a Rostov nel 1941, seguendo tuttavia per corrispondenza da Mosca anche le lezioni di letteratura e filosofia).
Nonostante il regime sovietico avesse perseguitato la sua famiglia, confiscando tutte le proprietà e arrestando il nonno materno (che non tornò dalla prigionia), Solženicyn fu in gioventù un fedele discepolo dell’ideologia bolscevica e dopo l’invasione tedesca, nella Seconda guerra mondiale, partì volontario nell’Armata rossa e si guadagnò sul campo i gradi di capitano e due decorazioni al valore.
Proprio negli anni della guerra, tuttavia, egli maturò una forte coscienza critica contro il regime stalinista e nel gennaio del 1945 venne arrestato per aver scritto una lettera ad un amico (intercettata dalla polizia segreta) nella quale criticava apertamente il tiranno.
Condannato a otto anni di lavori forzati nei gulag, nel 1953, dopo aver scontato la pena, fu mandato in esilio in uno sperduto villaggio del Kazakistan. L’anno seguente, avendo contratto un tumore, gli fu consentito di curarsi in un ospedale; esperienza quest’ultima che trasfuse in uno dei suoi più famosi romanzi più tardi pubblicati: “Padiglione cancro”.
Tornato nella Russia europea a metà degli anni Cinquanta, Solženicyn - che nel frattempo, durante la lunga esperienza del gulag e dell’esilio, aveva abiurato l’ideologia marxista - si dedicò all’insegnamento e alla scrittura; ma soltanto nel 1962, con l’approvazione di Krusciov, riuscì a far pubblicare il suo primo romanzo, intitolato “Una giornata di Ivan Denisovič”.
Il romanzo, dove per la prima volta si parla dei gulag, suscitò molte reazioni sia in Occidente sia in Unione Sovietica.
Dopo la morte di Krusciov, Solženicyn fu nuovamente perseguitato dal regime sovietico, subì il sequestro di molti manoscritti, arresti, interrogatori e un tentativo di omicidio mediante avvelenamento. Nel frattempo, però, i suoi libri furono pubblicati all’estero, in Occidente, e gli valsero un’enorme popolarità, nonché l’assegnazione del Nobel che non poté nemmeno andare a ritirare a Stoccolma.
Ormai inviso al regime sovietico, Solženicyn fu espulso dalla sua patria e mandato esule in Germania Ovest nel 1974. Negli anni successivi egli emigrò prima in Svizzera e poi negli Stati Uniti, dove acquisì la cittadinanza americana. Soltanto nel 1994 tornò in Russia, dove venne accolto con onori e visse fino alla sua morte, avvenuta nel 2008, a quasi novant’anni.
1975: Eugenio Montale
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1976: Saul Bellow
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1977: Vicente Aleixandre
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1978: I.B. Singer
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1979: Odisseas Elitis
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