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Maja delle streghe

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Maja delle streghe

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Romanzo pensato per i ragazzi, scritto da Giuliana Boldrini, un’autrice molto interessata e vicina al mondo dei giovani e alla didattica, pubblicato per la prima volta da Le Monnier nel 1971 e in seguito in edizione scolastica da Mondadori nel 1979, adottato come lettura nelle scuole Medie.

Negli ultimi giorni dell’anno 1499, a Cavriana, un paesino vicino a Mantova, una vecchia dall’aspetto “terrificante” (fronte spropositata, naso incassato e piccolo come una nocciola, labbro sporgente che forma un grugno e collo grinzoso che scompare in una grossa gobba), da tutti ritenuta una strega e conosciuta come “la Ragna”, viene colta sul fatto da alcuni contadini mentre sta praticando un “rito magico” (in realtà si tratta di un trucco per ingannare un allocco e avido mugnaio e scucirgli qualche moneta). Insieme a lei, che la accompagna sempre e le fa da aiutante, c’è una bella bambina dai lunghi capelli biondi che ha dodici anni e si chiama Maja.

Grazie al tempestivo intervento dei soldati, le due – specialmente la vecchia – riescono a sottrarsi al linciaggio della folla, con la promessa, tuttavia, di essere consegnate all’Inquisitore di Mantova.

La Ragna e Maja sono ambedue zigane di origini greche e dalla pelle olivastra; le loro caratteristiche somatiche e l’esotica provenienza accentuano la credenza che siano due streghe. La vecchia, che ha allevato la bambina fin dalla nascita essendo questa rimasta senza i genitori, è in realtà una donna molto astuta, che finge di essere una strega ma che cerca piuttosto di arrabattarsi usando le proprie “arti magiche” per sopravvivere, soprattutto approfittando dei creduloni.

La Ragna, oltre ad avere l’aspetto terribile sopra descritto e ad essere molto furba, ha un carattere ruvido e tratta con durezza la piccola Maja, pur non facendole mancare lo stretto indispensabile per vivere, ma certo pensando prima per sé. Maja è invece una bambina molto bella, dal cuore gentile e ancora molto ingenua.
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Scortata insieme alla bambina nelle prigioni di Mantova, la Ragna, senza perdersi d’animo, utilizza tutta la sua astuzia per entrare nelle grazie dei signori del Castello.

Raccogliendo molte informazioni dalle guardie e corrompendo una di esse con una moneta, riesce a farsi ammettere, insieme alla bambina, alla presenza di alcuni potenti, tra i quali il Capitano delle guardie che dovrebbe consegnarle all’Inquisitore.

Avendo prima ben istruito la bambina, la Ragna mette in scena una commedia con uno “specchio magico”. Maja, eseguendo alla perfezione le istruzioni della vecchia, finge di essere in trance e legge nello specchio il futuro del Capitano, prospettandogli successo sia in guerra sia in amore. L’allocco Capitano ci casca e anziché consegnare le due streghe all’Inquisitore, le tiene a propria disposizione e le fa alloggiare nella casa di un usuraio ebreo, vicino al Castello.

Maja e la Ragna entrano così nella casa dell’ebreo Shadrac, ritenuto da tutti una persona avida, ma che invece si dimostra un uomo gentile e premuroso, vittima anch’egli dei pregiudizi della sua epoca e costretto, in realtà, a fare l’usuraio perché gli ebrei a quei tempi ben poco altro potevano fare…

Shadrac ha un figlio infermo che ha qualche anno più di Maja. La bambina diventa amica del ragazzo e passa tutti i pomeriggi nella sua stanza cercando di rallegrare le sue lunghe giornate e spesso riuscendovi.
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Un giorno, mentre Maja accenna a qualche passo di danza zigana davanti al letto del ragazzo, viene notata dallo zio dell’infermo, che si chiama Simone di Basilea, anch’egli un ebreo e famoso artista, invitato spesso dai Gonzaga, signori di Mantova, a rallegrare le loro feste con il suo liuto e le sue storie.

Simone di Basilea si accorge della bravura di Maja e decide di prepararla per farle eseguire una danza al prossimo banchetto che si terrà al Castello. La Ragna, ovviamente, gongola, perché il suo progetto è proprio quello di conquistare i favori dei potenti fino ad essere introdotta nel Castello e potendo così vivere negli agi.

Il sontuoso banchetto si tiene ai primi giorni di gennaio del 1500, alla presenza di Francesco e Isabella Gonzaga e di tante altre influenti personalità dell’epoca. Tra i quaranta invitati, anche Leonardo Da Vinci, giunto in quei giorni a Mantova per fare un ritratto alla marchesa Isabella e descritto come un uomo avvolto da un’aura misteriosa, che non c’entra nulla con gli altri, quasi una specie di extraterrestre…

I vari nani di corte intrattengono i commensali con le loro battute salaci, soprattutto a sfondo politico, sfoderando tutto il loro repertorio satirico e sfruttando i pettegolezzi e le maldicenze di cui sono a perfetta conoscenza. Tra una portata e l’altra ci si abbuffa, ci si diverte e a tratti si sfiora anche la rissa tra qualche invitato. Poi entrano in scena i cantori, i suonatori e i poeti. Infine è la volta di Simone di Basilea e Maja. La danza zigana della bambina incanta tutti, soprattutto la padrona di casa Isabella, che se ne innamora. Simone viene premiato ottenendo di non dover portare più l’odiato nastro giallo.
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La fortuna sembra arridere a Maja e di riflesso anche alla Ragna. La bambina viene ammessa addirittura ad abitare nel Palazzo Gonzaga e a dormire nelle stanze affrescate anni prima dal Mantegna, diventando una sorta di damigella intrattenitrice della figlioletta di Isabella e Francesco, una viziatissima bambina di sette anni.

Maja, entrando sempre più nelle grazie di Isabella, riesce anche a far ammettere un giorno la Ragna alla sua presenza, convincendo la marchesa che la vecchia strega dispone di una crema miracolosa, magica, che farà ringiovanire la sua pelle.

L’incontro tra la Ragna e Isabella Gonzaga avviene mentre la marchesa si sta facendo ritrarre da Leonardo. Tra il pittore scienziato e la vecchia strega scoppia un aspro battibecco, dal momento che Leonardo, ovviamente, non crede alle arti magiche. Isabella, tuttavia, pur riconoscendo la sapienza e la bravura di Leonardo, non lo ama affatto e finisce col prendere le parti della strega. Per riconoscenza, avendo gradito i doni portati dalla Ragna, tra i quali la crema magica, la marchesa le assegna un alloggio dentro le mura del Castello.

Tutto sembra andare a gonfie vele per la vecchia e la bambina, ma pochi giorni dopo, invece, esse vengono all’improvviso arrestate dalle guardie e condotte nelle prigioni del convento di San Domenico con l’accusa di stregoneria.
Infatti, Maja, vivendo a stretto contatto con Isabella, ha suscitato la gelosia di altri servi che si sono visti all’improvviso scavalcati nelle preferenze della marchesa e hanno così imbastito una serie di prove fasulle per dimostrare i malefici delle due streghe e per sbarazzarsi di loro.

Per sfortuna delle due accusate, il Giudice che le processa è uno dei più terribili inquisitori: Fra Domenico da Gargnano, che non vede l’ora di mettere le mani su qualche strega, essendo stato recentemente sollecitato dal Papa Alessandro VI ad essere più duro con maghi, astrologi, alchimisti, matematici (considerati a quei tempi quasi alla pari degli stregoni) e, naturalmente e soprattutto, con le streghe. Quale ghiotta occasione, dunque!

La Ragna prima del processo, nonostante la sua età avanzata, viene impietosamente torturata, appesa al soffitto con una corda; la soffocano e le strizzano le ossa fino a farle confessare i suoi malefici. Alla piccola Maja viene risparmiata la tortura solo grazie all’intercessione della marchesa Isabella, che però non può evitarle il processo e l’eventuale e assai probabile condanna al rogo.
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Il processo si svolge a metà febbraio, nel convento di San Domenico gremito di spettatori, tra i quali Isabella Gonzaga e Leonardo Da Vinci.

Per la Ragna l’accusa si fonda soprattutto sull’aver fornito alla marchesa una crema malefica, che anziché curare la pelle provoca una terribile infezione. A tale proposito, una serva, che ha provato per prima la crema, mostra a tutti il suo braccio devastato, pieno di piaghe e di pustole.

Ma giungono anche gli antichi nemici della Ragna, i contadini di Cavriana, a testimoniare contro di lei, enumerando i tanti malefici della strega: malattie, morie di animali, figli nati deformi, raccolti devastati dalla grandine, carestie, ecc.

Per Maja le accuse sono quelle di aver sempre seguito e aiutato la vecchia strega, ma anche di essere essa stessa una strega, essendo ad esempio stata vista una volta a Palazzo Gonzaga mentre parlava con una statua (la bambina in realtà l’aveva fatto perché quella statua le faceva paura).

Non mancano anche i testimoni a favore delle due, sicché, a conti fatti, l’esito del processo appare incerto fin verso la fine, quando purtroppo arriva il podestà di Cavriana in persona, che odia la Ragna, a portare una “prova decisiva” contro le due accusate.

Il podestà, infatti, racconta dettagliatamente di come dodici anni prima la Ragna era già stata processata per stregoneria, aveva confessato i suoi malefici (sotto tortura) ed era stata condannata, ma poi era riuscita a sottrarsi alla giusta punizione per un’improvvisa pestilenza che aveva ammorbato tutto il villaggio e senza dubbio da lei provocata…

Il podestà è un oratore talmente accorato e abile da riuscire a spostare l’ago della bilancia, fino a quel momento in bilico, a favore dell’accusa. La gran parte del pubblico, in delirio, inizia a gridare “Al rogo le streghe!” e per le due si mette male.
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Nel finale, la Ragna, avendo ormai capito che non ci sono più speranze, decide di compiere un generoso e nobile gesto e di salvare almeno la bambina, riscattando così se stessa dalla sua vita non proprio esemplare e dai maltrattamenti nei confronti di Maja: in un terribile monologo, la vecchia urla di essere una strega adoratrice di Satana, di aver commesso con soddisfazione tutti i malefici dei quali è accusata e di odiare in particolar modo la bambina che è stata costretta a tenere con sé per il volere di Dio onnipotente. La bambina, infatti, non è una strega, ma è una disgustosa creatura di Dio: prova ne sia che essa porta l’orrendo segno divino sulla nuca, nascosto dai suoi lunghi capelli biondi!

Per ordine dell’Inquisitore, allora, le guardie afferrano Maja, le sollevano i capelli e scoprono una voglia a forma di croce sulla nuca. Il pubblico, vedendo il segno di Dio, va in delirio, grida di mandare al rogo la strega e di liberare la povera e innocente bambina…

E così va. La vecchia Ragna, che sotto quella ruvidezza di strega nascondeva un gran cuore, viene condannata al rogo, ma con la sua delirante confessione finale salva la vita della piccola Maja, che invece verrà affidata alle suore di un convento e avrà persino una dote in dono da Shadrac l’ebreo, così potrà prendere marito quando sarà grande alla pari delle altre ragazze.
Come ricordo della sua vecchia madrina, Maja porterà sempre con sé lo “specchio magico”, con il quale era iniziata la loro incredibile avventura alla corte dei Gonzaga.

La “strega di Cavriana” detta “la Ragna”, dunque, oltre a salvare Maja, ha sicuramente salvato anche la propria anima, morendo bruciata sul rogo ma nelle grazie di Dio.

Alla fine del processo, solo due persone fra i presenti (oltre ovviamente a Maja) capiscono la messa in scena della vecchia e apprezzano il suo estremo e nobile sacrificio: Fra Giacomo, un frate francescano che pur disapprovando il suo modo di vivere è un suo vecchio amico, nonché suo confessore, e Leonardo Da Vinci, l’uomo di Scienza, che pur detestando la Ragna è convinto della sua innocenza, semplicemente perché sa che le streghe non esistono. Ma Leonardo è un uomo molto, molto più avanti rispetto ai suoi tempi.
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Durante la “quarantena” forzata ho riscoperto questo romanzo che ormai avevo dimenticato nell’ultimo scaffale della mia biblioteca e che è stato il mio “libro di narrativa” durante la seconda Media (1981/82).

Ancorché risenta un po’ dell’impostazione didattica, per cui, ad esempio, alcuni capitoli sono narrati con l’evidente intento di far conoscere e illustrare ai giovani lettori il mondo rinascimentale nelle sue molteplici sfaccettature, e si tratti sostanzialmente di una favoletta (sebbene costruita su uno sfondo di realtà storica), è un libro piacevole, interessante, e commovente nel finale.
"Lo stolto continua a parlare mentre gli strumenti dicono molto più di questo, stai tranquillo e ascolta quello che non puoi esprimere" (andromeda57)
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Anni 80? No, grazie
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