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La misteriosa morte di Diego de Henriquez

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La misteriosa morte di Diego de Henriquez

Messaggio da Insight »

Un fatto conosciuto per lo più a livello di cronaca locale, a Trieste, anche se, recentemente, grazie al bellissimo romanzo dello scrittore Claudio Magris intitolato Non luogo a procedere (Garzanti, 2015), la singolare figura di Diego de Henriquez è stata portata all’attenzione di un pubblico ben più vasto.
Ecco il fatto: la notte del 2 maggio 1974, a Trieste, brucia il magazzino dove si trova una parte della vastissima collezione di reperti bellici raccolti da Diego de Henriquez. Quando i vigili del fuoco intervengono per spegnere l’incendio, facendosi largo in mezzo al fumo e alle fiamme, trovano, oltre ai numerosi cimeli in parte distrutti, anche il cadavere mezzo carbonizzato del suo unico abitante, adagiato dentro la bara dove era solito dormire…

L’autorità giudiziaria archivia presto il caso come “incidente”, senza nemmeno disporre l’autopsia del cadavere: Diego de Henriquez, che da tempo, trovandosi in stato di semi-indigenza (nonché dedito all'alcool e affetto da disturbi mentali), abitava nel magazzino andato a fuoco insieme a una parte della sua collezione, è morto soffocato nel sonno dal fumo provocato da un incendio propagatosi per colpa di un piccolo forno elettrico entrato in corto circuito.

Dopo più di un anno, su pressione di una parte della stampa (che invece ipotizza l’incendio doloso e l’omicidio di de Henriquez), viene riaperta l’inchiesta con la riesumazione della salma. Ma lo stato di decomposizione avanzata in cui il corpo ormai si trova non consente di effettuare alcun rilievo, per cui il caso viene nuovamente archiviato. Rimane dunque, a tutt’oggi, il mistero sulla tragica fine del collezionista: morte accidentale o delitto?
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Diego de Henriquez era nato a Trieste nel 1909 da una famiglia di ascendenza nobiliare spagnola.

Uomo dai molteplici interessi e di vasta erudizione (benché studioso autodidatta), poliglotta (parlava fluentemente, oltre all’italiano, lo spagnolo, il tedesco, l’inglese, il francese, lo sloveno e il serbo-croato), fin da ragazzino appassionato di reperti bellici della Prima guerra mondiale che trovava durante le sue escursioni sul Carso triestino, de Henriquez decise a un certo punto di dedicare il resto della propria vita a creare una collezione di materiale bellico, con il solo e preciso scopo di mostrare al mondo gli strumenti e le macchine di morte che l’uomo crea incessantemente (e stupidamente) per distruggere se stesso.

Mettere in mostra l’orrore della guerra per valorizzare, perseguire e preservare la pace, questa fu l’idea che letteralmente lo ossessionò fin dal 1941, quando era un caporale dell’esercito italiano richiamato sotto le armi per il secondo conflitto mondiale.

E per realizzare tale progetto, grazie anche a una buona dose di scaltrezza e spregiudicatezza, de Henriquez chiese ed ottenne la collaborazione (in certi casi pagando anche ingenti cifre che finirono per causare la sua rovina finanziaria) di tutte le forze armate con le quali venne in contatto: prima gli italiani del regio esercito fascista, poi i tedeschi (che dopo l’8 settembre del 1943 occuparono Trieste e il “Litorale adriatico”), poi, ancora, i partigiani jugoslavi di Tito (che entrarono a Trieste il 1° maggio 1945) e gli Alleati (che vi giunsero il giorno seguente e vi rimasero fino all’ottobre del 1954), e infine le forze armate dell’Italia repubblicana.

Nell’arco di più di un ventennio, de Henriquez raccolse circa 15.000 reperti bellici, soprattutto della Prima e della Seconda guerra mondiale: carri armati, mezzi blindati, sommergibili, cannoni, mezzi di trasporto truppe, obici, mortai e mitragliatrici... Ma anche pezzi di artiglieria leggera, armi bianche, elmetti, divise, equipaggiamenti di guerra, nonché numerose fotografie, cartoline, lettere, documenti militari…
L’enorme collezione, da lui minuziosamente catalogata nel corso degli anni, anche dopo l’interessamento del governo italiano alla fine degli anni Sessanta, stentò tuttavia a trovare una collocazione definitiva e fu ospitata per decenni in sistemazioni provvisorie e spezzata in diverse parti.

Soltanto nel 2014 è stato inaugurato a Trieste il “Museo della Guerra per la Pace”, intitolato naturalmente all’ideatore e creatore della collezione. Là è oggi possibile vedere una parte (meno della metà, si dice) dei reperti bellici raccolti, mentre l’altra parte si trova ancora chiusa all’interno di alcuni magazzini non accessibili al pubblico.
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Chi e perché poteva avere interesse a uccidere Diego de Henriquez il 2 maggio 1974?

L’ipotesi da sempre adombrata e che negli ultimi anni ha ripreso corpo è che il collezionista, nella sua febbrile attività di ricerca e acquisizione di ogni tipo di materiale che avesse a che fare con le forze armate, fosse entrato in possesso anche di documenti militari segreti di un certo rilievo; ma soprattutto che avesse minuziosamente trascritto sui propri diari (un’altra sua specie di “patologia” era infatti la grafomania) i graffiti e le scritte che i prigionieri (ebrei, slavi, zingari e prigionieri politici) della Risiera di San Sabba (unico campo di sterminio nazista che si trova in Italia, a Trieste) avevano inciso sui muri delle angustissime celle prima di essere mandati a morire nel forno crematorio della Risiera o deportati in altri “campi della morte” (principalmente ad Auschwitz).

Tra quei graffiti e quelle scritte, che de Henriquez copiò sui propri diari durante i giorni della liberazione di Trieste (maggio 1945), pare ci fossero anche tanti nomi e cognomi. Non solo di familiari e di persone amate dai prigionieri, ma anche (e sembra parecchi) nomi e cognomi di collaboratori italiani dei nazisti, spie e delatori. Persone, sembra, appartenenti anche a famiglie altolocate, della “Trieste-bene” di quei tempi, che poi, dopo la guerra, sono riuscite non solo a farla franca perché la loro opera delatoria e di collaborazione con i nazisti rimase sconosciuta, ma anche a “riciclarsi” e a occupare posizioni di rilievo nella vita pubblica dell’Italia repubblicana e democratica.

Nomi e cognomi che una mano ignota e (più o meno) “autorizzata” dalle forze di liberazione dell’esercito alleato provvide a cancellare insieme a tutte le altre scritte e ai graffiti, piuttosto frettolosamente, con un colpo di calce somministrato alle mura interne delle orribili celle, mentre il “grafomane” de Henriquez stava ancora completando il suo lavoro di trascrizione.

Ma quello scottante ancorché incompleto elenco, sempre secondo i sostenitori dell’ipotesi delittuosa della morte di de Henriquez, rimase a lungo, per quasi trent’anni, trasfuso nei diari del collezionista, i quali – strano caso – dopo la sua morte non furono mai più trovati. Morte che avvenne – altra stranissima coincidenza – proprio alla vigilia dell’apertura del processo ai criminali ex nazisti che gestirono la Risiera di San Sabba e mandarono a morire migliaia di persone: anche “grazie” all’aiuto di quei collaborazionisti e delatori rimasti ignoti e che hanno continuato ad essere considerati cittadini per bene…

Quei “cittadini per bene” che – forse – hanno eliminato o ordinato di eliminare Diego de Henriquez e fatto sparire i diari che il collezionista, secondo la testimonianza di amici e conoscenti, teneva sempre con sé.

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Trieste, la Risiera di San Sabba
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Whiteshark
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Re: La misteriosa morte di Diego de Henriquez

Messaggio da Whiteshark »

«Ho raccolto le scritte nelle celle. L'ho fatto poco dopo la fine della guerra, quando queste iscrizioni erano ancora leggibili sulle pareti di celle e cameroni» aveva dichiarato De Henriquez nel 1964.
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barbatrucco
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Re: La misteriosa morte di Diego de Henriquez

Messaggio da barbatrucco »

Grazie per aver condiviso questa storia incredibile, non stupisce che uno scrittore di fama ne abbia voluto trarre un libro.
Resta di stucco, è un barbatrucco!
franz75
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Re: La misteriosa morte di Diego de Henriquez

Messaggio da franz75 »

Nel 1975 una puntata di una delle tante trasmissioni di approfondimento in onda sulla Rai (potrebbe essere Tv7 o Sapere, francamente non lo ricordo) venne dedicata alla tristemente nota Risiera di San Saba. Nel servizio di presentazione sul Radiocorriere TV si parlava ampiamente anche dei reperti raccolti da De Henriquez e della sua misteriosa scomparsa, di cui ha così esaurientemente trattato Insight.
Era una storia che ignoravo totalmente che in effetti avrebbe potuto costituire la sceneggiatura di un film.
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Whiteshark
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Re: La misteriosa morte di Diego de Henriquez

Messaggio da Whiteshark »

Le lunghe ombre della Risiera (Pubblicato il ‍‍25/10/2015 su MOKED.IT)

Il suo primo incontro con Diego De Henriquez risale a trent’anni fa. Allora Veit Heinichen non è ancora diventato il giallista di successo che conosciamo. Fa l’editore e pubblica, per la Fisher Verlag, il volume di René Hocke dedicato ai diari europei. Vi compaiono memorialisti celebri e celebrati come Thomas Mann o Sigmund Freud e con loro il collezionista triestino, autore del diario più voluminoso della storia europea (oltre trecento quaderni).

Sembra una di quelle informazioni da Guinness che di solito si dimenticano subito. Se non fosse che Heinichen inciampa di nuovo su De Henriquez, questa volta nei panni di scrittore. Lui – che è laureato in economia, ha lavorato alla Daimler Benz, è stato libraio e poi nell’editoria – si è messo a scrivere e scala le classifiche con i suoi romanzi che dipanano storie noir su sfondi di scottante attualità. Intanto, ha lasciato la Germania e ha messo su casa a Trieste. Qui tutti sanno dello stravagante professore che collezionava armi e dormiva in una bara, se non altro perché ogni tanto una nuova polemica che lo richiama in causa.
Heinichen ne sente parlare e riparlare, s’incuriosisce. Sono però soltanto chiacchiere. Finché su un giornale ritrova la storia raccontata da un colonnello dei carabinieri, Ferdinando Musella. Capitano al tempo delle indagini sulle morte di De Henriquez, Musella dichiara a chiare lettere che non si è trattato di un incidente. La sua è una voce che vale un certo credito, anche perché al tempo delle indagini è stato promosso e trasferito molto alla svelta. È abbastanza perché si accenda una prima scintilla. Veit Heinichen va in Tribunale e consulta le carte del caso De Henriquez. Si trova davanti un fascicolo altissimo, in cui il primo foglio è una lettera. Un cugino di Gaetano Perusini denuncia che quest’ultimo è stato ucciso mentre indagava sulla morte del suo amico De Henriquez. Perché quel foglio è lì? si domanda lo scrittore. Perché non è nel fascicolo Perusini? Non gli ci vuole molto a scoprire che quell’incartamento è scomparso dal Tribunale. Riesce a ritrovarlo in Questura e inizia a leggere. La scintilla a questo punto è un incendio.

Heinichen spulcia gli archivi e arriva ai diari di De Henriquez. È sommerso da migliaia di pagine, spesso ripetitive e ridondanti. Le decifra e si sforza di capire quanto è scritto fra le righe. Intanto incontra centinaia di testimoni. Ci vogliono anni ma alla fine il mosaico prende forma e diventa un libro, Le lunghe ombre della morte, pubblicato in Italia nel 2006. La trama è presto detta. La scoperta di un deposito d’armi sull’altipiano carsico costringe il commissario Proteo Laurenti, protagonista dei noir di Heinichen, a riaprire due casi degli anni Settanta rimasti insoluti: la morte del collezionista Diego de Henriquez, morto in circostanze oscure nel rogo del suo magazzino, e l’omicidio del professor Perusini, insigne studioso di tradizioni popolari. È più che sufficiente per scatenare, se non altro a Trieste, moltissimi malumori.

D: Veit Heinichen, cosa l’ha portata a occuparsi del caso De Henriquez?
R: Sono sempre incuriosito da argomenti come questo, che sono sulla bocca di tutti e allo stesso tempo rimangono tabù. E come la ricerca procedeva si aprivano nuove domande, ad esempio riguardo l’inaccessibilità dei diari. Non è facile consultarli e non si possono riprodurre. Vanno letti alla presenza di un funzionario del Comune di Trieste, molte pagine sono secretate con spille e graffette per il rispetto della privacy e si possono vedere solo i taccuini che risalgono a più di cinquant’anni fa. Mi sono chiesto spesso chi ha deciso che cosa può e non può essere visto, perché non si è creato un comitato scientifico a questo scopo e perché mentre gli anni passano non si aggiungano alla consultazione nuovi diari.

D: Ha trovato delle risposte?
R: Il mio obiettivo non era indagare, non è il mio mestiere. Volevo invece capire l’atmosfera e la società di quegli anni. Nell’omicidio di De Henriquez si intrecciano molti elementi. Era un uomo molto solo, sospettava tutti di averlo derubato e tradito, nutriva profondi rancori e al tempo stesso sapeva tanto di molte cose.

D:Da anni si dice che nei diari di De Henriquez si celano i segreti più oscuri della Risiera di San Sabba. Alfonso De Henriquez ha dichiarato che il padre sapeva troppo su quest’argomento e che per questo è stato ucciso.
R: Un recente lavoro di dottorato di René Moehrle afferma che le testimonianze più importanti sulla Risiera si trovano proprio nei diari di Diego De Henriquez oltre che nel memoriale di Bruno Piazza. Uno degli argomenti che andrebbero indagati riguarda il collaborazionismo e i suoi effetti. Dove sono finiti i beni espropriati? Dove si è spostato il potere? Sono soggetti delicati e complessi: servirebbe un approfondito lavoro scientifico per riuscire a fare chiarezza.

D:Ha dedicato quasi sette anni al caso De Henriquez. Che cos’ha provato vedendo che Claudio Magris si è ispirato, nel suo ultimo romanzo, al medesimo personaggio?
R:Nessuno possiede in esclusiva un argomento: sarebbe molto grave se fosse così. Diego De Henriquez aveva così tanti spettri dentro di sé, che ci sono molti modi di avvicinarsi alla sua figura.
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Re: La misteriosa morte di Diego de Henriquez

Messaggio da Insight »

Una storia affascinante e intrigante, questa, che si intreccia anche con i tragici avvenimenti dell'ultima guerra e di Trieste, che indubbiamente ha una storia molto particolare...

Mi sono sempre chiesto, però, due cose... Se l'idea di fare un museo delle armi possa veramente servire a suscitare l'orrore della guerra com'era nelle intenzioni del suo creatore...

Ahimé, io temo il contrario...Temo che la gente vada a vedere i cannoni e i carri armati perché gli piacciano, non perché ne provano orrore e disgusto... Quando io ero piccolo, la collezione si trovava in un parco sull'altipiano e quando eravamo andati a vederla, non mi ricordo di gente inorridita, anzi...Ricordo di gente che si appassionava a guardare i cannoni e spiegava come funzionavano...

La seconda cosa è: ma se veramente aveva questi quaderni con i nomi dei collaborazionisti, perché non li ha usati prima? Perché ha aspettato che lo ammazzassero? Questo suo silenzio mi lascia pensare che anche lui non era un uomo completamente "libero", diciamo.... Qualche ombra ce la doveva avere anche lui, non è un personaggio completamente limpido, mettiamola così.
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Re: La misteriosa morte di Diego de Henriquez

Messaggio da Whiteshark »

Può anche darsi che se ne "servisse", magari pensando di garantirsi una specie di "salvacondotto" in caso di emergenza. Solo ipotesi le mie.
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Re: La misteriosa morte di Diego de Henriquez

Messaggio da Gimli Il Nano »

Lessi su di lui un articolo su "Storia Illustrata". Quando parlavo in giro di questo collezionista di armi e Carri Armati, mi scontravo con le risatine di scherno, di chi dubitava perfino della sua esistenza, ritenendola una mera bufala. Dicevano: "Chi perde in giro i carri armati"? Mi feci fama di credulone.
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Re: La misteriosa morte di Diego de Henriquez

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Beh, per quanto sia un collezionismo molto particolare non mi sembra così incredibile.

Lui metteva persino degli annunci sui "mercatini" dei giornali, del tipo: "Cercasi sommergibile tascabile della Prima guerra mondiale..." :)
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EmozionalNeuronale
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Re: La misteriosa morte di Diego de Henriquez

Messaggio da EmozionalNeuronale »

Una storia degna di sceneggiato in tre puntate.
La rivista di nicchia "Storia Militare" pubblicò un articolo sulla "raccolta" di Henriquez, in uno dei primi numeri. Anche se molto incuriosito dalla "raccolta" e dal personaggio, non ho mai approfondito.

@ Insight: non tutti quelli che vanno a cercarsi cannoni, trincee e diari lo fanno per provare insane esaltazioni; il più delle volte, al contrario, li spinge la ricerca di sfumature di vita tragicamente vissuta raccontate dagli "avi". E ti assicuro che vedere certi posti, constatare la micidialità di certe armi dopo aver conosciuto certe situazioni... beh, spesso lascia insonni.
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