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Il vostro fumetto "del cuore"

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Gimli Il Nano
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Iscritto il: sab 24 feb 2018, 11:14

Re: Il vostro fumetto "del cuore"

Messaggio da Gimli Il Nano »

Le osservazioni la faccio in MP, con chi le vuole conoscere. Se le scrivo qua, verrano attribuiti alle mie parole significati che esse assolutamente NON Hanno .
Non solo. C'è un altro motivo. Nonostante tutto voglio bene ai miei interlocutori e mi dispiace se si mettono alla berlina da soli.
Temo sia altamente probabile che qualcuno si lancerà in insulti. In tal caso, il mio continuare, nonostante tutto, ad esprimermi in termini corretti, finirà per rendere ridicolo chi mi insulta .
G.K. Chesterton : "Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate".
Gimli Il Nano
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Re: Il vostro fumetto "del cuore"

Messaggio da Gimli Il Nano »

Gaetano Hardy 59 ha scritto:
Gaetano Hardy 59 ha scritto:Come scritto nel forum della Marvel: Warlock; Flash Gordon; il Cavaliere Sconosciuto, Valiant e Capitan Miki. L'unico che non mi ha mai detto nulla e non capivo cosa ci trovassero in tanti Diabolik. Invece Kriminal pure mi piaceva.
Cosa dovrebbe essere un fumetto, per essere una buona lettura e per non divenire un pericoloso nemico che introduciamo in casa nostra?
IL CAVALIERE SCONOSCIUTO è forse davvero il migliore di tutti.
Il Cavaliere Sconosciuto è stato, contemporaneamente, un fumetto abbastanza caratteristico del clima culturale e stilistico dell’Italia a cavallo fra gli anni ’60 e i ’70, e anche, per certi aspetti, atipico, o almeno originale, perché usciva un po’ dal quadro “classico” dei personaggi e delle ambientazioni degli altri fumetti.
Il protagonista ricordava vagamente Zorro, anche dal punto di vista fisico (nei panni, ovviamente, dell’attore americano Guy Williams), oltre che per il carattere e per la situazione familiare. Bruno, atletico ma snello, occhi intelligenti, sbarbato ma coi baffetti, intrepido eppure modesto. Un padre importante, il rajà dell'immaginario Paese di "DYNAPORE". Vecchio saggio cui era stato tolto da piccolo, in quanto rapito assieme alla madre. Un devotissimo e inseparabile servitore, che è anche il suo confidente e il suo migliore amico, il possente Bindra, un solo fascio di muscoli; una fidanzata giovane e bella, nonché coraggiosa, Nadina, che condivide con lui quasi tutte le sue avventure. Sullo sfondo, la misteriosa India, coperta di foreste e disseminata di templi, popolata di tigri, elefanti, serpenti d’ogni tipo e banditi d’ogni sorta. Lui è un principe, ci sa fare con le parole oltre che con i pugni e le armi ( un po' tutte, ma principalmente scimitarre e pistole ad avancarica); va sempre a cavallo, ma è di gusti semplici e modesti, il perfetto cavaliere per una fanciulla audace ma pudica come Nadina (il suo abbigliamento accenna appena qualche timida allusione sensuale), che è lei pure una principessa. Non è un’India storicamente attendibile (se si vuole dare una indicazione cronologica, le tecnologie presenti sembrano collocarla in una sorta di XVII Secolo) e i due protagonisti, il cavaliere e la principessa, somigliano assai più a degli attori hollywoodiani che a dei veri personaggi orientali, a cominciare dai tratti fisici prettamente europei, ma la cosa è fin troppo spiegabile e si adatta perfettamente al gusto dei lettori dell’epoca, i quali difficilmente avrebbero capito un esotismo e un primitivismo troppo realistici. Pertanto l’atmosfera orientale che si respira nelle “strisce” del Cavaliere Sconosciuto è, date le coordinate culturali, perfettamente esotica e avventurosa e, sul piano dell’efficacia delle storie, senz’altro “funziona” alla grande. Un po’ come il Sandokan, la Tigre della Malesia, del buon Emilio Salgari; ben prima però che, nel 1976, Sandokan diventasse, con il volto di Kabir Bedi (affiancato dalla bella Carole André come lady Marianna, la Perla di Labuan) per la regia di Sergio Sollima, un popolarissimo eroe televisivo.
Del Cavaliere Sconosciuto, edito dalla Casa Editrice Cenisio di Milano, sono usciti ventidue numeri in un arco di tempo di nove anni, da luglio 1967 al maggio 1976 (più quattro albi di raccolta, dall’agosto 1976 al maggio 1977) Trimestrali i primi due, semestrali dal terzo all’undicesimo, poi di nuovo trimestrali dal dodicesimo al ventiduesimo; costava 150 lire all’inizio (fino al quinto numero), per poi salire a 200, a 250 e infine a 400 lire. In effetti non si trattava di storie originali, ma di ristampe di storie già apparse su Rin Tin Tin & Rusty, altro celebre fumetto che ebbe vita più lunga, quasi vent’anni, fra il 1960 e il 1977, anch’esso sotto la direzione di Carla Arcaini, che prendeva lo spunto dalla serie televisiva statunitense, ma le cui storie furono quasi sempre indipendenti. La presenza in edicola del nostro Cavaliere è proseguita in Francia fin quasi al 2000. Era tutto in bianco e nero, tranne, ovviamene, la copertina; i testi erano di Luigi Grecchi (Milano, 1923-2001), collaboratore de L’intrepido e Il monello, e i disegni di Carlo Raffaele (Raphael) Marcello (Ventimiglia, 1929-2007), che ha collaborato con Sergio Bonelli sia alla serie di Zagor che a quella di Tex. Il segno grafico di Marcello è “pulito”, chiaro, scorrevole, tratta le figure con rispetto, le caratterizza senza stravolgere la loro umanità, non diventa mai ironia o caricatura, non altera la loro natura, e in ciò diverge dal modo in cui tanti altri disegnatori raffigurano i loro eroi e anche, bisogna dirlo, dal modo in cui li tratteggiano molti scrittori del Novecento, i quali pare quasi che nutrano odio e disprezzo nei confronti delle loro "creature". Anche i testi di Grecchi sono “puliti”: senza sbavature, né eccessi, chiari, comprensibili, ragionevoli, mai volgari, mai sopra (o sotto) le righe. In breve, disegni e testo formano un binomio “credibile” nel mettere in scena un dramma antico quanto l’uomo, la lotta fra il bene e il male, naturalmente condita con il sale dell’avventura, cioè con l’interessante quale mezzo (e l’utile per scopo), come direbbe Alessandro Manzoni. Il male ha, di volta, in volta, il volto di svariati nemici, ma più di tutti quello dell’odioso e arrogante signorotto turco-mongolo Gourban Khan, che rappresenta il male della politica e anche il male dell’avidità e della lussuria: infatti egli, in primis aveva rapito da piccolo il nostro futuro cavaliere e sua madre (a voler essere "pignoli", una pecca della storia è forse proprio la scelta di far cadere un pietoso velo su come la madre del Cavaliere ha vissuto la prigionia accanto al rapitore). Lo aveva cresciuto per farlo diventare il suo degno successore. Visto che, una volta morta la madre che gli ha svelato il tutto, lui era scappato e si era riunito al vero padre, allora (piano "B") vorrebbe mettere le mani tanto sui diritti di futuro rajà del suo nemico, quanto sulla sua graziosa futura sposa. Intanto il Cavaliere Sconosciuto, in attesa di salire al trono e di potersi unire in matrimonio all’amata Nadina, si batte impavidamente contro innumerevoli avversari e affronta pericoli d’ogni genere, senza mai retrocedere, o venire a patti, o scoraggiarsi, come si addice al perfetto eroe senza macchia e senza paura. Bindra, con la sua forza erculea, rappresenta la fedeltà e la tenacia incrollabile: non c’è ostacolo che scanserebbe, né rischio che non correrebbe pur di prestare un valido aiuto al suo amico e signore, anche se molte delle situazioni nelle quali essi si trovano invischiati non sono di quelle che si risolvono semplicemente allargando le sbarre di una prigione con la forza delle braccia, o afferrando una belva feroce per la criniera e trafiggendole il cuore con la lama di un coltello. L’abilità e l’intelligenza del Cavaliere non sono certo elementi meno essenziali, e qualche volta neppure questi sono sufficienti, come capita quando una potente operazione di magia nera si impadronisce del bel giovane e lo riduce a un automa, nelle mani di una potenza estranea. Ma alla fine il male viene sempre sconfitto, anche perché i nostri eroi rappresentano una squadra compatta ed estremamente affiatata: darebbero la vita l’uno per l’altro, e la somma del loro coraggio e dell’affetto che li unisce produce una forza semplicemente irresistibile, che finisce per avere ragione di qualunque ostacolo.
Alcuni elementi mancano del tutto, grazie a Dio, nelle storie del Cavaliere Sconosciuto: la violenza gratuita e la grossolanità . La violenza è ridotta al minimo indispensabile, ma, soprattutto, non viene mai enfatizzata. Manca del tutto il compiacimento nel mostrarla, e, del resto, gli eroi buoni sono animati da un senso di giustizia, ma non da uno spirito da giustizieri. Cercano non tanto la punizione del malvagio ma il ristabilimento dell’ordine naturale delle cose,(ciò che i Padri Latini del "MOS MAJORUM" chiamavano "Pro ARIS &T FOCIS") turbato da chi non lo accetta. Mentre in Tex, per esempio, la volontà di ripristinare la giustizia finisce per diventare una missione e, forse, un po' una ossessione (tanto più naturale in quanto lui stesso è un ex fuorilegge, che ha subito gravissimi torti quando era giovane), che, da un certo punto di vista, un po’ lo "disumanizza", nel Cavaliere Sconosciuto l’anelito alla giustizia non diventa mai un principio a sé stante. Fa parte delle situazioni concrete in cui viene a trovarsi, e nelle quali è praticamente costretto a intervenire, per difendere se stesso o gli altri. Questo ne fa un personaggio forse meno carismatico, ma tutto sommato più “umano”, che si muove all’interno dello stesso mondo al quale appartengono tutti gli altri, compresi i suoi nemici. Per questo gli si perdona volentieri anche il difetto, se pure è tale, di avere in sé qualcosa di manierato. Un difetto che, del resto, condivide con la sua leggiadra fidanzata, la quale si direbbe uscita da un film esotico di Hollywood e che fa pensare a Hedy Lamarr in Sansone e Dalila di Cecil B. De Mille (ma ricorda anche Jennifer Jones o Audrey Hepburn, almeno nei tratti del visto e nei lungi capelli corvini). La quale, in compenso, è talmente bella, dolce e coraggiosa, che le si perdona volentieri tutto il resto. Quanto al gigantesco Bindra, la sua forza sbalorditiva non lo spinge verso l’eccesso e la superbia. Ricorre alla forza per necessità e per la buona causa, e in fondo, forse, gode di più a usarla per sollevare tronchi d’albero che non per spezzare le ossa ai cattivi. Come il Cavaliere Sconosciuto non diviene un giustiziere, e Nadina non diviene un puro oggetto decorativo, così Bindra sfugge al pericolo di diventare un forzuto da circo, un personaggio caricaturale (come capita a volte al canadese Pat Mac Donald nelle storie di Tex Willer), anche se il rischio effettivamente c’è, e gli autori si fermano un attimo prima di lasciarvelo cadere. Lui è, e rimane, un gigante buono, lo si vede dalla faccia e dal sorriso.
Il secondo elemento che manca, per fortuna, nelle storie del Cavaliere Sconosciuto è la grossolanità. Il linguaggio dei personaggi è sobrio e misurato, qualche volta tendente all’enfatico, ma sempre corretto. Niente parolacce, niente espressioni triviali, né volgarità. E anche le situazioni non sono mai moralmente ambigue, il bene e il male si riconoscono a prima vista. Insomma c’è un’atmosfera di pulizia: sono fumetti che qualunque genitore può comprare al suo figlioletto senza il timore di mettergli in mano una mina a scoppio ritardato. Prendendo il Cavaliere Sconosciuto a suo modello, il piccolo lettore non ne ricaverà il minimo danno, sia pure collaterale: non si abituerà a scherzare con le cose cattive, né a parlare in modo “pesante”, né a ragionare in maniera grossolana. E scusate se è poco. Ci sono due maniere di stimolare la naturale fantasia del bambino: servirsene per distaccarlo dalla realtà, oppure accompagnarla nella scoperta della realtà. Grecchi e Marcello, da gran signori del fumetto, scelgono la seconda strada, che è una strada che privilegia la qualità rispetto alla quantità. Il Cavaliere Sconosciuto non è mai diventato un albo a larghissima tiratura, ma che è rimasto sempre una lettura riservata agli intenditori.
Un fumetto, proprio come un libro, è buono se riesce a rendere un po’ più buoni i suoi lettori, e specialmente i più giovani, i bambini e i ragazzini, quelli che non possiedono ancora gli strumenti per mettere una distanza psicologica e morale fra le storie che leggono, coi personaggi che le popolano, e se stessi. In questo senso, si potrebbe dire che la parabola editoriale del Cavaliere Sconosciuto, fra il 1967 e il 1976, illustra meglio di tanti studi sociologici la parabola (discendente) della società italiana. È il decennio in cui il boom si esaurisce e si va verso la stagnazione, ma il consumismo continua a galoppare, anche se spinge la gente a consumare più di quanto potrebbe ragionevolmente permettersi. Ed è quello in cui si passa dalla poesia delle utopie di rigenerazione alla prosa brutale del disinganno, della contestazione violenta, del terrorismo. La cultura italiana è bloccata; i vecchi maîtres à penser, tipo Alberto Moravia e Umberto Eco, sparano ripetitivamente le loro cartucce, ora pornografiche, ora lambiccate e pseudo -intellettualistiche; i maiali di Pasolini divorano i capitalisti e il ventriloquo Dario Fo miete successi deridendo tutto e tutti (tranne se stesso). I bambini che hanno letto le storie del Cavaliere Sconosciuto sono stati fortunati: un fumetto così signorile, tutto italiano, non è una merce frequente.
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Gius
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Re: Il vostro fumetto "del cuore"

Messaggio da Gius »

Corto Maltese.
Tutti gli altri seguono abbastanza distanziati.
"Un Rickenbacker è per sempre" (cit. Gius)
Gimli Il Nano
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Re: Il vostro fumetto "del cuore"

Messaggio da Gimli Il Nano »

Insight ha scritto:Importanti novita' per gli appassionati dei supereroi: dopo Robin (l'aiutante di Batman), Aquaman e Capitan America, anche Superman.... ;)
..........ml
Se vi dico che il figlio di Superman di cui sopra al messaggio "quotato" ha cessato le pubblicazioni per scarse vendite, cosa pensate che siano le mie considerazioni?
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