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F1 Stagione 1976

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Guszti
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Re: F1 Stagione 1976

Messaggio da Guszti »

Anche la foto n.6 sembra del 1977: le qualifiche, con Ian Scheckter (che non entrerà) davanti a una M26.
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Insight
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Re: F1 Stagione 1976

Messaggio da Insight »

Significativo della particolarita' e imprevedibilita' di questo tracciato, e' che nell'albo d'oro dei vincitori manchino campioni blasonati come Piquet, Fittipaldi, Andretti, Mansell, Jones, etc... mentre vi si trovi ad esempio il nostro "Riccardino" ;) che ricordo vincitore in una rocambolesca e spettacolare gara nel 1982.
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Whiteshark
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Re: F1 Stagione 1976

Messaggio da Whiteshark »

GP SVEZIA (11-13 GIUGNO 1976): PROVE

Gli echi del dopocorsa monegasco non si sono ancora spenti quando i motori, mercoledì 5 giugno, si riaccendono a… Varano de Melegari. Ma non sono quelli delle Formula 1, bensì quelli delle Alfasud Trofeo che deliziano il foltissimo pubblico, semplicemente perché…. sono guidate dai piloti di Formula 1! La bellissima iniziativa di Autosprint, ossia di una corsa coi top driver a scopo benefico per i terremotati del Friuli (biglietto unico a 3.000 lire) riscuote un enorme successo di folla e… di piloti (mi posso solo immaginare quanti ne verrebbero oggi nds), che, seguendo la via tracciata da Emerson Fittipaldi (“Si deve aiutare chi ne ha bisogno”), si presentano in massa all’autodromo parmigiano. Le sole eccezioni di rilievo sono quelle del Team Lotus (impegnato in Svezia), di Watson (precettato dalla Penske che sta ultimando la PC4 della quale abbiamo già parlato), di Hunt (anche per lui test McLaren ad Anderstorp), che tuttavia invia un comunicato col quale, oltre ad anticipare una donazione personale, manifesta la propria irritazione con il team McLaren per non avergli lasciato almeno un giorno libero, e quelle “striscianti” di Lauda e Regazzoni, che, pur presenti a Varano, corrono una specie di “garetta” a quattro assieme a Sandro Munari e Bobo Cambiaghi sulle 131 Abarth. Col senno di poi, una grande occasione persa per riavvicinare Niki alla stampa nazionale, cosa che nel prosieguo della stagione avrà il suo peso, molto più del milione di lire versato personalmente da Enzo Ferrari. Due momenti, uno sportivo ed uno umano, rappresentano al meglio una giornata come sicuramente non ce ne saranno più vista la Formula 1 moderna: la lotta all’ultimo sangue di Arturo Merzario contro Harald Ertl, con sorpassi, controsorpassi e sportellate tra le urla dei quasi 20.000 (avete letto bene, ventimila) paganti (che garantiranno a fine giornata oltre 50 milioni di incasso), e la lettura della preghiera per le vittime, scandita dall’altoparlante prima in italiano, poi in inglese, in francese ed in tedesco, in un silenzio carico di commozione. E dopo le corse, gran bagno di pubblico per tutti, da Fittipaldi a Scheckter, da da Laffite a Jones, da Merzario (alla fine vincitore con Galli) a Brambilla, da Zorzi a Peterson (un altro che ha entusiasmato il pubblico con staccatone a ruote fumanti prima di finire fuori strada per un contatto proprio con Zorzi), da Ertl a Kessel, da Pace a Soler-Roig (si, proprio lui, l’Alex che corse nel 1971 e nel 1972), da Ribeiro a Martini per finire a Lella Lombardi, Giorgio Pianta (vincitore con Regazzoni della “garetta” delle 131 Abarth) e Raffaele Pinto. Poi, per molti, la via di Anderstorp, dove incombono i test Goodyear che vedono già impegnati, come detto, Lotus, McLaren e Penske. Test che si rivelano fatali alla terza Lotus, la 77/3 che Andretti aveva voluto identica alla sua come già descritto nel post sulle prove di Montecarlo: Sabato 5 giugno, nel pomeriggio, l’americano, in fondo al rettilineo più lungo del circuito, si trova l’auto impazzita per la (purtroppo non rara nelle Lotus) rottura di una sospensione anteriore. Fortunatamente la vettura N.5 stava già curvando, per cui l’ingresso nelle reti non avviene “di punta” ma “di taglio”: se questo risparmia Andretti da traumi seri, non risparmia la vettura, che conclude la sua corsa contro le barriere distruggendosi quasi completamente (si salva solo il gruppo motore/cambio). “Peccato”, dice Mario una volta ripresosi dallo spavento, “la macchina andava veramente bene”. E la dimostrazione viene dai tempi, con l’italoamericano che chiude le prove col miglior crono assoluto (1’26”9), davanti a Watson (1’27”4) e Nilsson (1’27”5), mentre continua ad annaspare Hunt, che disperde le sue energie lottando prima contro un terribile sovrasterzo, poi con un mostruoso sottosterzo, poi col cambio. Per lui il futuro sembra sempre più nero: quattro testacoda, un motore rotto ed un tempo mediocrissimo (1’27”9).

Passano altri quattro giorni, e mentre molti Team managers iniziano ad annotare sui loro taccuini le sensazionali imprese di due giovanotti poco più che ventenni, uno dei quali, un franco-canadese di nome Gilles Villeneuve, sta facendo sfracelli in Formula Atlantic con cinque vittorie su sei corse (ed un ritiro nella sesta quando era in testa con 16” di vantaggio) mentre l’altro, tale Didier Pironi, sta ridicolizzando tutti gli avversari nel challenge francese denominato “Super Renault” ed ha già conquistato il diritto al volante della Martini-Renault V6 di Formula 2 per la stagione 1977, sul triste autodromo scandinavo e sotto un tristissimo cielo grigio topo, le scuderie iniziano venerdì mattina la tre giorni di Anderstorp, schedulata su tre turni cronometrati di 60 minuti cadauno (due al venerdì, mattina e pomeriggio, ed uno al sabato pomeriggio) ed uno non cronometrato (il sabato mattina) di 90 minuti, nessun warm-up la domenica mattina e la partenza della corsa alle ore 14.

La Ferrari si presenta a questo appuntamento, per lei storicamente ostico (a parte il magico 1975), con le stesse tre 312 T2 viste a Monaco, con la 026 per Niki Lauda, la 027 per Clay Regazzoni e la 025 come muletto. Stessa configurazione monegasca anche per la Tyrrell, che affianca alle P34/2 (Patrick Depailler) e P34/3 (Jody Scheckter) le due 007 (007/4 e 007/6) come macchine di scorta.. Ritorna a due vetture il Team Lotus, con Mario Andretti che, sbollita l’arrabbiatura della 500 miglia di Indianapolis (fermata al 102’ giro per pioggia con l’italoamericano ottavo dopo essere partito 24’ ed in continua rimonta), si riaccomoda, vista la demolizione della 77-R3 come detto sopra, nella 77-R1, per l’occasione dotata dell’ultimo Cosworth (N.234), mentre al locale Gunnar Nilsson va la 77-R2. tre vetture come al “Monte” anche per la Brabham, con la BT45-2 per Carlos Reutemann, la BT45-3 (alleggerita) per Carlos Pace e la BT45-1 come muletto. Si cambia invece alla March: la 761-01, giudicata “alla frutta” vista la quantità industriale di “picchiate” sui rails, viene pensionata, ed a Vittorio Brambilla viene affidata la 761-03 appena ricostruita dopo essere stata distrutta da Peterson a Zolder. Lo svedese si tiene stretta la “sua” 761-06, con la quale è tornato al vertice nel Principato, e che per l’occasione sfoggia (e lo farà fino a fine stagione) la sponsorizzazione della First National City Bank, che, pur confermando la sponsorizzazione alla Penske, manifesta il suo “malumore” per i risultati finora non certo eclatanti ottenuti dal Team a stelle e strisce diversificando gli investimenti nella massima Formula, preferendo all’ultimo momento la March alla Ensign (per la disperazione di Morris Nunn, sempre a caccia di quattrini). I meno contenti di questo nuovo sponsor sono… i meccanici, che nella giornata di giovedì devono carteggiare tutta la macchina prima di riverniciarla per non far aumentare il peso. Le altre due vetture della squadra inglese seguono destini diversi: immutata la 761-02 per Hans Stuck (sempre sponsorizzata John Day), mentre la 761-04-2 in livrea Ovoro per Arturo Merzario sfoggia un telaio nuovo (da qui la differente numerazione) dopo che quello danneggiato a Montecarlo si è rivelato fuori dima. Non cambia nulla alla McLaren, sempre alla disperata ricerca della competitività perduta, se non il ritorno su tutte e tre le vetture (che sono sempre la M23/8/2 per James Hunt, la M23/9 per Jochen Mass e la M23/6 come muletto) del cambio a 6 marce. Pronte alla pensione e senza alcun cambiamento le tre DN5 del Team Shadow (DN5-5A per Tom Pryce, DN5-4A per Jean Pierre Jarier e DN5-3A come muletto), mentre sulla nuovissima Surtees TS19-03 fa il suo ritorno, dopo la sosta forzata di Montecarlo, Brett Lunger, sempre con l’ausilio dello sponsor Chesterfield. Invariata l’altra TS19-02 sponsorizzata Durex per Alan Jones. L’assenza di Jacky Ickx (che, riposatissimo dal “non-impegno” in Formula 1, farà in questo weekend fuoco e fiamme non solo metaforiche a Le Mans, vincendo la 24 ore in coppia con Van Lennep sulla Porsche 936 Martini, regalando a Stoccarda il primo successo nella storia della classica francese di una vettura sovralimentata con turbocompressore nds) permette a Michel Leclere di essere primo pilota a tutti gli effetti, con tanto di muletto (la FW05-1) che il francese, forse sapendo che una simile occasione non si ripresenterà più, proverà per tutte e quattro le sessioni alternandola alla sua vettura titolare (la FW05-2). Una sola vettura, ovviamente, per la Ensign, che affida a Chris Amon la N176 MN-05, così come la Hesketh, con la “solita” 308D/3 per Harald Ertl. Tutto immutato anche alla Ligier, con la JS5-01 per Jacques Laffite, ed alla Boro, con la MN-04 (alias 001) per Larry Perkins.

Grosse novità, invece, alla Penske, che fa debuttare la nuova PC4 (sigla PC4-001) con John Watson, al fianco della PC3 (telaio 002) che funge da muletto. Due vetture, come abitudine consolidata, per Emerson Fittipaldi, con la Copersucar FD04-1 come vettura titolare e la FD04-2 come muletto. Per chiudere, si rivede il Team RAM di John McDonald, che, a fianco di Loris Kessel (sulla BT44B-2), schiera un debuttante assoluto, il danese Jac Nellemann, che, grazie a vari sponsors personali, riesce a garantirsi un volante per questa gara. In teoria era prevista anche una sessione di allenamento la settimana precedente la corsa, ma il Team RAM, presente martedì 1/6, viene accolto da una bufera d’acqua con temperature polari, ed il test di apprendistato di Nellemann si riduce a dieci giri (ed altrettanti, o quasi, testacoda sulla pista allagata). A Nellemann va la BT42-2, con la seconda BT44B-1 iscritta come muletto.

La prima sessione di prove schedulata alle 11, vede subito la supremazia, in perfetta continuità con quanto accaduto a Montecarlo, delle Tyrrell P34, che per la loro particolare configurazione sono sempre favorite in condizione di poca gomma sull’asfalto. A questo si aggiunge la grande tradizione della squadra dell’ex boscaiolo ad Anderstorp, e quindi non ci si stupisce di vedere, a fine mattinata, la sei ruote di Depailler in testa a tutti con 1’27”07, con Scheckter terzo in 1’27”48, col sudafricano che ha percorso solo 23 giri prima di perdere una delle ruote anteriori a causa della rottura del gallettone di fissaggio, dovendo quindi interrompere le prove per le riparazioni. Lo stupore, casomai, avviene nel leggere il nome del secondo classificato e vedere che non si tratta di Niki Lauda, quarto con 1’27”53: certo anche la Lotus ha una notevole tradizione sulla pista svedese, ma il tempo di Mario Andretti (1’27”26) è senz’altro di assoluto rilievo, ed eloquente indice di quanto la scuderia stia crescendo rispetto alla notte nera (in onore dello sponsor) del 1975 e dell’inizio 1976. Anche Colin Chapman sembra aver ritrovato entusiasmo, e chiacchierando con gli addetti ai lavori si lascia “scappare” un’anticipazione: “Stiamo già lavorando alla macchina per il 1977, e vi posso garantire che scriverà una nuova era nelle Formula 1” (ed ha decisamente ragione nds). Nel frattempo, il Drake inglese si gode gli evidenti progressi della Lotus 77, che Andretti, certo meno veloce ma decisamente più portato al collaudo di Peterson, sta facendo crescere quasi a vista d’occhio, anche se l’americano attribuisce all’arrivo di Tony Southgate il vero “salto di qualità” della vettura. Che invece non è più, o quasi, una sorpresa, è vedere lo splendido Amon ai vertici: il neozelandese, tornato in piena forma dopo il botto di Zolder, fa volare la N176, ed a posteriori è un peccato che questa vettura non abbia potuto essere sviluppata adeguatamente per mancanza di fondi. La rossa N.22 si dimostra equilibratissima, neutra ed incollata all’asfalto, esaltando lo stile di guida pulitissimo di Chris. Sesta piazza per Ronnie Peterson, che “inaugura” la livrea First National della sua March distanziando di oltre un secondo i compagni di squadra, con una sola sorprendente eccezione, ossia Arturo Merzario, che dimostra di gradire molto le curve con banking di Anderstorp e chiude la prima sessione in decima posizione con 1’28”22. Purtroppo per il comasco, il tempo della prima sessione resterà il migliore spiccato, mentre gli altri due turni cronometrati vedranno la March-Ovoro vittima di accensioni irregolari e misfire, alle quali il Team cercherà, senza riuscirvi fino alla domenica mattina, di porre rimedio. Tra Ronnie ed Arturo, la sempre accettabilmente competitiva Ligier di Laffite (1’28”01), vittima di un motore “stanco” (ed infatti il propulsore, lo stesso di Montecarlo, sarà sostituito nella serata), la Brabham di Pace (1’28”15) e l’esordiente Penske PC4 di Watson, che non nasconde la sua delusione: “Rispetto ai test della scorsa settimana la maneggevolezza della vettura è peggiorata drasticamente. Non riusciamo a capire il perché, dato che la pista è la stessa e le regolazioni identiche, ma ho un sottosterzo incredibile”. Qualcuno fa dell’ironia dicendo che il Team Penske deve andare alla… Ferrari a farsi dare le regolazioni, vista l’incredibile somiglianza dell’alettone anteriore con quello della 312 T2. E parlando di Ferrari, certo è un’altra sorpresa, e decisamente negativa, vedere l’undicesima posizione di Regazzoni, sette decimi dietro al caposquadra. L’elvetico sembra aver “bruciato” nel fantastico e sfortunato finale monegasco tutte le energie nervose, e si presenta su questa pista che dichiaratamente odia (come la Ferrari d’altronde) con un atteggiamento palesemente abulico. 1’28”22 il tempo di Clay, che a fine turno dichiara di voler fare la seconda sessione col muletto in quanto “la mia macchina è inguidabile, il retrotreno va dove vuole e la vettura si scompone in frenata”. Dietro a Regazzoni la seconda Brabham di Reutemann, meno irritante del solito, e la prima Shadow di Jarier, che con 1’28”62 precede di cinque centesimi un Hunt che continua a collezionare testacoda (due) e a litigare con l’equilibrio (anzi il non-equilibrio nds) della sua M23, chiudendo la sessione con l’unica platonica soddisfazione di aver rifilato il solito secondo a Mass, solo diciannovesimo. Dietro all’inglese Brambilla, le cui prove durano solo mezz’ora (20 giri esatti), prima che il Cosworth di Vittorio esali l’ultimo respiro, ed un Fittipaldi tornato nelle “solite” posizioni che competono in qusta stagione a lui ed alla sua Copersucar. Il brasiliano precede Pryce, che dopo soli dieci minuti si prende un grosso spavento al Karussell: al momento di curvare a destra, la Shadow N.16, dopo aver segnato il tempo di 1’30”07, va invece dritta per la rottura di una sospensione anteriore, abbatte tre file di reti e finisce la sua corsa sulle barriere demolendosi completamente. Tom sale sul muletto, ma passa il resto della sessione senza far meglio di un mediocre 1’29”25, dovendo riportare le regolazioni della sua vettura. Il britannico precede l’inguardabile Mass, un Jones decisamente meno in palla del solito, un buon Kessel, il locale Nilsson alle prese con misteriosi problemi di accensione e misfire che neppure quattro cambi di candele e due centraline riescono a risolvere e che ottiene un imbarazzante 1’30”15, a quasi 4” dal compagno di squadra, ed a chiudere Lunger, Perkins, Leclere, Nelleman (il cui motore sembra preso a prestito da…. Fuorigrotta il 31 Dicembre, viste le detonazioni e gli scoppi che ne escono e che il Team non riesce a risolvere) ed Harald Ertl, che compie sei giri e si ferma lungo la pista perché i meccanici hanno dimenticato di mettergli la benzina (!!) e deve aspettare la fine della sessione perché il carro attrezzi recuperi la sua Hesketh N.24.

Nella seconda sessione, che inizia alle 15, il sole fa capolino tra le nubi, innalzando lievemente le temperature, ed il fatto, unito alla progressiva gommatura del tracciato, fa intuire che i tempi scenderanno. Non per tutti, però: ad Arturo Merzario, che non migliora per i problemi che abbiamo già citato, si aggiunge Gunnar Nilsson, che dopo l’ennesimo cambio della centralina non si accorge di aver disinserito il limitatore di giri (o forse non è stato montato correttamente), e dopo due sole tornate, in fondo al rettilineo, rompe fragorosamente il propulsore con gran gioia di Chapman. Ma per fortuna di Colin, per una Lotus che va malissimo, l’altra va benissimo: Mario Andretti continua ad affinare l’assetto della sua vettura, ed a fine giornata si produce in una impressionante serie di giri sotto 1’27”, col miglior tempo di1’26”61. Non bastano, comunque, ad ottenere la pole provvisoria, perché, dopo una infinita serie di ingressi ai box per ottimizzare il bilanciamento della sua vettura (che sfoggia un nuovo alettone posteriore), Niki Lauda, a 10’ dal termine, segna un grandissimo crono di 1’26”53, e per otto centesimi, si pone davanti all’italoamericano. Lo sforzo dell’austriaco è stato comunque tremendo, perché il giro seguente la Ferrari 312 T2 N.1 si ferma subito ai box: “Non credo che oggi ci sia possibilità di fare meglio. Pertanto smetto e ne riparleremo domani. La vettura mi sembra a posto. In mattinata ho avuto dei problemi che però sono stati almeno in parte risolti. Non resta che aspettare domani” la chiosa dell’austriaco, una ripetizione di quanto avvenuto a Montecarlo. Una ripetizione di quanto avvenuto nella prima sessione, invece, è la magnifica prova di Amon, terzo tempo assoluto della sessione con 1’27”23. E’ un vero piacere vedere guidare Chris, pulito e velocissimo, ed assecondato da una vettura che sembra marciare sui binari. Dopo il kiwi, le due Tyrrell di Scheckter (1’27”24) e Depailler (1’27”38), un altro che non migliora il tempo della mattinata. “Ho provato alcune modifiche che non sono andate a buon fine” la spiegazione del transalpino, che precede il connazionale Laffite, che prima di fermarsi col motore ormai “alla frutta” fa in tempo a segnare 1’27”51, sette centesimi meglio di Peterson e tredici meglio di Regazzoni, fermato sul più bello a pochi minuti dal termine per il distacco di una tubazione dell’olio che trasforma la pista in una friggitoria: Accortosi della pressione che cala dal manometro sul cruscotto, Clay rientra riuscendo a salvare il propulsore: i meccanici riagganciano il tubo ed il ticinese riparte, ma ormai la pista è diventata scivolosissima e migliorare è un miraggio “Domani continuo con il muletto che funziona a dovere, l'altra vettura verrà messa a posto dal meccanici questa sera e poi vedremo” la dichiarazione di un Regazzoni cupo e quasi rassegnato, l’ombra della tigre ammirata nel Principato. Dietro alla Ferrari N.2 un positivo Brambilla, ultimo a scendere sotto 1’28”, ed un ottimo Jones, che riesce con l’ausilio di un “labbro” fissato al musetto a risolvere in buona parte i suoi problemi di sottosterzo ed ottiene il decimo tempo di sessione rifilando 2”06 al compagno Lunger, regolarmente massacrato dal velocissimo australiano. Due centesimi dietro Lunger, e dopo altri due testacoda, James Hunt, ormai disperato: “Credo di aver utilizzato tutto quello che la squadra ha portato qui, molle, barre, alettoni. Il risultato è sempre lo stesso: la macchina, nella stessa curva, un giro sottosterza e l’altro sovrasterza… c’è da impazzire”. La pazzia non impedisce all’inglese di qualificarsi provvisoriamente quattro posizioni (ed un secondo) avanti a Mass, come abitudine stagionale, precedendo Reutemann, che non migliora il tempo della mattinata, così come il compagno Pace: su tutte e due le vetture si registrano guai alla trasmissione, ed alla Brabham si decide di sostituire il cambio su entrambe le vetture, tornando al 5 rapporti. Dietro all’argentino una lunga serie di “non miglioranti” o quasi: Jarier (che toglie 13 centesimi), Watson (che non migliora anche salendo sulla vecchia PC3, e viene colto nei box seduto sul suo casco con le mani nei capelli a testimonianza del suo sconforto), Merzario in lotta con il motore che perde colpi, Pace (vedi Reutemann per i problemi), il semi-ridicolo Mass (che però almeno due decimi li toglie), Fittipaldi (“L’anteriore sembra essere sul ghiaccio, non ho la minima aderenza” dichiara uno sconsolato “El Rato”, prima di lasciarsi andare ad uno scoop che si rivelerà poi una bufala “In Copersucar stiamo progettando anche noi una vettura a sei ruote”), Pryce e Stuck che per togliere quattro centesimi rompe il motore con grande gioia del Team March, che si ritrova già al venerdì sera senza motori di scorta dopo i due rotti dal tedesco e da Brambilla. Nella coda del plotone si registrano invece significativi progressi, a cominciare da Leclere che toglie oltre 1”6 al suo tempo, per non parlare di Ertl che gira per tutta la sessione e scende di ben 2”88. Sette decimi il progresso di Perkins, davanti al duo RAM-Brabham, con Kessel che per problemi ai freni non migliora e Nelleman che invece toglie sei decimi, cosa che non gli impedisce di essere a fine giornata ultimo in classifica provvisoria. La battaglia per la pole si annuncia, visti i minimi distacchi, elettrizzante ed incertissima, e decisamente fuori luogo (oltre che portajella) si rivelano i baldanzosi proclami di Audetto (“Siamo molto soddisfatti anche perché siamo andati assai meglio che nella prima giornata dell'anno scorso. I tempi di oggi hanno dimostrato ampiamente che la Ferrari è competitiva anche ad Anderstorp, un circuito dove molti ci attendevano al varco. Nessun problema per il momento”), e soprattutto di Walter Rosboch, che, dalle colonne della Stampa, si lancia in uscite (“Lauda-Ferrari super anche in Svezia (..) Lauda è in forma splendida e appare assai difficile, al momento, che qualcuno possa superarlo”) che è un eufemismo definire azzardate.

CLASSIFICA PROVVISORIA (Tra parentesi la sessione nella quale è stato ottenuto il tempo migliore):

1’ Niki Lauda (Ferrari 312 T2) 1’26”53 (II)
2’ Mario Andretti (Lotus 77-Cosworth) 1’26”61 (II)
3’ Patrick Depailler (Tyrrell P34-Cosworth) 1’27”07 (I)
4’ Chris Amon (Ensign N176-Cosworth) 1’27”23 (II)
5’ Jody Scheckter (Tyrrell P34-Cosworth) 1’27”24 (II)
6’ Jacques Laffite (Ligier JS5-Matra) 1’27”51 (II)
7’ Ronnie Peterson (March 761-Cosworth) 1’27”58 (II)
8’ Clay Regazzoni (Ferrari 312 T2) 1’27”64 (II)
9’ Vittorio Brambilla (March 761-Cosworth) 1’27”81 (II)
10’ Carlos Pace (Brabham BT45-Alfa Romeo) 1’28”15 (I)
11’ John Watson (Penske PC4-Cosworth) 1’28”19 (I)
12’ Arturo Merzario (March 761-Cosworth) 1’28”22 (I)
13’ Carlos Reutemann (Brabham BT45-Alfa Romeo) 1’28”27 (I)
14’ Alan Jones (Surtees TS19-Cosworth) 1’28”36 (II)
15’ James Hunt (McLaren M23-Cosworth) 1’28”38 (II)
16’ Jean Pierre Jarier (Shadow DN5-Cosworth) 1’28”49 (II)
17’ Emerson Fittipaldi (Copersucar FD04-Cosworth) 1’29”10 (I)
18’ Tom Pryce (Shadow DN5-Cosworth) 1’29”25 (I)
19’ Jochen Mass (McLaren M23-Cosworth) 1’29”34 (II)
20’ Hans Stuck (March 761-Cosworth) 1’29”50 (II)
21’ Michel Leclere (Williams FW05-Cosworth) 1’29”59 (II)
22’ Harald Ertl (Hesketh 308D-Cosworth) 1’29”62 (II)
23’ Loris Kessel (Brabham BT44-Cosworth) 1’30”02 (I)
24’ Gunnar Nilsson (Lotus 77-Cosworth) 1’30”15 (I)
25’ Larry Perkins (Boro 001-Cosworth) 1’30”35 (II)
26’ Brett Lunger (Surtees TS19-Cosworth) 1’30”39 (II)
27’ Jac Nelleman (Brabham BT42-Cosworth) 1’30”66 (II)

La sessione “libera” del sabato mattina si apre… col botto: Scheckter sta girando su tempi di tutto rispetto quando, alla chicane in fondo al rettilineo piomba nella coda di Reutemann, che, invece, sta girando lentamente per portare tutto a temperatura giusta. Carlos, correttamente, si sposta fuori traiettoria lasciando lo spazio a Jody. Il sudafricano però è arrivato troppo “pinzato”, la P34 va sullo sporco e “punta” verso l’interno del tracciato, proprio dove si trova Reutemann. Scheckter, con una sterzata disperata, sembra riuscire a passare, ma, come dirà poi Reutemann ai giornalisti “Si deve essere dimenticato che le sue ruote posteriori sono più larghe di quelle anteriori”: la posteriore destra di Jody “bacia” violentemente la posteriore sinistra di Carlos, ed incredibilmente, mentre la Tyrrell prosegue senza alcun danno, la BT45 sembra “esplodere” nel posteriore, con la ruota che viene divelta in un turbinio di pezzi di fibra di vetro rossa. Per l’argentino è la fine delle prove con la sua vettura, e dovrà disputare il restante weekend col muletto. Esilarante la scena al giro successivo, coi due driver che si parlano a gesti, accusatori da parte di Reutemann e di “scioccata sorpresa” da parte di Scheckter. Evidentemente non è mattinata per le ruote posteriori sinistre, perché a metà delle prove Merzario rientra ai box con la macchina su tre ruote, causa la rottura del portamozzo. I tempi non sono ufficiali, e vanno quindi presi con bneficio di inventario: risulta in testa Lauda, davanti a Scheckter, Regazzoni, Amon e Depailler.

Nel pomeriggio tutti partono col coltello tra i denti, ed appare chiaro, dopo un quarto d’ora di prove, che Rosboch ed Audetto hanno clamorosamente “toppato”: infatti, mentre Lauda gira costantemente negli stessi tempi, anzi superiori di qualche decimo, del venerdì, gli altri scendono vertiginosamente, con la sola esclusione di Andretti, che fa un giro e poi rientra con l’ingranaggio della terza marcia “sgranato”. I meccanici Lotus iniziano subito una frenetica opera di riparazione, perché Mario, essendo senza muletto, rimane attualmente col tempo di venerdì. Chi invece marcia come un orologio sono le sei ruote, e come sempre, quando bisogna tirare fuori la prestazione, Scheckter è sempre davanti al compagno di squadra, anche se a Monaco i cronometristi lo avevano retrocesso (“Il problema di Patrick è che ha troppo la tendenza a provare combinazioni differenti durante le qualifiche alla ricerca della vettura al 100%, e questo gli fa perdere tempo. Io faccio gli esperimenti nelle prove libere, vedo quello che mi soddisfa di più e con quello faccio le qualifiche, anche se magari sono soddisfatto al 90%” la spiegazione di Jody sulla sua maggiore velocità in qualifica pur essendo alla sua terza gara con la sei ruote nds): dopo meno di venti minuti il sudafricano abbatte il muro di 1’26” con 1’25”80, seguiti subito dopo dall’incredibile Amon che scende a 1’26”16 garantendosi la prima fila provvisoria. Considerato che il Team Ensign è composto da Chris Amon,. Morris Nunn, un autista-cuoco-scaricatore e due meccanici c’è davvero di che gridare al miracolo. E Lauda ? L’austriaco le prova tutte, ma sembra proprio che la diminuzione della temperatura (quasi dieci gradi) rispetto al venerdì abbia compromesso l’equilibrio faticosamente raggiunto sulla 312T2 N.1. Niki entra ed esce dai box, sempre più irritato, ma non c’è niente da fare: le monoposto di Maranello non riescono a trovare un compromesso di assetto valido per questo circuito che presenta curve sovra e sottosterzanti. Si regola la vettura in un modo e questa va bene o addirittura benissimo in una curva ma non in un'altra. Si cambia regolazione e il comportamento si capovolge. Audetto a fine giornata parlerà di “sottosterzo in entrata e sovrasterzo in uscita di curva per Lauda, mentre Regazzoni aveva sovrasterzo in entrata e sottosterzo in uscita”. Lo svizzero aggiunge anche una evidente svogliatezza ed a fine giornata non riuscirà a fare meglio di 1’27”15, subendo anche l’affronto di un Carlos Pace che, sulla Brabham Alfa-Romeo, lo precederà di due centesimi, strappandogli anche l’ultimo posto nei dieci. Alla tranquilla demotivazione di Clay (“Con queste gomme non potevo fare di più”) si contrappone la furia di Niki, che alla domanda (invero piuttosto stupida) di un giornalista che lo “accusa” di aver guidato col suo solito stile, senza dare l’impressione di andare al limite, sbotta nero come la pece: “Se invece di dire ca…te fossi nell’abitacolo vedresti quanto sia andato al limite, anzi oltre il mio limite e quello della vettura !! Io non guido in controsterzo ed in sbandata perché è una perdita di tempo, non si ottiene nulla. Se guidassi con lo stile di Pryce e fossi campione del mondo sarebbe fantastico, ma se avessi guidato l’anno scorso e quest’anno come Tom non avrei vinto il titolo”. L’inglese, informato di essere stato “tirato in mezzo”, commenta in modo corrosivo (“Se avessi avuto anche io una 312T anziché una DN5 forse avrei vinto pure io, e col mio stile”) la sparata del campione del mondo. Fortunatamente i due si chiariranno alla fine delle prove, ma la reazione scomposta di Niki è la palese dimostrazione che nella squadra Ferrari il solo collante sono le vittorie e le pole positions, basta che qualcosa giri storto e subito l’atmosfera si fa pesantissima, con il campione del mondo che, come scrive il Corsera di domenica mattina, inizia a parlare a bassa voce di quanto la partenza di Montezemolo abbia nuociuto all’ambiente. Che comunque Lauda abbia dato tutto e chiesto tutto alla sua vettura lo dimostrano gli ultimi dieci minuti, con Lauda già retrocesso dietro a Depailler che dopo quaranta minuti segna il suo miglior giro in 1’26”36, proprio mentre Scheckter scende ulteriormente con 1’25”65 che alla fine gli varrà la (contestata come vedremo poi nds) pole position: l’austriaco cambia gomme e toglie benzina, primo giro di lancio, secondo con la migliore prestazione della giornata in 1’26”44, al terzo Niki rientra ai box. I meccanici si affrettano a cambiare nuovamente le gomme, ma il pilota scende dalla vettura facendo un gesto eloquente: il motore, “tirato” troppo, ha perso potenza (ed infatti sarà sostituito per la gara nds). Quindi solo nove centesimi di progresso e terza fila per l’austriaco, mentre si assiste allo show di Andretti: l’americano rientra in pista ad undici minuti dalla fine delle prove con la terza marcia riparata, e dopo soli due giri guadagna la prima fila con l’eccellente tempo di 1’26”00. All’ultimo giro il “fattaccio”: tutti i Teams registrano per l’americano il crono di 1’25”49, che sarebbe la pole position, mentre per i cronometristi ufficiali il tempo è di un secondo più alto: Chapman si infuria, ma il tempo rilevato dai cronometristi è quello valido, e così Jody, dopo aver perso la prima fila a Montecarlo, salva la partenza al palo (prima in carriera e 14’ per la Tyrrell nds) grazie alle topiche degli addetti al cronometraggio, lasciando al comunque ottimo italoamericano la prima fila e la consapevolezza che la vettura sta crescendo alla grande. Lo dimostra anche Gunnar Nilsson, che con la 77 N.6 sulla quale è stato sostituito il propulsore nella notte tra venerdì e sabato si piazza splendido sesto a soli tredici centesimi da Lauda (e probabilmente lo svedese avrebbe potuto partire in seconda fila se non avesse finito la benzina a tre quarti dell’ultimo giro nds), e mettendosi alle spalle il sempre positivo Laffite e l’incredibile Hunt, che pur con vari testacoda (a fine prove saranno in totale ben sei !!), riesce ad azzeccare il giro della vita ed a scendere sotto 1’27”, garantendosi la ottava piazza, nove centesimi davanti ad un Peterson che rifila sei decimi al primo compagno di squadra (Brambilla, quindicesimo con 1’27”64) e ben 1”2 agli altri due (Merzario e Stuck, diciannovesimo e ventesimo con 1’28”22 ed 1’28”23). Brambilla motiva il suo ritardo con la rottura della terza marcia dopo mezz’ora di prove, Merzario col fatto di … non aver praticamente girato per i problemi di accensioni irregolari (solo a fine prove si troverà la causa in un falso contatto della centralina), mentre Stuck dimostra una volta di più la sua incredibile incostanza di rendimento, passando dagli altari monegaschi alla polvere svedese. Dietro a Peterson i già citati Pace (“Col sei marce potevo togliere almeno mezzo secondo, purtroppo il nostro motore è OK come potenza ma come coppia massima non ci siamo” la chiosa del brasiliano a fine prove), Regazzoni e Pryce, che dopo aver finalmente sistemato il muletto riesce a vincere per nove centesimi la sua personale sfida col compagno Jarier. Tra i due, un Mass sempre massacrato da Hunt (“Non so dire se ho più sovrasterzo o più sottosterzo, scegliete voi” l’incredibile risposta del tedesco ai giornalisti). Dietro al transalpino della Shadow il già menzionato Brambilla che precede Reutemann, costretto dall’incidente della mattinata a girare col muletto regolato per il compagno Pace, ormai di fatto prima guida (anche perché l’impegno del carioca è di spessore ben maggiore rispetto all’ombroso e irritante gaucho triste nds), ma che riesce, pur penalizzato dal muso della vettura che sfrega per terra a causa di un imperfetto montaggio del telaio di sostegno (!!), ad essere l’ultimo pilota ad abbattere il muro di 1’28”. Dietro all’argentino un depresso John Watson, che torna alle regolazioni di venerdì mattina ma che in tutto toglie tredici centesimi (“La macchina non curva in nessun modo, forse montare questo musetto non è stata una grande idea” la spiegazione dell’irlandese) precedendo tre piloti in tre centesimi: Jones (che rifila il solito secondo e rotti al compagno Lunger) e le due March di Stuck e Merzario (delle quali abbiamo già parlato).

Ad aprire la zona dei “derelitti” il derelitto per eccellenza in questa stagione, ossia Emerson Fittipaldi, che combatte anche per questa sessione con la totale mancanza di dialogo tra le gomme anteriori e l’asfalto, risultando quasi divertente (se non fosse patetico) da vedere mentre affronta le curve con le ruote tutte sterzate senza riuscire mai a tenere la corda. “Abbiamo capito che sarebbe stato meglio affrontare questa gara con la vecchia sospensione anteriore”, questa è l’incredibile spiegazione di Dave Baldwin a fine prove. Il tecnico che ha progettato in ristrettezze assolute la Ensign N176 dei miracoli sembra già essere stato contagiato dal virus di stampo sovietico che evidentemente aleggia alla Copersucar (Per la serie “Se guadagno sia lavorando che non facendo nulla, tanto vale non far nulla” nds), un Team che ad un budget secondo probabilmente solo alla Ferrari abbina una conduzione generale ed una organizzazione da vera Babilonia, in una mancanza totale di indirizzo tecnico che probabilmente ritroveremo, almeno per i Teams ad alto budget, solo nel triennio Ferrari 1991/92/93 ed alla Renault 1985. Dietro ad Emerson, anch’egli in tale confusione tecnica da decidere addirittura di partire per la gara senza barra antirollio anteriore (!!!), la Boro di Larry Perkins, la Hesketh di un Ertl autore a mio parere di una buona qualifica vista la povertà tecnica a disposizione, il già citato Lunger, il “felicissimo” Michel Leclere (felicissimo perché a fine prove il francese sente Frank Williams dire ad un giornalista del Corsera “Non ho ancora capito se è più scarsa la macchina od il pilota, vorrei reclutare un top driver per provare la FW05 e capirne il reale potenziale”) e Loris Kessel che chiude il gruppo, togliendo per 17 centesimi a Jac Nelleman l’ultima posizione. Il povero danese combatte ancora con accensioni irregolari, che, dopo altri due cambi di centralina, incredibilmente si manifestano in misura ancora più accentuata quando Nelleman sale sul muletto, al punto da lasciarlo a piedi lungo la pista per un cortocircuito. Jac la prende con filosofia (“Non so che dire, su qualunque macchina salgo iniziano a manifestarsi guai elettrici, forse sono io che sono radioattivo senza saperlo !!”), e saluta per sempre la Formula 1.

In Ferrari si punta sulla scaramanzia, visto che Lauda e Regazzoni sono nelle stesse posizioni della vittoriosa cavalcata della stagione 1975, ma anche questo appello allo stellone viene vanificato in serata: un diluvio si abbatte sulla pista abbassando la temperatura a 11 gradi, e la grande variabile che aveva permesso alle 312T il successo, ossia il gran caldo e la pista gommatissima, viene subito scartata a priori, lasciando il logico ruolo di favoriti alle due Tyrrell sei ruote con Mario Andretti come unico possibile serio oppositore per la vittoria finale.

GRIGLIA DI PARTENZA:

FILA 1:
Jody Scheckter (Tyrrell P34-Cosworth) 1’25”65
Mario Andretti (Lotus 77-Cosworth) 1’26”00

FILA 2:
Chris Amon (Ensign N176-Cosworth) 1’26”16
Patrick Depailler (Tyrrell P34-Cosworth) 1’26”36

FILA 3:
Niki Lauda (Ferrari 312 T2) 1’26”44
Gunnar Nilsson (Lotus 77-Cosworth) 1’26”57

FILA 4:
Jacques Laffite (Ligier JS5-Matra) 1’26”77
James Hunt (McLaren M23-Cosworth) 1’26”95

FILA 5:
Ronnie Peterson (March 761-Cosworth) 1’27”04
Carlos Pace (Brabham BT45-Alfa Romeo) 1’27”13

FILA 6:
Clay Regazzoni (Ferrari 312 T2) 1’27”15
Tom Pryce (Shadow DN5-Cosworth) 1’27”52

FILA 7:
Jochen Mass (McLaren M23-Cosworth) 1’27”56
Jean Pierre Jarier (Shadow DN5-Cosworth) 1’27”61

FILA 8:
Vittorio Brambilla (March 761-Cosworth) 1’27”64
Carlos Reutemann (Brabham BT45-Alfa Romeo) 1’27”76

FILA 9:
John Watson (Penske PC4-Cosworth) 1’28”06
Alan Jones (Surtees TS19-Cosworth) 1’28”20

FILA 10:
Arturo Merzario (March 761-Coswort) 1’28”22
Hans Stuck (March 761-Cosworth) 1’28”23

FILA 11:
Emerson Fittipaldi (Copersucar FD04-Cosworth) 1’28”67
Larry Perkins (Boro 001-Cosworth) 1’28”81

FILA 12:
Harald Ertl (Hesketh 308D-Cosworth) 1’28”88
Brett Lunger (Surtees TS19-Cosworth) 1’29”34

FILA 13:
Michel Leclere (Williams FW05-Cosworth) 1’29”59
Loris Kessel (Brabham BT44-Cosworth) 1’30”02
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sundance76
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Re: F1 Stagione 1976

Messaggio da sundance76 »

Davvero incredibile pensare che la Ferrari non vincerà più "sul campo" una gara fino al termine della stagione.
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Re: F1 Stagione 1976

Messaggio da Insight »

Un anno davvero sfigato per la scuderia del cavallino e per Lauda. Senza quel maledetto incidente, col piffero che James Hunt avrebbe vinto il mondiale. E quasi sicuramente ci avrebbero risparmiato il film Rush :lol:
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Re: F1 Stagione 1976

Messaggio da Whiteshark »

GP SVEZIA: GARA (72 GIRI x 4.018 km. = 289.296 km.)

1’ – 18’ GIRO: Come riportato a fine del post prove, nella notte tra sabato e domenica una pioggia stile monsonico flagella l’autodromo, accompagnata, per la gioia dei campeggiatori venuti a vedere il weekend svedese, da un vento proveniente dalla Siberia che porta la temperatura a livelli artici. Il risultato è che la mattina successiva la pista, ancora bagnatissima, è stata completamente “lavata” dalla gommatura, ed il freddo intenso (addirittura 8° in primo mattino, 11° a mezzogiorno, 13° al momento della partenza) è sicura garanzia di penalizzazione per quei Teams, Ferrari in testa, che non riescono a portare in temperatura gli pneumatici. Favorite d’obbligo, come già detto, diventano le Tyrrell, che in questa situazione hanno un doppio vantaggio: la loro maggiore quantità di gomma a terra è un grande plus quando la pista non è gommata, ed il freddo riduce la possibilità di surriscaldamento dell’impianto frenante.

Alle 14 il gruppo si muove secondo il curioso “schema Anderstorp”: una particolarità del tracciato svedese, infatti, è che i box e la linea di partenza sono in due zone differenti del tracciato, cosicchè le vetture sono costrette ad uno strano “balletto”: escono dai box, compiono il giro di ricognizione, rientrano ai box da dove escono già nell’ordine di schieramento per percorrere un altro giro ma fermandosi nella zona di partenza, che stranamente non avviene a semaforo ma ancora con la bandiera, cosa che costa molto cara a Mario Andretti: l’americano, deciso a prendere il comando delle operazioni per non lasciar scappare Scheckter, “brucia” la partenza (come si vede anche dalle poche immagini televisive), ed affronta in testa la prima curva. La manovra gli costa però carissima, perché prima della fine del quinto giro i commissari lo sanzionano con 1’ di penalità per partenza anticipata. La cosa incredibile è che nessuno ne sarà informato prima di diverso tempo, soprattutto il Team Tyrrell che infatti non farà segnalazioni a Scheckter. I commissari si giustificheranno col fatto che i commissari presenti nella zona di partenza-arrivo non avevano i walkie-talkie per comunicare con quelli dei box (!!). Andretti assicurerà di non essere scattato in anticipo, ma come detto il suo errore appare evidente. Lo scatto in avanti della Lotus N.5 viene seguito da tutta la fila (ma dato che non ci sono ancora i rilevatori di movimento nessuno sanziona nulla nds), permettendo a tutta la parte destra dello schieramento, almeno per le prime file, di bruciare gli avversari, e così, oltre ad Andretti che supera Scheckter, Depailler sopravanza Amon e Nilsson scavalca Lauda. Anche Hunt è leggermente davanti a Laffite, ma il fantino francese tiene duro per tutta la prima curva ed in uscita sfrutta la maggiore accelerazione del Matra V12 rispetto al Cosworth e mantiene la sua posizione, Le sgomitate tra la McLaren e la Ligier cercano di essere sfruttate da Pace, che è scattato meglio di Peterson prendendogli la posizione, ma il tentativo si rivela pernicioso: Hunt, alla curva successiva, chiude di brutto, e Carlos, che si era infilato all’interno, è costretto ad alzare il piede venendo così risuperato all’esterno da Peterson. Dietro al brasiliano Regazzoni, partito finalmente, se non benissimo, almeno non male. Chi invece, come disdicevole abitudine, non parte bene è Pryce, che alla prima curva è scavalcato da Brambilla partito benissimo, da Mass e dal compagno Jarier. Dietro al monzese nello schieramento ci sarebbe Reutemann, ma l’argentino, che già nel giro di ricognizione aveva accusato accensioni irregolari alle quali i meccanici avevano cercato di porre rimedio sostituendo la centralina, al momento di dare gas sente il motore “morire”: saggiamente, l’argentino si sposta tutto sulla sinistra e lascia sfilare il gruppo. Si fermerà al termine del primo giro ai box, da dove uscirà con una nuova centralina dopo cinque minuti, solo per fare un altro giro, verificare che il motore continua a non funzionare e rientare ancora ai box, questa volta in via definitiva. Il posto dell’argentino alle spalle di Pryce viene preso da Jones, tallonato da Watson. Ma per l’irlandese il Gran Premio è destinato ad essere ancora più corto che per Reutemann: al Karussell John si trova con l’acceleratore bloccato, e la sola cosa che può fare è staccare il contatto dal motore e mandare la vettura in testacoda. La nuovissima PC4 impatta con le reti prima e con i rails poi, danneggiandosi pesantemente, mentre Watson esce senza un graffio dai rottami ma certo deluso per un debutto che non sembra promettere nulla di buono per il prosieguo della stagione Penske. Dietro alla Surtees del canguro si piazzano così le due March di Merzario e Stuck, davanti ai due “superpartenti” Etrl (4 posizioni guadagnate) e Leclere (addirittura 5). Fittipaldi aggiunge ai suoi guai anche una brutta partenza e gira alla prima curva 21’ davanti a Kessel, Perkins (il pilota partito peggio) e Brett Lunger.

Nel corso del primo giro un solo sorpasso smuove il plotone, con Jochen Mass che alla terza curva scavalca Brambilla. Al termine della prima tornata , quindi, Andretti è virtualmente primo (in realtà è ovviamente ultimo) con otto decimi su Scheckter, seguito da Depailler, Amon, Nilsson, Lauda, Laffite, Hunt, Peterson, Pace, Regazzoni, Mass, Brambilla, Jarier, Pryce, Jones, Merzario, Stuck, Ertl, Leclere, Fittipaldi, Kessel, Perkins, Lunger e Reutemann che come già detto rientra ai box. Nel corso del secondo giro non vi sono variazioni di posizioni, ma Andretti, che ha probabilmente intuito la frittata che ha combinato, inizia a tirare al massimo e porta a 1”4 il suo vantaggio su Scheckter, (“Lo avevo visto anticipare la partenza, ma fino a che non avevo la certezza della sua penalizzazione non volevo lasciarlo andare via” dirà poi Jody). Depailler è già ad oltre 3”, e precede Amon e Nilsson che ha Lauda negli scarichi. La pressione del campione del mondo gioca un brutto scherzo a Gunnar, che, tagliato il traguardo del secondo giro, stacca per la curva a destra a 180° e, dopo il breve rettilneo che ne segue, percorre la controcurva a 90° che lo immette nel rettilineo dei box. O meglio che lo immetterebbe, perché, evidentemente oltre il limite, Nilsson mette due ruote sull’erba, si gira (Lauda lo schiva per un pelo) e colpisce col posteriore il muretto dei box, distruggendo ruota posteriore destra con relativa sospensione e l’alettone posteriore. La cosa incredibile è che il muretto colpito è proprio quello del box Lotus, con Chapman che, furente alla vista della “sua” creatura incidentata, rientra per qualche minuto nei box dopo aver detto a Peter Warr “Digli che non lo voglio vedere fino a fine corsa !!”. Da Lauda in poi, quindi, tutti scalano di una posizione, ad eccezione di Larry Perkins che, superando Kessel, ne guadagna due passando da 23’ a 21’. L’onesta progressione dell’australiano prosegue anche al terzo giro, quando la Boro N.37 scavalca un Fittipaldi sempre più imbarazzante (“Era come guidare sul ghiaccio, anche con la barra antirollio staccata non avevo la minima aderenza sull’anteriore” dirà poi Emerson) passando così ventesimo. Quarta tornata senza scossoni, mentre la quinta, quasi a voler mantenere la media di un sorpasso a giro, registra due cambi di posizione: Vittorio Brambilla supera Mass e passa undicesimo, mentre nella guerra dei poveri Lunger scavalca Kessel sul rettilineo di partenza/arrivo. Loris cerca di replicare alla curva dopo i box ma sbaglia la misura della staccata, Brett chiude e lo svizzero deve salire violentemente con le ruote di sinistra sul cordolo: una sospensione si rompe ed il Team RAM chiude così indecorosamente un weekend indecoroso. Dopo cinque giri, quindi, Andretti “guida” con 2”6 su Scheckter (in realtà è 23’ a 57”4) e 5”1 su Depailler. Amon è sempre quarto e tiene la Tyrrell N.4 nel mirino, mentre Lauda sta già perdendo terreno su chi lo precede (“A fine gara abbiamo rilevato le temperature delle gomme ed erano 20° più basse di quanto avrebbero dovuto essere. Ho combattuto per tutta la gara con l’assenza di aderenza, sottosterzo e sovrasterzo. Era impossibile tenere il passo di chi mi stava davanti” la dichiarazione di Lauda post-GP). Ma se è più lento di chi gli sta davanti, Niki è comunque leggermente più veloce di chi gli sta dietro, e tra la Ferrari N.1 e la Ligier N.26 di Laffite inizia già a crearsi un piccolo gap. Il fantino francese precede di qualche lunghezza un trenino di vetture molto ravvicinate tra loro ma che brilla per… mancanza di tentativi di sorpasso, e così Hunt, Peterson, Pace, Regazzoni e Brambilla sono vicinissimi, ma nessuno si arrischia a tentare sortite. Dietro al monzese, Mass sta perdendo progressivamente terreno ed è insidiato dal duo Shadow Jarier e Pryce seguiti da Jones, Merzario e Stuck in lotta ravvicinata, col comasco che appare in ottima forma purtroppo non supportata dal motore. Diciottesimo il positivo Ertl, davanti a Leclere, Perkins ed il sempre più imbarazzante Fittipaldi che suda sette camicie per cercare di tenere dietro l’arrembante (!!) Lunger.

Con la corsa cloformizzata nelle prime dieci posizioni, lo (scarso) spettacolo per gli infreddoliti spettatori viene dai bassifondi del plotone, nelle cui zone i driver, forse perché troppo al limite o perché troppo scarsi, ne combinano di tutti i colori: apre le danze al sesto giro Fittipaldi, che sbaglia il punto di frenata alla chicane Horra, prende la via di fuga e riparte ultimo dietro a Lunger. Al giro seguente Ertl replica quanto fatto da Nilsson al terzo giro, ma per sua fortuna tocca il muretto dei box con la parte anteriore della vettura, danneggia il musetto ma può ripartire 22’, guadagnando subito dopo una posizione grazie ad un altro testacoda, questa volta di Brett Lunger, che si gira al Karussell e perde due piazze ritornando ultimo. Alla fine del settimo giro, quindi le posizioni dalla ventesima alla ventiduesima sono nell’ordine Fittipaldi-Ertl-Lunger. Al giro otto Emerson, ormai in totale crisi con la vettura che va ovunque tranne che dove “El rato” vorrebbe che vada, arriva ancora lungo alla chicane Horra, riprende la via di fuga e perde una posizione a vantaggio di Ertl, che ritorna così ventesimo davanti al brasiliano ed a Lunger. Giro nove ed Ertl, col musetto danneggiato, arriva largo al Karussell e viene risuperato da Fittipaldi e Lunger, che sul rettilineo principale, sfruttando la scia, risupera la Copersucar N.30 e riguadagna la ventesima piazza davanti a Fittipaldi, che per chiudere degnamente la tornata si gira all’ultima curva e riparte ultimo dietro anche ad Ertl. Al decimo giro l’austriaco si ferma ai box per cambiare il musetto danneggiato, ripartendo ovviamente ultimo staccato di un giro, e non potendosi vedere l’ultima “prodezza” di Fittipaldi, che si gira ancora al Karussel e getta la spugna, rientrando al termine della tornata ai box e ritirandosi tra gli sghignazzi degli addetti ai lavori, memori di quanto dichiarato due settimane prima a Montecarlo da Wilson Fittipaldi, che, non ancora stufo di farsi ridere dietro da tutta la Formula 1, riesce ancora a sparare dichiarazioni col senno di poi di indubbia comicità: “Adesso si va su due piste sulle quali abbiamo provato, il Paul Ricard e Brands Hatch, e la musica cambierà !!”. Ma oltre che per il mesto ritiro di Fittipaldi, il giro undici è da ricordare perché è proprio in questa tornata che Mario Andretti legittima la sua virtuale prima posizione (in realtà l’americano in questo momento è 20’) con quello che resterà il giro più veloce della gara in 1’28”00, e portando a 7”6 il suo vantaggio su Scheckter (“Ero al limite ovunque, ma non c’era nulla da fare in quel momento. Semplicemente andava più forte di me !” dirà poi Jody), mantenendosi quindi in perfetta “media recupero penalizzazione” ma chiedendo anche moltissimo alla meccanica. Depailler perde dal compagno più o meno quanto il suo compagno perde da Andretti, ed è già a 13”, con la minaccia concreta di Amon sempre ad un paio di secondi o poco più. Lauda è già quasi a 20”, comunque tranquillo, molto meno Laffite che dopo aver creato un piccolo gap tra se e chi lo segue non riesce ad incrementarlo, vedendo quindi sempre la sagoma di Hunt nei retrovisori. Ma l’inglese, più che occuparsi di Laffite, deve preoccuparsi di Peterson, sempre vicinissimo alla McLaren. Pace, determinatissimo, segue da presso lo svedese, e si tiene dietro Regazzoni e Brambilla. Altro gap e un Mass opaco e mai in gara tiene dietro lo scalpitante Jarier, purtroppo per lui con un motore stanco che non gli permette di superare il tedesco, e che a sua volta è tallonato dal compagno Pryce. Ulteriore spazio e quindicesimo passa Jones braccato da presso da Merzario che fa continuamente i pugni all’australiano (ma francamente non se ne capisce il motivo, Jones è davanti ed ha il diritto di fare le traiettorie che vuole nds), poi l’imbarazzante Stuck, Leclere addosso al quale sta arrivando Perkins, Lunger già staccatissimo ed il doppiato (per la sosta ai box nds) Ertl a chiudere il gruppo.

Al 13’ giro il vantaggio di Andretti tocca i 9”, ed al quindicesimo supera i 10”. Ma la distanza tra la Lotus N.5 e la Tyrrell sei ruote N.3 aumenta ora con molta lentezza, segno che Scheckter, superata la prima fase critica della corsa (soprattutto per l’impianto frenante), inizia a girare praticamente nei tempi del battistrada (“All’inizio avevo un po’ di sottosterzo, ma lo avevo messo in preventivo fino al 20’ giro a causa delle mie scelte di assetto. Sapevo che alleggerendosi la macchina sarebbe diventata neutra, che era quello che volevo per la seconda parte di gara” la spiegazione tecnica di Scheckter). In questa quindicesima tornata Perkins, che aveva chiuso il distacco che lo separava da Leclere, prova l’attacco alla chicane Horra: Leclere tiene duro e chiude la porta, Perkins è costretto ad una frenata a ruote bloccate che si traduce in un “lungo” alla chicane stessa ed al giro seguente ad una sosta ai box per cambiare le gomme anteriori spiattellate nell’inchiodata. L’australiano riparte 20’ e doppiato (così come Lunger, che Andretti aveva scavalcato il giro precedente), ma ogni velleità di rimonta è frustrata due giri dopo dalla rottura del motore, cosa che permette ad Ertl di entrare nei venti, con Andretti che, pur guidando la corsa, in pratica è solo diciassettesimo.


DOPO 18 GIRI:

1’ Jody Scheckter
2’ Depailler
3’ Amon
4’ Lauda
5’ Laffite
6’ Hunt
7’ Peterson
8’ Pace
9’ Regazzoni
10’ Brambilla
11’ Mass
12’ Jarier
13’ Pryce
14’ Jones
15’ Merzario
16’ Stuck
17’ Andretti (in testa ma penalizzato di 1’ per partenza anticipata)
18’ Leclere
19’ Lunger
20’ Ertl


19’ – 36’ GIRO: Michel Leclere non ha il tempo di gioire per lo scampato pericolo dell’attacco di Perkins, perché al 20’ giro anche il suo propulsore esala l’ultimo respiro, circa un’ora prima che il suo compagno di Team Ickx tagli il traguardo di Le Mans da vincitore tra il giubilo di tutto lo staff Porsche-Martini. Ben diversa l’atmosfera in casa Williams, con Walter Wolf che dichiara testualmente “Ho speso un sacco di soldi per occupare stabilmente il fondo dello schieramento, ma almeno ho capito cosa NON si deve fare per far funzionare una squadra di Formula 1” e con Frank sull’orlo di una crisi di nervi. Crisi di nervi che invece si evita Merzario, che al 22’ giro, sfruttando un piccolo errore di Jones, riesce finalmente a scavalcare la Surtees dell’australiano, dando poi grande prova di guida curvando con una mano sola mentre con l’altra agita a ripetizione i pugni all’indirizzo di Alan. In testa, nel frattempo, Andretti si è plafonato sui 10”-11” di vantaggio, ed appare chiaro che la pur splendida cavalcata di Mario potrà al massimo fruttargli qualche punto e non certo la vittoria. Così come appare chiaro che Jones rallentava pesantemente l’ottimo Merzario, che in breve si fa di nebbia per l’australiano e mette il trio Mass-Jarier-Pryce nel suo mirino personale. Alan, nel tentativo di resistere al ritmo impresso da Arturo, esagera ed alla prima curva dopo i box esce di strada. Non è un’uscita rovinosa, ma al canguro costa comunque carissima: nel salto sul cordolo il “labbro” aggiunto sul musetto si stacca, e la Surtees N.18 inizia da subito ad accusare un terribile sottosterzo in tutte le curve, perdendo ulteriormente contatto dall’italiano e finendo rapidamente nelle grinfie dell’altra March di Stuck, anch’egli, come il connazionale Mass, autore di una prova scialba ed insignificante. Scalfitture nella classifica e poco altro, trattandosi di piloti che si trovano tra la quindicesima e la diciassettesima piazza. Per aspettare sorprese nella parte alta della classifica non bisogna però attendere molto: Andretti, risalito impetuosamente in soli sette giri dalla diciassettesima all’undicesima posizione (non dovendo fare sorpassi è più facile nds…..), a partire dalla 27’ tornata innalza di quasi 1” a giro i suoi tempi, ed il suono sinistro che esce dai suoi scarichi è la migliore spia del “dove” l’americano perda terreno: una valvola si è piegata (con tutta probabilità un fuorigiri vista la guida al limite nds), e la Lotus N.5 perde per strada un migliaio di giri in tutte le marce. Già al 29’ passaggio, proprio mentre Stuck, ormai in procinto di essere doppiato, supera un Jones in crisi di sottosterzo e passa sedicesimo, Scheckter riduce a meno di 10” il suo ritardo, ed alla trentesima tornata le due vetture sono separate da 9” netti. Depailler è sempre terzo a circa 10” dal compagno di squadra, con Amon che non gli dà tregua sempre a circa 2”. Lauda è quinto “a bagnomaria”, Laffite sesto ha portato il suo vantaggio sul quintetto Hunt-Peterson-Pace-Regazzoni-Brambilla a valori abbastanza rassicuranti. Dietro ai cinque ravvicinatissimi tra loro, un buco abbastanza ampio e poi un quartetto guidato (anzi frenato….) da Mass, che ha sempre ad un foglio di carta Jarier, Pryce e l’arrembante Merzario arrivato in scia alle due “ombre” nere. Stuck e Jones sono gli ultimi a pieni giri, Lunger è a un giro, Ertl ultimo a quasi due.

A complicare ulteriormente le cose ad Andretti, dopo la penalizzazione in partenza e la penalizzazione del motore “svalvolato” (“Col ritmo che avevo prima del problema alla valvola pensavo che sarei riuscito a finire sul podio, ma quando ho sentito il motore perdere potenza in quel modo ho capito che non sarei andato lontano” dirà Mario a fine gara), si aggiunge anche la penalizzazione dei doppiati: dal 31’ giro in avanti, infatti, l’americano inizia a raggiungere le vetture più lente, che, sfortunatamente per lui, sono tutte frazionate in gruppetti in lotta dura tra loro, coi piloti che spesso non guardano, impegnati nella lotta, i commissari sventolare le bandiere blu. Andretti, che a causa dei problemi di motore è probabilmente la vettura più lenta sul dritto, deve così tentare i sorpassi esclusivamente in staccata, perdendo così altro tempo. La sagoma della Tyrrell 6 ruote N.3 si fa sempre più grande nei retrovisori di Mario, che al 31’ giro doppia Jones, al 32’ Stuck ed al 33’ per la seconda volta Ertl, col teutonico Harald che incredibilmente, dopo aver dato strada alla Lotus, chiude di brutto la traiettoria per non lasciare passare Stuck, che pure è un giro avanti a lui, costringendo il tedesco ad una frenata disperata a ruote bloccate. Evidentemente il “derby” con Stuck mette le ali della grinta a Ertl, mentre nello stesso giro l’ottimo Merzario scavalca Pryce guadagnando la 14’ posizione e mettendosi subito negli scarichi di Jarier. Il transalpino, che a causa del suo motore continua a sbattere la testa contro Mass pur essendo visibilmente più rapido, non avendo più le spalle coperte dal compagno di squadra deve forzare i tempi, e lo fa nel modo sbagliato “tirando” una staccata impossibile alla chicane Horra: la Shadow, a ruote bloccate e fumanti, non riesce a chiudere la curva e Jean Pierre deve prendere la via di fuga, cedendo due posizioni e Merzario e Pryce, che passano così tredicesimo e quattordicesimo. Arturo, in gran forma, si mette subito negli scarichi di Mass cercando l’occasione buona per superarlo, sempre tallonato da Pryce che sta “alla finestra” pronto a cogliere eventuali errori di chi gli sta davanti. Nel frattempo Scheckter è ormai a 6” da Andretti, ed appare evidente a tutti che solo un problema meccanico può impedire a Jody di entrare nella storia.

DOPO 36 GIRI:

1’ Jody Scheckter
2’ Depailler a 9”4
3’Amon a 11”9
4’ Lauda a 19”7
5’ Laffite a 35”3
6’ Hunt a 40”8
7’ Peterson
8’ Pace
9’ Regazzoni
10’ Brambilla
11’ Andretti (in testa ma penalizzato di 1’ per partenza anticipata)
12’ Mass
13’ Merzario
14’ Pryce
15’ Jarier
16’ Stuck
17’ Jones
18’ Lunger
19’ Ertl


37’ – 54’ GIRO: Come in una riedizione del 1975, quando Lauda erose a poco a poco il ritardo da Reutemann a lungo in testa per poi vincere in scioltezza, gli spettatori vedono la Lotus N.5 e la Tyrrell N.3 sempre più vicine tra loro, e forse non tutti si accorgono della splendida manovra con la quale, al 37’ passaggio, Merzario scavalca Mass alla Gislaved. Il tedesco cerca di resistere, col solo risultato di scomporsi e lasciare la porta aperta anche alla Shadow di Pryce che si infila alle spalle di Arturo, che però a pista libera si allontana subito dalla nera vettura di Tom. Davvero eccellente la corsa del comasco, risalito in 12’ posizione a suon di sorpassi. Dodicesima posizione che diventa undicesima il giro seguente, quando si sfiora il dramma: Chris Amon, che ha sempre Depailler nel mirino ed è comunque già a podio virtuale, taglia il traguardo del 38’ giro ed inizia la staccata per la curva a destra (vista dall’abitacolo del pilota). “Per i primi 30-40 metri tutto è sembrato normale. Poi ho sentito come se la macchina frenasse solo a metà, e quando ho provato ad inserirla in curva ha curvato solo leggermente per poi andare diritta. Ho fatto in tempo a vedere la ruota anteriore sinistra che non sterzava, poi più nulla, è accaduto tutto troppo in fretta”. La dichiarazione di Amon identifica perfettamente la rottura della sospensione anteriore sinistra, e non specifica quel che accade dopo: la N176, completamente senza controllo, “falcia” tre file di reti come coltello nella maionese, e si disintegra contro i rails fortunatamente non “di punta” ma “di taglio”. Quando la polvere si dirada, Amon è ancora nella vettura. La testa è eretta ma immobile. Poi, quando il panico si sta già impadronendo di tutti, si vedono le cinture di sicurezza venire slacciate dal neozelandese, che dopo un’altra decina di secondi esce tutto intero tra il sollievo generale “Ero sveglio, ma ero intento a verificare di essere ancora vivo e vegeto”, dirà poi Amon, che vede frustrata un’altra grandissima prestazione dalla fragilità della sua vettura, veloce ma con varie componenti evidentemente troppo affaticate e non cambiate per mancanza di fondi.

Alla chiusura della 38’ tornata, quindi, Andretti è “in testa” (in realtà l’americano è decimo), con soli 4” su Scheckter, che a sua volta ha 11” su Depailler e 28”su Lauda, rientrato grazie alle disgrazie altrui in zona podio. Laffite, ad oltre 44” dal sudafricano, è buon quarto, ed ha suppergiù 5” sul trenino Hunt-Peterson-Pace-Regazzoni-Brambilla. Altri quindici secondi e passa Merzario che sta già distanziando Pryce e Mass addosso al quale sta ritornando Jarier, che ha Andretti negli scarichi. Doppiati ad un giro Stuck, Jones e Lunger, chiude a due giri Ertl.

Alla 41’ tornata Andretti riesce ad avere finalmente ragione di Mass e Jarier, ma ormai Jody è a 3”, che diventano 3”2 la tornata successiva e 4”5 alla 43’, quando tocca a Scheckter doversi far largo tra i duellanti. Nella stessa tornata Brambilla rovina la sua onesta corsa rompendo malamente gli indugi del pacchetto di vetture guidate da Hunt: il monzese cerca di superare Regazzoni alla prima curva, ma è troppo indietro e si “limita” a toccare col musetto la ruota posteriore destra dello svizzero. Nessun danno per Clay (che già da diversi giri sta lottando con vibrazioni all’anteriore a causa di un piombo di bilanciatura staccatosi dalla ruota anteriore sinistra), mentre Vittorio rompe il “labbro” inferiore del musetto imitando Jones e trovandosi, così come l’australiano, con un incredibile sottosterzo. Vittorio si stacca così rapidamente da Regazzoni, mentre davanti Scheckter, a pista libera, si riavvicina ad Andretti ora alle prese con Pryce. Quarantacinquesimo giro, i due sono separati da 3”, ma Mario ha appena superato Pryce garantendosi un po’ di “respiro”. La zona punti è ormai vicinissima (in questo momento Andretti è subito dietro Regazzoni), ma a metà del giro il Cosworth della Lotus N.5 alza bandiera bianca, come il fumo che in quantità industriale esce dallo scarico della bancata sinistra. Mario riesce a superare i box, prima di arrestarsi alla curva successiva a bordo pista salutando una gara che lo ha visto grandissimo protagonista anche se con l’ombra del grave errore in partenza che ha di fatto condizionato tutta la sua corsa, con la necessità di tirare al massimo chiedendo così troppo al propulsore. Che sia un giro “nero” per i motori lo dimostra anche Stuck, che rientra ai box con un terribile rumoraccio meccanico: la causa viene individuata in uno scarico rotto e così il tedesco riparte cercando almeno di finire la corsa, perdendo una posizione a favore della Surtees di Jones.

Alla 46’ tornata, quindi, le posizioni in corsa sono tutte effettive, con Scheckter nettamente primo con oltre 15” sul compagno Depailler e 22” su Lauda. Laffite è a circa 50”, Hunt a quasi 1’ ed ha sempre addosso Peterson, Pace e Regazzoni. Brambilla, handicappato dal musetto danneggiato, perde un secondo al giro da Regazzoni e lo stesso, se non di più, riprende al monzese Merzario, ultimo a pieni giri, che ha ormai nettamente distanziato Pryce, che a sua volta si è allontanato da Mass e Jarier nuovamente in lotta selvaggia con il francese sempre handicappato dal suo Cosworth asmatico. Jones, Stuck col motore che sembra un tolto da un Caterpillar, Lunger ed Ertl chiudono il plotone.

A partire dai giri successivi Scheckter regola la sua velocità su quella dei suoi inseguitori, capitanati dal compagno Depailler, e facendo tutti gli scongiuri del mondo vista la fantastica prospettiva di ripetere a carta carbone il GP. Svezia 1974, che con una doppietta aveva dato alla allora giovanissima Tyrrell 007 la prima vittoria. La descrizione dei pensieri del pilota sudafricano, tradotta dalla sua rubrica personale su Autosport, è a mio modesto avviso talmente bella da dover essere postata integralmente così come è stata scritta da Jody:

“…I box mi segnalano che ho 18”5 di vantaggio su Patrick, e quindi da quel momento (50’ giro nds) posso correre col mio ritmo. Può sembrare facile, un modo quasi rilassato di correre una gara. Ma posso assicurare che, se non impegna molto il fisico, è una vera tortura per la mente. Quando non sei sotto pressione, devi fondamentalmente fare tre cose: mantenere il ritmo, ascoltare il motore e sentire la macchina, oltre ovviamente a guardare le segnalazioni. E’ incredibile quanto i sensi si amplifichino in quei momenti: ascolti il motore come se fosse il battito del tuo cuore, cogliendone le minime sfumature. E man mano che i giri passano, inizi a pensare a tutte le cose che sono andate storte in passato, pregando che non accadano proprio oggi”.

Jody, comunque, pur con la testa affollata dai suoi pensieri e dalle sue paure, mantiene un passo costante regolando la sua velocità su quella del compagno Depailler. Le sole novità nella marcia trionfale della P34 N.3 verso il traguardo saranno una grandissima attenzione nei doppiaggi ed un differente uso del cambio (“Anderstorp è un circuito in cui tutte le curve meno una sono fatte in terza marcia, cosa che ovviamente sollecita tremendamente questo rapporto, così ho deciso di preservarla passando dalla terza alla quarta 1000 giri sotto l’abituale regime, così da limitarne lo stress” scriverà ancora Jody). Chi invece non regola la sua andatura è il sempre più sorprendente Merzario, che di gran carriera (peccato non avere i giri veloci per ogni pilota, sarei stato curioso di sapere quello fatto da Arturo nds) appare nei retrovisori di Brambilla agganciandolo prima del 50’ giro, giro che vede le due dominanti Tyrrell prima e seconda senza avversari all’orizzonte, così come Lauda è tranquillo terzo. Laffite continua a mantenere il suo vantaggio sul trenino (ora ridotto ad una locomotiva e tre vagoni) formato da Hunt, Peterson, Pace e Regazzoni, che, a macchina scarica, si trova più a suo agio con la vettura ed inizia ad attaccare Pace con maggiore convinzione. Brambilla è nono e, incomprensibilmente visto che si è fuori dalla zona punti, ostacola vistosamente Merzario (antipasto dei “cazzotti” agonistici che i due si tireranno la stagione successiva nel Mondiale Sport con le Alfa Romeo 33 SC12 nds) frenando forte e poi piantandosi a centro curva. Arturo, condizionato dal suo Cosworth non certo a livello dei migliori, replica quanto fatto con Jones agitando i pugni ma non trova lo spiraglio perdendo una vita dietro al connazionale. Pryce, doppiato da Scheckter al 47’ passaggio, è undicesimo ben davanti a Mass e Jarier che hanno sempre molte cose da dirsi visto che sono attaccatissimi. Jones, con l’auto inguidabile, punta solo ad arrivare, così come Stuck il cui motore suona sempre peggio, Lunger ed Ertl chiudono il plotone

I giri successivi, plafonati per le prime posizioni, si concentrano sui continui attacchi di Regazzoni a Pace, di Merzario a Brambilla e di Jarier a Mass, col resto dei piloti, specialmente i primi tre e gli ultimi quattro, a fare quasi da spettatori non paganti. Spettatori che perdono una unità al 52’ giro, quando il Cosworth di Stuck si rompe definitivamente, probabilmente a causa della miscela “autosmagritasi” causa la rottura dello scarico. Lunger eredita così la 15’ posizione ed Ertl la 16’, ma per due soli giri: al 54’ passaggio la corsa del tedesco, che girando (vista la vettura nds) piuttosto velocemente si era portato a ridosso di Jarier e Mass (che erano un giro avanti nds), tenta di superare la Shadow alla curva dopo i box, ma esagera con la frenata ed a ruote bloccate esce di strada e finisce nella sabbia da dove non si muoverà più.


DOPO 54 GIRI:

1’ Jody Scheckter
2’ Depailler a 15”8
3’ Lauda a 28”9
4’ Laffite a 52”3
5’ Hunt a 56”6
6’ Peterson a 57”7
7’ Pace
8’ Regazzoni
9’ Brambilla
10’ Merzario
11’ Pryce
12’ Mass
13’ Jarier
14’ Jones
15’ Lunger


55’ - 72’ GIRO: Al 55’ giro due duelli si risolvono, con Regazzoni che alla chicane Horra scavalca Pace e passa in settima posizione e Merzario che alla Gislaved riesce ad avere ragione di Brambilla, producendosi poi nell’abituale agitar di pugni all’indirizzo del monzese. Vittorio, psicologicamente “scaricato”, rallenta ulteriormente il suo ritmo, due giri dopo viene doppiato da Scheckter ed in breve vede apparire la sagoma di Pryce nei retrovisori. Anche Pace rallenta il suo ritmo, ma per motivi ben diversi: il sempre assetatissimo boxer Alfa Romeo inizia verso il 60’ giro a presentare “il conto”, tendendo a spegnersi subito dopo il Karussell, curva a 180° nella quale il carburante, per effetto della forza centrifuga, tende a muoversi nel serbatoio. Carlos è così costretto a percorrere la curva “incriminata” con grande cautela, per evitare il rischio di testacoda dovuti all’alimentazione “a scatti”, e deve “ringraziare” Brambilla che ha tenuto dietro Merzario per quasi dieci giri: Arturo, infatti, è una delle macchine, assieme a Regazzoni, più veloci in pista in questo finale di gara, tanto che Scheckter, in procinto di doppiare la March numero 35, si avvicina al comasco solo di qualche decimo al giro. Alla sessantesima tornata Scheckter e Depailler continuano il loro dominio senza il minimo disturbo, Lauda saggiamente continua a mantenere il suo passo e si accontenta della terza piazza, l’ottimo Laffite è in pieno controllo su Hunt e Peterson, sul quale sta iniziando a premere Regazzoni, che ha rapidamente azzerato i circa 3” che lo separavano dallo svedese al momento del sorpasso ai danni di Pace. Il brasiliano, con la zona punti ormai sfumata, punta solo ad arrivare, ma senza deconcentrarsi più di tanto perché lo splendido Merzario gira praticamente, come detto, come il battistrada Scheckter, aumentando i rimpianti per non essere partito più avanti in griglia. Ormai alla frutta invece è Brambilla, addosso al quale è arrivato Pryce, mentre proprio in questa tornata Jarier tenta un nuovo attacco a Mass: identico il punto (la chicane Horra), identici purtroppo per il transalpino i risultati (lungo nella via di fuga). Jean Pierre perde oltre 25”, che a fine corsa, a dimostrazione di quanto il suo passo fosse superiore alla McLaren del tedesco, ridurrà a meno di 13” pur senza poter tentare nuovi attacchi. Le due Surtees TS19 di Jones e Lunger chiudono il plotone, con l’americano che al 58’ passaggio è stato doppiato per la seconda volta.

Ad aprire gli ultimi dieci giri il sorpasso di Pryce a Brambilla, che fa entrare nei dieci il britannico (“La maneggevolezza della vettura era ottima, ma questa vettura ha ormai dei limiti ben precisi” dirà poi Tom ai giornalisti). Con tutte le posizioni congelate, l’ultimo duello in pista è quello tra Peterson e Regazzoni per la sesta piazza e quindi un punto mondiale: Clay, visibilmente più rapido malgrado i problemi di bilanciatura già descritti, inizia a punzecchiare lo svedese, che cerca di difendersi “tirando” le staccate. Ad approfittare della guida difensiva di Peterson è soprattutto Hunt, che inizia a porre un piccolo ma significativo gap sulla March N.10 che lo ha braccato dall’inizio della corsa. Al 66’ giro Regazzoni sembra farcela alla Horra ma Ronnie, con una staccata “disperata”, riesce a resistere. Nello stesso giro l’eccellente Merzario, che pur senza avere concretamente la possibilità di attaccare il troppo lontano Pace cominciava a “vederlo” in fondo ai rettilinei, rallenta in modo sensibile ed al giro seguente viene doppiato da Scheckter: l’asmatico Cosworth del comasco lamenta la rottura di una molla valvola, ed Arturo cerca solo di finire la corsa in quella che sarebbe una pur sempre onorevole nona piazza (dopo essere partito 19’ nds).

Ultimi giri in passerella per le due Tyrrell, con Jody Scheckter che si prepara ad entrare nella storia come il primo pilota (e resterà l’unico nds) a vincere una corsa valida per il campionato mondiale con una macchina che non ha quattro ruote. Il compagno Depailler lo segue sempre ad una ventina di secondi, Lauda si accontenta del nono podio consecutivo (considerando anche la stagione 1975 nds) e probabilmente non vede l’ora che tutto finisca, Laffite è buon quarto, Hunt ha portato a 3” i secondi di vantaggio su Peterson che, ormai al limite con le gomme, deve cedere al 69’ giro all’ennesimo attacco che Regazzoni gli porta alla chicane Horra. Clay, superato Peterson, inizia a “volare”, mangiando 1” a giro a Hunt, e facendo sognare il box su una ulteriore posizione guadagnata. Resta però incomprensibile come mai l’elvetico abbia aspettato 55 giri dietro alla Brabham di Pace, visto che ha poi palesato un ritmo nettamente migliore. Carlos continua a guidare col piede di velluto per risparmiare carburante, così come Pryce che arriverà al traguardo col motore che starnutisce per mancanza di benzina. Tra i due lo sfortunatissimo Merzario, che al 70’ giro viene definitivamente abbandonato dal motore (pistone), e dopo aver tagliato il traguardo ed aver iniziato l’ultimo giro rientra ai box senza poter finire. Una vera disdetta per il comasco, autore di una prestazione, visto anche il mezzo a disposizione, davvero maiuscola. E’ questa l’ultima emozione di una gara invero piuttosto noiosa, ma che comunque avrà nella storia della Formula 1 un posto sempre di primo piano, perché circa un minuto dopo che Merzario ha abbandonato la gara la bandiera a scacchi si abbassa a consacrare la vittoria di Jody Scheckter e della sua P34 a sei ruote. E’ incredibile che la prima ed unica vittoria di questa macchina sia arrivata per mano del pilota che meno ha “sopportato” questa vettura, che non l’ha mai né sviluppata né collaudata, ma che evidentemente ha saputo trarne il massimo. A differenza di Depailler, secondo a quasi 19”, che pur amando svisceratamente questa vettura si “fermerà” a otto podi, ma senza mai salire sul gradino più alto. Lauda, terzo, ottiene il massimo da una giornata in cui non si sono certo visti né il miglior Niki né la migliore 312 T2, sinistro presagio della seconda parte di stagione. Laffite, quarto, conferma che la Ligier-Matra non è solo una boutade dettata dalla grandeur francese, ma una seria e solida realtà, pur con un budget decisamente inferiore a quello col quale i fratelli Fittipaldi stanno facendo sghignazzare tutto il paddock. Hunt, dopo sei testacoda in prova, artiglia due punti sui quali probabilmente neppure lui credeva (e che a fine anno saranno di importanza capitale nds), in questo aiutato dall’incomprensibile atteggiamento di Regazzoni, che, agganciato l’inglese al penultimo giro, non tenta neppure un attacco, limitandosi a concludere in scia alla McLaren N.11. Un vero enigma oggi Clay, per tre quarti di corsa “tassista” in coda a Pace, poi velocissimo e determinato nel superare la Brabham del brasiliano, la March di Peterson e poi chiudere il gap che lo separava da Hunt, ed infine come “scarico” al momento dell’ultimo affondo. Anche la gara di Peterson non è immune da critiche, con Ronnie, stranamente senza grinta e mordente, autore di una gara “Polistil”, corsa su un binario senza acuti. Non è invece che da apprezzare la prova di Pace, che riesce a portare la BT45 a ridosso della zona punti e senza essere doppiata pur con l’handicap di una monoposto ancora troppo pesante ed assetatissima. “Sono molto fiducioso per la Francia, sul Mistral ne vedrete delle belle” dichiara il Carlos carioca, sempre e comunque positivo a differenza dell’irritante compagno di squadra. Pryce conclude nono una corsa in cui non ha fatto molto, ma dove comunque non poteva fare molto, mentre Brambilla, decimo, deve recriminare una volta di più sull’eccesso di irruenza che lo ha portato a compromettere l’equilibrio della sua March in un attacco sbagliato a Regazzoni, Mass finisce 11’ una gara imbarazzante e ridicola, precedendo uno Jarier combattivo ma troppo “falloso”, le due Surtees di Jones e Lunger chiudono il gruppo.

Il circo della Formula 1 fa ora rotta verso la Francia, su una delle più belle e complete piste del calendario, per la gara che segnerà il giro di boa di metà campionato. Campionato che è sempre saldamente nelle mani di Lauda, che ha più di tre GP di vantaggio sul più immediato insegutore, ora diventato Scheckter, e quasi quattro su Depailler ed Hunt, rispettivamente terzo e quarto in classifica. La riammissione di Hunt è ormai data per scontata, ma la situazione è comunque di assoluto controllo. Invece, per quanto possa sembrare pazzesco, è proprio in questi giorni, come vedremo nei prossimi post, che in Ferrari inizia un incredibile tourbillon di avvenimenti, sussurri, grida, polemiche striscianti ed urlate, che alla luce del risultato finale avranno un peso decisivo sul mondiale.


CLASSIFICA FINALE GP SVEZIA:

1’ Jody Scheckter (Tyrrell P34-Cosworth) in 1h.46’53”72 media 162,38 km/h
2’ Patrick Depailler (Tyrrell P34-Cosworth) a 19”76
3’ Niki Lauda (Ferrari 312 T2) a 33”86
4’ Jacques Laffite (Ligier JS5-Matra) a 55”81
5’ James Hunt (Mclaren M23-Cosworth) a 59”48
6’ Clay Regazzoni (Ferrari 312 T2) a 1’00”36
7’ Ronnie Peterson (March 761-Cosworth) a 1’03”49
8’ Carlos Pace (Brabham BT45-Alfa Romeo) a 1’11”61
9’ Tom Pryce (Shadow DN5-Cosworth) a 1 giro
10’ Vittorio Brambilla (March 761-Cosworth) a 1 giro
11’ Jochen Mass (McLaren M23-Cosworth) a 1 giro
12’ Jean Pierre Jarier(Shadow DN5-Cosworth) a 1 giro
13’ Alan Jones (Surtees TS19-Cosworth) a 1 giro
14’ Arturo Merzario (March 761-Cosworth) a 2 giri*
15’ Brett Lunger (Surtees TS19-Cosworth) a 2 giri

*Classificato ma non arrivato (motore)

GIRO PIU’ VELOCE: L’11’ di Mario Andretti (Lotus 77-Cosworth) in 1’28”00, media 164,36 Km/h

CLASSIFICA PILOTI: Lauda 52 punti, Scheckter 23, Depailler 20, Hunt 17.

CLASSIFICA COSTRUTTORI: Ferrari 55 punti, Tyrrell 31, McLaren 22, Ligier 10.
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Re: F1 Stagione 1976

Messaggio da KentoStraker »

incredibile il vantaggio in classifica di Lauda su Hunt 8-)
bene la Tyrrel a 6 ruote

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Re: F1 Stagione 1976

Messaggio da Insight »

Rimarra' l'unica vittoria dell' "esapode" :)
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Re: F1 Stagione 1976

Messaggio da Whiteshark »

GP FRANCIA (2-4 Luglio 1976) PROVE:

Tre settimane di pausa intercorrono tra lo storico GP. di Svezia e quello di Francia, giro di boa della stagione, che per la prima volta dopo gli anni ’50 si svolge per due anni consecutivi sullo stesso tracciato, il magnifico Paul Ricard. La scelta è praticamente obbligata, con Digione in “pausa tecnica” per allungare il tracciato (dove ormai si girava sotto il minuto nds), e gli altrettanto magnifici Clermont-Ferrand e Rouen Les-Essarts ormai privi degli standard minimi di sicurezza (piccolo orgoglio campanilista, in questo 1976 si è svolto nella settimana precedente il GP.Francia, in una Rouen accorciata e con la mitica Gresìl massacrata, la gara dell’europeo di Formula 2, vinta dal nostro Maurizio Flammini, alla sua ultima firma nella serie cadetta nds). La gara svedese, come detto storica per ovvi motivi, lascia come strascichi alcune “sensazioni”, ben documentate sul Corsera da Lorenzo Pilogallo, sul clima generale in Ferrari. E’ bastata una gara storta fin dalle prove del sabato (comunque chiusa con un podio) e subito l’atmosfera nel clan maranelliano si è fatta tesa. Dal canto suo Lauda non ha mai fatto mistero di non aver fatto salti di gioia alla partenza di Montezemolo. Niki, contrariamente all’immagine che offre di sé, è uno dei piloti che maggiormente ha bisogno di assistenza morale, ed anche se il nuovo corso ferrarista non sembra aver minimamente scalfito né la sua velocità né la sua capacità di messa a punto l’austriaco deve spremersi molto di più per ottenere questi risultati rispetto alla magica stagione 1975. Chi invece è in totale crisi di risultati è Jean Pierre Jarier, driver riconosciuto tra i più veloci ma che per sfortuna, errori e, almeno quest’anno, una vettura decisamente indecente ed un Team senza soldi attraversa un periodo decisamente plumbeo. Tanto plumbeo da convincerlo ad accettare l’offerta di Guy Ligier per guidare una seconda vettura della squadra dell’ex pilota di Formula 1. La scocca per la seconda vettura viene ultimata il 22 Giugno, ed il 24 Jarier comunica alla Shadow che, visto che non è ancora stato pagato, correrà il GP. di Francia sulla Ligier-Gitanes (che i soldi invece li ha). Nichols punta i piedi, e a mezzo stampa fa sapere che la sua squadra non ha dato il nulla osta al pilota, e che quindi agirà legalmente nei suoi confronti, pur non avendogli ancora saldato le competenze economiche per la corrente stagione. Jean Pierre se ne frega, ed ai test pregara della Goodyear che iniziano venerdì 25 si presenta con la vettura transalpina. Prove che si svolgono nel segno della Brabham Alfa-Romeo, con Pace che ottiene la migliore prestazione in 1’48”2 (“Visto che non dicevo balle ?” il commento di un sorridente Carlos ai giornalisti), davanti a Hunt (1’48”8), Watson (1’49”3), Laffite (nero some la pece per ovvi motivi e che si ferma a 1’50”2), appunto Jarier (1’51”0) ed un deludentissimo Scheckter (1’51”2). In queste prove un avvenimento tecnico che avrà rispondenze decisive sul resto della stagione: la McLaren si presenta con un nuovo Cosworth a corsa ultracorta, preparato da Nicholson, e studiato dal grande motorista inglese per adattarsi al cambio a sei rapporti utilizzato dalla squadra di Teddy Mayer: i cavalli a disposizione sembrano essere davvero molti (si parla di 490 HP. a 11.300 giri, contro i 470-475 dei Cosowrth standard ed i 483-488 dei super Cosowrth che hanno la Tyrrell e, dal Gp. Francia, Peterson nds), e la cosa, come triste deja-vu, provoca l’isteria in casa Ferrari, che non ha più un grande “filtro” piloti-tecnici-Drake come era Montezemolo nella passata stagione. Eppure da Monza 1974, quando per inseguire potenze che già erano ampiamente sufficienti si gettò alle ortiche un mondiale già vinto, sono passati meno di due anni, e Lauda ha il primo avversario a più di tre gran premi di distanza. Se esperimenti si devono fare, il buon senso suggerirebbe di farli con Regazzoni, ponendo invece Niki nelle condizioni di massima affidabilità possibile, anche perché l’austriaco, pur con la retrocessione praticamente certa del Jarama (vedremo poi come la McLaren sapesse già tutto nds), ha comunque sul banco quattro vittorie, due secondi posti ed un terzo nelle prime sette gare di campionato, va a punti da undici gran premi consecutivi e vede la bandiera a scacchi da diciassette gare a fila, numeri che dimostrano ampiamente quanto l’austriaco sappia gestire al meglio il suo pacchetto. Invece, uno stato generale di miopia (che sarebbe forse meglio definire cecità) si abbatte su Maranello, e si dà il via alle sperimentazioni sul boxer 12 cilindri. Plafonato a livello di potenza dagli accessori (“Eravamo costretti a limitare il regime di rotazione a 12.200 giri perché l’accensione non ci teneva dietro, altrimenti saremmo arrivati a 13.300-13.500 giri” dirà Forghieri molti anni dopo, riporto la sua dichiarazione così come è, sperando non sia una sparata nds), il propulsore ha ancora, secondo “Furia” e Rocchi, dei margini a livello di accelerazione, e così si lavora sulle fasature delle cammes e (cosa che si rivelerà poi nefasta nds) sull’albero motore, alleggerendolo per diminuire l’effetto volano. Il motore, provato a Fiorano, si rivela decisamente performante a livello generale, e lavorando giorno e notte si preparano quattro unità per la gara transalpina, nota, vista la collocazione temporale, per essere col Brasile la gara più calda della stagione, ulteriore stimolo a stare attenti. Ma come nel Settembre 1974, nulla smuove Maranello dalla certezza che l’affidabilità non mancherà, e giovedì 30 Giugno le bisarche Ferrari arrivano sull’assolato altipiano di Le Castellet con le “solite” tre 312T2 (telai 026 per Lauda, 027 per Regazzoni e 025 come muletto, quest’ultima vettura equipaggiata col ponte De Dion) motorizzate “superboxer”. Altra particolarità delle rosse di Maranello l’essere dotate di carenature parziali davanti alle ruote anteriori, versione ridotta di quelli coi quali la vettura era stata presentata nell’inverno, allo scopo di diminuire il flusso d’aria ed incrementare la velocità di punta. Altopiano del Castellet che vede, tra la sorpresa generale, Jean Pierre Jarier presentarsi coi colori Shadow. Il martedì precedente la gara, infatti, in un meeting a Tolosa tra Don Nichols, Jackie Oliver e Guy Ligier, il boss francese si convince (o meglio è convinto) del fatto che essendo un team all’esordio nella massima serie non è il caso di inimicarsi nessuno, e straccia il precontratto firmato con il suo connazionale rendendolo a tutti gli effetti un pilota che o guida una Shadow o non guida (Oliver aveva posto in preallarme Mike Wilds e David Purley). Jarier, avvertito dalla squadra inglese di quanto accaduto, non fa una piega e senza dare il minimo segno di irritazione si presenta al Paul Ricard con la sua vecchia tuta.

Tornando alle auto presenti al Gran Premio, due sole vetture per il Team Tyrrell, che manda in soffitta le due 007 viste fino ad Anderstorp e porta due sei ruote, la P34/3 per Scheckter e la P34/2 per Depailler, assolutamente immutate rispetto alla memorabile gara svedese, mentre alla Lotus fa la sua ricomparsa, ricostruita dopo la stratosferica botta nei test pregara di Anderstorp, la terza Lotus 77 (77/3) come muletto di Andretti. L’americano ha come vettura titolare la 77/1 (sulla quale è montato il penultimo Cosworth uscito dalla factory di Costin e Duckworth, numero 235, a rimpiazzare quello rotto in Svezia, mentre l’ultimissimo, il 236, è sulla Tyrrell di Scheckter nds), mentre Gunnar Nilsson ha la 77/2. La più importante novità a livello esteriore è la ricomparsa delle due piccole prese d’aria motore ai lati del roll-bar, configurazione che da questa gara vedremo immutata fino al Gran Premio del Belgio 1978, ossia con l’esordio della indimenticabile Lotus 79. Tre vetture, come abitudine, alla Brabham Alfa-Romeo, con l’alleggerita BT45-3 per Carlos Pace, la BT45-2 (anch’essa oggetto di “dieta”) per Carlos Reutemann e la BT45-1 come muletto. Numerosissimi gli aggiornamenti portati dal team, tra i quali si segnalano una diversa geometria delle sospensioni anteriori onde favorire l’inserimento in curva, nuove prese d’aria motore (ora più lunghe e basse rispetto al primo modello), impianto frenante potenziato e bandelle laterali nella parte posteriore allo scopo di carenare la zona del motore.

Quattro vetture alla March, per Ronnie Peterson (la 761-06) ed Hans Stuck (761-02) della March Engineering, Vittorio Brambilla (761-03) del Team Beta ed Arturo Merzario (761-04) del team Ovoro, senza modifiche apparenti. Tre invece alla McLaren, che, sicuramente “imbeccata” sull’esito finale dell’appello sulla squalifica spagnola, riporta sulle vetture (M23/8/2 per James Hunt, M23/9 per Jochen Mass ed M23/6 come muletto) la configurazione iberica, reintroducendo, parole di Teddy Mayer “Un dettaglio aerodinamico che probabilmente nessuno di voi ha notato, ma che si è rivelato di importanza fondamentale”. Personalmente ho provato a vedere dalle fotografie se capivo la differenza, ma la sola cosa che ho notato sono dei condotti di raffreddamento maggiorati.

Nessuna modifica, come abitudine, alle tre Shadow: Tom Pryce sulla DN5-5A, il “ritrovato” compagno Jarier sulla DN5-6A e la DN5-3A come muletto. Tre anche le Surtees, con Henri Pescarolo che, sulla sua TS19-01 del Team Norev si affianca agli abituali driver Brett Lunger (TS19-03 Chesterfield) ed Alan Jones (TS19-02 Durex).

Auto nuova invece, al Team Wolf-Williams, con la FW05-3 affidata a Jacky Ickx, mentre la FW05-2, precedentemente impiegata dal belga, passa a Michel Leclere. Il francese, pur nella gara di casa, si presenta decisamente abbacchiato al Ricard: il mercoledì precedente la gara, infatti, Frank Williams comunica alla stampa che causa riorganizzazione del Team (modo eufemistico per dire che Walter Wolf si è rotto le scatole e non tira più fuori una sterlina nds) dal GP. di Gran Bretagna la squadra schiererà una sola vettura, pilotata da Ickx. Desta un certo scalpore che il belga, talmente abulico e svogliato da non qualificarsi in ben tre Gran Premi, sia preferito al francese, che non è certo connubio di Stewart e Clark ma ha comunque svolto più che onorevolmente il suo compito, dimostrandosi pilota che non sbatte e non rompe le macchine, ma d’altronde Ickx è a contratto, e quindi andrebbe pagato anche in caso di “esonero”, per cui la scelta è obbligata.

Pilota nuovo alla Ensign: la stratosferica botta di Anderstorp ha lasciato il segno, sommandosi a quella di Zolder, ed un Chris Amon pieno di dolori è costretto ad alzare bandiera bianca. A questo punto Mo Nunn, sempre in caccia di “grana”, mette all’asta la vettura, e grazie ai suoi sponsor personali la N176 MN-05 viene iscritta con pilota Patrick Neve. Per il belga la gara francese è in pratica l’esordio assoluto con questa vettura, avendo provato solo per adattare sedile e pedaliera alla sua statura. Neve, avendo scelto di pilotare la Ensign, lascia così la seconda Brabham BT44B del Team RAM a Damien Magee, terzo pilota del Team, che sale sulla BT44B-1 della squadra di John McDonald, mentre sulla BT44B-2 è presente il “solito” Loris Kessel.

Anche la Hesketh si presenta con due vetture: alla 308D/3 ufficiale di Harald Ertl, si affianca anche la 308D/2 del Team Penthouse Rizla per Guy Edwards, nella solita livrea acchiappasguardi su base bianca. Due vetture anche per la Ligier, ma dopo il “caso Jarier” sono entrambe a disposizione di Jacques Laffite, la JS5-01 come vettura titolare e la JS5-02 come muletto. Una sola vettura alla Penske, la PC4-001 ricostruita dopo la botta di Anderstorp e dotata di un distanziale tra motore e cambio per allungare il passo. La combinazione della vettura allungata ed il ritorno al musetto a doppia aletta della PC3 vengono promosse entusiasticamente da John Watson nei test della settimana precedente al GP, e l’irlandese si presenta caricatissimo e sorridente.

Dopo tre gare di assenza si rivede alla Copersucar Ingo Hoffmann, che grazie all’ultimazione della terza FD04 con le nuove sospensioni (telaio FD04-3-2, ovviamente affidata ad Emerson Fittipaldi) ritrova una vettura (la FD04-1). La FD04-2 invece diventa il muletto. Su tutte e tre le vetture, come detto, vi sono le nuove sospensioni disegnate da Dave Baldwin (tentativo estremo di far lavorare le gomme al meglio nds), mentre sulla sola FD04 di Fittipaldi c’è una carrozzeria più leggera.

Le prove di venerdì iniziano con… i salti di gioia di Morris Nunn per tutti i box: seguendo la traccia partita da Anderstorp sulle sponsorizzazioni locali “on-off”, la First National City annuncia che per il GP. di Gran Bretagna i colori della Banca statunitense vestiranno la Ensign, permettendo alla sempre sottofinanziata squadra inglese di respirare per qualche GP.

La sessione del mattino, sotto un sole caldo ma non opprimente e con l’aria rinfrescata da una leggera brezza, si apre subito, come i test della settimana precedente, nel segno della Brabham Alfa Romeo, ed in particolare di Carlos Pace: il brasiliano, dopo i “proclami” post GP.Svezia e post test, li mette per una volta in ottima pratica e la BT45, per quanto ancora una quarantina di Kg. sovrappeso rispetto alla concorrenza più agguerrita, si dimostra stabile nel misto e missilistica sul dritto, col boxer dell’ing. Chiti (accreditato di 520 HP) che proietta la rossa col numero 8, pur con un carico d’ala visibilmente maggiore rispetto agli avversari, a 288 km/h in fondo al Mistral. Il risultato è che il carioca si insedia praticamente subito in prima posizione, e non la molla più fino a fine sessione, che chiude con l’ottimo crono di 1’48”75, unico pilota ad abbattere il “muro” del minuto e 49 secondi. Alle spalle di Pace, il solo che riesce a contenere in termini accettabili il ritardo è James Hunt, tornato prepotentemente nei quartieri alti della classifica non appena può disporre nuovamente della M23 con specifiche “Jarama”: 1’49”12 il tempo del britannico, che tuttavia si lamenta del sovrasterzo a macchina scarica. Al terzo posto si conferma la sei ruote, con Depailler che però, pur molto soddisfatto della velocità di punta della sua Tyrrell (285 Km/h), “paga” un secondo a Pace girando in 1’49”73, davanti ad un ottimo Andretti, le cui prove durano meno di venti minuti: il tempo di ottenere quella che fino a quel momento è la seconda migliore prestazione assoluta con 1’49”83 e l’italoamericano si prende una grossa “strizza” sul Mistral, quando a causa della rottura del perno di rinvio del selettore del cambio (sicuramente montato male dai meccanici, una cosa allucinante nds) la sua vettura non si schioda più dalla terza marcia. Mario percorre al rallentatore il resto del giro, probabilmente pensando a cosa gli sarebbe successo se il perno si fosse rotto due cambiate dopo lasciandolo alla fine del rettilineo in quinta piena senza poter togliere le marce, e rientra ai box per salire sul muletto, col quale però non scenderà mai da 1’51”, forse per lo spavento preso. Il Team di Chapman, comunque, sta tornando pian piano nel gruppo che conta, come afferma il ds Peter Warr (“Il periodo buio è alle spalle, abbiamo già una buona vettura e stiamo lavorando sulla nuova per la prossima stagione”).

Quinto tempo per Lauda, che “paga” sicuramente il fatto che la Ferrari ha preferito dirottare i propri test sul Nurburgring ed a Zeltweg rispetto alle altre squadre che invece hanno provato al Castellet. La cosa, comunque, non impedisce all’austriaco di rifilare l’abituale mezzo secondo al compagno Regazzoni (1’49”87 per Niki, 1’50”20 per Clay), e di provare per circa venti minuti (la sessione ne dura 90) anche la T-Car equipaggiata col ponte De Dion, girando in 1’50”48 ma bocciandola in quanto troppo nervosa nelle parti guidate. Se la T2 muletto è nervosa, certo a fine sessione l’intero Team Ferrari è nervosissimo: i deflettori davanti alle ruote anteriori, infatti, vengono giudicati dal delegato CSI Gerard Crombac dei “dispositivi aerodinamici mobili”, e quindi all’austriaco ed allo svizzero vengono tolti tutti i tempi registrati in mattinata. Lauda è imbestialito col Team che non ha fatto visionare prima delle prove le carenature (“Rischiare per niente non ha proprio senso”), Clay la prende con filosofia (“Tanto c’è il pomeriggio per fare il tempo”), Audetto strilla senza che nessuno gli dia retta. Certo vedere una Alfa Romeo prima e due Ferrari ultima e penultima fa un certo effetto. Ma dovrebbe anche far riflettere a Maranello un altro particolare: a fine prove Lauda rientra accusando una perdita di potenza del motore (un migliaio di giri in tutte le marce). Il propulsore viene sostituito nella pausa tra le due sessioni, ma con un altro “superboxer”. Intanto, grazie alla squalifica del campione del mondo, un Watson al settimo cielo, che aveva fatto registrare lo stesso tempo di Niki (“C’è ancora qualcosa da sistemare ma abbiamo fatto un passo avanti gigantesco”) è così quinto da solo, davanti alla seconda Brabham di Carlos Reutemann, ultimo ad abbattere l’ 1’50”. La prestazione dell’argentino, 1’49”94, è comunque rimarchevole in quanto ottenuta col muletto, dopo che sulla sua vettura titolare il motore si è messo a funzionare ad 11 cilindri dopo soli tre giri di prove. Salti di gioia quindi in casa Brabham, ad esclusione di Bernie Ecclestone, vittima di un infortunio tragicomico: il giorno precedente la gara Bernie sta parlando con alcuni tecnici del Team a fianco di una motocicletta parcheggiata solo con la stampella laterale. A causa del caldo, l’asfalto cede e la moto piomba al suolo, non prima però che la leva della frizione finisca sul ginocchio destro di Bernie provocandogli una ferita lacero-contusa.

Dietro a “Lole” i due francesi di punta, i “quasi” compagni di squadra Laffite (1’50”06) e Jarier (1’50”12). Ma se Jean Pierre non può certo chiedere di più alla sua ormai obsoleta vettura, Jacques è su tutte le furie, assillato da misteriosi ed irrisolvibili problemi di sottosterzo con la sua vettura titolare e di sovrasterzo col muletto. “Qui siamo sempre andati benissimo, davvero non capisco !” la chiosa di Jacquot. Dietro alla Ligier ci sarebbe Regazzoni, ma come detto i tempi del ticinese vengono cancellati, e così nei primi dieci entrano le due March di Stuck (1’50”31) e Brambilla (1’50”62). Rimarchevole soprattutto la prestazione del monzese, se si considera che le sue prove durano quattro giri: uno di lancio, due cronometrati ed il quarto in cui si rompe una valvola relegando Vittorio ai box per il resto della sessione. Dietro alla March N.9 la McLaren di un Mass irriconoscibile, che ad una vettura visibilmente fuori posto (“Sovrasterza in modo allucinante ed è completamente insensibile alle regolazioni” dice Jochen) assomma una guida sporca e sconclusionata. 1’50”91 per il tedesco, davanti alla seconda Lotus di Nilsson vittima di problemi al cambio (“Seconda e quarta entrano male” la spiegazione del sempre educato e gentile Gunnar) e all’altra grande delusione di questo primo turno di prove, ossia Jody Scheckter, che perde l’intera sessione a causa di accensioni irregolari che fanno impazzire la squadra, prima che si scopra la causa in una massa nel limitatore di giri. Dietro Jody (1’51”28) la seconda DN5 di Tom Pryce, sempre spettacolare ma poco redditizio nella sua guida in continuo controsterzo, la prima Surtees di Jones (“Pensavo di fare molto meglio” dice l’australiano), la prima Wolf-Williams di Leclere che si prende una bella soddisfazione rifilando oltre 2” ad Ickx, fermo ai box dopo dieci minuti col motore rotto. Segue la seconda Surtees di Lunger mai così vicino al compagno di squadra (“Questa pista mi piace proprio” dice l’americano), e che si mette davanti ad un Fittipaldi sempre pieno di problemi con la sua Copersucar (“Queste sospensioni mi fanno diventare matto, ogni giro la macchina cambia di comportamento” dice un Emerson palesemente sfiduciato). La terza Surtees di Pescarolo (“Sovrasterzo e sottosterzo, ma in linea generale sono contento” dice il barbuto francese) ottiene il diciannovesimo tempo davanti ad un positivo Edwards, che ottiene lo stesso tempo di Patrick Neve, ottimo termine di paragone per valutare le prestazioni di Amon (“Su questa macchina paga solo la guida pulita, io sono abituato con la Brabham a pilotare in sbandata” la scusa piuttosto banale del belga). A chiudere le ultime posizioni un Merzario afflitto dal misfire che gli fa “vedere” solo 9800 giri sul Mistral, la prima Brabham Ram di Magee, Ickx del quale abbiamo già parlato, la seconda Hesketh di Ertl, ed a chiudere Kessel, la seconda Copersucar di Ingo Hoffmann (“Lo sterzo è talmente duro che non riesco a fare le curve strette” dichiara il brasiliano) e, cosa certo inconsueta, Peterson, che riesce a fare il giro di lancio (2’15”17) prima di rompere il motore (Con la March la Cosworth fa affari d’oro…..). Inevitabile quindi l’ultima posizione, davanti ai due squalificati Lauda e Regazzoni.

Nel pomeriggio il tempo si mantiene più o meno sui valori del mattino quanto a temperatura e pressione atmosferica, e la gommatura della pista fa sì che si vedano subito scendere i tempi in modo sensibile per molti. Per molti, ma non per tutti, ad iniziare da Jacky Ickx, sulla cui vettura le operazioni di sostituzione del motore si protraggono per oltre quaranta minuti dei sessanta della sessione, e che quando esce per iniziare a girare si trova al primo giro col cambio rotto, tanto che rientra ai box e chiude la sessione senza neppure essere classificato. Se Jacky accetta il fatto (anzi, il fato) con l’abituale tranquillità che lo pervade sempre quando abbandona le Porsche 935 e 936 per salire sulla Wolf-Williams, lo stesso non si può dire dell’imbestialito Pace, che, convinto di riconfermarsi al vertice della classifica, si trova con lo stesso inconveniente avuto al mattino dal compagno Reutemann, ossia il motore che va ad 11 cilindri. Il brasiliano sale allora sul muletto, arriva fino a 1’49”54 (lontano comunque sette decimi dal suo tempo della mattinata nds) ma evidentemente chiede troppo al suo propulsore, che dopo averlo “spinto” a 294 orari (la velocità più alta della giornata nds) si arrende con una gran fumata (pistone rotto nds). Il compagno Reutemann invece, a cui è stato cambiato il motore, lamenta misteriosi problemi di accensioni irregolari in quinta marcia, che non gli impediscono di segnare 289 Km/h (?!?!) ma che fermano il crono dell’argentino a 1’49”79, nona prestazione assoluta della sessione. Nell’elenco dei delusi ci sono Stuck, che perde una ruota dopo dieci minuti ed è costretto a fermarsi lungo il tracciato (per lui un pessimo 1’55”85, oltre 5” peggio della mattinata), ed il povero Nilsson, che deve fare veramente ricorso a tutto il suo aplomb nordico per non… picchiare i meccanici Lotus, che lo mandano in pista col cambio a loro dire riparato, col risultato che dopo due giri alla “s” della Vetreria Gunnar rompe la seconda marcia e la 77 N.6 si ferma per il resto della sessione. Con il muletto in mano ad Andretti le prove dello svedese finiscono qui, con un 2’00”30 che parla da solo.

Detto dei delusi, veniamo invece ai contenti: con una grandissima prestazione, specie se rapportata al compagno Mass, James Hunt torna a far sentire la sua voce come ad inizio stagione, ed a dispetto del sovrasterzo a vettura scarica segna un tempo eccezionale: 1’47”89, unico ad abbattere il muro di 1’48”, pur pagando 10 Km/h sul dritto ai più veloci. “Sono proprio contento” si limita a dire James. Chi invece contento non lo è mai (neppure quando arriva primo, figurarsi se non lo è nds) è Lauda, che, eliminati i deflettori del fattaccio, gira con ottima costanza di rendimento, si rivela anche veloce ma senza acuti: per lui seconda prestazione con 1’48”17 e 288 orari di velocità massima. “Tutta questa pista è un gigantesco compromesso tra la velocità massima sul Mistral e la guidabilità nel misto, sto lavorando su questo” la dichiarazione di Niki. Risale il lotto anche Regazzoni, quarto con 1’48”69 (il “famoso” mezzo secondo nds), senza palesare particolari fastidi “a parte un noioso sottosterzo”. Tra le due rosse, la Tyrrell di Patrick Depailler, seconda vettura più veloce (290 orari), col francese che appare assai agguerrito e deciso a lottare per la vittoria. Continua invece a penare Scheckter, che risolti i guai di accensione è vittima della rottura della tiranteria dello sterzo su una delle ruotine anteriori: “Ad un certo punto ho iniziato ad accusare un sottosterzo incredibile” dirà poi Jody “Ho guardato negli oblò e ho visto che una ruota, quando muovevo il volante, girava, mentre l’altra non si muoveva. A questo punto ho capito il problema e mi sono fermato”. Se malgrado i guai del sudafricano (ottavo in sessione con 1’49”70 prima della rottura dello sterzo nds) si può dire che per la Tyrrell c’è una riconferma nelle buone prestazioni, c’è conferma anche per la Lotus, con Mario Andretti che col muletto ottiene una eccellente quinta prestazione con 1’49”19, giusto un decimo avanti a Peterson, che, col motore nuovo, si conferma subito come la March più veloce (e di gran lunga) in pista. Detto già di Stuck, infatti, Ronnie rifila ben 1”28 ad un Brambilla, sulla cui vettura è stato sostituito il motore, che inizia palesemente a soffrire la maggiore velocità dello svedese, come dimostrano i tre testacoda frutto evidentemente di una guida oltre il limite. “Non ho trazione nelle curve lente, è il mio problema più grosso” dice Vittorio, ma visto dall’esterno il più grosso problema del monzese sembra una vettura uguale alla sua e col numero 10 che gli ha di fatto tolto il ruolo di “stella” del Team. Dietro a Ronnie i già citati Pace, Scheckter e Reutemann, davanti ad un Watson stupefatto: “Ero convinto di togliere almeno un secondo, invece ho rifatto lo stesso tempo della mattinata (1’49”82 contro 1’49”87 nds) e non capisco perché il comportamento della vettura cambi in continuazione” dice l’irlandese. La causa sarà individuata alla fine delle prove in una crepa della barra antirollio posteriore, che rende la PC4 sovra o sottosterzante a seconda delle curve. Dietro a John un Laffite in continuo litigio con le sue due vetture (forse Jacques è andato nel pallone avendo per la prima volta due macchine a disposizione nds) e che malgrado due testacoda, un musetto rotto e varie staccate a ruote fumanti peggiora il crono della mattinata girando in 1’50”33. Chi invece migliora, ma senza ritrovare il sorriso, è Mass, che sale sul muletto, scende a 1’50”42 e si arresta a metà turno per la rottura della cinghia dell’alternatore che lascia il povero tedesco fermo sul Mistral senza corrente. Dietro a Jochen la prima Surtees di Alan Jones, che pur dichiarandosi insoddisfatto della messa a punto generale della vettura (“Se va bene sul veloce è inguidabile sul lento, se va bene nel misto sul dritto mi sverniciano” dichiara l’australiano) toglie mezzo secondo scendendo a 1’51”11 e rifilando il solito secondo e rotti ai compagni Lunger (20’ con 1’52”74 senza problemi) e Pescarolo (23’ con 1’53’14 anch’egli senza guai). La Surtees N.18 precede i due… numeri che lo precedono, ossia le Shadow di Pryce (1’51”36, un centesimo peggio del mattino) e Jarier (1’51”49, ben 1”37 più lento rispetto alla prima sessione). Tom continua a litigare con la sua vettura inguaribilmente afflitta da sovrasterzo, mentre Jean Pierre stravolge la sua vettura con risultati perniciosi (“Sembra una biscia” la lapidaria frase del transalpino). Le due signore (decadute) in nero precedono la Copersucar di Fittipaldi, certo tutto fuorchè una “freccia d’argento”, che nel marasma generale della squadra toglie tre decimi al tempo del mattino, lamentando problemi di alimentazione e chiedendo la sostituzione del propulsore in serata, mentre il povero Ingo Hoffmann, salito sul muletto, soffre di un tremendo misfire, risultando a fine giornata il più lento sul Mistral (264 km/h) ed il secondo più lento nei tempi con 1’56”02, “battuto” solo dal povero Gunnar Nilsson del quale abbiamo già detto. Del medesimo problema soffre Merzario, che fa quel che può tra una ratata e l’altra ed arriva a 1’52”58, prima di fermarsi a metà prove giudicando inutile continuare (“Più di così è impossibile, meglio iniziare subito a cambiare il motore” dice il comasco). Dietro ad Arturo il sempre positivo Edwards, il già citato Lunger, un Leclere vittima di guai elettrici a ripetizione, Neve che continua a guidare male la N176 risultando più lento di nove centesimi rispetto al mattino, la terza Surtees di Henri Pescarolo, la prima Brabham del Team RAM di Damien Magee, che apporta modifiche all’assetto che anziché velocizzarlo lo rallentano di mezzo secondo, Ertl che invece toglie un secondo che comunque non basta ad inserirlo nei 26 partenti provvisori, ed a chiudere Loris Kessel, che continua ad andare nel pallone con l’assetto e si ferma ad un indecoroso 1’55”30 ed i tre sovramenzionati Stuck, Hoffmann e Nilsson. Sul Paul Ricard cala la sera, con molte squadre ancora al lavoro per le diverse sostituzioni di motori rotti: il Mistral, si sa, è molto esigente.

CLASSIFICA PROVVISORIA (Tra parentesi la sessione in cui è stato realizzato il miglior tempo):

1’ James Hunt (McLaren M23-Cosworth) 1’47”89 (II)
2’ Niki Lauda (Ferrari 312 T2) 1’48”17 (II)
3’ Patrick Depailler (Tyrrell P34-Cosworth) 1’48”59 (II)
4’ Clay Regazzoni (Ferrari 312 T2) 1’48”69 (II)
5’ Carlos Pace (Brabham BT45-Alfa Romeo) 1’48”75 (I)
6’ Mario Andretti (Lotus 77-Cosworth) 1’49”19 (II)
7’ Ronnie Peterson (March 761-Cosworth) 1’49”29 (II)
8’ Jody Scheckter (Tyrrell P34-Cosworth) 1’49”70 (II)
9’ Carlos Reutemann (Brabham BT45-Alfa Romeo) 1’49”79 (II)
10’ John Watson (Penske PC4-Cosworth) 1’49”82 (II)
11’ Jacques Laffite (Ligier JS5-Matra) 1’50”06 (I)
12’ Jean Pierre Jarier (Shadow DN5-Cosworth) 1’50”12 (I)
13’ Hans Stuck (March 761-Cosworth) 1’50”31 (I)
14’ Jochen Mass (McLaren M23-Cosworth) 1’50”42 (II)
15’ Vittorio Brambilla (March 761-Cosworth) 1’50”57 (II)
16’ Gunnar Nilsson (Lotus 77-Cosworth) 1’51”00 (I)
17’ Alan Jones (Surtees TS19-Cosworth) 1’51”11 (II)
18’ Tom Pryce (Shadow DN5-Cosworth) 1’51”35 (II)
19’ Emerson Fittipaldi (Copersucar FD04-Cosworth) 1’52”11 (I)
20’ Michel Leclere (Williams FW05-Cosworth) 1’52”29 (I)
21’ Brett Lunger (Surtees TS19-Cosworth) 1’52”41 (I)
22’ Arturo Merzario (March 761-Cosworth) 1’52”58 (II)
23’ Henri Pescarolo (Surtees TS19-Cosworth) 1’52”60 (I)
24’ Guy Edwards (Hesketh 308D-Cosworth) 1’52”63 (II)
25’ Patrick Neve (Ensign N176-Cosworth) 1’52”82 (I)
26’ Damien Magee (Brabham BT44B-Cosworth) 1’53”49 (I)
27’ Harald Ertl (Hesketh 308D-Cosworth) 1’54”05 (II)
28’ Jacky Ickx (Williams FW05-Cosworth) 1’54”37 (I)
29’ Loris Kessel (Brabham BT44B-Cosworth) 1’55”30 (II)
30’ Ingo Hoffmann (Copersucar FD04-Cosworth) 1’56”02 (II)


La sessione di libere del mattino (90 minuti) vede all’inizio tutti i piloti girare col pieno di carburante ed in assetto gara, cosa che non cambia l’essenza di questo 1976 con la riproposizione del duello Hunt-Lauda, autori dei due migliori tempi, con James che gira in 1’49”94 e Lauda in 1’49”98. Quando poi i piloti tolgono carburante, tocca a Lauda primeggiare con 1’48”2, davanti a Regazzoni con 1’48”9 e Hunt, che in souplesse, ottiene 1’49”1 davanti a Depailler e Brambilla (1’49”4), Pace e Scheckter (1’49”5), Peterson e Watson (1’49”7), ultimi sotto 1’50”. Ma salta subito all’occhio che i tempi, malgrado la maggiore gommatura della pista, sono più alti rispetto al giorno precedente. Sul Paul Ricard, infatti, picchia un sole implacabile (30° alla mattina, addirittura 35° alle 14), accoppiato ad un fortissimo vento che soffia trasversalmente sulla pista. Ed a completare la frittata, tra le due sessioni (quella libera e quella cronometrata) si disputano diverse gare di contorno (Turismo francese, Formula Super Renault, monomarca R5 eccetera), che hanno come unico risultato quello di inondare la pista di olio perso da motori e cambi. Bastano così dieci minuti di prove della quarta sessione, in genere quella che stabilisce lo schieramento di partenza, e si capisce che la pole position di Hunt resterà un miraggio per tutti, dato che scendere da 1’50” appare un’impresa titanica. Il più imbestialito, forse perché convinto di scalzare il britannico, è proprio Lauda, che ai taccuini di Pete Lyons di Autosport si sfoga e spara a zero: “Già questa pista è estrema per le regolazioni, avendo delle curve lentissime ed un rettilineo di 1800 metri, tanto che bastano dieci gradi in più o in meno di temperatura per far cambiare completamente la maneggevolezza della vettura. E proprio ora che avevo raggiunto un equilibrio accettabile ecco queste stupide gare di contorno a rovinare la pista e tutto il lavoro svolto. A questo punto diventa decisivo scegliere se lasciare la macchina così come è sapendo che nella prima parte di gara sarà sottosterzante per poi migliorare man mano che la pista si pulisce, o intervenire per averla neutra con la pista sporca sapendo che a fine gara avrai molto sovrasterzo o sottosterzo a seconda della temperatura. Una cosa inaudita, questa è la Formula 1, non possiamo essere messi in crisi da delle stupide garette di contorno !!”. Un Lauda così furente lo si è visto di rado, ma i “rumours” interni in Ferrari dicono che il campione del mondo è anche irritatissimo con il Team, che, ritenendo Ghedini troppo attento alle esigenze di Lauda e troppo spesso contro Audetto, ha “punito” il tuttofare Sante non facendolo andare al Gran Premio, cosa che a Niki fa alzare la pressione a livelli preoccupanti, oltre che a farla alzare ad una squadra che sembra non essere contenta se non è attraversata da congiure di stampo “politico”.

Ma oltre che essere arrabbiato (giustamente) per le condizioni della pista e per l’assenza di un suo uomo fidato, Niki dovrebbe essere preoccupato (e con lui il Team nds) per un altro importante particolare: A cinque minuti dal termine delle prove, dopo aver fatto segnare il terzo tempo assoluto in 1’49”43, il campione del mondo rientra ai box per non uscirne più: il motore ha perso potenza (ed è il secondo in due giorni) ed è necessario sostituirlo per la gara. Logica vorrebbe che si impiegasse un propulsore “standard”, invece si opta ancora per un boxer ultimo step, l’ultima unità disponibile (uno è montato sulla vettura di Regazzoni che non sembra accusare problemi). Lauda è quindi, come detto, arrabbiatissimo terzo, mentre primo e secondo sono due drivers felicissimi: Ronnie Peterson, dopo i problemi del giorno precedente, si fa un baffo delle condizioni della pista, e, dopo essere stato tra i più lenti nella sessione libera (“La macchina era terribile, andava ovunque”) azzecca una messa a punto generale valida, “becca” un’ottima scia che lo proietta a 299 orari ed ottiene il miglior tempo della giornata al termine di tre giri tiratissimi in 1’49”07 (dopo un 1’49”63 ed un 1’49”34) a fine sessione. Fine sessione che non vede invece il compagno di squadra Brambilla, che dopo aver preso due scie ed aver segnato la più alta velocità del weekend (un mostrusoso 310 km/h) arriva fino a 1’49”79 (comunque la sua migliore prestazione) ma poi vede la pressione dell’olio calare e prima di fare altri danni sceglie saggiamente di fermarsi lungo il tracciato. Problemi anche per le due altre March, con Stuck che nella sessione della mattinata si arresta lungo il tracciato con il motore agli estremi. Purtroppo per Hans, le operazioni di recupero della sua vettura sono dilatate a causa delle gare minori, e così il Team riceve la March N.34 dieci minuti prima dell’inizio delle prove. I meccanici tentano l’impossibile, ma cambiare il motore richiede sempre almeno 90 minuti, e così il tedesco non partecipa alla sessione. Anche Merzario, col motore nuovo, continua ad avere problemi di misfire, la cui causa viene individuata a fine sessione in un contatto elettrico malfunzionante. Il comasco riesce con la vettura finalmente in ordine a fare due giri “buoni”, sufficienti a scendere a 1’51”79, ma a fine prove non le manda a dire: “Capisco che per un Team gestire quattro macchine sia difficile, ma così non si può andare avanti. Ho perso praticamente tutte le prove per uno switch difettoso !!!”. Chi invece riesce finalmente, dopo i guai del venerdì, a marciare senza problemi è John Watson, che con la barra antirollio sostituita dimostra subito un eccellente passo, stazionando per tutta la sessione nella top five e chiudendo col secondo tempo assoluto della giornata in 1’49”22. “Per domani sono molto fiducioso” dice l’irlandese, che precede il già citato Lauda, Regazzoni e Hunt, tutti staccati tra loro di un solo centesimo (1’49”43 Niki, 1’49”44 Clay, 1’49”45 James). Sia per lo svizzero che per il britannico prove senza problemi, così come, finalmente per lui dopo i disastri del venerdì, per Jody Scheckter, che riesce a mettersi alle spalle il compagno Depailler girando in 1’49”63 contro 1’49”72 del francese. La prestazione segnata dal sudafricano gli garantisce la quinta fila a fianco di Reutemann, che, come il compagno Pace, non migliora il tempo della prima giornata. L’aumento della temperatura gioca un brutto scherzo ai propulsori Alfa Romeo, coi piloti che si trovano in pratica senza coppia ai medi regimi. A complicare le cose a Pace si aggiunge una perdita d’acqua da un manicotto che porta alle stelle le temperature del motore: il boxer chitiano perde per strada parecchi giri e “El Mojo” non si schioderà più da 1’49”89, interrompendo le prove anzitempo per dar modo ai meccanici di iniziare prima le operazioni di sostituzione del motore. “Lole”, che all’abulia della vettura aggiunge la sua, si limita a 1’50”67, quasi 1” peggio di venerdì. Tra le due Brabham due piloti che invece migliorano: Jochen Mass, che montando sulla sua vettura titolare gli ammortizzatori del muletto ottiene un compromesso accettabile e scende a 1’50”10 che vuol dire settima fila, e Tom Pryce, che con la sua guida spumeggiante si trova sempre a suo agio sui tracciati a bassa aderenza ed ottiene un 1’50”27 che lo fa avanzare alla sedicesima posizione assoluta a fianco (come abitudine) del compagno Jarier, vittima dell’inesperienza di Kessel: lo svizzero, che a fine giornata sarà 30’ ed ultimo con 1’55”52, mentre sta rientrando ai box calcola male la distanza che lo separa dal transalpino, che sta anch’egli rientrando, e lo colpisce nel posteriore spedendolo contro il muretto dei box (fortunatamente in quel punto sgombro): la conta dei danni è due musetti rotti (Kessel e Jarier) ed una sospensione posteriore piegata (Jarier): il transalpino sale sul muletto ma non farà meglio di 1’51”27, mentre Kessel ovviamente non riuscirà a qualificarsi restando ben 2”48 sopra l’ultimo classificato, che per inciso sarà Patrick Neve, che passa sessanta minuti di inferno non percorrendo neppure un giro per la rottura del cambio e dovendo quindi “gufare” gli avversari: per sua fortuna, oltre all’imbarazzante Kessel, il belga deve fare i conti con il povero Ingo Hoffmann, che sostituito il motore scende a 1’53”78 prima di rompere una sospensione, con Harald Ertl, che rispetto alla gara svedese fa il gambero e non fa meglio di 1’53”79, e Damien Magee che, evidentemente, ha nel 1’53”5 il suo limite invalicabile, visto che al 1’53”49 del venerdì associa 1’53”54 al sabato, risultando alla fine prima riserva. Chi invece scala diverse posizioni è Jacky Ickx, a volte veramente irritante: dopo i guai del venerdì, Jacky nella sessione di libere ha di nuovo guai col cambio (terza marcia che non entra), e si decide per la sostituzione completa. Quando il belga riceve la vettura mancano solo dieci minuti, e tutti sono convinti che il fresco vincitore di Le Mans, al momento fermo al tempo di venerdì, non si qualificherà. Invece, a dimostrazione di un talento sicuro anche se ben nascosto, Ickx dopo un solo giro lanciato scende a 1’51”41, che gli garantisce la decima fila, e rifilando 1” al compagno Leclere, che non migliora il tempo di venerdì fermandosi a 1’52”43. Davvero incomprensibile il belga, mentre incomprensibile per Fittipaldi continua ad essere la sua Copersucar, il cui motore, appena cambiato, perde per strada 850 giri che frenano il brasiliano ad un mediocrissimo 1’52”84. D’altronde il Mistral tiene i motori a pieno regime per 25 secondi, ed i propulsori soffrono. Della cosa si accorge anche Mario Andretti, che dopo aver segnato 1’50”78 vede la pressione dell’olio andare a zero e si ferma all’Ecole. “La Cosworth è in ferie, ho preferito non rischiare rotture”, la saggia dichiarazione di Andretti, udita sicuramente con un gran sospiro dagli uomini March…. Il suo compagno Nilsson, invece, con la vettura finalmente a punto gira con regolarità ed a fine sessione ottiene il nono tempo di giornata (dodicesimo sullo schieramento) con un ottimo, vista la pista, 1’49”83. Pessimo invece, almeno rispetto alle tante attese, l’1’50”67 di Jacques Laffite, che continua a non cavare un ragno dal buco dalle sue due vetture se non diversi testacoda, ed a fine giornata decide di mettere il muletto sulla bisarca e non toccarlo più “Mi concentro sulla vettura che già conosco” chiosa il fantino francese, nero e non solo di abbronzatura. Così come piuttosto arrabbiato è Alan Jones, che, convinto di migliorare facilmente il suo tempo avendo segnato dopo neppure dieci minuti 1’51”13, si trova con la frizione bruciata dopo una ripartenza dai box e per il canguro le prove finiscono qui. Il tempo di Alan è comunque, come abitudine, nettamente il migliore delle Surtees, con Lunger (1’52”72) e Pescarolo (1’54”55) che pur senza avere problemi sono ad anni-luce dal talentuoso australiano.

Si chiude così la due giorni di prove sullo splendido Paul Ricard, con la quarta pole (su 8 gare !) di James Hunt, la sesta partenza in prima fila (sempre su 8 gare !) di Niki Lauda e soprattutto con l’impressionante bilancio di dodici motori rotti. Le previsioni parlano di oltre 30° all’ora della partenza, e l’affidabilità meccanica sarà fondamentale (peccato che nessuno sembra capirlo al team Ferrari nds…).

Dopo tre gare di assoluto blackout, e nelle quali si è segnalato più per le scelleratezze commesse in pista che per le sue prestazioni (vedi Zolder e Montecarlo), Hunt ritrova la “sua” M23 e come d’incanto anche la sua mostruosa velocità sul giro. D’altronde basta un solo dato a chiarire la differenza fatta dal britannico: nelle prime 12 posizioni vi sono 5 coppie (due Ferrari, due Tyrrell, due Lotus, due Brabham e due March), più la Penske di Watson (che non ha compagni) e appunto la McLaren di Hunt. Tra Lauda e Regazzoni vi sono 42 centesimi, Tra Depailler e Scheckter e tra Pace e Reutemann lo stesso divario di 1”04, Tra Peterson e Brambilla 0”72 e fra Andretti e Nilsson 0”64. Tra Hunt e Mass, invece, la distanza è di 2”21 sebbene sul rettilineo del Mistral i due siano cronometrati praticamente alla stessa velocità (289 orari per Hunt, 288 per Mass). Non servono altre parole.


GRIGLIA DI PARTENZA:

FILA 1:
James Hunt (McLaren M23-Cosworth) 1’47”89
Niki Lauda (Ferrari 312 T2) 1’48”17

FILA 2:
Patrick Depailler (Tyrrell P34-Cosworth) 1’48”59
Clay Regazzoni (Ferrari 312 T2) 1’48”69

FILA 3:
Carlos Pace (Brabham BT45-Alfa Romeo) 1’48”75
Ronnie Peterson (March 761-Cosworth) 1’49”07

FILA 4:
Mario Andretti (Lotus 77-Cosworth) 1’49”19
John Watson (Penske PC4-Cosworth) 1’49”22

FILA 5:
Jody Scheckter (Tyrrell P34-Cosworth) 1’49”63
Carlos Reutemann (Brabham BT45-Cosworth) 1’49”79

FILA 6:
Vittorio Brambilla (March 761-Cosworth) 1’49”79
Gunnar Nilsson (Lotus 77-Cosworth) 1’49”83

FILA 7:
Jacques Laffite (Ligier JS5-Matra) 1’50”06
Jochen Mass (McLaren M23-Cosworth) 1’50”10

FILA 8:
Jean Pierre Jarier (Shadow DN5-Cosworth) 1’50”12
Tom Pryce (Shadow DN5-Cosworth) 1’50”27

FILA 9:
Hans Stuck (March 761-Cosworth) 1’50”31
Alan Jones (Surtees TS19-Cosworth) 1’51”11

FILA 10:
Jacky Ickx (Williams FW05-Cosworth) 1’51”41
Arturo Merzario (March 761-Cosworth) 1’51”79

FILA 11:
Emerson Fittipaldi (Copersucar FD04-Cosworth) 1’52”11
Michel Leclere (Williams FW05-Cosworth) 1’52”29

FILA 12:
Brett Lunger (Surtees TS19-Cosworth) 1’52”41
Henri Pescarolo (Surtees TS19-Cosworth) 1’52”60

FILA 13:
Guy Edwards (Hesketh 308C-Cosworth) 1’52”63
Patrick Neve (Ensign N176-Cosworth) 1’52”52
Remember:

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sundance76
Settantiano entusiasta
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Iscritto il: mar 1 ott 2013, 19:21

Re: F1 Stagione 1976

Messaggio da sundance76 »

Ci siamo, stiamo per entrare nella fase "calda" di uno degli anni-chiave della storia dei Gran Premi.
Grazie sempre a Whiteshark per questi report profondamente dettagliati e precisi. Da stampare e conservare.
"Chi cerca di conoscere il passato capirà sempre meglio degli altri il presente e il futuro, e non soltanto nel nostro piccolo mondo di effimere quanto amate frenesie corsaiole." (Gianni Cancellieri)
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