Scritto da James Graham Ballard, autore inglese noto anche per i suoi racconti e romanzi di fantascienza. E’ questo il libro col quale concludo la galleria letteraria dedicata agli anni Settanta iniziata nel 2013.
Libro complesso sia da leggere che da raccontare, La mostra delle atrocità invero stravolge i canoni del romanzo tradizionale, collocandosi nella “sperimentazione letteraria post-moderna”. Non c’è una trama e neppure si può parlare di “racconti” nel senso che normalmente si dà a questo termine. Più corretto in questo caso è parlare di “frammenti”, “immagini”, “quadri”, “mosaici” ….
La scrittura qui si concentra enormemente sul suo potere visivo: mentre leggiamo questo libro, dobbiamo immaginare di vedere dei quadri o, ancora meglio, dei particolari di un quadro; ovvero immagini della televisione o dei cartelloni pubblicitari; oppure, ancora, talvolta dobbiamo immaginare di avere di fronte dei “paesaggi mentali”: spesso, infatti, si passa dalla realtà oggettiva a quella filtrata dall’elaborazione mentale e diversi passi del libro corrispondono a pensieri dei vari personaggi i quali, tanto per complicare il tutto, sono per lo più degli psicotici…
La chiave per non arrendersi dopo le prime pagine e persistere nella lettura è senz’altro quella di considerare che l’idea di fondo di questo libro è quella per cui esistono tre differenti livelli di realtà: quella “globale”, dove accadono gli eventi di risonanza mediatica mondiale; quella della “quotidianità”, che riguarda l’uomo in quanto singolo; e infine quella dell’ “immaginazione”, che si svolge nella mente di ognuno di noi.
Ebbene, in questo romanzo i tre differenti livelli di realtà sono costantemente in comunicazione fra loro e spesso, anzi, si fondono, diventano uno scenario unico dove è quasi impossibile distinguere i differenti piani del reale …
La realtà globale, quella degli avvenimenti planetari, è dominata nell’era post moderna dai mass media e, in particolare, dalla televisione (siamo negli anni Sessanta; oggi bisognerebbe aggiungere internet). A tal punto essa è dominata dai mezzi mediatici, che noi non la conosciamo veramente: la filtriamo attraverso quei mezzi; in altri termini, essa non è una realtà che noi viviamo di persona, ma solo attraverso le immagini che ci vengono proposte dalla televisione e dalla pubblicità.
Tale “finzione” già alla fine degli anni Sessanta è diventata talmente potente (perché i mass media hanno ormai raggiunto la forza di un vero e proprio “bombardamento”), da entrare dentro di noi, da invadere la nostra sfera privata, privandoci di sensazioni autentiche: le immagini televisive che arrivano da lontano portano con sé, di volta in volta, anche la dose di “orrore”, di “commozione”, di “esaltazione”, di “gioia”, di “tristezza”, di “indignazione” che dobbiamo provare vedendole…
Un grave disastro ferroviario o gli effetti di un bombardamento aereo, per esempio, che siano accaduti dalla parte opposta del pianeta rispetto a noi e che ci vengono mostrati alla televisione, ci fanno indubbiamente provare una certa dose di orrore: ma questo orrore è veramente nostro, siamo noi che lo sentiamo dentro noi stessi oppure esso è soltanto un orrore “mediatico”, trasmesso “in allegato” alle immagini come una specie di “libretto di istruzioni”?
Ecco il punto cruciale del libro di Ballard: i mass media hanno ucciso i sentimenti umani veri. Col loro continuo “bombardamento”, soprattutto di atrocità ma non solo, hanno finito col sostituire la loro sensibilità alla nostra, al punto che noi non sappiamo quale sia il vero effetto sulla psiche umana delle atrocità che ci vengono mostrate: l’orrore che noi proviamo vedendo le immagini e i filmati non è veramente nostro, ma è “preconfezionato” dai mass media stessi.
In ultima analisi, dunque, questo libro può essere letto come un tentativo di restituire un senso vero e autentico alle atrocità che accadono nella realtà globale, quelle che noi viviamo filtrate dai mass media ma che ormai hanno invaso anche il nostro piccolo quotidiano.
A detta di Ballard è provato dalla scienza psichiatrica, ad esempio, che le immagini cruente tratte da incidenti stradali o da scene violente di guerra producono sulle persone un aumento dell’aggressività e una sorta di liberazione dell’istinto sessuale…
Benché l’ambientazione sia abbastanza indefinita, si può ritenere che il libro si “svolga” (per modo di dire) nella Londra della fine degli anni Sessanta. Come unico punto di riferimento o luogo fisico, c’è una specie di clinica universitaria psichiatrica, che ospita pazienti psicotici (ma anche uno degli psichiatri è a sua volta affetto da disturbi psichici).
In questa clinica psichiatrica viene tenuta una mostra di quadri e dipinti realizzati dagli stessi pazienti. I quadri rappresentano le atrocità del mondo globale o piccoli raccapriccianti particolari di quelle atrocità…
Quanto alla struttura, il libro è suddiviso in quindici capitoli, ognuno dei quali, a sua volta, è frammentato in brevi paragrafi titolati. L’edizione del 1990 è poi arricchita da un imponente apparato di note dell’Autore che facilita un po’ la lettura.
Ognuno dei capitoli ha per protagonista la stessa persona (uno degli psichiatri della clinica, anche lui affetto da turbe mentali) che però assume nomi diversi (Travis, Talbot, Traven, Tallis, Talbert, Travers…): si tratta, infatti, di volta in volta, di manifestazioni diverse della stessa personalità. Vi sono poi dei personaggi di contorno che compaiono quasi in tutti i capitoli (ad esempio, il dottor Nathan e una certa Karen Novotny).
Gli eventi della realtà globale-mediatica che hanno maggiormente inciso sulla società e sulla psiche degli individui, anche a livello inconscio, sono, secondo Ballard, l’assassinio del Presidente Kennedy, il suicidio di Marylin Monroe e la Guerra del Vietnam. Accanto a questi tre grandi eventi, vi è poi un’altra figura mediatica ricorrente che è quella di Ronald Reagan, il quale, ai tempi della prima stesura del libro, era soltanto il governatore della California (oltre che una ex stella del cinema hollywoodiano): e qui è davvero incredibile come Ballard, con la sua forza visionaria, sia persino riuscito a intuire e a prefigurare l’elezione a Presidente degli Stati Uniti di Ronald Reagan con più di dieci anni di anticipo…
Molti capitoli e paragrafi non sono altro che le descrizioni dei quadri della mostra, tra le quali abbondano scene di incidenti stradali, di guerra e di bombardamenti; e soprattutto dell’omicidio di Kennedy, visto esteticamente anch’esso come un incidente stradale, scevro da ogni implicazione politica…
Vi sono tuttavia continue frammentazioni provocate da immagini di cartelloni pubblicitari e televisive; nonché da “paesaggi mentali” collocati nella psiche dei protagonisti.
In questo complesso mosaico, prende poi corpo (a sprazzi), il tentativo di dare un senso autentico alle atrocità; ossia di indagare su quale sia il vero effetto prodotto sulla psiche umana dagli avvenimenti mediatici più rilevanti.
In questo senso devono leggersi, ad esempio, le pagine in cui l’omicidio del Presidente Kennedy viene ricostruito come una gara automobilistica oppure come un avvenimento carico di simboli sessuali, tenendo presente che, secondo la psicanalisi, volendo fare un parallelo con i sogni, quelli veramente “erotici” non sono composti da immagini esplicitamente sessuali; anzi, pare proprio che sia il contrario. Un incidente automobilistico può quindi essere interiorizzato nella nostra psiche in una chiave erotica e rivissuto e ripensato come un avvenimento che coinvolge la nostra sfera sessuale, anche se apparentemente esso non ha nulla di sessuale…
Questa “fine”, ovviamente, non significa che la galleria comprende tutti i libri del decennio; ma, molto più modestamente, che essa offre uno spaccato - piccolo ma credo e spero abbastanza significativo - della produzione letteraria del periodo.
In particolare, essa comprende 209 titoli. Nello specifico, vi sono 169 opere di narrativa; 34 saggi, biografie, raccolte di articoli giornalistici e libri umoristici; 4 opere di poesia e 2 commedie teatrali.
Tali opere sono state pubblicate, in Italia o all’estero, negli anni Settanta; salvo il caso di Petrolio, che è stato comunque scritto nel decennio ma pubblicato dopo. Altri casi particolari sono i romanzi Ernesto di Umberto Saba e La meccanica di Gadda, pubblicati negli anni Settanta ma scritti molto prima. Il criterio che ho seguito è quello di considerare “settantiano” un libro che sia stato pubblicato e/o scritto negli anni Settanta.
A ciò bisogna aggiungere, nella galleria, i numerosi libri “collegati” a vario titolo al periodo di interesse ma pubblicati successiavmente (ad esempio i libri su Pasolini, alcuni sul caso Moro o sul disastro di Seveso, quello su Goldrake, etc.), nonché i post dedicati ad Autori scomparsi nel decennio o ad alcuni dei Premi Nobel.
Salvo che non mi capiti occasionalmente, non posterò più nuovi libri, ma troverò comunque il modo di mantenere viva questa sezione del Forum anche l’anno venturo.
Per il momento non mi resta che augurare ancora buona lettura e... buon 1971