Proseguo il mio viaggio con un romanzo che risuona come un grido disperato, proveniente dagli abissi della malattia mentale. Figlio di un'epoca in cui la scienza psichiatrica era in fermento e stava per rompere definitivamente col mostruoso modello "tradizionale", secondo cui i "pazzi" andavano chiusi in manicomio e segregati per sempre ai margini della società.
NUMERO QUATTORDICI
Eugenio Travaini, Il vento in testa (1976)
Protagonista del romanzo scritto dal medico-psichiatra Eugenio Travaini è un uomo la cui vita appare segnata in negativo fin dalla nascita. Rimasto orfano di entrambi i genitori in tenerissima età, cresciuto senza affetto negli orfanotrofi, traumatizzato ed escluso dalla società...
Crescendo, il ragazzo finisce per creare nella propria mente un "universo parallelo", fatto di buoni, buonissimi propositi, ma anche di idee sempre più confuse, ingarbugliate e ossessive, che gli vorticano in testa come un vento incessante...
Passando attraverso diverse esperienze, riuscendo anche, a tratti, a vivere una vita "convenzionale" (matrimonio, studio, lavoro, ecc), per il protagonista, mentalmente sempre più affaticato via via che avanza con l'età, infine si aprono le porte del manicomio, che lo riconsegnano definitivamente al suo destino di "escluso".
Libro raccontato in prima persona, che provoca nel lettore un forte senso di partecipazione e solidarietà con lo sfortunato narratore e al tempo stesso denuncia le gravi carenze sociali, mediche e scientifiche nei confronti del disagio mentale.
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