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Il delitto Pasolini

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Il delitto Pasolini

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Nel cuore degli anni Settanta, nella notte fra il 1 e il 2 novembre del 1975, Pier Paolo Pasolini viene massacrato e ucciso all'Idroscalo di Ostia, dove si era appartato a bordo della sua Alfa Romeo GT, con il "ragazzo di vita" Giuseppe (Pino) Pelosi, detto "la rana". Il suo corpo martoriato viene rinvenuto in un tratto di spiaggia usato anche come discarica, dentro il perimetro di un campetto di calcio, alle prime luci dell'alba del 2 novembre, dalla gente che abita nei paraggi. E' simile ad un fantoccio, pieno di colpi inferti con tremenda violenza. Col volto tumefatto e intriso di sangue. Con le mani spezzate e i genitali fracassati. E infine schiacciato dalla sua stessa automobile in fuga. Si fa fatica a riconoscere in quel corpo, così mal ridotto, il poeta, intellettuale, regista e giornalista Pasolini. Si fa fatica a riconoscere in quel fantoccio abbandonato tra i rifiuti, il corpo di un uomo.

Di quell'orrendo crimine si autoaccusa subito, non appena fermato alla guida dell'automobile di Pasolini, Pino "la rana", che sembra recitare un copione già prestampato e imparato a memoria: ha dovuto difendersi perché Pasolini, improvvisamente quella notte, era diventato un pazzo furioso e lo stava minacciando con un legno trovato tra i rifiuti della spiaggia, perché voleva consumare con lui un rapporto sessuale completo.

Non tutti credono a quella versione, ma non ci sono prove ritenute sufficienti ad incriminare altre persone. Né mandanti né esecutori. La magistratura qualche anno dopo condannerà Pino Pelosi (ancora minorenne all'epoca del fatto) a otto anni di reclusione, per omicidio volontario "in concorso con ignoti".

Nel corso degli anni successivi, e fino ai nostri giorni, diversi libri, inchieste giornalistiche e film, hanno cercato di far luce su questo misfatto, fornendo diverse ipotesi.
Oggi sappiamo dell'ultimo giorno di vita di Pasolini: la sua ultima intervista rilasciata a Furio Colombo, giovane giornalista de "La Stampa", nel suo appartamento dell'Eur prima di uscire a cena con Ninetto Davoli, suo intimo amico e attore in molti suoi film. Sappiamo che più tardi accolse Pelosi nella sua auto in piazza dei Cinquecento e che lo accompagnò a mangiare all'osteria "Al biondo Tevere" (famosa perché Visconti vi girò alcune scene di un suo film). E poi sappiamo dell'ultimo viaggio verso l'Idroscalo (e di una sosta ad un distributore di benzina automatico, forse seguito da qualcuno in motocicletta).

Che cosa sia veramente successo sulla spiaggia di Ostia quella notte è però ancora un mistero. Sappiamo solo che un uomo, che era anche un grande poeta (di quelli "che nascono ogni cent'anni", come gridò Moravia ai suoi funerali) venne massacrato fino alla morte.
Personalmente sono tra quelli (e sono molti) che non credono nel delitto "casuale". Credo, piuttosto, nella tesi del complotto, dell'omicidio premeditato. E che Pelosi sia stato semplicemente un'esca. Qualcuno (e Pasolini aveva molti nemici, c'è solo l'imbarazzo della scelta tra chi può aver voluto e provocato la sua eliminazione) ha voluto chiudergli la bocca per sempre e farlo morire in una maniera orribile e "vergognosa". Si è voluto molto di più che ucciderlo. Si è voluto distruggere l'immagine di Pasolini associandola per sempre al "torbido" e alla vergogna. C'entra la politica, ma c'entrano anche e molto, secondo me, il razzismo e l'omofobia.

E' vero, questo omicidio è ancora oggi una vergogna. Ma una vergogna per noi, per questa società che è violenta e uccide i suoi uomini migliori, uccide i poeti.
Ultima modifica di Insight il lun 30 ott 2017, 12:49, modificato 1 volta in totale.
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Re: Il delitto Pasolini

Messaggio da avvocato »

Sulla circostanza che Pasolini avesse molti nemici, concordo.
Così come concordo che chiaramente Pelosi non potesse essere l'unico responsabile.

Non concordo però sull'orientamento ufficiale che ha preso piede negli ultimi anni: un delitto politico o pseudo tale. Se organizzazioni di estrema destra avessero avuto delle responsabilità nell'omicidio, perchè non rivendicare un delitto così eclatante?
E poi, davvero l'Opera di Pasolini poteva davvero indurre i suoi nemici ad ucciderlo? Cosa poteva avere scoperto di così grave Pasolini da essere ucciso? Non c'è nessuna prova in materia, se non frasi di Dell'Utri (andiamo bene...) che sostiene di avere letto capitoli mai pubblicati dell'ultimo romanzo "Petrolio" nel quale si facevano importanti rivelazioni sulla morte di Mattei. Ma lo stesso Dell'Utri ha poi ritrattato e nessun riscontro si è mai avuto.

Molto più probabile, a mio parere, è che si sia trattato di un omicidio/suicidio (quanto pianificato non so). Omicidio da parte del clan criminale che gestiva la prostituzione (anche minorile) nella zona romana. La figura di Pasolini, che era aduso frequentare quegli ambienti, era una figura ingombrante ed invadente, di certo non accettata.
Suicidio, perchè gli istinti autodistruttivi nel Pasolini reduce dalle scorribande notturne e dalla violenza bestiale cui si sottoponeva, sono stati testimoniati da amici e conoscenti nel corso di tutti questi anni.
Questo non andrebbe mai dimenticato, insieme alla circostanza che sia stato un grande Poeta, un grande Regista, ed un grande Narratore.
Però a tutto questo, si accompagnavano pulsioni che inevitabilmente avrebbero portato a quella drammatica fine.

Citando Ferdinando Camon: "Pasolini è morto come ha rischiato tante altre volte di morire".
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Re: Il delitto Pasolini

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Ho presente quell'articolo di Ferdinando Camon, l'ho letto qualche anno fa e non mi è piaciuto per niente.

E' indubbio che Pasolini vivesse male la sua omosessualità, con dei sensi di colpa, e che di conseguenza avesse pulsioni masochistiche e autodistruttive, come si può vedere anche in certi suoi film o in alcune poesie (nella sezione libri ho scritto qualcosa parlando del libro di Dario Bellezza).
Ma da qui a pensare che Pasolini desiderasse veramente quella morte violenta, ce ne vuole secondo me. Un conto è quello che si scrive, che si desidera solo con la fantasia, magari per provare un certo piacere masochistico, un altro è quello che poi si vuole veramente. Anch'io adesso posso scrivere un racconto con me protagonista in cui vengo bruciato vivo. Ma questo non significa che lo desideri nella realtà e che questa sera uscirò alla ricerca di persone disposte a bruciarmi. Così, allo stesso modo, non credo che chi fuma sessanta sigarette al giorno desideri effettivamente morire di cancro ai polmoni, come chi beve una bottiglia di cognac al giorno non desidera morire di cirrosi epatica.
Pasolini quella notte non voleva morire, prova ne sia che ha tentato di difendersi o quanto meno di fuggire.

Poi, non capisco quale sarebbe questa "violenza" alla quale si sottoponeva ogni giorno. E' ovvio che chi gira di notte in certi posti corre dei rischi, perché non si sa mai chi incontra. E' difficile che incontri alle 11 di sera davanti alla stazione Termini un "pariolino" o un ragazzetto preoccupato perché il giorno dopo ha un compito in classe. Però bisognerebbe anche sapere o ricordare che i ragazzi con cui andava Pasolini non erano delinquenti incalliti e pericolosi assassini. Erano i ragazzi delle borgate romane, poveri, che vivevano un po' di espedienti e avevano, magari, qualche piccolo precedente per dei furtarelli o cose simili. Ma non erano pericolosi e si "prostituivano" (per modo di dire) solo per avere qualche soldino che li aiutasse a vivere. Non saranno stati "stinchi di santo" ma non erano nemmeno pericolosi criminali.
Non mi pare, inoltre, che a quei tempi Pasolini fosse l'unico a fare un certo tipo di vita, ad andare in giro di notte in cerca di emozioni particolari... E anche oggi credo che ci siano tanti che fanno questo tipo di vita, tirando su prostitute e prostituti, "viados" e "trans". Eppure non ho mai sentito che di questi si dicesse o si dica che vanno in giro a cercare la morte. Chissà perché, solo Pasolini andava coi ragazzi perché voleva essere ucciso...

Ma soprattutto quello che mi dà fastidio di Camon, è che lui pensa (e non è l'unico) che sia stato veramente solo Pelosi ad ammazzare Pasolini. Questo è veramente assurdo.

Quelli che hanno ucciso Pasolini devono essere stati dei "professionisti" della malavita. Gente abituata a menare, senza peli sullo stomaco. E soprattutto accecati dall'odio, convinti che un omosessuale meriti di essere schiacciato come un insetto. Perché se Pasolini non fosse stato omosessuale non sarebbe mai morto in quel modo terribile. Lo avrebbero aspettato fuori di casa e gli avrebbero piantato una pallottola in fronte.

Non credo nemmeno che ad eliminarlo sia stata la mafia dei "marchettari" della stazione Termini. Perché i "ragazzi di vita" di Pasolini non erano inseriti nel giro della prostituzione. Non erano degli "sfruttati" sbattuti sulla strada. Erano dei ragazzi che andavano con lui occasionalmente per guadagnare qualche soldo.
Io continuo a credere nel delitto "politico". D'altra parte gli anni Settanta erano fortemente "politici" e "politicizzati". Allora, non capisco perché di questo omicidio non si dovrebbe dare una spiegazione in chiave "politica". I mandanti sono, secondo me, negli ambienti dell'estrema destra romana di quegli anni. Le organizzazione fasciste non hanno rivendicato l'omicidio? Ma questo cosa c'entra? Forse che la bomba di piazza Fontana è stata rivendicata? La strage di Bologna è stata rivendicata?
Poche volte i fascisti hanno rivendicato i loro attentati e anche quando l'hanno fatto le rivendicazioni non sono mai state prese troppo sul serio.

Ma a parte questo, non credo che siano state le solite sigle eversive tipo Ordine nero o Ordine nuovo... Ma ambienti molto meno organizzati e più "spontanei", che poi si sono avvalsi di delinquenti professionisti, magari pregiudicati o ex combattenti, militari... E se l'omicidio non è stato mai rivendicato è proprio perché non si voleva rivendicarlo. Bisognava far vedere a tutti che Pasolini si era meritato di morire, perché era un depravato, uno che se la faceva coi ragazzini, un rifiuto della società.

Spiace constatare che purtroppo, almeno in parte gli assassini sono riusciti nel loro intento di infangare il nome di Pasolini, se anche una persona intelligente come Ferdinando Camon pensa e scrive che, sotto sotto, Pasolini è uno che è andato a cercarsela.
Ultima modifica di Insight il mer 20 nov 2019, 20:23, modificato 4 volte in totale.
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Re: Il delitto Pasolini

Messaggio da avvocato »

Il critico Giancarlo Vigorelli, scopritore di Pier Paolo Pasolini e quindi persona al di sopra di ogni sospetto, considerava Pasolini un uomo pieno di contraddizioni non tanto perché cercasse il sesso occasionale, ma per la violenza, “per il modo bestiale in cui si consumava durante nottate di violenza che non comprendevo. Fino alle sette di sera era una persona, dopo era tutt'altra… a me gelava il sangue quando lo vedevo il giorno dopo le sue avventure notturne pieno di graffi e lividi".

Edoardo Sanguineti e Franco Fortini (altri insospettabili), hanno sostenuto che la scrittura pasoliniana presentava un forte contenuto autobiografico e che in particolare alcune opere erano una sorta di autobiografia originata da una tendenza sadomasochista votata all’autodistruzione.

Sanguineti addirittura sostenne che la morte di Pasolini fosse stata una sorte di "suicidio per delega". E' un concetto molto forte, ma probabilmente anche molto giusto.

Circa l'assenza di rivendicazione che non si spiegherebbe perchè anche Piazza Fontana e la strage di Bologna non sono state rivendicate, beh mi concederai che c'è una certa differenza tra gli eventi e che la morte di un'icona della sinistra (per quanto scomoda e controcorrente) come Pasolini, se fosse stata perpetrata dall'estrema destra, avrebbe politicamente avuto di certo una sua rivendicazione, se non altro (nella logica aberrante di quegli anni) per aumentare il prestigio dei suoi autori...

Infine: ma il problema scusa è che Pasolini fosse omosessuale? Per quanto mi riguarda certo che no. Il problema è soltanto mitizzare la figura, perdendo di vista anche ciò che ci sta dietro, ed aderendo così alle solite teorie complottiste/politiche che a nulla hanno portato in questi anni.
Pasolini, grande Autore, era un uomo con le sue debolezze e le sue solitudini, che combatteva in maniera molto rischiosa, e che lo induceva a presentarsi il giorno dopo a chiunque "pieno di graffi e lividi". Il che non è un fatto normale e di certo estraneo alla sua scomparsa.
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Re: Il delitto Pasolini

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Sì, sì... Ma sai quante ne dicevano e ne scrivevano su Pasolini? Hanno scritto di tutto su di lui, anche i suoi "amici" intellettuali di sinistra, persino la Morante e Umberto Eco scrivevano che lui andava "contro natura"... Lasciamo perdere, che è meglio. Non c'era giorno in cui non si leggesse sui giornali che Pasolini aveva fatto questo e quest'altro. Venne accusato persino di rapina a mano armata. Queste tue citazioni non fanno che dimostrare che la campagna denigratoria contro di lui è continuata anche dopo la sua morte.
Graffi e lividi ogni giorno? Chissà dove ce li aveva questi lividi... In faccia sicuramente no, perché io ho un libro fotografico su Pasolini e non c'è una solo foto con lividi o graffi. Forse Vigorelli era così intimo di Pasolini che lo vedeva nudo ogni giorno? :lol:
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Re: Il delitto Pasolini

Messaggio da avvocato »

Ma sinceramente non vedo negli ultimi anni campagne denigratorie contro Pasolini, vedo semmai il contrario... La distanza temporale dei fatti ha quasi cancellato questo lato oscuro della vita di Pasolini che, a mio parere, ha un peso decisivo nella sua scomparsa.
E in tutta sincerità, credo ad ogni virgola di quanto sostengono Giancarlo Vigorelli, Edoardo Sanguineti e Franco Fortini. Non vedo il motivo per il quale avrebbero dovuto mentire su un argomento così delicato.
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Re: Il delitto Pasolini

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Sì, tanto l'ha cancellato che tu stesso ora lo ricordi, anche se quando è morto Pasolini andavi ancora all'asilo :)

Ora Pasolini viene molto citato, spesso anche a sproposito... Per esempio, oggi un poliziotto è quasi libero di manganellare a destra e a sinistra, perché se qualcuno lo critica sentirai o leggerai subito qualcun altro che dirà in televisione o scriverà su un giornale che i poliziotti sono i "figli del popolo", perché l'aveva detto Pasolini...

Io credo, comunque, che si continui a giudicare negativamente, dai più, Pasolini per la sua vita privata, solo che oggi, a differenza di quando era vivo, si riconosce che era un grande poeta e intellettuale. Poi è ovvio che i toni oggi sono molto più smorzati, perché Pasolini non c'è più e c'è molto meno antagonismo politico.
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Re: Il delitto Pasolini

Messaggio da Ximanth »

Dopo aver letto "Profondo nero", che collega la morte di Enrico Mattei a quella di Mauro De Mauro a quella di Pasolini, mi sono convinta che dietro l'uccisione di quest'ultimo più che trame di destra ci sia quell'Italia "occulta" che già remava contro la democrazia da anni. E non era solo un affare di militari e/o presunti golpisti. C'era di mezzo soprattutto quel "Io so" che scrisse PPP, riguardo alla stagione delle stragi e a quello che c'era dietro. Non solo la destra, come ormai noto. Pelosi era effettivamente un'esca. Il sesso violento, l'omosessualità mal vissuta e quant'altro con quanto accadde quel giorno c'entrano pochino, secondo me. Fu un agguato bello e buono, per togliere di mezzo una mente lucidissima e una penna feroce. Tanta lucidità era pericolosa. Molto. Soprattutto in quel 1975 in cui si gettavano le basi concrete del Piano di Rinascita Democratico.
Noi siamo oggetto da parte di Dio di un amore intramontabile. Sappiamo: ha sempre gli occhi aperti su di noi, anche quando sembra ci sia notte. E' papà; più ancora è madre.
Papa Giovanni Paolo I - Angelus del 10 settembre 1978
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Re: Il delitto Pasolini

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Per chi avesse voglia di leggere, ecco l'articolo di Pasolini di cui parla Ximanth, apparso sul Corriere della Sera il 14 novembre 1974

Io so.
Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato "golpe" (e che in realtà è una serie di "golpe" istituitasi a sistema di protezione del potere).
Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969.
Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974.
Io so i nomi del "vertice" che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di "golpe", sia i neo-fascisti autori materiali delle prime stragi, sia infine, gli "ignoti" autori materiali delle stragi più recenti.
Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi, opposte, fasi della tensione: una prima fase anticomunista (Milano 1969) e una seconda fase antifascista (Brescia e Bologna 1974).
Io so i nomi del gruppo di potenti, che, con l'aiuto della Cia (e in second'ordine dei colonnelli greci della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo) una crociata anticomunista, a tamponare il '68, e in seguito, sempre con l'aiuto e per ispirazione della Cia, si sono ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del "referendum".
Io so i nomi di coloro che, tra una Messa e l'altra, hanno dato le disposizioni e assicurato la protezione politica a vecchi generali (per tenere in piedi, di riserva, l'organizzazione di un potenziale colpo di Stato), a giovani neo-fascisti, anzi neo-nazisti (per creare in concreto la tensione anticomunista) e infine criminali comuni, fino a questo momento, e forse per sempre, senza nome (per creare la successiva tensione antifascista). Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro a dei personaggi comici come quel generale della Forestale che operava, alquanto operettisticamente, a Città Ducale (mentre i boschi italiani bruciavano), o a dei personaggio grigi e puramente organizzativi come il generale Miceli.
Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocità fasciste e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come killer e sicari.
Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli.
Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.
Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero.
Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell'istinto del mio mestiere. Credo che sia difficile che il mio "progetto di romanzo", sia sbagliato, che non abbia cioè attinenza con la realtà, e che i suoi riferimenti a fatti e persone reali siano inesatti. Credo inoltre che molti altri intellettuali e romanzieri sappiano ciò che so io in quanto intellettuale e romanziere. Perché la ricostruzione della verità a proposito di ciò che è successo in Italia dopo il '68 non è poi così difficile.
Tale verità - lo si sente con assoluta precisione - sta dietro una grande quantità di interventi anche giornalistici e politici: cioè non di immaginazione o di finzione come è per sua natura il mio. Ultimo esempio: è chiaro che la verità urgeva, con tutti i suoi nomi, dietro all'editoriale del "Corriere della Sera", del 1° novembre 1974.
Probabilmente i giornalisti e i politici hanno anche delle prove o, almeno, degli indizi.
Ora il problema è questo: i giornalisti e i politici, pur avendo forse delle prove e certamente degli indizi, non fanno i nomi.
A chi dunque compete fare questi nomi? Evidentemente a chi non solo ha il necessario coraggio, ma, insieme, non è compromesso nella pratica col potere, e, inoltre, non ha, per definizione, niente da perdere: cioè un intellettuale.
Un intellettuale dunque potrebbe benissimo fare pubblicamente quei nomi: ma egli non ha né prove né indizi.
Il potere e il mondo che, pur non essendo del potere, tiene rapporti pratici col potere, ha escluso gli intellettuali liberi - proprio per il modo in cui è fatto - dalla possibilità di avere prove ed indizi.
Mi si potrebbe obiettare che io, per esempio, come intellettuale, e inventore di storie, potrei entrare in quel mondo esplicitamente politico (del potere o intorno al potere), compromettermi con esso, e quindi partecipare del diritto ad avere, con una certa alta probabilità, prove ed indizi.
Ma a tale obiezione io risponderei che ciò non è possibile, perché è proprio la ripugnanza ad entrare in un simile mondo politico che si identifica col mio potenziale coraggio intellettuale a dire la verità: cioè a fare i nomi.
Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia.
All'intellettuale - profondamente e visceralmente disprezzato da tutta la borghesia italiana - si deferisce un mandato falsamente alto e nobile, in realtà servile: quello di dibattere i problemi morali e ideologici.
Se egli vien messo a questo mandato viene considerato traditore del suo ruolo: si grida subito (come se non si aspettasse altro che questo) al "tradimento dei chierici" è un alibi e una gratificazione per i politici e per i servi del potere.
Ma non esiste solo il potere: esiste anche un'opposizione al potere. In Italia questa opposizione è così vasta e forte da essere un potere essa stessa: mi riferisco naturalmente al Partito comunista italiano.
È certo che in questo momento la presenza di un grande partito all'opposizione come è il Partito comunista italiano è la salvezza dell'Italia e delle sue povere istituzioni democratiche.
Il Partito comunista italiano è un Paese pulito in un Paese sporco, un Paese onesto in un Paese disonesto, un Paese intelligente in un Paese idiota, un Paese colto in un Paese ignorante, un Paese umanistico in un Paese consumistico. In questi ultimi anni tra il Partito comunista italiano, inteso in senso autenticamente unitario - in un compatto "insieme" di dirigenti, base e votanti - e il resto dell'Italia, si è aperto un baratto: per cui il Partito comunista italiano è divenuto appunto un "Paese separato", un'isola. Ed è proprio per questo che esso può oggi avere rapporti stretti come non mai col potere effettivo, corrotto, inetto, degradato: ma si tratta di rapporti diplomatici, quasi da nazione a nazione. In realtà le due morali sono incommensurabili, intese nella loro concretezza, nella loro totalità. È possibile, proprio su queste basi, prospettare quel "compromesso", realistico, che forse salverebbe l'Italia dal completo sfacelo: "compromesso" che sarebbe però in realtà una "alleanza" tra due Stati confinanti, o tra due Stati incastrati uno nell'altro.
Ma proprio tutto ciò che di positivo ho detto sul Partito comunista italiano ne costituisce anche il momento relativamente negativo.
La divisione del Paese in due Paesi, uno affondato fino al collo nella degradazione e nella degenerazione, l'altro intatto e non compromesso, non può essere una ragione di pace e di costruttività.
Inoltre, concepita così come io l'ho qui delineata, credo oggettivamente, cioè come un Paese nel Paese, l'opposizione si identifica con un altro potere: che tuttavia è sempre potere.
Di conseguenza gli uomini politici di tale opposizione non possono non comportarsi anch'essi come uomini di potere.
Nel caso specifico, che in questo momento così drammaticamente ci riguarda, anch'essi hanno deferito all'intellettuale un mandato stabilito da loro. E, se l'intellettuale viene meno a questo mandato - puramente morale e ideologico - ecco che è, con somma soddisfazione di tutti, un traditore.
Ora, perché neanche gli uomini politici dell'opposizione, se hanno - come probabilmente hanno - prove o almeno indizi, non fanno i nomi dei responsabili reali, cioè politici, dei comici golpe e delle spaventose stragi di questi anni? È semplice: essi non li fanno nella misura in cui distinguono - a differenza di quanto farebbe un intellettuale - verità politica da pratica politica. E quindi, naturalmente, neanch'essi mettono al corrente di prove e indizi l'intellettuale non funzionario: non se lo sognano nemmeno, com'è del resto normale, data l'oggettiva situazione di fatto.
L'intellettuale deve continuare ad attenersi a quello che gli viene imposto come suo dovere, a iterare il proprio modo codificato di intervento.
Lo so bene che non è il caso - in questo particolare momento della storia italiana - di fare pubblicamente una mozione di sfiducia contro l'intera classe politica. Non è diplomatico, non è opportuno. Ma queste categorie della politica, non della verità politica: quella che - quando può e come può - l'impotente intellettuale è tenuto a servire.
Ebbene, proprio perché io non posso fare i nomi dei responsabili dei tentativi di colpo di Stato e delle stragi (e non al posto di questo) io non posso pronunciare la mia debole e ideale accusa contro l'intera classe politica italiana.
E io faccio in quanto io credo alla politica, credo nei principi "formali" della democrazia, credo nel Parlamento e credo nei partiti. E naturalmente attraverso la mia particolare ottica che è quella di un comunista.
Sono pronto a ritirare la mia mozione di sfiducia (anzi non aspetto altro che questo) solo quando un uomo politico - non per opportunità, cioè non perché sia venuto il momento, ma piuttosto per creare la possibilità di tale momento - deciderà di fare i nomi dei responsabili dei colpi di Stato e delle stragi, che evidentemente egli sa, come me, non può non avere prove, o almeno indizi.
Probabilmente - se il potere americano lo consentirà - magari decidendo "diplomaticamente" di concedere a un'altra democrazia ciò che la democrazia americana si è concessa a proposito di Nixon - questi nomi prima o poi saranno detti. Ma a dirli saranno uomini che hanno condiviso con essi il potere: come minori responsabili contro maggiori responsabili (e non è detto, come nel caso americano, che siano migliori). Questo sarebbe in definitiva il vero Colpo di Stato.
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Ximanth
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Re: Il delitto Pasolini

Messaggio da Ximanth »

Grazie mille Insight per il tuo prezioso contributo... fa una certa impressione pensare che sono passati quasi esattamente quarant'anni da quell'articolo e che questo mantiene una mostruosa attualità...
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