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Il ladrone

Il ladrone

Romanzo di genere picaresco del regista e scrittore Pasquale Festa Campanile, pubblicato nel 1977 e dal quale egli stesso adattò l’omonimo film-commedia, tre anni più tardi.


Protagonista è il giovane Caleb (che il padre, però, prima di abbandonare appena nato, aveva chiamato Disma), ossia il famoso “Ladrone buono”, che secondo il Vangelo di Luca morì sulla croce insieme a Gesù, fu da questi perdonato dei peccati e portato con lui nel Regno dei Cieli, per il buon cuore che dimostrò di avere proprio durante il supplizio, negli ultimi momenti di vita.

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Nato e cresciuto in Galilea, Caleb non ha mai conosciuto suo padre, mentre sua madre, che fa il mestiere più antico del mondo, lo caccia di casa a soli dieci anni. Inizia così il suo infaticabile vagabondare attraverso tutta la Palestina…

Sempre affamato e allergico al lavoro, il ragazzino “rubacchia” qua e là e fa piccoli imbrogli. Impara presto ad “arrangiarsi”, essendo piuttosto sveglio: un affabulatore abile con la lingua e velocissimo nello svignarsela quando le cose si mettono male per lui.

Nel suo lungo peregrinare attraverso una terra ostile, dominata dagli oppressori romani e sostanzialmente regolata dalla legge del più forte, Caleb sviluppa anche una sorta di “filosofia”, spicciola e personale, che chiama in causa quando gli fa comodo, per giustificare con se stesso tutte le sue azioni (per lo più illegali), attribuendola a un improbabile “profeta” di nome Baracuc, che in realtà non è mai esistito ma è una creazione della sua fantasiosa coscienza…

Per un lungo periodo, ormai cresciuto, si ferma a lavorare (suo malgrado) per un ricco possidente terriero, che lo sfrutta facendolo ammazzare di fatica nei campi e a stento lo mantiene. Un giorno, sentendosi oltremodo offeso dal suo padrone, Caleb decide di abbandonarlo e di tornare alla sua vita libera ed errabonda, non prima di essersi vendicato dei soprusi subiti, portandosi via la collana della moglie del padrone, con la quale consuma anche un fugace rapporto…

A questo punto Caleb ha circa ventitré anni e inizia già, senza saperlo, l’ultimo periodo della sua vita, quello in cui incrocerà più volte sulla sua strada Gesù di Nazareth e andrà infine incontro al suo destino, tragico e sublime allo stesso tempo.

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Il primo importante incontro dopo la fuga dal suo padrone, tuttavia, è quello con Appula, una ricca e affascinante matrona romana, che lo prende in simpatia e gli instilla una nuova ragione di vita: accumulare l’ingente somma di 20.000 dracme da utilizzare per l’acquisto della cittadinanza romana, uno status che consentirà a Caleb di vivere dignitosamente, non più nell’ingrata e inospitale terra di Palestina, ma a Roma, la capitale del mondo, nonché città della ricchezza e dei divertimenti…

Caleb, spinto dal nuovo miraggio della cittadinanza romana e delle 20.000 dracme da accumulare, inizia una nuova vita, mettendosi a fare il ladro di professione: infatti, fino a questo momento aveva rubato solo per mangiare o per vendicarsi di qualche torto subito, mai per arricchirsi…

Inizialmente si dedica al furto di pecore, capre e galline, per poi alzare il tiro diventando prima un ladro di tuniche e poi un abile borseggiatore. Non sempre però gli va bene: parecchie volte i derubati lo colgono sul fatto e lo inseguono, e quando lo acciuffano lo riempiono di legnate. Tuttavia, non lo denunciano, perché a quei tempi tutta la Palestina era piena di ladri, ladruncoli e ben più pericolosi briganti.

Fin dall’inizio della sua nuova carriera di ladro, il giovane dimostra il suo buon cuore, scegliendo di “alleggerire” solo i più ricchi, in particolare gli odiati pubblicani, servi dei Romani. E un giorno salva addirittura un cane che un derubato gli sguinzaglia addosso: dopo aver ferito l’animale, anziché ucciderlo o lasciarlo morire come avrebbe potuto, lo cura e lo prende con sé, facendolo diventare per un periodo il suo compagno di avventure e chiamandolo Giosuè.

Di Gesù di Nazareth, Caleb sente parlare per la prima volta da una donna che afferma di essere stata guarita dalla lebbra proprio da quell’uomo misterioso che se ne va in giro a predicare e che ogni tanto compie dei miracoli. Caleb pensa subito che si tratti di uno dei tanti sedicenti guaritori di cui la Galilea è piena, anche se gli sembra molto strano che questo Gesù non faccia i suoi imbrogli, come tutti gli altri, per arricchirsi, ma perché vuole convertire tutti al suo credo.

Un’altra che gli parla di Gesù è la sua amica Maddalena, che è diventata una seguace del nazareno. E qui Caleb prende l’uomo di Nazareth in una leggera antipatia, perché con le sue chiacchiere ha convinto Maddalena a non vendere più il suo corpo, togliendogli così il piacere di potersi congiungere con lei ogni tanto…

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Si lega tuttavia a un’altra donna, che invece fa e continua a fare la prostituta, di nome Debora, per la quale rinuncerà infine anche alle 20.000 dracme e al miraggio della cittadinanza romana, decidendo di mettere su famiglia e di piantarla con la vita dissoluta. Ma sarà ormai troppo tardi per lui.

Dal momento che le ruberie gli procurano più guai che guadagni, Caleb passa poi a dedicarsi a quello che gli è sempre riuscito meglio: le truffe e gli imbrogli. Prima col suo cane Giosuè, poi aiutato dalla stessa Debora e da personaggi occasionali che si uniscono a lui per brevi periodi, egli architetta mille imbrogli ai danni dei creduloni, soprattutto soldati romani, pubblicani e ricchi mercanti…

Diventa anche lui un “guaritore”, soprattutto di animali (perché è decisamente più facile), ma riuscendo poi abbastanza bene anche con gli umani, convincendo la gente a non soffrire più di mal di denti o di mal di pancia e vendendo polveri “miracolose” per far ricrescere i capelli o per eliminare vari tipi di disturbi fisici…

Certo non può competere con Gesù, che guarisce i paralitici, i ciechi e i lebbrosi, trasforma l’acqua in vino e moltiplica i pani e i pesci; ma in poco tempo diventa un “mago” con un certo seguito e naturalmente cerca di imitare Gesù, convinto che il nazareno sia a sua volta un grande mago e che sappia sfruttare al massimo la suggestionabilità delle persone…

Pur incontrandolo e vedendolo di persona diverse volte, Caleb non avrà mai occasione di parlare con Gesù, finché non finirà sulla croce vicino a lui. Lo sentirà spesso raccontare le parabole, lo vedrà compiere i miracoli da lontano oppure giungerà nel luogo del miracolo subito dopo che è stato compiuto e se lo farà raccontare dai testimoni. Rimarrà convinto che il nazareno sia solo un formidabile mago, fino a che non vedrà da vicino la resurrezione di Lazzaro: di fronte a quel miracolo prodigioso non saprà darsi alcuna spiegazione e sentendosi “turbato” preferirà non pensarci più. Del resto, arrivato a quel punto, il suo destino sta ormai per compiersi.

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La vita di Caleb, fino alla morte sulla croce, è movimentata e pericolosa. Attraversa mille avventure e disavventure, finendo bastonato e rischiando più volte la pelle, passando tuttavia anche momenti piacevoli, di amore intenso, con Debora, con la quale condivide molte delle sue traversie, e persino salvandola da una pericolosa banda di briganti che la vogliono vendere come schiava.

Non riuscirà mai ad accumulare i soldi che gli servono per comprare la cittadinanza romana, anche perché, ogni volta che si troverà con la fortuna tra le mani, gli capiterà di perderla, venendo, ad esempio, a sua volta rapinato…

Il suo destino, evidentemente, è un altro. Quando ormai ha deciso di mettere la testa a posto e di legarsi definitivamente a Debora, un giorno, mentre si reca a Gerusalemme, viene riconosciuto da una delle sue tante vittime derubate e fatto arrestare…

Non viene accusato del suo reato più grave, che è il furto del “capro espiatorio”, rubato dal Tempio quando era già pronto per il sacrificio, ma del più banale “taglio” di una borsa, avvenuto ai danni di un mercante due anni prima…

Non è un reato molto grave, eppure lo condannano a morte, al supplizio della croce: solo perché in quei giorni è stato arrestato e condannato anche Gesù di Nazareth ed è necessario far morire il sedicente “Figlio di Dio” insieme a due ladri comuni, per disonorarlo…

Caleb affronta la morte da uomo coraggioso, certo un po’ deluso per essere costretto a morire così giovane, a soli venticinque anni, ma senza recriminare contro nessuno ed essendo anzi contento di essersi anche divertito, di aver inventato “nuovi trucchi” e di aver conosciuto una donna speciale come Debora… La sua non è stata soltanto una vita di fame e dolore.

Infine, le sue ultime parole, come racconta Debora che è addolorata sotto la croce, sono per Gesù, per quell’uomo enigmatico che diverse volte ha incrociato la sua vita e che viene a trovarsi accanto a lui anche nel momento estremo della fine. Sono proprio quelle parole, rivolte a un altro malfattore crocefisso ma udite da Gesù, che lo riscattano, lo salvano, e lo consegnano al mondo per sempre come il “Buon ladrone”.

Perché parli contro Gesù? Non ha mai fatto niente di male e siamo con lui nella stessa barca…”.

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Lettura in tema col Venerdì Santo e la Pasqua :)

Piacevole, per lo più comica, divertente, ma in certi punti, e soprattutto alla fine, anche toccante. Appesantita un po’, a mio parere, dalle troppe “avventure”, dai mille episodi che tendono a spezzare il filo della narrazione principale: in linea, tuttavia, con la tradizione dei romanzi picareschi.

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