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Il mare, il mare

Il mare, il mare

Narra lo storico e condottiero ateniese Senofonte, nella sua Anabasi, che quando egli guidò il suo esercito di mercenari greci in ritirata, dopo una spedizione nell’Impero persiano, attraverso i monti dell’Armenia e del Kurdistan, giungendo finalmente “a casa”, ossia nella città greca di Trapezunte (oggi Trebisonda, in Turchia), i primi suoi uomini che dal monte Theches videro il Mar Nero si lasciarono andare in un liberatorio grido di gioia, urlando: “Il mare! Il mare!” (“Thalatta! Thalatta!”). Era il 401 avanti Cristo…

Da questo toccante episodio, nel quale credo che tutti gli studenti del liceo classico si siano imbattuti traducendo l’Anabasi (io purtroppo ho fatto lo scientifico) trae spunto il titolo di un romanzo della scrittrice e filosofa inglese Iris Murdoch (1919-1999), che si chiama appunto Il mare, il mare (The Sea, the Sea), uscito nel 1978, vincitore in quell’anno del Booker Prize, tradotto e pubblicato in Italia molti anni dopo e oggi (purtroppo) non più in ristampa.

Visto che questo è senz’altro il periodo giusto (e questa potrebbe anche essere la giusta lettura per questo periodo), comincerò con qualche considerazione sul mare, che il romanzo di Iris Murdoch induce a compiere.

Questo elemento naturale, che ricopre oltre il settanta per cento della superficie del nostro pianeta, dove è nata la vita più o meno due miliardi di anni fa, è una fonte inesauribile di riflessioni: il mare può essere la gioia della salvezza, come lo è stato 2.400 anni fa per l’esercito sbandato di Senofonte, ma può essere anche sofferenza e morte, come succede oggi per i disperati che cercano di emigrare verso terre più fortunate e accoglienti, e che miseramente vi affogano. Può rappresentare, più leggermente, un simbolo di divertimento, di attrazione turistica, che ci richiama le vacanze estive, ma essere anche un luogo di contemplazione, di ispirazione artistica per poeti, scrittori, pittori e musicisti. Può essere, ancora, la vita, per chi dal mare e dai suoi frutti trae i mezzi di sostentamento, oppure una più banale (e talvolta credo anche logorante) routine per chi viaggia e lavora sulle navi o sulle piattaforme…

Tutto questo e molto altro ancora può essere il mare, visto e considerato anche i molteplici e diversi aspetti con i quali esso può presentarsi: liscio come una tavola, increspato e schiumoso, burrascoso e minaccioso; e dai colori più variegati: dall’azzurro al blu intenso, dal viola all’indaco, dal verde più chiaro al verde scuro, dal marrone sabbioso al grigio plumbeo che si riflette dal cielo…

Nel libro di Iris Murdoch, il mare è soprattutto quello contemplativo. In esso, il protagonista specchia se stesso e i suoi stati d’animo, vi vede riflessa l’intera sua esistenza. Talvolta la pace e la tranquillità che egli cerca e che si illude di aver raggiunto, talaltra l’impeto travolgente che lo ributta nella mischia, che ancora lo costringe a navigare in quel mare in tempesta che può essere (che è) la vita…

Ad ogni modo, sebbene in questo lungo romanzo si sviluppi una storia densa di avvenimenti e personaggi, mai il lettore, leggendo queste pagine, dimentica il mare: esso è là, sempre presente, magari come un lieve rumore in sottofondo, ma c’è. E ti sembra quasi di sentirlo mormorare mentre leggi: il mare, il mare…

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Data la lunghezza del romanzo (646 pagine), spero che la suddivisione in paragrafi e titoli (che di solito uso solo per i saggi) agevolerà la lettura di questa mia non proprio stringata sintesi, che peraltro frammenterò in tre parti… (prossime puntate: 1 e 8 agosto).

Shruff End

Charles Arrowby, il protagonista della vicenda, è un celebre attore, commediografo e regista teatrale (più famoso come regista) inglese, che ha da poco passato i sessant’anni. Giunto al culmine della sua carriera costellata di successi, decide di ritirarsi, almeno per un periodo, in solitaria meditazione sulla propria vita. Per farlo, sceglie una sperduta località situata in riva al mare, sulle coste dell’Inghilterra. All’inizio della storia siamo nel mese di maggio e l’anno, molto probabilmente, è il 1977 (lo si capisce solo da un fugace riferimento al presidente americano Jimmy Carter).

Charles ha acquistato una casa che si trova appollaiata su un promontorio ed è circondata da rocce. Chiamata “Shruff End”, la casa si affaccia sul mare, è costruita su due piani ed è scarsamente illuminata (alla sera bisogna arrangiarsi con il lume a petrolio). Non è escluso che sia abitata anche da qualche spettro: infatti Charles ha talvolta la sensazione di essere spiato o comunque di non essere da solo in quell’affascinante dimora…

Intorno a Shruff End c’è la desolazione totale: soltanto rocce e il mare davanti. I primi centri abitati sono più all’interno, dove Charles ogni tanto deve recarsi per fare provvista di viveri. La solitudine, del resto, è proprio ciò che il famoso regista teatrale cerca. Qui, infatti, egli decide di passare il tempo a riflettere e a scrivere le proprie memorie. Crede di aver raggiunto, con l’età, finalmente un “punto di equilibrio”, una pace e tranquillità d’animo che gli consente di gettare uno sguardo sereno al proprio passato. Guarda spesso il mare sterminato davanti a lui: talvolta placido e suadente, altre volte inquieto, burrascoso. Nonostante lo abbiano sconsigliato per la pericolosità, ama farsi spesso delle belle nuotate (completamente nudo), sfidando le onde che potrebbero sommergerlo o sbatterlo contro le rocce.

Il mare di Shruff End è quello freddo del Nord, abitato (almeno così si dice, anche se Charles non le ha mai viste) persino dalle foche. Ma anche in esso c’è qualcosa di “spettrale” (d’altra parte siamo in Gran Bretagna, terra di fantasmi) come nella casa: talvolta, scrutando verso l’orizzonte, Charles ha l’impressione di vedere un mostro che sbuca fuori dall’acqua col suo collo lunghissimo oppure una specie di enorme serpente marino. Una visione che il protagonista cerca di spiegarsi attribuendola a l’unica volta in cui, diversi anni prima, egli aveva provato a fare uso dell’LSD…

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E’ inutile: per quanto Charles si sforzi, scrivendo le proprie memorie in perfetta solitudine (a parte i fantasmi e i mostri marini), di guardare con distacco al proprio passato, ecco che dai suoi stessi pensieri, ma anche da vecchie lettere riprese in mano o da nuove che egli riceve anche in quella remota dimora, riemergono i “fantasmi” (quelli veri) della propria vita trascorsa e si riaprono vecchie ferite tutt’altro che rimosse…

Soprattutto, tornano ad apparire nella sua mente gli “spettri” che lo hanno maggiormente tormentato, che sono stati croce e delizia della sua vita: le donne. Numerose, per lo più attrici, alcune amabili e affascinanti, altre insopportabili bisbetiche, “usate” solo per soddisfare la sua smania di conquista e possesso, e poi gettate via, come fanno i bambini troppo viziati con i giocattoli di cui si stancano presto…

E ora, in questo momento di solitaria meditazione, eccole riaffacciarsi tutte nella sua coscienza, più vive che mai. Sono tante, perché Charles, oltre ad essere famoso, era (ed è ancora) un uomo pieno di fascino, fisicamente attraente, un vero e proprio “sciupafemmine”. Le donne che hanno maggiormente segnato la sua vita sono:

Clement Makin: la donna che lo ha fatto crescere e trasformare in un uomo. Un’attrice che egli ha incontrato agli inizi della sua carriera, quando era un giovane attore alle prime armi, e alla quale deve molto anche in termini professionali, dal momento che essa lo ha introdotto ai livelli più alti del teatro. E’ stata anche l’amante con la quale ha finalmente perduto la propria verginità e scoperto i piaceri della carne. Molto più grande di età ed esperta di lui, gli ha insegnato tante cose dell’amore ma soprattutto del sesso. Quando iniziò la loro relazione, Charles aveva appena vent’anni e Clement quasi quaranta…

Rosina Vamburgh: una famosa attrice insieme alla quale Charles ha recitato Shakespeare innumerevoli volte. Indubbiamente, la donna più bella che abbia mai avuto (ma anche la più bisbetica). Per Rosina, Charles ha tradito Clement. Ma lei ha fatto molto di più per lui: ha abbandonato l’uomo con il quale era sposata, anche lui un attore, di nome Peregrine Arbelow (peraltro amico di Charles). E quando Charles, dopo una passione intensa ma breve, si è stancato di lei, essa è stata rifiutata dal marito con il quale voleva tornare a vivere…

Lizzie Scherer: anche lei un’attrice, ma più giovane. Charles l’ha conosciuta e diretta quando era già un affermato regista. E’ stato lui, anzi, a determinare il successo di Lizzie. La giovane attrice si è invaghita del suo regista come se fosse un Dio e lui, naturalmente, ne ha approfittato. Ma ben presto Charles si è stancato anche di lei e l’ha abbandonata…

In mezzo, tra Rosina e Lizzie (e anche dopo), ci sono state tante altre donne abbandonate presto da Charles…

In tutta la sua vita, egli ora si rende conto di averne veramente amata soltanto una, la prima in ordine di tempo: non Clement, ma una certa Mary Hartley Smith, da lui chiamata semplicemente “Hartley”. Con Hartley, Charles è cresciuto: erano compagni di scuola e si sono amati di un amore casto, platonico, dall’età di dodici anni fino ai diciotto.

Non c’è mai stato, tra Charles e Hartley, più di uno sfioramento di labbra e qualche abbraccio e carezza innocenti. Eppure, lui ricorda ancora con struggente nostalgia i pomeriggi trascorsi con la sua “fidanzata” dei tempi dell’adolescenza, pieni di poesia, di promesse e propositi per il futuro: era la vita che cominciava…

Ma giunto all’età di diciassette anni, Charles era partito per Londra, per frequentare l’Accademia di Arte Drammatica. Al suo ritorno, circa un anno dopo, purtroppo non aveva trovato Hartley ad aspettarlo. La ragazza lo aveva abbandonato spiegandogli in una lettera la sua paura, il timore che egli, così affascinante ed esuberante, non sarebbe stato l’uomo adatto per lei, specialmente se avesse intrapreso, come era suo fermo proposito, la carriera di attore teatrale…

In altre parole, Hartley temeva che Charles non sarebbe stato un amante e un marito fedele, quindi aveva preferito troncare la relazione e sparire. E per quanto Charles, avendola poi rintracciata, avesse cercato di convincerla a tornare da lui, non c’era stato modo di farle cambiare idea. La relazione era stata interrotta bruscamente e Charles, da allora, non ha più visto la ragazza che oggi, dopo tanto tempo, sogna ancora…

Le donne-fantasma

La prima donna che, anche materialmente, riemerge dal passato di Charles è Lizzie, che gli scrive una lettera avendo saputo dove si era trasferito, confessandogli di amarlo ancora e proponendogli di tornare con lei: anzi, di accoglierla nella sua nuova dimora di Shruff End. Come prova del suo amore, Lizzie adduce il fatto che dopo di lui non ha mai avuto altri uomini e che ora convive, soltanto per affetto, con Gilbert Opian, anche lui un attore, vecchio amico di Charles, ma omosessuale dichiarato.

Lizzie è ora un’attrice teatrale che si sta avvicinando ai quarant’anni e che aveva avuto una relazione col regista agli inizi della propria carriera. Charles non l’ha mai amata, ma soltanto usata come una bambolina, sebbene non abbia smesso di provare un certo affetto per lei. A causa della sua lettera di risposta ambigua (che non è un sì, ma nemmeno un netto rifiuto), Charles dopo pochi giorni si ritrova sulla porta di Shruff End la povera illusa Lizzie ed ha un bel da fare a spiegarle che non ha nessuna intenzione di rimettersi con lei…

Dopo un’appassionata discussione, Lizzie si rassegna a passare la notte nell’albergo più vicino…

Qualche sera dopo, Charles si ritrova in casa, come un fantasma, la bella Rosina, che si è introdotta abusivamente a Shruff End. Rosina è un’attrice molto famosa, che ha passato i cinquant’anni ma è ancora molto affascinante. Era anche lei innamorata di Charles e per lui aveva abbandonato il marito, Peregrine, che poi l’aveva ripudiata. Tutto l’amore di Rosina per Charles si è trasformato in odio, poiché essa ritiene che il regista le abbia rovinato la vita. Si presenta con intenzioni bellicose: venuta a sapere che lui intende rimettersi con Lizzie (che lei odia perché pensa che Charles ne sia innamorato), si ripromette di passare i giorni che le rimangono da vivere a rovinargli l’esistenza. Il colloquio con Rosina è burrascoso e a nulla servono le rassicurazioni di Charles, che non intende affatto tornare con Lizzie…

Dopo una lite furibonda, Rosina se ne va con l’automobile, rischiando quasi di investire una “misteriosa” figura di donna anziana che proprio quella sera si aggira dalle parti di Shruff End…

Hartley

Charles, che durante il burrascoso litigio ha inseguito Rosina per la strada fino alla sua automobile, inizialmente crede di aver avuto un’altra allucinazione dovuta a quella dannata pastiglia di LSD ingoiata diversi anni prima: infatti, la donna anziana che ha rischiato di venire investita dall’auto di Rosina, solo per qualche attimo illuminata dai fari della vettura, gli è sembrata proprio lei, il suo primo e unico grande amore: Mary Hartley Smith…

Qualche giorno dopo, mentre fa provviste nella cittadina più vicina a Shruff End, la sua “allucinazione” viene confermata: Charles la rivede ed è proprio lei…

Hartley e Charles si incontrano di nuovo dopo quarantadue anni che non si vedevano e proprio nel posto dove lui pensava di ritirarsi per meditare in solitudine e scrivere le sue memorie…

Anche Hartley, essendo coetanea di Charles, è una donna di sessant’anni, ma lui, nonostante il suo aspetto un po’ sciupato e trasandato, la trova ancora attraente. Anzi, da questo momento inizia per il regista un vero e proprio tormento: interpretando l’incredibile incontro come un segno del destino, egli si convince che deve riconquistare Hartley a tutti i costi e convincerla a venire a vivere con lui a Shruff End. Quell’amore, così bruscamente interrotto quando avevano diciotto anni, deve sbocciare ora, in età matura, a suggellare con gioia l’ultima fase della loro vita…

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Dopo il primo incontro con Hartley, avendo saputo che essa è sposata da molti anni e che abita in una casetta non molto distante da Shruff End, Charles, col pretesto di recapitare a mano un invito per i due coniugi a venire a prendere il tè da lui, si presenta sulla porta della loro abitazione. Molto imbarazzata, Hartley lo accoglie nel salotto e gli presenta il marito, tale Benjamin Fitch, militare in pensione ed eroe di guerra.

Durante la conversazione, cordiale ma piuttosto fredda, Charles si convince (perché gli fa comodo) che Hartley sia infelice e che durante tutti questi anni non abbia fatto altro che pensare a lui. Per il marito, ovviamente, prova un’istintiva antipatia anche se si sforza di non dimostrarla. La sottile avversione tra i due uomini, comunque, è reciproca…

Charles, inoltre, scopre che a un certo punto della loro vita, Hartley e Ben hanno adottato un bambino. Di questo figlio adottivo, che si chiama Titus e che ormai ha compiuto diciotto anni, purtroppo, però, non si sa più nulla: due anni prima egli è scappato di casa e non si sono più avute sue notizie. Titus risulta tra le persone scomparse.

Tornato da quella visita, Charles si sente il cuore in tumulto e nella sua mente inizia a costruirsi una specie di “film”: Hartley lo ama ancora e lo ha sempre amato. Senza di lui quella povera donna ha passato un’esistenza infelice con la persona detestabile che ha sposato. Ha cercato di alleviare le proprie sofferenze adottando un figlio, ma poi è stata delusa anche in questo: il ragazzo, a soli sedici anni, è scappato di casa. Evidentemente l’avrà fatto per colpa del padre adottivo…

Ora c’è una sola cosa da fare secondo Charles: liberare Hartley dalla sua prigionia…

L’ossessione

Quella di Charles diventa una vera e propria ossessione. Il regista inizia ad architettare dei piani per attirare Hartley nella sua dimora e convincerla a lasciare il marito e a mettersi con lui. E’ convinto che Hartley lo ami, ma che non abbia il coraggio di confessarglielo…

Nel frattempo, a Shruff End torna a trovarlo Rosina. Alla sua “vecchia fiamma” (una delle tante), Charles confessa il suo amore per Hartley, della quale Rosina non ha mai sentito parlare, nonché la sua intenzione di “accoglierla” a Shruff End e di passare il resto della sua vita insieme a lei.

Saputo che si tratta di una “vecchia di sessant’anni”, Rosina lo sbeffeggia, ma si sente anche piuttosto sollevata: a lei basta che Charles non si rimetta con l’odiata Lizzie (che è ancora giovane e bella).

In maniera molto inopportuna, Charles si presenta di nuovo sulla porta dei coniugi Fitch, sempre con la scusa dell’invito a prendere il tè. Questa volta, però, viene ad aprirgli Ben e non lo fa nemmeno entrare. Anzi, l’anziano militare, molto seccato, gli chiede di non farsi vedere mai più e getta a terra l’invito consegnatogli da Charles. Dopodiché gli chiude la porta in faccia. Per Charles è la prova che si tratta di un bruto e che lui deve assolutamente “liberare” Hartley…

Un altro personaggio del passato compare poi a Shruff End: Gilbert Opian, l’uomo che convive con Lizzie. Sui quarant’anni, anche lui attore, è un vecchio amico di Charles. E’ omosessuale ed è sempre stato innamorato di Charles (che però è un eterosessuale convinto). Gilbert, che ha lasciato Lizzie, chiede ospitalità a Charles. Il regista, impietosito, lo assume come “maggiordomo” …

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Una mattina, tra le rocce che contornano Shruff End, Charles vede spuntare una figura umana che sta venendo verso di lui. Osservandola col cannocchiale, scopre che si tratta di un ragazzo.

A poco a poco, il ragazzo si avvicina e Charles gli va incontro. Prima ancora che il giovane si presenti, Charles capisce di chi si tratta: è Titus, il figlio adottivo dei coniugi Fitch, scomparso da due anni…

(FINE PRIMA PARTE)

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