I “sabot”

Sempre portati, d’estate, ininterrottamente dal ’77 (fino alla metà del decennio successivo). All’inizio, fu una sorta di affermazione di crescita personale e di liberazione dalle scarpe della fanciullezza (quelle, comodissime, ad “occhio di bue”): finalmente mi sentivo cresciuta, in grado di portare le stesse calzature delle ragazze più grandi. Poi ne apprezzai la comodità estrema: la suola di legno, a lungo andare, si modellava perfettamente sul piede e, alla fine della stagione, osservandole si notava che riproducevano esattamente l’impronta plantare . Inoltre, si lavavano facilmente. Ogni estate erano sempre quelle: con la tomaia bianca forata ed una targhettina metallica con la marca (che variava di anno in anno) sul cinturino che la orlava. Solo un anno, ma già negli Ottanta, azzardai un paio neri e senza fori: me ne pentii subito, perché il colore attirava il sole e diventavano proprio due fornetti . Tornai più cautamente al vecchio modello. Le portavo sempre, anche per andare al mare. Le misi da parte quando cominciai a guidare. Fra l’altro, ormai quasi nessuna le portava più. Negli ultimi anni, però, sono ritornate. Chissà che non me ne compri di nuovo un paio, magari solo per andare in spiaggia!