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Musica

Franco Battiato

Personaggio sicuramente originale e peculiare nel panorama pop/rock italiano degli ultimi 40/45 anni.

Già un fatto lo rende comunque straordinario, al di là dei gusti personali: cioè l’incredibile gavetta che ha fatto, prima di arrivare al successo a caratteri cubitali.

Comincia frequentando nella seconda metà degli anni 60 il meglio del cantautorato e del cabaret milanese ( Gaber, soprattutto ), incidendo canzoni magari di stampo leggero, ma tutto sommato in linea con quello che era la media dell’epoca. Alcuni titoli: Bella ragazza, E’ l’amore, Marciapiede ecc…, tutti 45 giri che hanno una discreta fortuna, dal punto di vista commerciale, ma non tanto da indurlo a continuare su tale genere.

Poi, dal 1971 in poi arriva il periodo elettronico e sperimentale, con dischi che ogni vero amante del prog non può non avere. E con esso il coraggio di tentare strade che, almeno in Italia, nessuno aveva percorso prima.

E’ uno dei primi italiani in assoluto a usare il sintetizzatore, riuscendo a creare delle sonorità e delle atmosfere che, in alcuni casi, anticipano addirittura cose fatte poi dai Pink Floyd.

Il capolavoro di questa fase è, a mio avviso, Pollution, con alcune gemme ( Areknames, Plancton e la stupenda suite omonima ).

Fetus, uscito l’anno prima, nel 1971, risente ancora un pochino dell’epoca ” beat ” precedente, dato che Battiato non abbandona del tutto, in questo disco, la formula-canzone. L’elettronica e la sperimentazione sono già ben presenti, ma il disco è inferiore rispetto allo stesso Pollution, ad esempio. La copertina è, invece, veramente “ pesantuccia “ per l’epoca, e non manca di suscitare aperte critiche.

Ma come non citare lo stupendo ” Sulle Corde di Aries “, più difficilotto ma ancora commestibile.

” Clic ” è geniale in alcune fasi, ma troppo ermetico e fin troppo avanti per i gusti del pubblico, ma è subito dopo questi che arriva il periodo veramente ermetico, con ardite composizioni, ispirate da Stockhausen o dalla musica minimalista di Philip Glass.

Da segnalare un curioso, ma secondo me pregevole album, per solo violino, piano e voci, intitolato “ Juke Box “, del 1978.

Poi, all’alba degli anni 80 arriva la svolta pop, con “ L’Era del Cinghiale Bianco “ ( 1979 ), che gli spiana la strada al successo, che sarà accompagnato da una qualità molto alta, e direi che è una delle prime volte, in Italia, che il consenso commerciale, a caratteri cubitali, coincide con il valore artistico, basti pensare che lo stupendo ” La Voce del Padrone ” è il primo LP italiano di musica leggera a superare il milione di copie.

Ci fu chi cominciò a storcere il naso, con la solita, puerile, motivazione di una presunta ” concessione ” al mercato. Ma c’è di peggio. Battiato venne accusato di qualunquismo, di ” menefreghismo sociale “, addirittura di “ pessimismo cosmico “ sulla base di un presunto ” non sense ” di certi testi. Ma anche di essere di destra, di lanciare messaggi di destra, adducendo considerazioni che rasentano l’assurdità.

Il successo continua fino a oggi, pur con incursioni in svariati generi, dalla classica alla sinfonica, dalla lirica al rock.

Un grande, semplicemente.

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