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Cinema

Splendori e miserie di Madame Royale (1970)

Regia: Vittorio Caprioli

Sceneggiatura: Vittorio Caprioli, Enrico Medioli, Bernardino Zapponi

Musiche: Fiorenzo Carpi

Personaggi e interpreti:

Alessio: Ugo Tognazzi

Mimmina: Jenny Tamburi

Il Commissario: Maurice Ronet

Bambola di Pechino: Vittorio Caprioli

Due ospiti en travesti alla festa di Madame Royale: Felice Musazzi/Tony Barlocco (I Legnanesi)

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Alessio, ex boy di Wanda Osiris, omosessuale, vive un’esistenza piuttosto grama, divisa fra il suo modesto lavoro di corniciaio presso un negozio di quadri e lo squallore di una vita quasi solitaria, allietata di tanto in tanto dai party en travesti che egli tiene nella sua abitazione, dove, da padrone(a) di casa, si fa chiamare Madame Royale.

Unico antidoto al triste tran tran è la presenza della terribile figlia di un suo ex mantenuto, Mimmina, che lo tratta più che da padre da fratello maggiore, procurandogli tuttavia non pochi grattacapi a causa della sua giovanile esuberanza.

Turbato per il brutale assasinio di un colonnello dell’esercito che usava prostituirsi come travestito sotto il nome di Tamara, Alessio deve fronteggiare una grana ancora peggiore, allorquando Mimmina gli confessa di essere incinta e di avere necessità di denaro per abortire. Orripilato dall’idea, il nostro si rifiuta.

Mimmina, procuratasi il denaro grazie ad alcune foto osé, viene tuttavia ridotta in fin di vita dalla mammana presso cui si è recata per abortire. Piantonata in ospedale ed a rischio di incriminazione per aborto clandestino, è passibile di qualche anno di carcere.

Un cinico commissario (da cui Alessio è evidentemente attratto) prospetta all’ex ballerino una possibile attenuazione dele conseguenze per la “figliastra” qualora Alessio si rendesse disponibile a collaborare con la polizia, sfruttando le conoscenza del suo “giro”.

Alessio contribuisce così a sventare un traffico di riviste pornografiche ed a far arrestare un gruppo di falsari di quadri, di cui era peraltro buon conoscente. Licenziato dal mercante di quadri (“nel quartiere tutti sanno che sei una spia”) ed abbandonato da tutti (Mimmina, evasa dal riformatorio, ha ottenuto la riabilitazione facendo a sua volta arrestare una compagna di evasione per droga, e sembra aver trovato un uomo che possa finalmente sistemarla), Alessio, dopo l’ultima soffiata (che fa sì che venga arrestato un suo ex datore di lavoro nel varietà per un giro di prostituzione), medita la fuga all’estero per sottrarsi alla vendetta di tutti coloro che sono stati da lui smascherati o danneggiati.

Vuole dare pertanto un’ultima festa di addio (una sorta di “abdicazione” di Madame Royale), ma al party non si presenta nessuno dei suoi amici di un tempo. L’unico ad arrivare è in realtà un sicario che, portatolo via con l’inganno da casa, porrà fine alla sua sfortunata esistenza.

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Piccolo gioiello di Vittorio Caprioli nelle vesti (non così consuete) di regista, leggo che il film è stato per anni una delle pellicole di culto della comunità omosessuale. Il motivo, onestamente, mi sfugge, dato che la rappresentazione filmica, per quanto fedele, non mi pare getti una luce particolarmente positiva sui cosiddetti “gay”.

La pellicola avebbe funzionato perfettamente anche se Alessio fosse stato un alcoolizzato o un cocainomane.

In effetti, mi pare che quello di Caprioli sia uno studio (riuscitissimo) sull’emarginazione e sulla solitudine.

Da amante del melodramma ci vedo anche qualche analogia con il verdiano Rigoletto, anche lui un emarginato che vive solo per una figlia e diventa cattivo su una sollecitazione esterna.

Nel film funziona tutto alla perfezione, dalla strepitosa interpretazione di Tognazzi (qui alle prese con un ruolo tanto più profondo e tragico di quello assai più superficiale della “Cage aux Folles”), al contraltare del ripugnante commissario di un grandioso Maurice Ronet. Il cinismo del quale viene messo plasticamente in evidenza una delle scene più memorabili del film, quando, sullo sfondo di una delle delazioni di Alessio, si vede chiaramente, attraverso una finestra del commissariato, una violenza carnale in svolgimento, senza che il commissario faccia un plisset. Un autentico pugno nello stomaco.

Eccellente anche la prova di una sorprendente Jenny Tamburi, che immagino fosse al suo esordio cinematografico. Buone tutte le prove dei pesonaggi di contorno, compresi lo stesso Caprioli e due grandi attori dei famosissimi “Legnanesi”, la storica compagnia di teatro tutta al maschile (ruoli femmiili compresi).

Incalzante ma nient’affatto memorabile la colonna sonora di Fiorenzo Carpi, eccezion fatta per la canzone acconciamente “brechtiana” che apre e chiude il film.

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