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Domingo il favoloso

Domingo il favoloso

Ottimo romanzo di genere fantastico, dello scrittore piemontese Giovanni Arpino, pubblicato per Einaudi nel 1975.


Ambientato a Torino tra il 1973 e il 1974, il romanzo ha per protagonista un personaggio solitario e misterioso, chiamato da tutti Domingo: un geniale imbroglione, invincibile in tutti i giochi d’azzardo, che frequenta le bische, i biliardi, i bar e i nights, ed è capace di realizzare, ricorrendo al travestimento, truffe colossali.

Domingo è un uomo vicino ai quaranta, dall’aria molto vissuta. Ha un carattere scontroso, è spavaldo, ha pochissimi amici e un’ “eterna” fidanzata di nome Angela, che vorrebbe farlo rinsavire proponendogli inutilmente una vita normale.

Abita in un condominio dove lo conoscono come “il geometra”. Se non ha particolari “affari” da sbrigare, inizia le sue giornate nel tardo pomeriggio e rimane fuori fino all’alba. Va a trovare Angela, che apre il suo chiosco di torroni alle 7 di sera. Rimane per un po’ a conversare con lei, poi se ne va a cena in qualche trattoria e infine si tuffa nella notte, trascorrendola nei bar, nelle sale da biliardo e nelle bische, aggirandosi come un cavaliere solitario in un mondo popolato da personaggi ambigui e malavitosi.

E’ un geniale fuorilegge che però ha i suoi principi morali: non ricorre mai alla violenza, non usa armi se non è costretto a farlo per difendersi e non tradirebbe mai un amico. Gioca d’astuzia ed è il migliore. Ma ormai si sente arrivato a un punto morto della sua vita: progetta un colpo finale per poi ritirarsi e allo stesso tempo è animato da uno strano istinto di autodistruzione. Almeno apparentemente è un cinico e sembra che vivere non gli importi più di tanto. Quasi un eroe maledetto, insomma.

Un giorno Domingo, che ha fatto della razionalità la sua legge di vita, si trova a dover fare i conti con l’irrazionale. Casualmente, entra in contatto con una tribù di zingari accampata con le roulottes nella periferia torinese. Sentendosi minacciato e allo stesso tempo attratto dal mondo dei gitani, Domingo si trova faccia a faccia con l’anziano capo della tribù che lo sfida a carte e a dadi. La posta è estremamente alta: se Domingo vince in tutti e due i giochi, potrà andarsene dal campo dove si è introdotto clandestinamente, se perde morirà. Sembra una partita giocata contro la morte stessa: Capo Ermano, l’anziano patriarca degli zingari, ha un che di soprannaturale che spaventa anche un osso duro come Domingo.

Il “favoloso” vince in tutti e due i giochi ed è libero di andarsene, ma da quella notte la sua vita non sarà più la stessa. Inizia una specie di nuovo percorso per Domingo, che si spinge sempre di più nella ricerca dei propri limiti, agli estremi confini del male, giocando con la vita stessa. Nuove truffe, nuovi geniali imbrogli, ma anche una sorta di idolo da venerare: una ragazzina che ha visto nell’accampamento degli zingari, una creatura misteriosa che ha la pelle del viso incredibilmente bluastra e dalla quale si sente attratto in modo ineluttabile, come se essa c’entrasse col suo destino: fino a farsela consegnare, dietro lauto compenso, da uno degli zingari.

La ragazzina si chiama Arianna, è molto esile e affetta da una rarissima malattia al cuore che le tinge la pelle di un colore azzurrognolo (probabilmente il “morbo blu”) ed è condannata a morire entro breve tempo. Domingo la prende in casa, la tratta come una regina e cerca in tutti i modi di curarla, non accettando la sorte che pare averle già segnato la vita.

Mentre gli zingari cercano di riprendersi la ragazza, Domingo si fa proteggere da un energumeno della mala, chiamato “Comizio”, per il suo vizio di parlare di politica e famoso per essere uno “spacca-ossa”.

Nonostante la protezione del gorilla, che in quanto a cervello lascia piuttosto a desiderare, Domingo rimedia una coltellata da Tiazi, un giovane gitano innamorato di Arianna, che nella notte scivola dai tetti come un gatto, entra dalla finestra nell’appartamento di Domingo e cerca di rapire la ragazza.

Domingo e Arianna diventano teneramente amici, ma nulla può salvare la ragazzina: essa può star bene soltanto per poco tempo, dopo aver ingerito una medicina fatta di erbe che si trova nell’accampamento gitano e che Domingo, in maniera rocambolesca, aiutato da Comizio, una notte va a procurarsi penetrando di nuovo furtivamente tra gli zingari.

Anche un luminare cardiochirurgo, rapito da Domingo per far curare la ragazzina, non gli dà speranze. Essa è nata con una gravissima malformazione, con il cuore spostato a destra, e non potrà vivere ancora a lungo.

Domingo, allora, si rassegna. Dopo aver trascorso una giornata intera con Arianna, portandola a spasso per Torino, la lascia riprendere dai suoi fratelli zingari. Al momento dell’addio, però, c’è una specie di patto di sangue tra i due: un rito magico, attraverso il quale la ragazza trasmette una nuova forza a Domingo, incidendogli il torace, sopra il cuore, e il palmo della mano, con la lama di un coltello.

Egli continuerà a vedere Arianna e a parlare con lei, come con una voce interiore, e a ritrovarla nei luoghi più impensati, come l’acqua di una fontana o le venature di una foglia ingiallita. Ma dopo l’avventura con gli zingari, il personaggio di Domingo si trasfigura, diventando una specie di demone che incarna il male del mondo e arrivando addirittura a incendiare un palazzo nel pieno centro di Torino, seminando il panico tra la gente. Non si sa se si tratti dell’inizio di una nuova “carriera” di fuorilegge o dell’ultimo gesto di questo strano eroe picaresco. Ad ogni modo, il male che egli decide di infliggere sembra essere catartico, nascere dal disgusto per un mondo che appare ingiusto, fondato sull’indifferenza e sulle prevaricazioni. Un mondo sbagliato perché accetta passivamente il male ed ha bisogno di essere purificato.

***

“Domingo il favoloso” è un romanzo che colpisce per la sua originalità. Scritto con maestria, utilizzando un lessico aspro, a tratti gergale, e con ampio uso di metafore. La storia è continuamente sospesa in una dimensione magica, esoterica, ma allo stesso tempo attraversata da un crudo realismo cha fa da contrappunto. Non mancano l’ironia e le situazioni comiche, così come la poesia. E un’incredibile tensione tiene incollato il lettore dalla prima all’ultima pagina. Un libro assolutamente da leggere e da riscoprire, insieme a tanti altri di Giovanni Arpino, un grande scrittore purtroppo ormai dimenticato.

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